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LE CARTIERE DI BALTAZAR di Daniela Bonifazi-Francesco De Gaetano-Milvia Di Michele


LE CARTIERE DI BALTAZAR

Mi chiamo Maria, sono operaia in una delle tre grandi cartiere del mio paese.
Qui, nel fantastico regno di Cartolandia, la popolazione vive in armonia e senza
preoccupazioni. Ogni famiglia ha benessere. Il lavoro è assicurato da tre grandi fabbriche
di carta, che riforniscono le principali tipografie del mondo della fantasia e che stampano
milioni e milioni di libri di fiabe, per bambini, riempiendo scuole, case e biblioteche.
A Cartolandia, la materia prima è fornita da immensi boschi di conifere, curati da esperti
gnomi che si occupano della pulizia del sottobosco e del taglio intelligente degli alberi, in
modo tale da non turbare l’equilibrio ambientale. Nelle fabbriche trovano occupazione
sia uomini, sia donne, ognuno con mansioni specifiche. I macchinari funzionano
perfettamente, grazie alla costante e meticolosa manutenzione dei folletti operai, che
quotidianamente compiono rigorosi controlli, per evitare incidenti sul lavoro e tutelare
così la sicurezza dei lavoranti.
- IL Sig Baltazar -
disegno di Milvia Di Michele
Ma le cose non sono sempre andate
così bene. In tempi precedenti, la
gestione delle fabbriche era affidata
a un uomo privo di scrupoli, il cui
solo interesse era trarre un profitto
personale. Era comparso in paese
un giorno, molti anni prima, con un
elegante calesse trainato da due
splendidi cavalli. Elegante, spigliato,
dalla parlantina facile e suadente,
non aveva avuto difficoltà ad abbindolare gli ingenui e semplici abitanti del regno.
Fu così che, in breve, il signor Baltazar divenne proprietario di vaste porzioni di boschi e delle fabbriche di carta. Ho già detto che il signor Baltazar aveva come suo unico scopo il “profitto”.
-Quale era la stranezza?- voi obietterete, sapendo bene che tutti i commercianti vogliono
guadagnare. La “ stranezza”, o meglio, la cosa sbagliata, era che questo nostro
imprenditore non avesse coscienza e, pur di arricchirsi, metteva continuamente a rischio la vita degli operai della sua fabbrica. Pensate che un giorno, con grande incoscienza, decise di risparmiare, non facendo installare gli estintori necessari e, tra l'altro, previsti dalla legge.
–Soldi sprecati!- Bofonchiò - Puah! Le leggi! Son fatte apposta per mettere in croce noi
imprenditori!- E aggiunse - Ma cosa credono! Che facciamo della beneficenza?-
Per fare il furbo, li fece mettere fasulli, di cartone dipinto, giusto per imbrogliare.
Finché, purtroppo…
Il signor Baltazar, quel dì, come al suo solito, controllava i suoi operai tenendo in bocca il
suo sigaro puzzolente , (dove mai li acquistasse, non si sa, i sigari, di solito hanno un buon profumo) quando, adirato perché la produzione, secondo lui, procedeva troppo lentamente, fece un gesto tremendo: lo gettò con stizza senza guardare dove andasse a cadere.
Che superficialità! Un comportamento inammissibile in qualunque luogo di lavoro, figurarsi in una fabbrica di carta! Mentre si allontanava, sbuffando e imprecando, il sigaro finì in un contenitore colmo di segatura. La lenta combustione non permise agli operai di accorgersi del pericolo e, alla fine del turno lavorativo, lasciarono lo stabilimento, il più grande dei tre, per tornare finalmente alle loro case.
Fermati i macchinari, spente le luci, chiuse le grandi porte, il silenzio calò nella fabbrica.
Ma il sigaro aveva già innescato la reazione e, ben presto, dalla segatura, la tenue scia di
fumo si tramutò in fiammella, che s’ingigantì all'istante. Piccole scintille volarono ovunque,
scatenando un incendio.
Naturalmente, in ogni stabilimento mancava un addetto alla sicurezza, che, a giudizio del
nostro Baltazar, non era indispensabile, ma gli avrebbe soltanto fatto sperperare altre tre
paghe.
Le fiamme si propagarono velocemente, grazie al materiale di lavorazione e, ben presto,
avrebbero invaso l’intera fabbrica se …
... all'improvviso, le due porte degli spogliatoi, maschile e femminile, si aprirono. Eravamo
cinque operai, due donne e tre uomini, ci eravamo trattenuti più del previsto, per pianificare l'organizzazione di una festa a sorpresa per il nostro capo operaio, Gastone, che compiva gli anni proprio quel giorno.
Ci trovammo di fronte uno spettacolo terrificante: fumo e fiamme avevano invaso l'intero
laboratorio. Non c’era via di scampo
