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FANTASIA DI NATALE: Filastrocche dolci e amare.



Fantasia di Natale: filastrocche dolci e amare.

Natale Insieme

Piano piano si avvicina                   inizia Francesco De Gaetano
il Natale s' incammina,                   continua Elisa Tomassi
lento lento, maestoso,
ogni cuor si fa giocoso                  continua Michela Buonagura
aspettando il Bimbo bello
tutti intorno al fuocherello.
Sotto l'albero i pacchetti                 continua Daniela Trinci
colorati e coi fiocchetti
già t'invitano a pensare
cosa dentro puoi trovare.
Ma c'è un grande albero rosso       continua Milvia Di Michele
che decorar vorrei e non posso,
da sola, non lo posso proprio fare
perché è grande più del mare
perché ci vuol più di qualcuno,                                                       
sì, ci vorrebbe un bel raduno
di gente che sa cos'è l'amore
e sa agghindare un rosso cuore.
Questo albero immenso e grande   continua Daniela Bonifazi
per il mondo poi si espande
se la gente dal bianco al nero
si riunisse per davvero
per diventar volenterosa
a trasformarsi in sola cosa.
Tutti insieme perché il globo           continua Serenella Menichetti
non è solo di qualcuno,
ed allora in modo probo
non lasciam fuori nessuno.
Grande grande è l'universo,           continua Milvia Di Michele
ma non si senta nessun perso
perché immenso è l'amore
che può nascere dal cuore.
Eppure nel grande clamore            continua Rossella Ceccarelli
c'è chi soffre e c'è chi muore…
Il Natale però è dei bimbi belli
e per strada si odon campanelli
che trillano da ogni dove
a risvegliar un antico amore.
Cominciò con un vagito
nella notte un gran prodigio.         
Un sospiro, una carezza,                 termina Franco Marchetti
dell'amor sentiam l'ebrezza,
tutto avvolge ed accarezza.
Ogni bimbo è un gran dono,
non lasciarlo mai da solo
tutto l'anno e per Natale,
perché al cuore faresti male.

Avvento
Che notizia sensazionale !!!
Tra pochi giorni sarà Natale !!!
Tutti con il cuor contento,
stiam vivendo quest’avvento!!

Le caselle, una ad una,
stiamo aprendo: che fortuna!
Ogni giorno differente,
c’è di tutto, o poco e niente.

Mi ricordo, da bambino,
ero proprio sì, piccino,
il calendario dell’avvento,
mi sembrava un gran portento.

Iniziavo la mattina,
pronti! Via la casellina,
                         e dentro ma che bella,
                          c’era una caramella
De Gaetano Francesco


Filastrocca di Natale

Filastrocca di Natale,
se la scrivo non sto male,
ma c'è attorno tanta gente,
che non ride,
non ha niente!
Non ha manco la speranza,
gli è l'han chiusa in una stanza,
una stanza nera, nera,
dove non è mai primavera,
non c'è sole, non c'è cielo,
solo freddo, neve e gelo.
Filastrocca di Natale,
non la scrivo!
A cosa vale?
Vedo il bue e l'asinello,
ma sparito è il Bambinello,
e la stella, la cometa,
vaga in cielo senza meta,
senza più una ragione,
non ha più destinazione,
quella grotta che cercava,
non c'è più,
ora è una cava!.
Filastrocca di Natale,
quanta fame,
quanto male,
e la gente, quella mia,
s'incammina per la via,
lunga,
stretta,
polverosa,
dove non c'è più la rosa!
Ed allora,
forse è male,
ma per me non è Natale!
Sergio Milano

Natale

Natale abitudine?
Consuetudine?
Solitudine?
Ripetizione?
Stesso copione?
Inconclusione?
Noiosità?
Familiarità?
Unitarietà?
Tranquillità?
Pace interiore?
Un po' d'amore?
E di stupore?
Troppo affrettarsi?
E salutarsi?
Ed abbracciarsi?
Per forza incontrarsi?
Telefonarsi?
Proviamo a vivere
ed a godere
come ogni altra opportunità
che la vita offrirà
Son 24 le ore del Natale
ad ogni altro giorno è uguale!
Ognun le passi come vorrà
questa è la vera felicità!
Lalla Tosi


per i mariti che non sanno cosa scrivere nel biglietto d'auguri alla propria moglie:

Questo albero di ogni colore,
per ricordarti il mio amore.
Queste luci sfavillanti,
perché siamo sempre amanti
e il puntale, lassù in cima,
perché ti amo più di prima.
Tutta la luce intermittente,
t'amo col cuore e con la mente.
Poi gli addobbi color argento
per amarti ogni momento.
pur se sembra così banale,
ti dico, Amore mio:
BUON NATALE
De Gaetano Francesco

Filastrocca del Natale
Filastrocca del Natale
spero che non vada male
che sia pieno di dolcetti
per i grandi ed i bimbetti
che porti pure bei regali
non soltanto materiali:
soprattutto pace e amore
che delizieranno ogni cuore,
poi un po' di fratellanza
luminosa
come il sole in una stanza;
porti tanta solidarietà
che s'è perduta tempo fa
e infine porti a tutti l'allegria
perché è la festa più bella che ci sia.
Daniela Trinci


Piccolo Presepe

Guarda le pecorelle
piccole e candide son proprio belle!
Mettile là vicino al pastorello,
scende il ruscello
fatto di carta argentata
dalla montagna illuminata.
Più giù la lavandaia
lavora così gaia!
Il cielo è un ricamo di stelle,
sembrano fiori con mille corolle!
Sulla capanna già si è posata
la stella cometa beata.
Sulla paglia dorme il Bambino,
ha la Mamma e il Papà vicino.
Lo guardano con amore,
già sanno che il suo Cuore
a tutti donerà.
Michela Buonagura

Regalo di Natale
Il pettirosso solitario è tornato
così il freddo è stato annunciato
è venuto a mangiar le bricioline
in fila sul muro come formichine.
Col suo bianco e rosso baverino
sembra un Babbo Natale piccolino
che ogni inverno ci porta come doni
i suoi canti che non hanno paragoni.
Stefania Galleschi


Il pettirosso

Mi piacerebbe che invece di giocare a nascondino
il pettirosso coraggioso facesse capolino,
simbolo dell'inverno del freddo e della neve.
Nella millenaria Notte Santa
il cuore si dispone...ascolta la musica che incanta.
Suonano le ciaramelle nel ricordo degli anziani
fremono i bambini perché sia subito domani!
Sonia Tedeschi


L'albero di Natale
Un alberino in una stanza
trasmette allegria e dona speranza,
con le sue luci ti vuol regalare
la forza interiore per poter continuare
ad affrontare la dura vita
che spesso si presenta ardita.
Quando lo guardo lì, in quell'angolino
dentro di me ritorno bambino,
quell'emozione mi rende più forte
e pronto ad affrontare ogni sorte,
vado così avanti con determinazione
tenendomi stretta questa emozione.
Ed è per questo che ritengo speciale
l'atmosfera del santo Natale!
Silvia Vanni



Un falso d'autore



Natale appeso sulle grucce dorate
nei supermercati
Natale che rotoli per labirinti
ghiacciati.
Natale appiccicato alle pagine
dei giornali
Natale che ti mostri attraverso
uno schermo

Su false tavole imbandite, su
finti sorrisi.
Natale che non riesci a trovar più
la strada
imprigionato in un cappotto
di Prada
Natale malato, Natale abbagliato
mascherato.

