Il vecchio aveva esagerato con l’alcol quella sera,
e i camerieri erano consapevoli che se si fosse ubriacato troppo, sarebbe stato
problematico farlo pagare. Era diventato un cliente abituale, specialmente in
serate come quella, con una fitta nebbia che nascondeva allo sguardo ogni
particolare del paesaggio circostante.
Nei primi tempi avevano apprezzato
l'eleganza e la distinzione di quel signore che, silenzioso e quieto, ordinava
un bourbon e lo sorseggiava, osservando con palese interesse le persone che
erano nel locale. Sembrava quasi che le studiasse. In lontananza risuonava la
campanella del pontile.
Robert e George parlottavano ricordando gli incontri dell'estate,
rievocando momenti speciali. Distratti, avevano preso l'ordinazione senza
riconoscerlo, in un primo momento, poi fu elemento illuminante l'abito, sempre
lo stesso, che l’uso esclusivo e la mancanza di lavaggi e piccole riparazioni
aveva reso oltremodo logoro. Quella sera l’uomo sedeva scomposto, assorto in
chissà quali pensieri, lo sguardo assente. Si mosse sussultando, e subito dopo
appoggiò la testa su un braccio, la bocca semiaperta e la saliva che colava sul
polsino della camicia, un tempo sicuramente bianca, ora grigiastra e sporca.
Chiuse gli occhi e l’altro braccio cadde inerte lungo il corpo. Tre bicchieri
non avrebbero potuto ridurlo in quello stato. Evidentemente aveva già bevuto altrove
prima di entrare nel locale. L’ultimo cliente era appena uscito ed era giunta
l’ora della chiusura del Pub – Caffè. I due camerieri si avvicinarono; il
vecchio non poteva rimanere in quello stato, ma non era nemmeno in grado di tornarsene a casa, ammesso che una casa ce
l’avesse.
- Signore, ha bevuto abbastanza per questa sera. Stiamo per chiudere. Si alzi, la riaccompagneremo noi a casa. - sussurrò gentilmente Robert. Ma il vecchio non rispose. Ancora con la bocca dischiusa, aveva girato lo sguardo verso di loro, forse per caso, forse non li vedeva e non li sentiva. I suoi occhi chiari si perdevano nel fondo della sua anima, che un tempo aveva vissuto e gioito e amato come chiunque altro. Quegli occhi inespressivi, vuoti nel presente ma pieni di tutta una vita passata, che serbavano immagini di volti, di chiunque avesse ricambiato il suo sguardo, erano segnati dagli anni e dalle difficoltà che la vita non risparmia a nessuno.
Assorto nei suoi pensieri, che si
perdevano lontani, o probabilmente spento negli effluvi dell’alcol, trasse da
un taschino interno della giacca sgualcita una sigaretta e lentamente la portò
alle labbra; con la mano libera cercò un accendino in un'altra tasca. Non lo
trovò, si tastò il petto e i fianchi,
con movimenti lenti e scoordinati. Robert gli accese la sigaretta. Una boccata di fumo, poi un’altra.
Il vecchio
si allungò sulla sedia di legno guardando il bicchiere ormai vuoto e rigirandolo
tra le mani nodose, quasi a studiarne la forma per poi riprodurlo in una
delle sue famose nature morte.
"Fumo di Londra" |
Un pontile...lontano! |
- Signore, ha bevuto abbastanza per questa sera. Stiamo per chiudere. Si alzi, la riaccompagneremo noi a casa. - sussurrò gentilmente Robert. Ma il vecchio non rispose. Ancora con la bocca dischiusa, aveva girato lo sguardo verso di loro, forse per caso, forse non li vedeva e non li sentiva. I suoi occhi chiari si perdevano nel fondo della sua anima, che un tempo aveva vissuto e gioito e amato come chiunque altro. Quegli occhi inespressivi, vuoti nel presente ma pieni di tutta una vita passata, che serbavano immagini di volti, di chiunque avesse ricambiato il suo sguardo, erano segnati dagli anni e dalle difficoltà che la vita non risparmia a nessuno.
Gli occhi, specchio dell'anima! |
Una boccata di fumo... |
Natura morta |
I colori...vita di un pittore! |
Ma ora c’era solo la sigaretta, il bicchiere vuoto, i suoi occhi spenti e le mani tremanti.
- Se almeno conoscessimo il suo nome, un recapito. – disse George – Pover’uomo, mi fa pena.
- Portiamolo a casa nostra! – replicò deciso Robert. I due ragazzi dividevano infatti un piccolo appartamento che avevano affittato quando si erano trasferiti per frequentare l’Università. Il lavoro serviva loro a coprire parte delle spese, il resto era sostenuto dalle rispettive famiglie.
- Solo per questa notte. Potrà dormire sul divano. – aggiunse prevenendo la reazione dell’amico, che dopo un attimo di esitazione, spostando lo sguardo da Robert al vecchio, annuì.