-Donna fra le fiamme-
disegno di Milvia Di Michele
e, su concitata esortazione di Rocco,
il più anziano del piccolo gruppo,
tutti rientrammo immediatamente
nello spogliatoio femminile, per stare
uniti e cercare il modo di salvarci.
Come fare a spegnere l’incendio?
Gli estintori erano di cartone, gli
idranti inesistenti, le porte tagliafuoco
non erano mai state acquistate. Non
c’era neanche la segnaletica che indicasse
i luoghi sicuri da raggiungere e
i comportamenti giusti da adottare in
questi casi. Che fare?
Il signor Mario, per fortuna, quando
era venuto il tecnico della sicurezza,
aveva fatto installare un unico idrante, mettendo il suo datore di lavoro davanti al fatto
compiuto e beccandosi da parte sua una strillata per la spesa ritenuta “non necessaria”.
Già! Non era necessaria nessuna misura di sicurezza antincendio in una cartiera!
Baltazar era un tipo davvero odioso e, per colpa sua rischiavano di morire degli operai
innocenti. Improvvisamente, si udì provenire dal suo ufficio un urlo atroce.
Era proprio il suo urlo!
Le lingue di fuoco saltavano minacciosamente da un luogo a un altro e, in quel momento,
avevano circondato la stanza impedendogli di uscire senza bruciarsi.
Né Baltazar poteva restare a lungo in quel luogo, il fumo ormai stava riempiendo il locale e presto gli avrebbe impedito di respirare. Allora, capitanati da Rocco, ci coprimmo alla meglio, con gli asciugamani che erano appesi nello spogliatoio femminile e, come un’unica persona, ci avventurammo in mezzo alle fiamme, fino a raggiungere l'idrante, che fortunatamente era ancora lontano dalle fiamme.
Rocco aprì il rubinetto e ci bagnò tutti e poi, mentre due di noi si precipitarono verso l'uscita per dare l'allarme, noi altri ci dirigemmo nell'ufficio di Baltazar, facendoci strada con l'acqua dell'idrante. La scena era infernale: alte fiamme si levavano da ogni dove, alimentate dalla segatura e dalla carta sparsa e accatastata ovunque.
Ormai il fuoco stava raggiungendo le travi portanti.
Baltazar, rannicchiato, nell'angolo più lontano del suo ufficio, nella speranza di ripararsi dalle fiamme, non appena ci vide irrompere nel suo ufficio, svenne.
-"Eccolo lì il grand'uomo!"- esclamai, e, facendomi coraggio, corsi verso quella goffa figura sul pavimento e vi buttai sopra degli asciugamani impregnati d'acqua.
Rocco, aiutato da un altro operaio, si caricò sulle spalle quel corpo esanime di Baltazar e tutti quanti corremmo all'uscita dello stabilimento, dove finalmente poterono adagiarlo nel cortile, al riparo dalle fiamme.
Nel frattempo erano arrivati gli “Gnomi pompieri” coadiuvati da “Farfalle giganti” che, con le loro proboscidi, stavano già cospargendo acqua sopra le fiamme. Tutti quanti, come una sola persona, (pardon … gnomo) lottarono e riuscirono ben presto a spegnere il fuoco e a evitare che si propagasse verso gli altri due stabilimenti e, soprattutto, verso le loro case.
-Ora basta!-disse Gastone rivolto a tutti i presenti – E’ ora che Baltazar impari la lezione!
Per poco non provocava una tragedia!
Attendemmo che il padrone riaprisse la fabbrica, pronti a un’azione di rivolta, ma quale fu la nostra sorpresa, quando lo vedemmo venirci incontro, senza sigaro e con un bel sorriso!
Baltazar, grazie alla gran paura che aveva provato, aveva modificato totalmente il suo comportamento, c’era grato per avergli salvato la vita e ci disse:
-Miei cari operai, vi sono debitore per aver salvato la mia vita e “ la nostra fabbrica”.
D’ora in avanti adotterò tutte le misure di sicurezza necessarie
e mi consulterò con voi per come gestire al meglio la nostra produzione.
- Maria nel regno di Cartolandia -
disegno di Milvia Di Michele
La fabbrica non è solo mia, ho capito che, senza di voi, non potrei vendere un solo foglio di carta.
Da oggi in poi avrò cura del vostro benessere e adotterò ogni misura necessaria perché lavoriate in " sicurezza" e serenamente.-
Così detto, mise la mano nel taschino del panciotto, prese un sigaro puzzolente e …Rise forte forte – Non temete! – disse- Non l’accenderò, ma permettetemi di tenerlo in bocca!
A Cartolandia nasceva così, una nuova epoca, piena di armonia e benessere.
Ed io sono molto felice di lavorare nella “ mia” cartiera.
Come sono felici tutti gli operai delle " nostre" cartiere.
Io sono Maria, vivo nel regno di Cartolandia, e oggi ho scritto il mio primo racconto, sulla carta prodotta
nel mio paese, anche da me.