La tua falsa presenza manca
di essenza.
Si palpa il vuoto della sua
assenza.

Adesso che...

E' giunto il tempo per l'allodole
di rompere la rete.
E' giunto il tempo per l'allodole
d'infrangere specchi.
E' giunto il tempo per l'allodole
di cercare la verità.
Serenella Menichetti


Filastrocca di Natale

Venite bambini
venite con me
restiamo vicini
in fila per tre.

Guardiamoci in viso
uniamo le mani,
apriamo un sorriso
cercando il domani.

Ma ecco un cavallo
che arriva trottando,
facciamo un bel ballo
per chiedergli quando.

Lui corre felice
lasciando una scia
che è voce che dice:
è questa la via!

Bambini venite
venite con me
la strada seguite
in fila per tre.

Guardate! Vedete
quel grande castello?
La luce scorgete
là dietro il cancello?

Qualcuno ci aspetta
su e giù per le scale!
Andiamo di fretta:
è Babbo Natale!!
Dolce Glicine

"CERCANDO FELICITA' di Anna Green Rossetti-Milvia De Michele-Francesco De Gaetano

Disegno di Milvia Di Michele

Cercando felicità
Maria abbracciò sua figlia. Era cresciuta davvero, ormai era una piccola donna. Una piccola donna che, però, non era felice. Almeno così le aveva confidato. Il cuore le faceva male, come se qualcuno glielo stesse strizzando fortemente: una mamma vorrebbe vedere i propri figli pieni di gioia, orrebbe per loro un mondo di fiaba.....
Cosa poteva fare? Qualcosa doveva pur inventarsi, trovare qualche soluzione, che aiutasse sua figlia a ritrovare la gioia di vivere .
Non si era mai arresa di fronte alle difficoltà, aveva sempre lottato per risolvere i non pochi problemi che era stata costretta ad affrontare, anche dopo che il marito era partito allegramente per il suo giro intorno al mondo, all’avventura, perché gli pesava vivere in un paese senza grandi prospettive. E Maria l’amava anche perché era fatto così e non gli portò mai rancore.
Ma ora bisognava pensare a Dora, forse l’unica soluzione era mandarla da tata Lucia, lì in mezzo ai monti, dove la donna si era rifugiata per scrivere in pace il suo libro di memorie… e che memorie!
Di tata Lucia, Maria non aveva mai parlato a Dora, aveva paura di non essere creduta. Ma ora era arrivato il momento.
Doveva mandarla da lei, più ci pensava e più ne era convinta perché il mondo, con lei vicino, si trasformava in un tesoro, un misterioso tesoro colorato, inatteso, tutto da conoscere. E scoprirlo, a poco a poco, era davvero un bellissimo gioco .
Così, asciugandosi gli occhi e, con tenerezza, asciugando anche le lacrimucce che bagnavano le rosee guance della bella Dora, le disse: “ Basta piangere!..smettiamola con questi piagnistei da donnucole da quattro soldi. Che diamine! Noi siamo fatte di pasta buona! Ascolta figlia mia, ho da farti una proposta”
Mentre parlava, il cuore le si rallegrava nel vedere il visetto della ragazzina con una espressione sempre più interessata e incuriosita. Già, la curiosità, mai lasciarla spegnere, le diceva sempre tata Lucia.
Così , il giorno dopo, Maria accompagnò la sua Dora alla stazione, con una bella valigetta rossa, il cappottino verde e la sciarpetta bianca: pareva la bandiera italiana che andava in vacanza.
Ad aspettarla c'erano tata Lucia e il suo meraviglioso mondo incantato.
Il viaggio si prospettava lungo e noioso, e la giovane fanciulla aveva portato con sé un libro di racconti. Seduta in quel trenino aveva appena aperto il libro quando si accomodò di fronte a lei una strana donna, all'apparenza molto anziana, completamente vestita di nero. Dora, con meraviglia, notò che la pagina del libro su cui si era soffermata mostrava un'immagine molto simile alla vecchietta che aveva di fronte. L'anziana donna le sorrise e così cominciarono a parlare. Dora scoprì alcune cose assai strane della donna: che si chiamava Fatma e veniva da molto lontano, da un paese da cui i governanti avevano bandito la fantasia, le risate, come pure i giochi dei bambini e dove avevano iniziato ad albergare solo malumore e disperazione . La ragazzina commossa dal triste racconto di Fatma e, scoprendo che non aveva un posto per dormire, l'invitò presso Lucia, contando sul buon cuore della tata.
Arrivate a destinazione, trovarono ad aspettarle la tata, che le accolse molto calorosamente. Lungo la strada che le portava a casa, Dora aprì ancora il libro e un'altra immagine catturò la sua attenzione: un grosso cane lupo, anch'esso nero, ma dall'aria molto mansueta, era ritratto nella pagina. Alzando gli occhi dal libro si accorse che la vettura si era fermata perché sulla strada giaceva un povero cane ferito, di nuovo molto simile a quello raffigurato! Lo soccorsero subito e lo presero con loro. Arrivati a casa si accertarono delle condizioni del cane che tutto sommato stava bene e decisero di chiamarlo Flash: luce, un nome bene augurante.
Dora era molto incuriosita dalle molte novità che il soggiorno già le prospettava ed il suo umore sembrò subito migliorare.
Il secondo giorno, aprendo il libro vide il volto di una bimba che, felice, riceveva in dono un bel libro, con una copertina che Dora conosceva bene: era proprio il libro che aveva iniziato a leggere sul treno e che sua mamma le aveva regalato prima di partire.
Tata Lucia aspettava quieta, mentre preparava la zuppa di latte per se stessa, per Fatma, per Dora e per Flash .Aspettava che la ragazzina le chiedesse una spiegazione di quel mistero e infatti
-Tata Lucia!- l’apostrofò la nostra signorina sempre più ex triste- mi sveli il segreto?-
E Lucia cominciò: - la signora che regala il libro son io e la bimba che lo riceve è Maria, tua madre, la mia carissima figlioccia. Devi sapere che un po' di anni fa, quando tua madre era piccina, mi venne data in affidamento per insegnarle ad usare il dono.-
-quale dono?- chiese sgranando i suoi occhioni belli Dora
- il dono che ha tua madre, che ho io e che ora hai pure tu, piccina mia!-
E fu così che Dora seppe che aveva un potere incredibile, un potere che le permetteva di far vivere tutti i personaggi dei libri che leggeva. Bastava che le piacessero e voilà, quelli prendevano corpo e diventavano suoi amici per la pelle. Anche mamma Maria e tata Lucia sono capaci di farlo, e molti altri ancora possiedono quel dono, basta che possiedano un po’ di fantasia. Quel che la nostra Dora non sapeva e non seppe mai ( noi tutti manterremo il segreto!) è che lei stessa era nata, perché la mamma aveva visto un bel giovane marinaio disegnato in un libro di avventure e aveva tanto desiderato che diventasse il suo compagno e in modo da una figlia da lui che, naturalmente… oplà ed opquà,..il compagno e la piccina.. le voilà! Eccoli qua!
-Ma perché sia la donna che il cane sono “ vestiti “di nero?- chiese inaspettatamente Dora a tata Lucia. E Lucia rispose placidamente, con la sua solita calma e dolcezza – il nero delle immagini ha voluto significare che avevi l’animo tetro e triste, il “ nero” non è un colore cattivo in sé, non indica malvagità, nero significa avere luce, non provare gioia.-
La piccola si accorse infatti che con il passare dei giorni, mano a mano che sentiva che per Fatma e Flash lei diventava sempre più importante, le immagini del libro diventavano più chiare, perdevano le tonalità scure e ne assumevano altre più gaie, più colorate e limpide.
-Finalmente ho capito- disse un giorno Dora al colmo della felicità – la mia tristezza è scomparsa quando ho fatto del bene, quando ho aiutato chi aveva bisogno: una povera profuga, un cane ferito.
La gioia più autentica e profonda è fare qualcosa per gli altri, sentirsi utili, perché ritorna indietro tanto amore, tanto buonumore, e la vita assume i colori di questa gioia.
Trascorsero così alcune settimane in quell'atmosfera incantata dove, ogni giorno che passava, la gioia, la serenità e la felicità crescevano di pari passo con il ravvivarsi di tutti i colori e la scomparsa di qualsiasi traccia di nero; dai vestiti, dai mobili, dalle pareti. Dora passava sempre più tempo a giocare con Flash e a ridere e scherzare con Tata Lucia e con Fatma.
Finché un bel giorno, all'inizio della primavera, arrivò un calesse dal sentiero che conduceva alla casa di Tata Lucia e ne discesero mamma Maria, con un vestito sfavillante di mille colori al braccio di un bellissimo marinaio con la sua bella divisa blu mare e bianca ornata da mille galloni d'oro.
Dora capì subito chi era quell'uomo che le sorrideva: era quel papà “immaginario” che, da quando Dora aveva imparato ad usare il suo dono, aveva ogni giorno evocato per la sua gioia e per cercare di riportare felicità a sua mamma Maria.
Si abbracciarono tutti e tre mentre Tata Lucia piangeva dalla gioia e Fatma batteva le mani felice e sembrava ringiovanire a vista d'occhio (eh sì la felicità rende giovani!). Il cane Flash abbaiava festoso correndo in girotondo intorno alle tre belle anime felici.
La famogliola ritornò infine alla sua casa e visse felici per il resto della vita che, non fu breve e non venne mai più molestata da nessun' ombra nera.
Vivete felici bambini miei nel mondo colorato del buonumore e delle speranza e non fatevi abbattere mai dai piccoli contrattempi che incontrerete sul vostro cammino.
Gioia e serenità a tutti!
Anna Green Rossetti-Milvia De Michele-Francesco De Gaetano