Non fu facile sostenere l’uomo, che non riusciva a stare eretto; le gambe malferme lo sorreggevano appena. Non sembrava rendersi conto di nulla, era come perso nel limbo, senza cognizione di ciò che accadeva intorno a lui. A fatica i ragazzi riuscirono a raggiungere l’abitazione, che fortunatamente si trovava al pianterreno. Anche le ultime forze erano scemate nel vecchio, che crollò sul divano, gli occhi chiusi e il respiro pesante. George prese dall’armadio una coperta di lana, che appoggiò con delicatezza su quel corpo inerte. Pensò a suo nonno, che era caduto nella spirale dell’alcol dopo la morte della moglie. Si chiese quale fosse la motivazione che spingeva quell’uomo ad annientarsi, perché era questo che stava facendo. Robert intuì gli interrogativi dell’amico e disse pacatamente:- Forse domani ne sapremo di più. La campanella suonò un'altra volta. Il cargo scivolava sul fiume e suonava ad intervalli regolari per avvisare il passaggio attraverso il compatto e lattescente muro creato dalla nebbia.
Un cargo scivolava... |
Inaspettatamente alzò la testa, scostò con gesto fulmineo la coperta e scattò in piedi, trapassando i ragazzi con uno sguardo malvagio. L'illuminazione del Bluebarry non era delle migliori, e solo ora notavano costernati che la fisionomia dell’uomo era cambiata e sembrava in continua mutazione col passare dei minuti. Arretrando biascicava parole senza senso, gli occhi iniettati di sangue.
Lo sguardo altrove! |
Là fuori, lungo le sponde del fiume, il vecchio camminava. Il passo, prima lento, divenne veloce, sempre più, finchè solo un’ombra in lontananza fu appena percettibile dal pontile.
Solo un'ombra nella notte! |
Colazione all'inglese! |
- Hanno trovato due studenti dissanguati nel parco del Campus e due accessi letteralmente distrutti. Non so dirti altro. Sta per arrivare la polizia. Il Vice Cancelliere Borysiewicz ha disposto che nessuno di noi entri. - Dissanguati? Ma che stai dicendo? È raccapricciante! George stentava a credere a ciò che Bill gli aveva detto. Guardandosi attorno avvertì l’odore della paura che aleggiava nell’aria. Si udivano le sirene delle auto della polizia che stavano arrivando, e ben presto furono visibili i lampeggianti. La Cambridge University, considerata fra i migliori centri universitari britannici e mondiali, era ora teatro di un efferato delitto. Il sole era già alto nel cielo quando all’interno di un imponente edificio, in quello che era inequivocabilmente un laboratorio chimico, Edward cercò di mettere a fuoco ciò che lo circondava.
E nella mente...il vuoto! |
In bocca avvertiva un forte sapore metallico. Si avvicinò al lavandino e sputò un po' di saliva. Si bagnò poi le labbra e la fronte.
...si bagnò le labbra e la fronte. |
Il vuoto nella mente! |
Pronto all'attacco! |
Troppo Bourbon! |
Le ampolle di un alchimista |
Edward accese la prima sigaretta della giornata, volute di fumo si levarono in alto.
La prima sigaretta della giornata |
In lontananza, sirene disturbavano la quiete che solitamente regnava in quella zona del Campus.
A fatica Reginald si alzò dal letto. Era ancora vestito e solo pochi frammenti di memoria facevano riemergere alcuni eventi della sera precedente, ma erano troppo confusi per metterli a fuoco. Decise di uscire per fare una colazione decente, dal momento che la sua dispensa era vuota, ma passando davanti allo specchio dell’ingresso quasi non si riconobbe. La barba lunga e l’abito stracciato non gli conferivano certo un aspetto decente. Non riuscì a darsi una spiegazione del suo stato. Si rese conto che non poteva farsi vedere in quelle condizioni. Fece dunque una doccia calda, che lo ritemprò. Nel vecchio armadio cercò degli indumenti puliti, trovando solo una camicia già usata e un unico paio di pantaloni, di tessuto troppo leggero da indossare nel tardo autunno. Tuttavia non ebbe scelta e si ripromise di comprare qualcosa al mercatino dell’usato, l’unico punto vendita in cui le sue esigue finanze gli avrebbero consentito di fare qualche acquisto. Erano finiti i tempi dell’agiatezza. Da tempo non vendeva un quadro e pian piano aveva dato fondo a tutti i suoi averi. La sua condizione rasentava l’indigenza ed era peggiorata ulteriormente dall’ultima visita a Edward, il mese scorso. Ricordò di essersi recato nel suo laboratorio, per cercare ancora una volta di dissuaderlo dal mettere in atto il suo progetto e di non coinvolgere più Rupert, il suo assistente. Possibile che non si rendesse conto dell’esaltazione di quello strano ragazzo, che spesso rimaneva ore ed ore a trafficare con composti che miscelava, alla ricerca di una formula che avrebbe cambiato le sorti dell’umanità, a suo dire?