Autori: Daniela Bonifazi - Francesco De Gaetano - Milvia Di Michele

AMICHE D' ALI di Maria Laura Celli-Milvia Di Michele-Cecilia Bonazzi


AMICHE D'ALI

Tanto tempo fa vivevano in un bellissimo bosco incantato moltissime farfalline colorate, tutte molto belle. A loro piaceva volare tutto il giorno, posarsi sui fiori e giocare a rincorrersi. Erano farfalline molto educate e ubbidienti. Soltanto una era monellina e si allontanava sempre dal gruppo delle compagne.
Darina, così si chiamava la monella, era molto curiosa, voleva scoprire cosa c'era fuori dal bosco.
Le sue amiche la chiamavano "Darina la curiosona" ma lei non si offendeva mai.
Un giorno decise di volare al di là del bosco per capire che cosa c'era fuori dal suo mondo. Volò velocemente e in un battibaleno si trovò in un posto meraviglioso e strano.
-Ma cosa sono quelle cose alte, con tanti buchi che sembrano occhi?- si chiese a voce alta- E quei mostri che si muovono, con dentro le persone, e che fanno tanto rumore, cosa saranno mai?-
-Le cose alte si chiamano palazzi e vi abitano le persone, i mostri si chiamano automobili e trasportano le persone - rispose una vocina dolce.
-Oh, ma tu chi sei?- chiese Darina- Voli come me, come ti chiami?-
-Io sono un'ape, mi chiamo Laborina e mi diverto a volare sui fiori anche se,in questa città, ce ne sono pochi. E tu chi sei, da dove vieni?-
-Io sono la farfallina Darina e vengo dal bosco incantato.
-Piacere di conoscerti Darina, vuoi volare insieme a me per conoscere questo posto nuovo?-
-Oh sì- rispose Darina- andiamo...
Felici aprirono le loro ali al mondo e.......via!!!
Le loro risate arrivarono fino al sole, lassù in alto e le nuvole al loro passaggio salutarono strizzando loro l'occhiolino. Erano felici, facevano a gara a rincorrersi!
Sfioravano i muri e le persone … e le automobili !
Che gioco pericoloso!
Sì, sì, troppo pericoloso giocare con quelle scatole che sfrecciano a folle velocità. Meglio cambiare direzione… laggiù, oltre quel recinto, chissà cosa nasconde!
E volando a rincorrersi raggiunsero il recinto, lo superarono e si ritrovarono in un grande giardino, con fiori e alberi e ancora fiori, di tutti i tipi, di tutti i colori: gialli, rossi, arancioni… addirittura blu !
-Ma che posto è mai questo ?- Chiese la farfallina.
-Non saprei - rispose l’ape Laborina - Non pensavo che in città ci fosse una cosa simile!-
Timidamente continuarono a volare, appoggiandosi e annusando ogni fiore, valutando ogni foglia, osservando ogni ramo e per lo stupore, non si accorsero che… PANF!
-Ahi che male!-
-Ohi, ohi, che botta!-
- Ma cosa è stato ?- si chiesero all’unisono le due creature.
- Oh, perdonatemi !- rispose una voce sconosciuta ma con un tono dolce, melodioso e gentile.
- Perdonatemi, non vi avevo viste -
La farfallina e l’ape si guardarono con terrore e sorpresa: non era possibile !
-Vi siete fatte male ? Aspettate, non abbiate paura… ecco, un po’ di miele vi farà bene. Esco sempre in giardino con un po’ di miele- 
-Fai finta di niente: è un umano !- disse Laborina.
- E come faccio a fare finta di niente ? Le mie ali stanno tremando senza che io le muova - Rispose Darina.
- Oh, ma piccolina, non devi avere paura: non ho mai fatto male a nessun insetto.-
Lo stupore della farfalla e dell’ape fu totale: quell’umano capiva la loro lingua !
Era una vecchina che, rimasta sola, trascorreva il suo tempo osservando gli animali, e lo faceva con tanto amore e attenzione, da aver imparato la lingua di molti di loro, soprattutto di quelli con le ali, tanto che ormai in molti la conoscevano e andavano a volarle davanti alla finestra per salutarla. Nonna Rosa era riuscita così a riempire le sue giornate e a non annoiarsi, anzi rideva sempre ed era così felice che le sembrava di diventare ogni giorno più leggera.
Darina e Laborina, dopo la sorpresa iniziale, restarono a lungo a chiacchierare con lei, fino a che si accorsero che a nonna Rosa stavano spuntando due magnifiche piccole ali, e che, più parlavano e ridevano, più andavano crescendo.
Allora la farfallina disse con la massima naturalezza alla nonnina:- Vuoi volare con noi?-
E nonna Rosa, ridendo, volò tra Darina e Laborina... verso i cielo.