"IL NATALE SI AVVICINA" di Ilaria Di Muzio-De Gaetano Francesco-Daniela Bonifazi-Milvia Di Michele


Disegno di Milvia Di Michele

IL NATALE SI AVVICINA
C'era una volta una bambina di nome Angela che, da quando aveva tre anni, non amava più il Natale. La sua mamma,che si chiama Maia, le diceva ogni volta che arrivava la festa di Natale - cara figlia cosa vuoi da Babbo Natale? Perchè il Natale si avvicina!
Un anno, Angela si stufò di quelle parole e le disse - ma ancora non hai capito che il Natale non mi piace? Non..mi..piace!. Uf! Uf!-
Ma mica era vero! Angela voleva trascorrere il Natale come quando aveva tre anni ( ma come faceva a ricordarsene?) quando aveva ancora in casa il nonnino che era andato purtroppo in cielo!
Forse non lo aveva mai saputo dire alla sua mamma: essendo allora tanto piccina, non si ricordava bene . Ma ricordava il suono del pianoforte , perchè il nonno era un bravissimo musicista e amava tanto suonare il piano.
Questa volta però, per fare contenta la mamma,passata la lagna, le sorrise e le disse- puoi regalarmi un pianoforte?-
La mamma spalancò gli occhi per la sorpresa e poi chiese:
-un pianoforte? Ma come ti viene in mente?-
E la piccina- l'ho sentito suonare stanotte!-
- Come… stanotte?- rispose la signora Maia-
-Sì, mamma, suonava la nostra canzone di Natale- continuò la piccina
Maia cominciò ad avere le palpitazioni e si ricordò di quei bei giorni in cui il suo papà ,cioè il nonno di Angela, in passato, ogni vigilia di Natale, suonava al pianoforte, per la sua dolcissima nipotina ,una splendida canzone di Natale! Una canzone che le riempiva l'anima e la rendeva felice. Trattenne a stento la commozione che l'aveva pervasa e abbracciò la piccola Angela forte forte.
-Vedremo come fare per il pianoforte, ma tu dovrai essere buona e pronta a studiare tanto per poterlo suonare!- -Non ti preoccupare mamma- rispose Angela -sono sicura che il nonno, da lassù, mi aiuterà.-
Passarono i giorni e ,velocemente, si avvicinò il Natale. Il 22 dicembre il cielo si rannuvolò ed iniziò a cadere la neve in fiocchi grandissimi che, in un battibaleno, ricoprirono tutto di bianco.
Angela era davanti alla finestra rapita dal candore e dallo sfarfallio della neve, quando, in lontananza, tra il turbinio dei fiocchi, vide avvicinarsi alla sua casetta un camioncino che arrancava faticosamente sulla strada innevata. Sul camioncino ,che si fermò proprio davanti al portone di casa sua,c’era un enorme pacco.Andò ad aprire ,e l’autista e il suo aiutante scesero un esagerato scatolone . Angela lo strappò velocemente e vide ( non credeva ai suoi occhi!) … un bellissimo pianoforte! Un pianoforte vero, senza coda, un po' per bimbi, ma che si poteva suonare davvero, pieno di tasti bianchi e neri, come è giusto che un pianoforte sia. Aveva anche il pedale!
E la sorpresa più bella che Angela ebbe, fu quella di vedere la mamma sedersi ben composta davanti alla tastiera e cominciare a suonare una bella musica natalizia che riempì tutta la stanza, la stessa musica ( oh! Sì che la riconobbe!) che suonava il nonno di Angela, la vigilia di Natale. La bimba guardava le dita affusolate e delicate della mamma scorrere sui tasti, quasi danzassero, diffondendo nella stanza una melodia meravigliosa che risvegliava ricordi e tanta nostalgia. La bimba sedette accanto alla mamma, che con dolcezza prese la sua piccola mano e, delicatamente ,guidando il suo ditino, le fece toccare i tasti giusti per dar vita al ritornello della canzone del nonno ,legata alla magia del Natale di un dì. Il fuoco era acceso nel grande camino, l'albero di Natale era addobbato alla vecchia maniera, con noci, arance, palle colorate e caramelle e zuccherini bicolore.ed un profumo di resina gradevole si spandeva nella stanza. (Eh sì!Perchè una volta gli alberi erano veri, non come quelli di oggi. ) Angela si perse in quella magia e cominciò a ricordare più nitidamente le persone care del suo passato, che ora erano in cielo. Il tempo aveva quasi cancellato i loro volti: quello dolce e sereno della nonna e quello sempre sorridente del nonno, ma ora quelle note avevano risvegliato i bei ricordi. Fuori la neve scendeva bianca e pura, faceva freddo,ma non c'era freddo dentro i cuori: l'affetto ,dentro quella bella famigliola, s'era rinvigorito e li aveva scaldati:magia di una musica!
Magia anche dell'amore di chi non c'era più,e tuttavia era in mezzo a loro , portati dall'armonia eterna delle note di un piano, che ora scaturivano da un'altra mano, piena però di un amore identico.
Un giorno,anche Angela suonerà. Ci sarà un Natale, un po' di anni dopo, in cui avrà i suoi bimbi vicino ad ascoltarla suonare l'antica canzone di sempre . E tornerà ancora in vita la bellezza del Natale di un dì. E il cerchio della vita avrà compiuto un altro giro.