Quando la frenesia ha il sopravvento |
Ripensando a quell’avvenimento, Reginald si rese conto che da allora nulla era stato più come prima: vuoti di memoria, fatti inspiegabili…non si sentiva più padrone di se stesso. Decise di tornare al Campus e dare una risposta alle tante domande che gli affollavano la mente. Percorse il lungo tratto di strada che portava all’edificio dove era situato il laboratorio.
Il fatiscente "regno degli alambicchi" di Edward |
Edward stava rimuginando sull'accaduto della sera precedente mentre si lavava accuratamente le mani e sotto le unghie cercando, con uno spazzolino, di togliere i residui di nero e di sangue.
Guardandosi allo specchio fu colto da un attacco di panico. Non riusciva a mettere a fuoco l’accaduto.
Chiamò Rupert, ma gli rispose solo l'eco della propria voce. Nel laboratorio regnava il disordine. Ampolle rotte qua e là davano l'impressione di essere state spazzate via da una furia cieca e incontrollabile. Cercò di riprendere il controllo di sé e di riflettere. Rupert, ultimamente, era piuttosto schivo. Sembrava non stesse bene, a giudicare dal pallore del viso. Una volta, mentre lavoravano insieme, le loro mani si sfiorarono. La pelle del ragazzo era fredda come ghiaccio. Ad un’osservazione più attenta Ed aveva notato la sua forza, che manifestava nel sollevare oggetti molto pesanti e la velocità nei movimenti. Sembrava inoltre invasato mentre lavoravano al loro progetto, smanioso di concludere la ricerca. Assorto nei suoi pensieri, ad un tratto ricordò Reginald. Aveva appuntamento con lui al Bluebarry la sera precedente, ma non vi era mai giunto. Era ancora vivo, nella sua mente, il ricordo dello scontro violento con quello strano individuo e le percosse subite che gli avevano lasciato ematomi e contusioni. Doveva assolutamente parlare con l’amico. Dall'esplosione accidentale nel laboratorio non lo aveva più visto e temeva il peggio. Conosceva bene gli effetti tossici di certi preparati. Non riusciva a perdonarsi di non essersi assicurato che stesse bene, per questo gli aveva chiesto di incontrarlo al Pub. Il suono delle sirene, sempre più forte, si spense. Edward si rese conto che, di qualunque mezzi si trattasse, erano al Campus. Decise di uscire per capire cosa fosse successo, si affrettò a raggiungere la porta e, quando l’aprì si trovò faccia a faccia con Reginald, all’apparenza ancora più stupito e spaventato di lui, che gli fece cenno di tacere con un dito sulle labbra e lo indusse a rientrare. Dovevano parlare, dovevano assolutamente parlare degli ultimi eventi. - C’è la polizia fuori, e ho sentito che sta arrivando l’ambulanza. Sono stati rinvenuti due cadaveri Ed, due studenti del Campus sono stati massacrati.
- Cosa? Ma…chi…come… - Non ne ho idea. Ne sapremo presto qualcosa. C’è qualcosa di più urgente di cui occuparci. Ed annuì. Si scoprirono ad osservarsi reciprocamente, e l’espressione dei loro volti lasciava trapelare lo sgomento nel vedersi…diversi in qualche modo. Le mani, i tratti somatici…qualcosa era mutato. La mente di entrambi, almeno in quel momento, trasmetteva normali impulsi. Si sentivano … Reginald ed Edward, e tanto bastava. Ma per quanto tempo? I periodi recentemente vissuti in stato confusionale e altri inquietanti particolari erano più che sufficienti a rimuovere le loro certezze. George era fuori, con gli altri studenti. Robert lo chiamò e lo raggiunse. Era già al corrente dell’accaduto e sconvolto come tutti. Il vice cancelliere era visibilmente nervoso, e ne aveva validi motivi: in una cittadina tranquilla come quella un crimine così efferato, e nel Campus universitario poi. Il capo della polizia gli si avvicinò e parlarono per qualche minuto, poi fu annunciato con l’altoparlante che le lezioni sarebbero state sospese fino a data da destinarsi. Studenti e professori furono pregati di lasciare il Campus per dar modo agli agenti di procedere con le indagini. -Che diavolo stai combinando Edward? Sei impazzito? – esclamò Reginald scuotendo l’amico per le spalle. – Guardati attorno! Che sorta di esperimento ha prodotto…questo! – aggiunse lasciando la presa e barcollando all’indietro. L’aria era ancora irrespirabile. – Usciamo di qui, mi devi delle spiegazioni Ed. L’altro annuì e, indossato l’impermeabile, sostenne l’amico mentre salivano le scale per raggiungere l’uscita. L’ingresso al laboratorio era seminascosto da alberi e cespugli, in una zona del Campus poco frequentata, tanto che l’esplosione era passata inosservata, altrimenti le conseguenze sarebbero state poco piacevoli. Edward non aveva alcuna autorizzazione ad operare come ricercatore e chimico, sebbene avesse conseguito una laurea, e il laboratorio era stato allestito senza regolare permesso. In sostanza tutto avveniva nell’illegalità e nella massima segretezza. Raggiunsero