Autori: Maria Laura Celli-Milvia Di Michele-Cecilia Bonazzi
Tutte le immagini sono state tratte dal Web.

" IL SEGRETO DELLA TORRE DI PISA" Autori- Francesco De Gaetano- Milvia Di Michele-Umberto Flauto- Stefania Galleschi-Serenella Menichetti


Il segreto della Torre di Pisa




(storia semi fantastica del gruppo Fantasia in Rete)


Era una notte buia e tempestosa (strano questo genere di storie inizia sempre così) come raramente accadeva a Pisa dove, di solito, regnava il bel tempo e la dolce brezza marina.
Due figure, curve sotto mantelli neri con il cappuccio alzato, percorrevano silenziosamente la strada che, costeggiando la muraglia, immetteva nella piazza dei Miracoli.
La pioggia battente rendeva lucidi i mantelli delle due figure che, faticosamente avanzavano, contro il vento e la pioggia, rasente il muro, aiutate dalla luce tremolante di una torcia elettrica.




A ogni rumore, al lampeggiare dei fari di qualche rara macchina di passaggio si accostavano immediatamente al muro attaccandovisi come ragni neri, sul nero della parete.
Proprio vicino all’angolo del muro si fermarono e armeggiarono alla serratura di una porticina che a malapena si intravedeva.
Aperta con cautela e illuminandone l’ingresso, si inoltrarono repentinamente, richiudendo con cura la porta dietro di loro.
Percorsero un lungo corridoio ad arco che discendeva con degli scalini nelle fondamenta del muro; la volta era tutta in mattoni che trasudavano umidità e piena di muffa verde. Squittii di topi e fruscii sinistri si udivano davanti al loro avanzare. Si presero per mano come per darsi coraggio e continuarono a inoltrarsi imperterrite in quell’ambiente misterioso. L’esplorazione del cunicolo andò avanti per lungo tempo, sino a che giunsero di fronte a un’altra porta di foggia antica, che si apriva su un muro in granito circolare innalzato verso il soffitto senza continuità.
“Siamo arrivate finalmente” disse la prima figura richiudendo la porticina e facendo luce a una sala circolare col pavimento di pietra e le pareti costruite con grossi blocchi di marmo bianco.
“Meno male, non ne potevo proprio più Serenella. Ogni volta che veniamo sin quaggiù questo lungo percorso sotterraneo mi prende lo stomaco” disse la seconda figura.
“Stefania coraggio, lo sai che stiamo facendo la cosa giusta!”rispose Serenella, che cominciò ad azionare un generatore di corrente enorme e di foggia antiquata situato vicino alla porta.
All’improvviso tutta la stanza si illuminò di una luce vivida, che rivelò una serie di tavoli di legno massiccio sui quali erano posti in bell’ordine libri antichi, risme di carta pergamena e, al centro, un modernissimo computer.
“Sono anni che ci stiamo lavorando a questa idea Stefania e finalmente abbiamo avuto il beneplacito di tutti gli adepti al nostro Gruppo ! L’Officina della Fantasia, da questa notte, è una realtà! Basta improvvisazioni, basta arrangiamenti dell’ultima ora. D’ora in poi tutto sarà organizzato per benino e potremo, tutti insieme,creare nuove favole e racconti da poter divulgare a tutti i bambini del mondo!”
“Meraviglioso Serenella!! Non avrei mai pensato che saremmo arrivati a questo quando decidemmo insieme d' iniziare a creare storie fantastiche, filastrocche, fiabe! Quanto tempo è passato, quante esperienze, quanti amici e quante amiche si sono unite a noi in questo lungo fantastico viaggio!”
“Adesso, dobbiamo organizzare tutta l’Officina e iniziare ad attribuire i compiti a ognuno dei partecipanti: forza Stefania iniziamo!”
E così dicendo iniziarono col compilare il lungo elenco degli amici appartenenti al gruppo. Avrebbero poi dovuto, sulla base delle peculiarità e delle disponibilità indicate dai seguaci di Fantasia, passare all'assegnazione dei compiti. Era molto importante fare bene il lavoro di suddivisione delle attività da svolgere: da esso dipendevano la sopravvivenza e l'evoluzione ulteriore del gruppo.
La difficoltà del compito era smisuratamente acuita dal fatto che bisognava fare tutto di nascosto, stando attentissimi a non essere scoperti. L'Essere che, provenendo da un pianeta lontano anni luce dalla Terra, voleva assoggettare la mente degli umani, stava cercando tutti i computer, i libri, i manuali e ogni scritto esistente per distruggerli, soprattutto voleva impedire che i bambini fossero raggiunti da fiabe, racconti, filastrocche, poesie in modo da poter crescere un'umanità priva di ideali, di moralità, senso etico e soprattutto di "Fantasia".
l'Essere non sapeva che, se lo Spirito di Fantasia, custodito nel grande scrigno arcobaleno, fosse rimasto ancora visibile, il gruppo avrebbe continuato ad avere vita.
Stefania rivolse a Serenella uno sguardo triste, stringendo tra le mani lo scrigno che a turno custodivano. Aveva mille sfumature colorate, era trasparente come l'aria, ma forte come la roccia; proteggeva lo Spirito lasciandolo tuttavia visibile.
- E' sempre più fioca la sua luce, vero?- le disse Serenella, preoccupata come lei, ma piena di speranza.