Ilaria Di Muzio-De Gaetano Francesco-Daniela Bonifazi-Milvia Di Michele

"UN TERRANOVA PER AMICO"di Maurizia Zucchetti-Milvia Di Michele–Serenella Menichetti-Daniela Bonifazi–Francesco De Gaetano


                                         Un Terranova per amico

Il desiderio di Elena era quello di possedere un cagnolino, ci pensava giorno e notte, se lo immaginava piccolo, con un nasetto dispettoso e le zampe tozze.
Aveva chiesto ai genitori, se potevano esaudire questo suo desiderio, ma loro le avevano risposto con un no secco, senza darle la minima spiegazione.
Quasi tutti i suoi amichetti avevano almeno un animale, lei, invece, non ne possedeva nessuno!
Poiché era una bimbetta vispa e piena di iniziative, un giorno sfogliò il giornale che arrivava al volo lanciato ogni mattina dal veloce Mariotto, il quale arrotondava le sue misere entrate facendo questo lavoretto, e trovò un annuncio in cui un ragazzino aveva dei cuccioli da regalare perché la sua cagnetta, Laila, aveva partorito ben sei cuccioletti. 
Certo, i cucciolotti erano bellissimi e teneri e il giovane Marcello se li sarebbe tenuti tutti, ma l'appartamento in cui viveva era piccolo piccolo: un monolocale di pochi metri e allora decise di mettere l'annuncio sul giornale.
Ad Elena non parve vero: quella notizia cadeva a fagiolo! Chi, se non lei, avrebbe potuto prendere con sé uno di quei dolci cuccioletti? Già si immaginava le coccole, i giochi e le passeggiate con il suo nuovo amico; avrebbe fatto questo e avrebbe fatto quello. E poi già, già, bisognava pensare al nome: Billy? Puch? Dodi? e se fosse stata femmina magari Lilly o Glenda oppure Daisy, come il suo fiore preferito. Le sue fantasie si interruppero di colpo, il sorriso si bloccò trasformando le sue labbra in una smorfia. “Come fare ad avere il tanto desiderato cucciolo senza l'autorizzazione dei genitori?”
Pensa che ti ripensa, studia che ti ristudia alla fine le venne un'idea. La sera, a cena, disse a mamma e papà: “Se prometto di essere buona, di studiare con passione, di fare sempre e subito tutti i compiti, posso prendere uno dei cuccioli di cui parla questo annuncio? Vi prego, gli farò da mamma e da compagna di giochi, lo educherò, lo curerò, manterrò pulitissima la sua cuccia e anche la mia stanzetta. Per favore!" e mentre lo diceva una lacrimuccia le spuntò all'angolo dell'occhio implorante.
Mamma e papà videro nel visino della piccola Elena tanta sincerità, tanto desiderio di avere quel cucciolo e tanto amore che finalmente acconsentirono.
Che gioia! Che felicità! Elena, subito dopo cena, corse al telefono e chiamò il numero che c'era sull'annuncio e con la voce rotta dall'emozione chiese se era possibile incontrarsi per avere un cucciolo: “ma presto anzi, prestissimo!”
Così la piccola e bellissima Elena andò, accompagnata dalla mamma, a conoscere il cuccioletto che sarebbe entrato a far parte della sua famiglia. Qualsiasi sacrificio sarebbe stato ben ripagato dalla grande gioia che dà un cuccioletto di cane ( ma anche di gatto, di coniglietto, ecc.. ecc)
Però, si sa, nelle storie c'è sempre un però, ci fu una sorpresa: i cuccioli erano di taglia gigante, ancora più grande del San Bernardo. Erano un incrocio tra il San Bernardo ed il Terranova.