il parco e sedettero su una panchina, respirando aria pura a pieni polmoni. - Ti assicuro che ho seguito la procedura con la massima cautela. Ho versato in un contenitore di vetro graduato da 500 ml, 250ml di acqua reale, fatta con tre parti di spirito di sale e uno di spirito di nitrato. L’ho riscaldato a 40ºC, su un piccolo forno elettrico in bagno di sabbia. Ho aggiunto gradualmente, affinchè si dissolvesse, del mercurio minerale polverizzato in modo molto sottile… -Sai bene che questa operazione dovrebbe essere effettuata all’esterno o in un posto ben ventilato, a causa dei gas tossici che vengono emanati. E tu l’hai fatta in quel…in quella cantina del cavolo! – sibilò Reginald. -Mi tenevo a debita distanza. Purtroppo avevo finito le mascherine. Comunque, quando il cinabro non si è più dissolto nell'acqua reale, ho filtrato con del cotone la soluzione del bicloruro di mercurio con un imbuto di vetro, in un pallone in Pyrex. -Spero tu non abbia permesso che si cristallizzasse. Sai bene quanto può diventare corrosivo! -No, no! Sono stato attento. Poi ho versato 500ml di acqua di sorgente in un vaso di vetro a bocca grande, l’ho riscaldata a 40ºC, ho aggiunto del sale tartaro canonico e ho mescolato il composto con un'asta di vetro fino a saturazione. -D’accordo…conosco il procedimento. – lo interruppe Reginald - Hai versato nella soluzione alcalina la soluzione di bicloruro, che ha provocato effervescenza dalla reazione chimica, creando un precipitato rossastro marrone, che è diventato più spesso. L’hai trasferito in una grande pentola di porcellana aggiungendo acqua di rubinetto sufficiente per riempirla e l’hai lasciato riposare. Non è così?
-Naturalmente! Poi ho fatto defluire l’eccesso di acqua con la decantazione, ripetendo il processo, fino a quando l'acqua non ha perso la sua acrimonia. Ho asciugato la calce di mercurio su un forno elettrico in bagno di sabbia e l’ho macinata fino ad ottenere una polvere sottile in un mortaio di porcellana, quindi l’ho passato in un setaccio da 60 linee per centimetro. Come ben sai questa calce canonica di Mercurio serve per l'estrazione della sua tintura dallo stesso processo, come l'estrazione della tintura Marte. - Alla fine del processo il preparato può diventare detonante. Tu lo sai bene, quindi devo presumere che l’esplosione sia stata la conseguenza di mancanza di attenzione nella fase finale, la più delicata, quando la soluzione deve essere maneggiata con attenzione estrema. Devo dedurre inoltre che la quantità del prodotto fosse eccessiva dati gli effetti devastanti. Dimmi che non hai permesso al tuo assistente di metterci le mani! - Ho cercato di impedirgli qualunque intervento, ma ti confesso che negli ultimi tempi Rupert è cambiato. Non mi dà ascolto e si arroga il diritto di sperimentare quello che vuole, specie quando sono nella mia camera a riposare.
- Non dirmi che dormi ancora in quel “loculo” attiguo al laboratorio! Sei completamente folle! Per anni hai respirato i fumi dei tuoi esperimenti, anche quando dormivi, ed ora hai coinvolto anche me in questa pazzia. Guardami! Vedi come sono ridotto? Ed è così che ti vedo anch’io Ed. Dobbiamo allontanarci da qui e cercar di capire cosa ci stia accadendo, prima che sia troppo tardi.
-Ma Rupert… - A Rupert penseremo dopo. Il Campus è fin troppo presidiato dopo quello che è successo. Se ci trovassero nascosti qui e nelle condizioni attuali, la polizia ci arresterebbe di sicuro. Cercano degli assassini e noi ne abbiamo tutto l’aspetto. Dietro uno dei cespugli più folti Rupert sorvegliava l'accesso al laboratorio. Quando aveva sentito le sirene e si era nascosto seguendo ciò che gli dettava l’istinto e non la ragione. Vide Edward e Reginald uscire con circospezione e allontanarsi, cercando di passare inosservati.. Non ebbe il coraggio di farsi vedere. Sapeva che il laboratorio era distrutto per la sua presunzione e per iniziative che mai avrebbe dovuto prendere senza consultare il suo mentore. Tutto era cominciato con il composto a cui Edward stava lavorando. Lo assisteva e gli porgeva i componenti che l’altro gli chiedeva, non soddisfatto dai risultati finora ottenuti. Mentre il professore si stava concentrando sugli appunti, verificando dosaggi ed elementi, lui aveva aggiunto di sua iniziativa una parte considerevole di bicloruro di mercurio senza filtrarlo e altre sostanze che stava studiando e che riteneva basilari per completare la preparazione. A quel punto avevano sentito bussare. Edward aveva pregato Rupert di andare ad aprire. Solo Reginald conosceva l’ubicazione del laboratorio e non poteva che essere lui. L’amico infatti era appena entrato assieme all’apprendista, quando Ed, pregandolo di aspettare un momento, aveva aggiunto un elemento al composto e l’esplosione era stata immediata.