E Stefania - Mi si stringe i cuore!
"Forza, dobbiamo darci da fare, non c'è più tempo da perdere, guarda!" E così dicendo Serenella indicò lo schermo del grande computer, nel frattempo acceso, che lanciava sinistri bagliori rossastri di virus che l' Essere aveva lanciato nell'etere per distruggere il Gruppo. "Presto, presto, presto!!!!"
Insieme, riposero al sicuro lo scrigno nel borsone nero. Poi, velocemente, azionarono il dispositivo che dalla sala sotterranea faceva innalzare l' Antenna di Fantasia su, su, attraverso il centro della Torre di Pisa sino al cielo per poter lanciare i messaggi di SOS a tutti i componenti del Gruppo sparsi ovunque.
Sì, perché quella sala, se non lo avete ancora capito, ma non ci credo, era stata ricavata secoli prima dai costruttori della Torre di Pisa, proprio sotto le sue fondamenta e, all'epoca, serviva agli scienziati di quel periodo, per certi loro esperimenti di astronomia e astrologia.
"Io chiamo subito Cuore Rugoso perché venga immediatamente a darci una mano a neutralizzare questi virus malefici che stanno invadendo il nostro mega computer" esclamò Stefania e subito si attaccò al telefonino componendo il numero di Roberto.
Cuore Rugoso rispose dopo un po' di tempo al cellulare, poiché impegnato nella preparazione di una nuova mistura di ponce, da far assaggiare alla prima occasione agli altri amici di Fantasia.
Era sua convinzione che quel nettare avrebbe acceso e rinvigorito la Fantasia di ognuno di loro.
"Pronto!! Che c'è Stefania? Sono occupato maremma. . . " "Abbiamo bisogno di te pigrone, dai vieni che abbiamo il computer del gruppo pieno di virus" Roberto non fece neanche finire Stefania che già aveva chiuso casa, tirato fuori dalla rimessa il camper laboratorio e, infilata una cerata giallo canarino, apriva già il cancello per precipitarsi in piazza dei Miracoli. "Mammaremma beata, ma tu pensa un povero cristo, bello, tranquillo al calduccio, indaffarato con le su cose che deve pigliare e correre da quelle due per risolvergli i problemi!!!" Pur borbottando però Roberto spingeva sempre di più sull' accelleratore. Sforzando al massimo dei giri il vecchio camper, che ruggiva come un vecchio leone ferito.
Cuore Rugoso in un baleno arrivò al parcheggio sotto le mura. Prese dal Camper una grossa valigia con tutto l'armamentario necessario e si precipitò, esaurendo ben presto tutte le Maremme del suo repertorio per il corridoio sotterraneo e per le mille volte che aveva rischiato di cadere, alla sala dove Stefania e Serenella erano disperatamente alla ricerca del modo di bloccare tutti quei virus che continuavano a pervenire nel computer di Fantasia.
"Oh bimbe, o che succede Maremma informatica?" esclamò Roberto avvicinandosi allo schermo del computer.
"Roberto presto dacci una mano a fermare quest'invasione di extra corpi!!" esclamarono all'unisono le due ormai allo stremo.
"Calme bimbe son qui apposta" e così dicendo aprì la valigia e ne estrasse degli strani marchingegni di cui solo lui conosceva l'uso. Collegò alcuni spinotti, accese dei monitor e iniziò a digitare freneticamente sulla tastiera. Passarono i minuti: 5, 10, mezz'ora, un'ora e Roberto sudava. Le gocce di sudore cadevano sulla tastiera, mentre lui continuava a immettere ordini al computer e gli strumenti rispondevano, attraverso strani suoni, ogni qualvolta lui inseriva nuovi dati nel cervellone.
"Ecco bimbe, maremma fiabesca, è stata dura ma alla fine ce l'ho fatta!!" esclamò trionfante Cuore Rugoso detergendo con un fazzolettone, il sudore che, altrimenti sarebbe sceso dalla fronte, sulla barba incolta, che Stefania più volte aveva consigliato di radere, irrorandola. Fino a cessare il suo percorso negli interstizi dei tasti della tastiera.
" Per ora è a posto, però il problema non è nel computer, quanto negli utilizzatori. Occorre che i vostri, anzi i nostri membri del gruppo, facciano azione comune a inserire ripetutamente nuove storie, nuove fiabe, nuove filastrocche per impedire al nemico di bloccare il computer e prelevare quanto vi è già registrato":
" Hai ragione Roberto" rispose Serenella "è per questo che siamo venute questa sera nonostante il maltempo. Abbiamo iniziato una nuova era di Fantasia e ora dobbiamo decidere l'attribuzione dei vari compiti tra tutti i nostri amici sparsi in tutta Italia e, insieme, iniziare una nuova campagna di racconti, di fiabe e di filastrocche in modo di sconfiggere quest'essere immondo".
Detto fatto, le due iniziarono a inviare messaggi tramite l'antennona che si ergeva dal centro della sala su su per la torre di Pisa per chiamare a raccolta tutti quanti: Daniela, Lalla, Milvia, Rossella, Maurizia, Umberto, Silvia, Gian, Maria Laura, Sergio, Wanda ecc.ecc.ecc. Son più di quattrocento, se li elenco tutti si finisce a Natale e siamo solo a maggio. . .
Piano piano tutti risposero con entusiasmo all'appello; chi da Milano, chi da Firenze, chi dalla Calabria insomma per farla breve tutta l'Italia era presente su quello schermo nonostante l'ora tarda e nonostante tutto.