La mamma dei cuccioli S. Bernardo aveva sposato un bellissimo signor Terranova campione di salvataggio in acqua.
La piccola Elena sgranò gli occhi quando vide il papà Terranova che si avvicinava ai cuccioli. "Ti prego mamma prendiamolo ugualmente, lo so che diventerà grande ma lo educherò così bene che non ti accorgerai nemmeno di averlo in casa." E mentre diceva così i cuccioli avevano iniziato a guaire, a leccarle le manine, ed a guardare lei e la mamma con i loro occhioni adoranti. Quest'ultima sospirando di rassegnazione, pur di far felice la figlia, acconsentì e fu così che un bel cagnetto ( che poi scoprirono cagnetta) di una quarantina di giorni, che mostrava di avere almeno qualche mese, fu preso in braccio, coccolato e portato a casa da Elena.
Evviva! Pippi fu adottata! E cominciano così gli allegri fatterelli.
Pippi era una cagnetta, si fa per dire vista la mole, assolutamente deliziosa e molto affettuosa con tutti i membri della famiglia, ma "impazziva" quando il giardiniere andava a tosare il prato. Il rumore del tosaerba era per Pippi intollerabile e se per caso riusciva ad eludere la sorveglianza di Elena e ad uscire in giardino... apriti cielo! Sembrava di assistere alle "comiche": Gerardo, il giardiniere, abbandonava la falciatrice e se la dava a gambe levate, correndo attorno ad ogni albero o siepe o panchina...insomma tutto ciò che potesse costituire una barriera tra lui e Pippi. Una volta si arrampicò sul pino vicino alla siepe e Pippi sotto, con le enormi zampe anteriori appoggiate al tronco, quasi a lambire i piedi, anzi le scarpe di Gerardo, che non poteva far altro che gridare: “ AIUTO!” Allora arrivava di corsa Elena che riusciva a riportare la pace tra il giardiniere e la sua giovane cagnona.
Ma la mamma e il papà erano davvero preoccupati per questa cagnolona che stava diventando sempre più grande e creava grossi problemi con il vicinato che lamentava le sue frequenti incursioni nei giardini a far buche o in casa ad usare i comodi divani, spesso con le zampone infangate.
Aveva voglia la piccola Elena e ergersi a difensore di Pippi, i suoi genitori stavano seriamente pensando di darla a qualcuno che aveva la possibilità di accudirla senza che lei combinasse guai.
Elena riuscì, con non poca fatica, a rimandare la decisione di mamma e papà a dopo le vacanze estive che, da tempo, erano state già fissate al mare, in Toscana.
Fortunatamente avevano preso in affitto un villino con un giardino recintato e Pippi avrebbe potuto correre e divertirsi senza fare eccessivi danni. Inoltre la casa era proprio adiacente al mare, un bel tratto di costa rocciosa dove l'acqua era blu e verde ma molto profonda sin da riva.
Arrivò l'estate e giunsero finalmente al mare. Pippi ed Elena giocavano insieme in giardino nelle ore più calde sotto lo sguardo vigile di mamma e papà. Solo nel tardo pomeriggio o al mattino presto, la famigliola andava al mare lasciando Pippi da sola in giardino.
Un giorno, stanca di stare in giardino, Elena decise di andare da sola sulla riva del mare di nascosto dai suoi genitori, che stavano riposando.
Pia piano mise il collare e il guinzaglio a Pippi e si chiuse silenzionsamente il cancello alle spalle.
Giunta sulla riva del mare iniziò a giocare con Pippi correndo vicino alla scogliera, lanciando sassi e pezzi di legno alla sua cagnona che correva felice.
La riva era completamente deserta, l'ora era troppo calda e tutti erano ancora o a tavola o a riposare. D'un tratto Elena inciampò in un vecchio tronco seminascosto e precipitò in acqua.
Subito iniziò ad annaspare ed a chiamare aiuto: L'acqua era molto profonda, lei non sapeva nuotare bene ed inoltre era troppo spaventata!
Pippi senza esitare un solo istante, si lanciò in acqua nuotando con sicurezza e così velocemente che in breve raggiunse la padroncina, che annaspava quasi priva di forze e sul punto di arrendersi e lasciarsi inghiottire dal quel mare che l'aveva sempre affascinata ma che, ora, stava per diventare il peggiore dei suoi incubi. Pippi, Terranova a metà, aveva ereditato dal padre la straordinaria abilità nel nuoto e un incredibile istinto che gli suggeriva come comportarsi, pur senza aver ricevuto alcun addestramento. Elena non riusciva a credere ai propri occhi ma si aggrappò senza esitare al collare della sua Pippi, che nuotando con destrezza, la condusse fino alla riva, ormai al sicuro. Elena rimase per qualche minuto sdraiata sopra uno scoglio, lambita dall'acqua che andava e veniva, e Pippi lì, accanto a lei, le leccava la faccia e col muso la incitava ad alzarsi. Abbaiava dolcemente cercando di scuotere la bambina, che ancora tremante di paura e di freddo, non riusciva a muoversi. Pippi allora si accucciò accanto a lei e le fece capire che poteva aggrapparsi al suo folto pelo o al collare, per sollevarsi. "Dai...forza!" sembrava volesse dirle.


E fu allora che Elena capì ed abbracciò forte la sua cagnolona, si issò a cavalcioni sul suo poderoso corpo e si diressero verso casa, proprio mentre mamma e papà, li stavano cercando, svegliati dalle grida di Elena .
"Che succede piccola mia" le chiese la mamma abbracciandola. "Oh mamma, Pippi mi ha salvato la vita" e, tra le lacrime che le bagnavano abbondantemente le gote, Elena, raccontò a mamma e papà quanto era accaduto.
Pippi quel giorno ricevette la miglior pappa che un cane possa mai sognare e fu al centro di attenzioni e coccole a non finire.
Le vacanze terminarono presto, come sempre troppo presto finiscono le cose belle, ma quell'episodio che poteva trasformarsi in una vera tragedia, servì affinché Pippi, non solo non venne ceduta ad un altra persona, ma, finalmente, entrò a far parte pienamente e in modo insostituibile della piccola famiglia.
Qual'è la morale di questa piccola storia bambini cari? Ce ne sono parecchie in realtà: che bisogna amare gli animali e rispettarli per quello che sono, senza pretendere che si comportino come gli esseri umani. Che non bisogna mai maltrattarli perché loro, pur se animali, sono sempre onesti verso di noi e uso la parola Onestà nel più nobile senso del termine, loro non tradiscono mai ed amano incondizionatamente. E infine che i bambini non devono mai avventurarsi in situazioni pericolose senza la protezione di qualcuno più grande ed in grado di prendersi cura di loro.


Maurizia Zucchetti - Serenella Menichetti – Milvia Di Michele – Daniela Bonifazi – Francesco De Gaetano



"IL GIGANTE BUONO" di Giovanni Tricozzi–Maria Laura Celli–Daniela Bonifazi-Serenella Menichetti–Stefania Galleschi

Fata dei cristalli
Il gigante buono


Eeeetciù! Prese un lembo dell'enorme fazzoletto e si asciugò il naso… Eeeetciù! Subito ripartì un altro starnuto.
“ Oggi devo proprio fare i conti con questo brutto raffreddore!” Esclamò
La caverna di pietra era ben ordinata per essere la casa di un gigante, ma sulla parete laterale si potevano osservare due grandi macchie di umidità e in una frattura della roccia spuntavano piantine di muschio, colorate di un verde intenso e abitate da una colonia di formiche piccole piccole, quasi invisibili per il gigante.
La caverna aveva una porta di roccia, un grande masso che veniva spostato la mattina, quando quella grande creatura si svegliava e cominciava a svolgere le sue attività; insomma Bertino, perché così si chiamava quell’enorme essere vivente, spostava la roccia al risveglio e ricollocava la stessa la sera, a chiusura di quella che era la sua dimora, prima di coricarsi sul suo letto di paglia, fili d’erba e terra.
Quel mattino aprì la porta di casa un po’ in ritardo rispetto alla solita ora; lui aveva delle abitudini a cui era particolarmente affezionato e che considerava importanti perché gli permettevano di mettere un poco d’ordine nella sua vita.