L'esplosione! |
Easy Ice |
Il cuore trafitto! |
Moleskine |
Rupert si accertò che il professore e il suo amico non si trovassero all’interno del laboratorio e quando ne ebbe conferma entrò, richiudendosi la porta alle spalle. L’aria era satura di fumi tossici, ma stranamente la cosa non gli procurava alcun malessere. Si guardò attorno. Alambicchi in mille pezzi sul pavimento, insieme a molti altri frammenti di varia natura. Il laboratorio era distrutto e sarebbe stato arduo individuare le cause dell’esplosione. Ma egli doveva saperlo! Era stata la sua imperizia e la presunzione di sentirsi migliore del suo maestro che lo aveva indotto ad agire senza la supervisione di Edward, sovraccaricando il composto, divenuto instabile al punto da detonare. Ma c’era dell’altro. Il maldestro assistente non si era accorto di aver aggiunto della fenciclidina, una sostanza allucinogena molto potente, dall’effetto psichedelico e dissociativo.
Fenciclidina |
Raggiunto il palazzo in cui viveva Reginald, i due amici entrarono in casa senza farsi notare dai vicini. Non avrebbero saputo trovare spiegazioni convincenti a giustificare il loro tremendo aspetto.
Erano entrambi provati dagli ultimi avvenimenti, Edward, conscio di aver provocato l’inizio di una catena di eventi che temeva di non riuscire più a controllare, sedette sul divano prendendo il capo tra le mani. “ Che cosa ho fatto! Che cosa ho fatto!” – ripetè disperandosi.
- Cerca di calmarti ora – gli disse Reginald altrettanto scosso, ma più lucido dell’amico – in questo momento nessuno di noi due è in grado di ragionare. Abbiamo bisogno di mangiare e di un buon caffè. Mi do una ripulita e vado a comprare qualcosa. Tu intanto fatti una doccia e cambiati, nel mio armadio troverai dei pantaloni e una camicia. Non aspettarti roba di lusso, ormai sono ridotto a fare acquisti al mercato dell’usato, ma…meglio di quello che hai indosso…
La caffeina ebbe l’effetto sperato e il pur frugale pasto calmò i morsi della fame.
- Mi aspetto delle spiegazioni, amico mio. Ti avevo avvertito che stavi percorrendo una strada pericolosa, ma tu hai perseverato, e hai coinvolto quello studentello esaltato. Mi sembri Paracelso redivivo, che spese tutta la sua vita alla ricerca di nuovi composti, di nuovi arcani e quintessenze.
Paracelso |
- Paracelso era un uomo di genio, Reginald. - Indubbiamente, ma era ossessionato dai suoi studi e la sua arroganza inaccettabile. - Tuttavia la sua pomposità trovava valido motivo di essere nei suoi studi. Egli apprese le proprietà del mercurio, creò cure portentose…era sul punto di creare la vita in un’ampolla…
- Ma apri gli occhi! Il suo carattere focoso gli alienò i seguaci e cominciò a bere, tanto che da essere additato come un ubriacone! E guarda come ti ha consumato la tua ricerca dell’elisir di eterna giovinezza! Gli esperimenti sulla mutazione genetica sono pericolosi Ed, devi farla finita una volta per tutte, prima che sia troppo tardi! Edward guardò l’amico, soppesando ogni parola ascoltata, poi scosse il capo:- Temo sia già troppo tardi. Rupert, le cui condizioni fisiche mutavano in continuazione, avvertiva ora un dolore lancinante alla testa; dopo aver preso due aspirine e un the, si era accasciato sulla brandina di Edward, spossato e tormentato dai sensi di colpa, finchè non si era addormentato. Un sonno non certo tranquillo. Spasmi e lamenti lo facevano sussultare spesso. Era presumibilmente in preda a incubi spaventosi. Si svegliò di soprassalto. Di nuovo quella sensazione di sete e la gola secca. Raggiunse il piccolo bagno e bevve dal rubinetto, poi alzò il capo e lo specchio gli restituì un volto pallido e occhi segnati da profonde occhiaie. Era disorientato e pensò fosse prudente uscire e non respirare altri fumi tossici. - Forse tra qualche giorno tutto tornerà alla normalità. – pensò. Afferrò la bottiglia d’acqua sul bancone, ignaro che fosse rimasta aperta da giorni e quindi contaminata, poi si chiese se fosse prudente andar fuori, con la polizia, gli studenti, la stampa in giro per il Campus. Esitò e sedette a terra per riflettere. Lo preoccupavano i vuoti di memoria che non gli permettevano di ricostruire gli eventi dal momento dell’esplosione fino ad allora.
Vuoto nella mente! |
Ora avrebbe fatto di tutto per tornare indietro. Capiva finalmente che i consigli di Edward erano decisamente appropriati e se li avesse seguiti la situazione non sarebbe degenerata a tal punto.