"Bene son proprio contenta" disse Stefania abbracciando Serenella e dando un bacio a Cuore Rugoso. "Bravo Roberto!! Sei stato grande" e gli schioccò un secondo bacio proprio sulla gota irsuta. "Dai Stefania un fare così che mi fai ricordare i tempi, beh ! Lasciamo perdere ovvia!"
Sino all'alba si diedero da fare a lanciare messaggi a tutti i membri del gruppo, freneticamente, chiamando a raccolta per la causa comune maestre, professoresse, casalinghe, impiegati, pensionati di tutte le età e di tutt'Italia. Si accorsero che era giorno dal raggio di sole che era penetrato attraverso il foro al centro della sala dove saliva l'antenna.
"Uff ! Non ce la faccio più, sono stravolta" esclamò Stefania raddrizzando la schiena dolorante. "A chi lo dici" rispose Serenella che aveva gli occhi stralunati e stava cercando di tirare i muscoli delle gambe facendo dello stretching.
Entrambe, udendo un rumore continuo e ritmico proveniente dal fondo della sala, si allarmarono ed volgendosi nella direzione della sua fonte, si accorsero di “Cuore Rugoso” che raggomitolato sul pavimento di pietra, coperto alla meglio dalla cerata gialla, si era addormentato, russando sonoramente.
"Beato lui che ci riesce" disse Stefania.
Riuscirono a svegliarlo dopo diversi scossoni: "Dai pigrone svegliati!!! Abbiamo finito è ora di andare".
"Maremma Pisana che sonno!" esclamò Roberto stropicciandosi gli occhi e cercando di alzarsi. " E ora che si fa bimbe? Ci si va a fare un cappuccino e una brioche al bar della piazza?" Spensero il computer, raccolsero diversi documenti che nel frattempo avevano stampato e spegnendo il generatore richiusero la porta accuratamente inoltrandosi nel corridoio. Finalmente uscirono furtivamente dalla porticina sulla strada e rividero con sollievo la luce del giorno.
La luce, il sole, l’aria frizzante regalavano quell’energia utile a riprendersi da una nottata in cui gli eventi si erano susseguiti senza tregua. Serenella, Stefania e Roberto erano esausti, ma felici poiché le cose stavano accadendo molto più velocemente di quanto immaginassero e il progetto fatto di mille piccole storie, di mille piccole fiabe e filastrocche stava per diventare una incredibile realtà e tutti ne erano testimoni ed attori. Ma la cosa che adesso urgeva era quella di alimentarsi, certo una bella e sana colazione, a base di quel cappuccino e quella brioche, che aveva, in cuor loro, il sapore della favola, l’odore del sogno e il piacere del dormiveglia, ci voleva proprio. Nello stesso tempo, era un modo per progettare altre idee, per impedire che strane forze oscure si impadronissero del sistema. Ma la situazione, sembrava ora diversa, dopo che tutti avevano aderito con entusiasmo, con impegno e specialmente con l’invio di momenti di creatività conditi con un pizzico di fantasia.
Il Bar in piazza intanto era già pieno di persone, forse quella luce, quello spicchio di sole avevano “trillato” la sveglia a tutti o forse si erano alzati in massa, presto, per scrivere qualcosa da inviare all’Officina? Ahahahahah… risero di gusto tutti e tre mentre i presenti li osservavano, ignari di cosa stessero pensando e di ciò che d'importante fosse accaduto durante la notte.
Mentre ridevano e gustavano la loro meritatissima colazione ecco apparire una nuova idea: sarebbe stato bello scrivere storie e filastrocche, in cui poter insegnare ai ragazzi a riscoprire la buona alimentazione, il gusto vero del cibo e, perché no, la scoperta del piacere del sano ridere con gli amici. E poi e poi, tante altre ancora. Bastava afferrare quel filo, che la fantasia ci porgeva, per poter trovare una moltitudine di strade da percorrere e pure quella per accedere a qualsiasi labirinto.
“ La borsa, oddio la borsa!” Esclamò con voce concitata Serenella,
sbiancando come un lenzuolo in candeggina. Come solito, si era dimenticata del suo borsone nero.
“Eccolo qua “ rispose Stefania a Serenella, che tirò un sospiro di sollievo, mentre il colore del suo viso subiva un brusco passaggio dal bianco all' amaranto, tanto da rischiare un ictus.
“ E meno male che ci hai pensato tu, come al solito! Temevo fosse rimasta nei sotterranei." disse Serenella a Stefania.
Stefania, sorridendo divertita, lentamente dischiuse il borsone e, con la felicità nella voce chiamò Serenella, per rasserenarla ulteriormente e, facendola rischiare di esser appellata addirittura "Serenellissima" la invitò a guardare all'interno di esso.
SSSSSSSSSSSSSS, sussurrava la voce, ma poi la luce ha una voce? Certo, basta ascoltare!  Tanto è vero che, Serenella la sentì, perché la luce attraverso la sua voce, giunse prima all'orecchio, poi l'intensità della sua immagine approdò all'occhio, invadendo la retina. Seguì un urlo.
Un urlo forte, non di dolore ma, di gioia pura, esplose dalla sua bocca, facendo voltare alcuni turisti. Ma lei era talmente raggiante che nemmeno se ne accorse. Guardò Stefania, e, si sorrisero, felicissime che lo Spirito della Fantasia fosse tornato a risplendere.