“ Eeeetciù, etciù, eeetciù”! Gli occhi del gigante lacrimavano mentre usciva lentamente dalla sua casa per dirigersi verso il laghetto dei cigni e delle anatre, dove normalmente si recava per lavarsi e dare il buongiorno a nonna Spider, la più anziana anatra stanziale che mai fosse esistita. Giunse al laghetto affaticato, tanto che Limbi, il giovane cerbiatto, vedendolo scosse il capo trattenendo a stento la sua preoccupazione.
“ Che ti succede? Pare che ti abbia schiacciato un, un”… Limbi restò un attimo in un silenzio pensieroso, cercando la parola giusta da dire in quella particolare occasione, non la trovò, riuscì solo ad aggiungere: “Eh, mio caro, tu sei proprio fuori misura, sai non trovo nessuna cosa adatta perché sei troppo grande, tu sei il gigante più grande della Terra. La tua mano potrebbe riparare tutta la mia famiglia, se dal cielo piovesse grandine, i tuoi passi avvicinano qualsiasi meta, la tua voce può risuonare di valle in valle e ancora sino al mare, mio buon amico. Ma ciò che preferisco di te è che sei un gigante buono, il più grande e il più buono della foresta”

Limbi si era davvero appassionato nel pronunciare queste parole, del resto i due si frequentavano ormai da tempo e il cerbiatto aveva così potuto osservare da vicino la bontà del gigante. Intorno a loro, nel frattempo, si era formato un nutrito gruppo di animali; la talpa sbucò dal suo foro di terra con la testa e guardò verso Bertino e Limbi, alcuni picchi si erano posizionati sul ramo della slanciata betulla e parevano agitati, alzavano e abbassavano le ali come a voler attirare l’attenzione del gigante, il porcospino spuntò fuori da un letto di foglie secche col suo carico di aculei e prese la direzione dei due, poi dal cespuglio di mirto venne fuori la volpe e senza indugiare prese la parola: “Ti aiuteremo noi e lo faremo volentieri, perché sei uno di noi e sei nostro amico”
In quel momento il picchio Ticchio si slanciò dal ramo e in un baleno si posò sulla spalla di Bertino, tossì per rischiarar la voce e poi disse: “ I picchi del nido d’acero ti aiuteranno, ma è necessario che tu prima ti faccia visitare da un medico”
A quelle parole gli animali ebbero un fremito di paura. Come sarebbe stato possibile portare il gigante da un dottore e, timore ancor più grande, ci si poteva ancora fidare degli uomini?”
“Etciùùùù, e… e… etciù! Scusate amici, ma mi sento debole ed è meglio che mi metta seduto.”

Lentamente il gigante si sedette per terra, la schiena appoggiata ad una grande roccia. Fece un gran respiro e:” Ecco, ora va meglio. Ho ascoltato i vostri propositi e sono commosso per l’affetto che nutrite nei miei confronti, ma temo che picchio Ticchio abbia ragione, bisogna che mi faccia visitare da un medico, tutti sanno che gli uomini hanno il sapere della buona salute, però non intendo farlo venire qui, sarebbe un rischio troppo grande per tutti voi.”
Bertino era amato da tutti gli animali della foresta per la sua bontà, ma l’essere buono unito al fatto che esistessero solo pochi altri giganti e per nulla socievoli, non gli aveva permesso di trovare amici nella sua specie. Era l’unico gigante buono a calpestare il suolo terrestre. Le sue qualità non le aveva nessun altro gigante; egli infatti era gentile e umile, generoso e accogliente con tutti, non si cibava di carne e mangiava foglie, radici, tuberi e frutta, insomma era… mmmh… beh, si, era quasi civile!
La volpe puntò il muso verso l’alto, inquadrò il gigante e disse: “Propongo di andare a trovare la Fata dei Cristalli, lei saprà dirci dove trovare un uomo di cui fidarsi”

La proposta di Iole, la volpe, incontrò il consenso di tutti gli altri animali.
Era deciso dunque, Bertino stesso fu d'accordo. "Beneeee... e... e... etciù!" - fu il suo singolare commento.
Decisero tuttavia di intraprendere il viaggio per raggiungere la dimora della Fata dei Cristalli il mattino successivo, in considerazione del fatto che il sole stava calando e non era certo salutare avventurarsi nella foresta di notte, quando gli altri giganti solitamente uscivano dai loro rifugi per cacciare. Non sarebbe stato piacevole per nessuno dei presenti trovarsi faccia a faccia anche con uno solo di essi.
Quando Bertino, l'indomani, uscì dalla sua dimora, i suoi amici erano già lì, pronti per la missione di cui si erano fatti carico per aiutare il loro gigantesco e adorabile amico. Il gigante, vedendoli, si commosse a tal punto che gli occhi gli si inumidirono, beh, almeno il naso non sarebbe stato il solo ad essere lucido. "Salve ragazzi" - disse con la voce rotta dall'emozione. "Prendo il mio zaino eeeee... tciù! Scusateeee... tciù! Torno subito eeeee... tcciù"!
"Caspiterina! - esclamò Ticchio il picchio - da ieri sera è peggiorato e di molto, non vi pare?”
"Sembra anche a me, credo che dobbiamo affrettarci amici" rispose Iole.
Fu così che la spedizione ebbe inizio; Bertino, preceduto dai suoi affezionati compagni, cercava di moderare la sua andatura per non metterli in difficoltà ed essi, d'altro canto, si voltavano spesso per accertarsi che il gigante avesse la forza necessaria per affrontare la lunga marcia che li avrebbe condotti all'abitazione della Fata dei Cristalli, oltre il fiume Fantasia e al di là dei Monti Azzurri.
Durante il viaggio gli animali a turno si avvicinavano al gigante buono circondandolo, come a proteggerlo. Dopo molte ore di cammino la volpe annunciò a tutti che la bellissima montagna luccicante e piena di colori splendidi era lì di fronte a loro. Alzarono gli occhi e videro un castello dalla bellezza indescrivibile! Sprigionava luci multicolori, emanava un profumo di fiori. Arrivati, bussarono al portone e venne ad aprire uno strano animale di cristallo che, con un sorriso, li fece entrare nella sala della fata. Intanto il gigante continuava a starnutire e stava sempre peggio. La volpe, dopo aver salutato la Fata, le chiese aiuto per poter trovare un dottore per il gigante.
La fata guardò gli animali e capì che tutti amavano molto Bertino, infatti alcuni lo affiancavano come a sostenerlo, altri gli svolazzavano intorno premurosi, altri ancora lo abbracciavano alle gambe. Dopo aver meditato un po'si fece portare un fischietto di cristallo dal maggiordomo, lo suonò e si diffuse nell’aria una musica armoniosa e dolcissima. Come per incanto comparve un uccello grandissimo dalle piume di cristallo e con un becco dai mille colori.