Si augurava di non avere più allucinazioni. Il ragazzo decise di uscire comunque dal laboratorio per non inalare altre tossine e si nascose in un casottino in legno dove il giardiniere riponeva gli attrezzi, ma portò con sé la bottiglia d’acqua, continuando a bere a piccoli sorsi per placare l’arsura che gli seccava la gola. Intanto il coroner era arrivato con la sua squadra di collaboratori per prelevare i cadaveri e portarli all’obitorio della centrale dove sarebbe stato eseguito l’esame autoptico, al fine di far luce sulle cause della morte. La loro identità era ormai nota agli investigatori; si trattava di un fresher e di un assistant professor, entrambi troppo giovani per quella morte assurda. Le famiglie erano state avvisate con molto tatto dal Vice Cancelliere e nessuna notizia era ancora stata data alla stampa. Gli studenti già interrogati dalla polizia avevano lasciato il Campus, altri attendevano il loro turno, stanchi e impazienti di tornare a casa. Non sarebbe stato facile lasciarsi alle spalle l’accaduto. E come potevano? Nessuno si sarebbe sentito più al sicuro finchè quella che ormai tutti definivano “la bestia” non fosse stata catturata.
Quando finalmente il sole tramontò, lasciando la parte del Campus dove si trovava Rupert nella semioscurità, il ragazzo si decise ad uscire furtivamente.
Il tramonto |
Conosceva l’indirizzo di Reginald, era stato a casa sua una o due volte assieme al professore, ma era passato del tempo. Tentò di orientarsi, di trovare punti di riferimento che lo aiutassero. Un Pub! – pensò – C’era un Pub poco distante dalla casa…il Bluebarry…sì, è quello il nome.
Il ragazzo accelerò il passo e raggiunse il Mathematical bridge, sopra il fiume Cam, nei pressi del Queens’ College, si appoggiò al parapetto e respirò a fondo. L’aria era umida e fredda.
Mathematical bridge |
Non si riconobbe nell'urlo però sentì acuirsi i sensi. La vista gli rimandò l'immagine nitida di un gatto che, forse alla ricerca di qualche topo, si aggirava sotto un ponte lontano. Udì distintamente la conversazione di una mamma con sua figlia, ma era così distante dal centro abitato! Il suo olfatto gli riportava odori di ogni genere, ma quello che gli procurò un’incontrollabile frenesia fu l'odore dolciastro del sangue. Voltandosi di scatto vide di nuovo il gatto che stava infierendo sulla sua preda.
...il gatto infieriva sulla preda... |
Vampiro! |
Reginald ed Edward ignoravano ciò che succedeva fuori nella notte nebbiosa di Londra, ma erano perfettamente consapevoli che qualcosa in loro fosse cambiato. Non avevano più il pieno controllo delle loro azioni, né della propria coscienza. Edward intuiva che il suo esperimento e le conseguenze dell’esplosione avevano prodotto effetti imprevedibili e che doveva agire al più presto se voleva delle risposte e una risoluzione del problema, di qualunque natura fosse.
- Devo tornare al laboratorio Reginald! - Cosa speri di trovare? Ormai tutto è distrutto.
- Non importa, devo trovare risposte, prima che sia troppo tardi. - Troppo tardi per cosa? - Per noi, Reginald, per noi! - Allora verrò con te. Potrò esserti d’aiuto. L’ora tarda e la nebbia che si era alzata di nuovo li resero praticamente invisibili e in breve raggiunsero il Campus. Eludendo la sorveglianza entrarono da un accesso secondario. Erano quasi giunti al laboratorio quando una sagoma si parò dinanzi a loro. Era sicuramente umana. Ed stava per parlare, quando una vampata di calore lo avvolse e la sua mente elaborava solo violenza. Il suo corpo si irrobustì e peli ispidi e ruvidi crebbero istantaneamente. Una sorta di ringhio selvaggio gli uscì dalle labbra e Reginald, che nel buio non aveva notato la mutazione dell’amico, lo guardò con gli occhi della paura.
- Pensa…pensa…- si diceva tentando di elaborare una strategia per arginare quel fenomeno inaspettato. Ma non ne ebbe il tempo, poiché la sagoma si lanciò velocissima sul suo amico e i due iniziarono a lottare come ossessi. Nessuno dei due riusciva ad avere la meglio. Le loro forze si eguagliavano, ma all’improvviso si fermarono, l’uno di fronte all’altro, fissandosi, finchè crollarono a terra privi di sensi. Reginald attese qualche secondo prima di avvicinarsi, poi si chinò accanto all’amico e lo vide in fase di regressione della mutazione che poco prima lo aveva trasformato in un mostro. Lo scosse, chiamandolo per nome, finchè non ebbe la certezza che fosse vivo e lo vide riaprire gli occhi. Lo aiutò a rialzarsi e lo sorresse. - Che mi è successo? - chiese. - Te lo dirò dopo. – rispose Reginald, avvicinandosi cautamente all’altro uomo, ancora riverso sull’erba. Era Rupert, il volto cereo, gli occhi rossi e la bocca semiaperta da cui spuntavano due canini molto più lunghi e affilati del normale, ma l’aspetto terrificante fu il vederli tornare normali nel giro di pochi istanti, e così pure le pupille che ripresero il consueto marrone. - Entra! – disse perentorio a Ed, che ancora sotto choc oltrepassò la soglia del laboratorio, seguito dall’amico che trascinava il corpo inerte dell’apprendista.