Roberto disse a Serenella:“ Maremma ciua, credevo ti avessero dato un morso in un orecchio e un altro in un occhio!" Al che un po' per la battuta, un po' per l'allentamento della tensione, il trio scoppiò in una grassa e liberatoria risata.
E fu sull'onda di questa che furono spinti a ordinare un altro vassoio colmo di brioches alla crema pasticcera.
Lo Spirito della Fantasia aveva sconfitto l'Essere maligno ed ora splende ogni giorno di più e, insieme ai suoi bagliori, emana e sparge i semi della creatività in ogni animo che a lui si voglia aprire.
Ma è soprattutto quel filo, bello, colorato, splendente, prezioso e forte, non meno di quello prodotto da un baco da seta, ad unire gli amici della Fantasia.Un filo al quale tutti noi stiamo aggrappati, diventando sempre di più un gruppo coeso, forte, e fantasioso.


Le immagini sono state tratte dal web

MAGO PIRU' E IL MALDESTRO APPRENDISTA di Franco Marchetti - Daniela Bonifazi – Maria Laura Celli – Cecilia Bonazzi – Milvia Di Michele


Mago Pirù e il maldestro apprendista


Mago Pirù
                                                  
Un’esplosione fece vacillare i muri del grande laboratorio di mago Pirù ed un fumo grigio e denso si sparse       nell’ambiente, avvolgendo ogni cosa.  
”Abelardo! – tuonò l’anziano cultore della magia entrando come una furia – Ti avevo avvertito!...Tu…tu…sei la brutta copia di un apprendista! Non fai altro che combinare guai! Se non fossi il figlio di mia sorella Lucinda ti avrei già trasformato in topo e dato in pasto al gatto”!