Il singolare uccello atterrò nella grande radura del parco. Le sue ali brillavano alla luce del sole spruzzando, il verde cangiante del prato, di una miriade di stelle multicolori e regalando vesti scintillanti agli alberi circostanti. Tutto sembrava addobbato per una serata elegante tanto che gli animali rimasero a bocca e a becco spalancati. Anche il gigante, estasiato da tanta bellezza, rimase con la sua enorme bocca aperta, mostrando la gola, profonda come un antro buio, per un intero minuto, per poi ricominciare a starnutire con maggiore intensità tanto che i suoi amici animaletti cominciarono a rotolare sul prato, come foglie investite dal vento. Altri si ritrovarono in aria per poi atterrare, per fortuna, sul morbido tappeto erboso. La fata di Cristallo decise allora che fosse opportuno andare al castello e far controllare al più presto Bertino da un luminare dell'otorinolaringoiatria e, non solo a causa della sua salute, ma anche per l'incolumità di tutti gli esseri viventi del bosco. La situazione stava diventando seria: “Un vero e proprio stato di emergenza” Così riferì la fata di Cristallo al telefono al dottor Magoni, il quale, ovviamente, disse che, prima di pronunciarsi, avrebbe dovuto visitare il paziente e promise: "Mi metterò subito in viaggio e a breve sarò al vostro cospetto, Fata dei Cristalli.”
Non passarono che pochi minuti ed il medico si fece annunciare dal maggiordomo, un pinguino ovviamente di cristallo, estremamente efficiente e cerimonioso, che battendo un lungo bastone sul pavimento disse solennemente:" Il dottor Magoni"

Il luminare entrò nella grande sala con la sua valigetta e il passo veloce, tipico di chi è abituato ad agire con tempestività per risolvere emergenze. Si inchinò di fronte alla Fata e chiese chi fosse la creatura bisognosa delle sue cure. Bertino, che nel frattempo era stato messo a letto, in una delle tante stanze per gli ospiti, e coperto ben bene affinché non prendesse freddo, si era addormentato. Persino nel sonno non smetteva di starnutire facendo sobbalzare il letto pur di enormi dimensioni, che, ad ogni starnuto, si spostava un pochino tanto che arrivò alla porta della stanza, bloccandone l'apertura. Quando il maggiordomo, che precedeva il medico, impugnò la maniglia per aprire la porta non poté che constatare l'impossibilità di farlo. Chiamò dunque in aiuto i suoi collaboratori. Essi iniziarono a spingere con tutta la forza di cui erano dotati, ma riuscirono solo ad aprire un piccolo varco, decisamente insufficiente al passaggio di chiunque. "Lasciate fare a me - disse Iole che naturalmente era presente - ci penso io" Cominciò ad urlare a squarciagola: "BERTINOOOO! SVEGLIATIIIII! BERTINOOOO! STA ARRIVANDO UN FULMINE CHE TRA POCO TI RIDURRA' IN CENERE...ALZA QUEL TUO SEDERONE O...ADDIO GIGANTE!" A quelle grida Bertino ebbe un sussulto e si svegliò di colpo, con gli occhi allucinati e sbarrati come quelli di chi ha avuto un incubo tremendo. "Il fulmine, il fulmine no, scappare... fuggire... via via! - cominciò a farneticare non ancora lucido. Tuttavia l'intervento della volpe aveva sortito l'effetto sperato: Bertino si era svegliato. "Ehi, sta' calmo amico mio - disse Iole - è stato solo un brutto sogno. Ora ascoltami, devi spostare il letto e rimetterlo al suo posto, hai capito? SPOSTA IL LETTO! - aggiunse con un tono più forte - Va bene, ma non ti arrabbiare, ora lo spos... eeeee... tciù... etciù... etciù" E a forza di starnuti il letto ritrovò la sua collocazione originaria ed il dottor Magoni poté entrare con tutti gli altri al seguito.
Come la fata di Cristallo temeva, il Dott. Magoni emise una diagnosi non troppo fausta: "Rinite Giganteggiante Supervasomotoria Aggravata da Maxistarnutismo Iperacuto" per cui occorreva urgentemente spostare il paziente nella maxistruttura rinforzata superospedaliera della città di GIGANTOPOLI.
Per fortuna la fata di Cristallo, sempre molto previdente, aveva già provveduto ad avvisare un altro uccello di Cristallo, quello della sua compagnia aerea, la AIRFANTASY per accompagnare quel poveretto di Bertino, dalla sua dimora, alla maxistruttura superospedaliera di Gigantopoli. Così non si perse altro tempo prezioso.
L' uccellone di Cristallo, spalancò i suoi enormi portelloni, situati ai lati del ventre e fece entrare Bertino, con tutti i suoi amici, che mai l'avrebbero lasciato da solo, soprattutto in questo momento così delicato della vita.
L'uccello, nonostante la sua mole, decollò con un' eleganza eccellente. Ogniqualvolta però che Bertino emetteva uno dei suoi superfragorosi starnuti, esso perdeva quota, facendo paura ai passeggeri e soprattutto al povero Gigante che era al suo primo viaggio aereo.
Lo sventurato tremava dal terrore e rabbrividiva così forte che l'uccello di Cristallo non poteva non ondeggiare. Questo fece venire il mal di mare, anzi no, il mal di volo, a tutti gli amici di Bertino che si lamentavano a più non posso, pallidi come la cera. Finalmente arrivarono a destinazione e atterrarono nel megagalattico aereoporto della megastruttura ospedaliera di Gigantopoli. Mentre Bertino scendeva dall'areo, ormai rasserenato, ripensò improvvisamente al nome della città... GIGANTOPOLI.

" Per tutti i colossi" – esclamò - " ma se si chiama così significa che ci abitano i giganti! Mi assaliranno, non mi possono vedere perché sono l'ultimo gigante buono rimasto” E cominciò di nuovo a tremare perché un gigante buono non si fa forza della sua mole e tutto lo può spaventare. Ma poco dopo capì. In quella megastruttura curavano gli animali più grossi della terra, cioè i giganti fra gli animali, elefanti, ippopotami, rinoceronti, giraffe ecc…
Entrò dunque più tranquillo nell'ospedale e il dottor Magoni lo accolse con un sorriso che ben presto si trasformò in una smorfia di paura quando Bertino incominciò a emettere un sibilo sempre più forte che preludeva ad un suo sonorissimo e tempestoso starnuto. Tutti cercarono un appiglio a cui tenersi. ”Eeeeetc… Falso allarme ragazzi"- disse sorridendo il gigante.
Il dottor Magoni, per scongiurare possibili starnuti che certo non avrebbero ritardato ulteriormente a farsi sentire, decise di intervenire subito facendo un' ecografia al naso. E sorpresa delle sorprese: nella zona più profonda del grosso naso c'era, incastrato, un castoro, un giovane castoro che, specialmente nel muovere la sua magnifica 