- Ora ascoltami bene. La situazione ti è sfuggita di mano e chissà che diavolo ha combinato questo incosciente. – aggiunse indicando il ragazzo – Poco fa ti sei quasi trasformato in un licantropo e Rupert aveva tutto l’aspetto di un vampiro. No! Non mi interrompere. Per una volta taci e ascolta tutto ciò che ho da dire. Sono anch’io un alchimista, lo sai, anche se ho scelto un’altra strada. So quanto possono essere pericolose certe sostanze, ma tu sei più aggiornato di me attualmente e devi porre rimedio a… tutto questo, prima che sia troppo tardi e che la vostra mutazione divenga definitiva. Io ho avuto solo una blanda reazione, ma voi due rischiate grosso. Dunque mettiti al lavoro Ed, mi hai capito? Mettiti - subito - al - lavoro!! – concluse scandendo bene le ultime parole.
Edward gettò uno sguardo a Rupert, inerte sul pavimento, poi annuì. Raccolse campioni del composto che avevano prodotto, analizzò i componenti più volte, e intanto prendeva appunti, mentre Reginald gli faceva da assistente cercando di riportare alla memoria le vecchie cognizioni in materia. A un tratto sentirono un gemito e si voltarono verso il ragazzo, che stava rinvenendo. Gli si avvicinarono, pronti a intervenire con la forza per immobilizzarlo, se necessario, ma non ce ne fu bisogno. Rupert era visibilmente provato ma era di nuovo lui. Prima di procedere con le analisi il professore gli intimò di confessare in quale modo avesse interferito con il suo esperimento:- Hai aggiunto qualche sostanza di tua iniziativa? Non mentirmi perché me ne accorgerei.
- Mi dispiace maestro, volevo solo che fosse orgoglioso di me. - Non hai idea di quello che hai scatenato, oltre all’esplosione che ha distrutto tutto il nostro lavoro. Parla dunque!
E Rupert vuotò il sacco e citò una ad una le sostanze che aveva mescolato al composto.
Il professore alzò le mani e scosse il capo, in un misto di sconcerto e di rabbia, ma si controllò e tornò subito al lavoro. Tutta la notte si impegnò senza tregua finchè, al sorgere del sole, esultò:- Sì, ci sono. Ora capisco! Aiutami Reginald, dobbiamo preparare un antidoto, e dobbiamo farlo in fretta!
- Cosa hai capito Ed? - I vapori del composto che abbiamo inalato hanno innescato in noi un processo di mutazione, che per fortuna non si è completato. Su di noi i fumi hanno stimolato la bestia che si cela in ciascun essere umano, e che normalmente controlliamo senza problemi.
- Ma che stai blaterando? Vorresti affermare che in ogni uomo è latente una bestia pronta ad uccidere?
- Non meravigliarti troppo amico mio. L’uomo è capace di provare rabbia.
Rabbia, sentimento umano! |
- Ti inietterò metà dose Reginald, tu non sei stato esposto quanto me. Non ho molto tempo, sento già aumentare la mia temperatura corporea e tra pochi minuti potrei non avere più il controllo delle mie azioni. Questa è la siringa che userai per me e l’altra per Rupert, e ti consiglio di farlo immediatamente dopo la mia iniezione. Guarda i suoi occhi! Rupert infatti era in preda alle convulsioni e le sue pupille si stavano dilatando assumendo di nuovo il colore rosso intenso che avevano entrambi già visto.
L'antidoto! |
- Ho visto giorni migliori, ma sì, tutto sommato sto bene. Occupatevi del mio amico vi prego.
Ma un altro poliziotto era già accanto a Ed, che giaceva inerte sul pavimento.
- Sento il polso! Chiamate l’unità medica, presto! L’ambulanza non era lontana e i paramedici, dopo un primo accertamento delle condizioni generali dei due, decisero di portarli al Cambridge University Hospital per esami diagnostici più accurati.
Cambridge University Hospital |
- Come? – chiese Reginald senza comprendere. - L’esplosione nel laboratorio! Visti i danni è un miracolo che siate ancora vivi. - Oh…l’esplosione, sì. È stato un incidente, il mio amico è alchimista sa? Posso vederlo? - Non ancora, adesso deve subito tornare a letto o passerò dei guai per non averla sorvegliata. Lei non vuole che io passi dei guai, vero? - No, certo. Ma la prego di tenermi al corrente. L’infermiere sorrise e annuì. Ci voleva pazienza con i vecchi, e lui ne aveva.
Il tranquillante somministratogli subito dopo il ricovero a causa dell’aggressività che Edward aveva manifestato dopo che si era riavuto aveva fatto decisamente effetto. Ora l’uomo era tranquillo e cosciente. Ricordò gli ultimi eventi e si augurò che l’antidoto avesse inibito definitivamente la mutazione di Rupert. Nel parco vicino al Campus due grossi cani lupo si aggiravano tra gli alberi e la fitta vegetazione, che offriva loro un perfetto nascondiglio. Il loro istinto gi suggeriva di stare all’erta.