coda, provocava un solletico così intenso a Bertino che non poteva non starnutire e aveva provocato un tale arrossamento alla mucosa nasale da far sbagliare al medico la diagnosi.
" Ecco perchè non stai starnutendo - disse il dottore al gigante - l'abitante del tuo naso si è addormentato! Forza dobbiamo tirarlo fuori".
"Preparate la megasalaoperatoria, presto! - ordinò con fermezza il dottor Magoni agli infermieri - Chiamate il mio staff al completo, l'intervento è delicatissimo ed ho bisogno di tutta l'assistenza possibile"- aggiunse poi.
Di lì a poco uno stuolo di medici si presentò al primario, che era appunto il dottor Magoni, egli si congratulò per la tempestività con la quale tutti avevano risposto al suo appello e disse: "Seguitemi, prego signori, vorrei illustrarvi il caso e consultarmi con voi circa le modalità da seguire per evitare traumi al paziente e ...all'intruso"!E mostrò l'ecografia che rilevava chiaramente la presenza del castoro, ben "piazzato" all'interno del naso di Bertino.
"Signori"? - chiese il primario.
Il primo ad esprimersi fu il dottor Santapace, il quale propose di usare un forcipe, arnese ormai in disuso da anni, che veniva utilizzato per forzare la nascita di un bimbo dal grembo della madre.
Intervenne quindi il dottor Gufetti, che commentò senza mezzi termini:"Dico, il nostro gigante ha un castoro nel naso, ma tu hai le pigne in testa! Come ti viene in mente una simile idiozia? Il forcipe potrebbe causare gravi lesioni, anche il medico più incapace lo saprebbe!"
Sentendosi denigrare con tale vigore, Gufetti non ci vide più dalla rabbia e si gettò su Santapace che cercò di difendersi, volarono insulti e anche qualche ceffone prima che gli altri riuscissero a dividere i due colleghi. "Vergognatevi! - tuonò il dottor Magoni - Non sapete cosa sia la professionalità e la dignità. Fuori di qui tutti e due, vi trasferisco con effetto immediato al Polo Sud, nella mia clinica per foche carnivore e per le temibili foche leopardo. Andate...e buona fortuna" - aggiunse Magoni sogghignando dentro di sé mentre ricordava i due medici che aveva inviato lì qualche mese prima; si erano dati all'ippica dopo l'aggressione di una foca leopardo, risvegliatasi troppo presto dall'anestesia praticatale per curarle una carie che la rendeva ancor più pericolosa.
Ma si doveva intervenire al più presto, prima del risveglio del castoro; bisognava anzi procedere con l'anestesia che avrebbe avuto effetto sia sul gigante che sull'intruso. Il dottor Russo, anestesista, fece portare Bertino nella megasalaoperatoria e ordinò che fosse adagiato sul letto di dimensioni adeguate al paziente; poi armeggiò con alcuni marchingegni e, prima di mettere la megamascheradispensanarcotico, si rivolse al gigante con l'intenzione di tranquillizzarlo: "Non si preoccupi, risolveremo definitivamente il suo problema caro signore, ma ora deve collaborare; quando glielo dirò lei dovrà iniziare un conto alla rovescia iniziando da 10 e gradualmente lei si addormenterà. Vedrà, al suo risveglio sarà come nuovo! Procediamo dunque, appena le avrò messo
 la megamaschera dovrà iniziare a contare"! E così Bertino fece: "10... 9... 8... 7... 6... RONF! 
RONF! - eccolo già tra le braccia di Morfeo.

Tutti i medici per un momento si incantarono nel vedere quell'omone addormentato con il suo bel sorriso bonario sulle labbra.
" Dottor Piccirillo - disse Magoni con tono perentorio, risvegliando tutti dal loro torpore - venga qua! Le sue piccole dimensioni ci saranno di aiuto. Lei dovrà entrare nel nasone di Bertino, legare una corda alle zampe del povero castoro ed un'altra, con attenzione, alla testa e tutti insieme, tirando con delicatezza, faremo uscire l'intruso!"
Piccirillo, con un po' di apprensione, entrò in quella “caverna”, non fu facile il suo cammino, ostacolato dalla scivolosità dell'ambiente, ma pian piano riuscì a raggiungere il castoro addormentato, lo legò con cautela e mentre gli altri cominciarono a tirare e Piccirillo stava per uscire dalla cavità nasale … Etciùùùùùùùùù! Arrivò il più grosso starnuto mai sentito né sulla terra e neppure nel regno della fantasia. Il povero Piccirillo e il castoro furono scagliati a metri di distanza, insieme ai medici che stavano tirando la corda. In fondo alla parete della Megagalattica sala operatoria si formò un cumulo di persone col camice bianco, stupite e anche un po’ rintronate. E fu questo che vide per prima cosa Bertino che, a causa del suo stesso starnuto, si era svegliato prima del previsto. Tutti si guardarono fra lo stupito e l'incredulo, mentre il castoro, anche lui ormai sveglio, terrorizzato fuggiva a gambe levate con tutte le corde appese, e così tutti scoppiarono in una fragorosa risata. "Grazie amici miei - disse il gigante, respirando a pieni polmoni dalle narici ormai libere - in qualunque momento avrete bisogno di me, io accorrerò". Uscì dalla sala operatoria e s'incamminò felice, con i suoi amici animali, verso l'uccello-aereo di cristallo, per far ritorno al castello. Lì furono nuovamente condotti al cospetto della Fata dei Cristalli che nel frattempo, informata della perfetta riuscita del delicato intervento, aveva disposto si svolgesse una grandiosa festa per salutare Bertino ed i suoi fedeli amici,. Anche il castoro, rincorso dal Iole per rassicurarlo, fece ritorno scusandosi col gigante per la sua "intrusione", del tutto casuale disse:" Ero così assonnato e intorpidito dal freddo che quando ho trovato un caldo cunicolo ho pensato di "sonnecchiare" un pochino prima di gettarmi nuovamente in acqua; mai avrei pensato che si trattasse del tuo naso, Bertino. Mi perdoni?"
"Ma certo amico mio, è stato solo uno spiacevole incidente, ma ti prego, la prossima volta che ti prende il "coccolone", cercati un altro buco, intesi?"
Ma il bastone del maggiordomo batté tre volte sul pavimento, ed egli annunciò:" La Fata dei Cristalli"
Che magnifica visione! La Fata, con l'abito cerimoniale di uno splendore unico per gli innumerevoli cristalli che lo adornavano, fece il suo maestoso ingresso e raggiunse la sua poltrona, di cristallo

ovviamente, ma prima di sedersi disse:" Cari amici tutti qui presenti oggi, con questa festa vogliamo dire non addio, ma arrivederci alle creature buone e generose che si sono prodigate per il gigante buono Bertino, che tante volte ha aiutato loro grazie alla sua mole e al suo altruismo. L'amicizia è un sentimento di grande valore, conservatelo sempre vivo. Ora a tutti auguro...BUON DIVERTIMENTO!
Applausi fragorosi seguirono e la festa ebbe inizio.

Giovanni Tricozzi–Maria Laura Celli–Daniela Bonifazi-Serenella Menichetti–Stefania Galleschi