Lupi...pericolo latente! |
Narcotizzare...non uccidere! |
Rupert era spossato, accasciato sull’erba. Le forze lo avevano abbandonato di colpo. Dopo la fuga dal laboratorio si era lanciato a folle velocità all’interno del parco, arrampicandosi sugli alberi e compiendo lunghissimi salti. La gola aveva ripreso a bruciargli e la sensazione di sete aumentava sempre più. Era attirato soprattutto dagli odori, dal…sangue! Nei rari momenti di lucidità inorridiva al pensiero, ma poi la mutazione riprendeva il sopravvento.
Rupert...il mostro si fa strada! |
La stanza di Rupert |
Rupert si sentì sollevato nel leggere la notizia. Non era stato lui! Oh sì, la paura si era insinuata nel ragazzo, consapevole di non essere sempre stato cosciente delle sue azioni e ricordando, sia pur vagamente, il male dentro di sé, il desiderio di sangue. Fu ancor più contento quando realizzò che neanche il suo maestro e Reginald potevano essere colpevoli dell’efferato delitto. Mentre sentiva allentarsi la tensione nervosa, scorrendo le pagine del giornale, trovò un trafiletto: “ Il professor Edward Harris e il noto pittore Reginald Burke sono miracolosamente scampati ad un’esplosione accidentale avvenuta in un locale della Cambridge University adibito a laboratorio chimico. Il Vice Cancelliere Borysiewicz ha dato incarico agli agenti di sorveglianza del Campus di svolgere gli accertamenti necessari a far luce sull’accaduto. Da indiscrezioni sembra che il professor Harris, in pensione da circa tre anni, agisse clandestinamente e che l’allestimento del laboratorio non fosse stato autorizzato. Tutta l’area comprensiva dell’edificio esploso è stata dichiarata off limits. Si attendono le dichiarazioni del professore e del signor Burke, attualmente ricoverati al Cambridge University Hospital. Una folla di studenti è radunata fuori della struttura medica per solidarietà nei confronti dello stimato professore, che è stato una colonna portante della facoltà di chimica. Lo stesso Vice Cancelliere ha garantito il suo pieno appoggio nei confronti del valente chimico.”
“Andrà tutto bene!” – si disse Rupert. Poi si diresse senza esitazioni verso l’ospedale, a passo veloce. Era importante che il professore e Reginald sapessero al più presto che lui stava bene, e il ragazzo stesso voleva accertarsi che così fosse anche per loro.
- Andrò in prigione, non è vero Reginald? - Non pensarci neanche amico mio. Conosco un avvocato che, in un modo o nell’altro ti tirerà fuori dai guai in cui ti sei cacciato; ne sa una più del diavolo, te l’assicuro. Sta’ tranquillo! - Non è solo questo…sono preoccupato per Rupert. E se…
- Niente se…sono certo che l’antidoto ha funzionato anche per lui. - Me la sono vista brutta prof, ma ora sto benissimo…grazie a lei. - Rupert! Dannato ragazzo, sei salvo! Fatti vedere…sei tutto intero?
- Direi di sì, ma c’è mancato poco. Stavo per attraversare una via senza ritorno, ma non è accaduto. Mi dispiace professore. È mia la colpa per l’esplosione e me ne assumerò tutta la responsabilità.
- Non dire scemenze! La mia carriera ormai era finita e me la caverò in ogni caso. Tu dovrai continuare gli studi, senza commettere più sciocchezze. Tu non sei mai entrato in quel laboratorio, è chiaro? - Ma… - Tu-non-sei-mai-entrato-in-quel-laboratorio! – ripetè Edward perentorio.
- Ha ragione Rupert! Non metterti in mezzo e pensa al tuo futuro. Noi due risolveremo tutto. D’accordo? – intervenne Reginald. Il ragazzo annuì, poi disse semplicemente:- Grazie! Non me lo merito, ma…grazie! Il professore sorrise bonariamente, ammiccando al suo amico pittore. Entrambi si riconoscevano in quel ragazzo esuberante e pieno d’iniziativa, che rasentava spesso l’incoscienza. Anche loro erano stati così, da giovani e forse anche da vecchi, visti i fatti recenti. Come biasimarlo dunque?
Nei giorni successivi furono completate le indagini e il Campus fu riaperto. Prima di riprendere le lezioni ci fu una cerimonia solenne in onore e ricordo delle due giovani vittime.
Cerimonia all'Università |
E' solo una serratura! |
Un buon pasticcio...gastronomico! |
Il piatto preferito dagli Inglesi |
Golosità! |
- A domani signor Burke. Professore! - Salve George…a domani Robert!
Era cominciato tutto al Bluebarry Caffè, ed ora è qui che finisce…forse!
A volte la fine coincide con un nuovo inizio! |
Le immagini sono state reperite sul Web