Abelardo
Sul volto nerofumo del ragazzo spiccavano i grandi occhi, spalancati e increduli per l’ennesimo fallimento. “Maestro…ti chiedo perdono…io volevo esercitarmi e questa volta ero sicuro che sarei riuscito a”… “A demolire il laboratorio! Beh! Ce l’hai fatta! Contento”? – concluse mago Pirù.
Il volenteroso, ma piuttosto maldestro apprendista, chinò il capo sconsolato e, borbottando un: “Prima o poi ci riuscirò, sarò tanto bravo da superarti, mago Pirù… maestro dei miei stivali! Devo soltanto impegnarmi un po’ di più, studiare bene le miscele e poi....vedrai! Sarai costretto a rimangiarti i tuoi continui rimproveri”

Si avviò quindi verso il bosco che circondava il laboratorio, per sdraiarsi sotto una grande quercia e godere dell’ invitante frescura che gli avrebbe permesso di riordinare le idee.
Il dolce fruscio delle fronde, la voce del vento che catturava e portava con sè suoni e profumi, indusse in Abelardo un sonno profondo. E il ragazzo iniziò a sognare!
Abelardo,Gran maestro di cerimonie
Non era più apprendista del mago Pirù, ma Gran maestro delle arti magiche alla corte di re Onorio e della regina Fiandra, sulle Colline Fiorite. Era tenuto in grande considerazione e i sovrani ricorrevano spesso ai suoi poteri; lo consultavano anche prima di prendere qualunque decisione importante. Un giorno, durante un banchetto di corte, uno strano e inquietante individuo fu introdotto dal maestro di cerimonie al cospetto dei regnanti, presentato come Goffred de Marties, Cavaliere delle Valli Oscure, al servizio della regina Saturnia, che in quelle terre deteneva il potere.
" Cosa vi porta al nostro castello"? - chiese il re.
" La mia signora e padrona desidera porgere i suoi omaggi alle maestà vostre - rispose il cavaliere inchinandosi - e per mia voce chiede la mano della principessa Alma per il suo diletto figlio, il principe Bertrand".
La regina, sgomenta di fronte ad una simile richiesta, si volse verso il suo sposo implorandolo con lo sguardo di non acconsentire. Ma non ve n'era bisogno. Re Onorio, alzandosi in piedi tuonò:
" Come osa la tua padrona avanzare una simile pretesa! Nostra figlia è una perla rara, destinata al migliore degli uomini, non certo al rampollo di Saturnia, famoso per la sua malvagità e la totale mancanza di scrupoli. Mai e poi mai acconsentirò a questa unione. Va', e riferisci alla tua sovrana"
Il Cavaliere, stizzito, prese congedo senza neanche porgere omaggio ai regnanti, ritenendo gravissima l'offesa nei confronti della sua regina e del principe Bertrand.

Cavaliere nelle valli oscure

Cavalcò all'impazzata fino a raggiungere le Valli Oscure quando orami era tarda sera. Entrò nel castello e subito si fece annunciare alla Regina Saturnia. Quando fu al suo cospetto così parlò:
“Mia amata Signora, il Re Onorio non è degno di voi. Ha rifiutato la vostra offerta di matrimonio offendendo anche vostra Maestà ed il principe vostro figlio”.
“Come osa? – gridò con furore mai visto la sovrana delle Valli Oscure - Io l’ho degnato delle mie attenzioni ed egli così mi ripaga? Non ha diritto di vita. Miei consiglieri, studiate un piano per eliminarlo. La sua impudenza e la sua superbia meritano una tremenda punizione, che ricadrà sulla sua famiglia e sul suo reame tutto. Presto avrò io il potere sulle Colline Fiorite”!
“Una mela avvelenata, mia signora!” suggerì uno dei consiglieri.
Drago nel bosco
“Abbandoniamolo nel bosco alla mercè dei draghi!”- intervenne un altro.
“Trasformiamolo in rospo! - propose il terzo – Sarà il divertimento e il pasto dei maligni folletti”
“Facciamolo bollire nel paiolo con zampe di rana e code di lucertola” - consigliò il quarto.
“Trasformiamolo in burattino, e che gli si allunghi il naso quando dice bugie!” - imbeccò il quinto.
E poiché i consiglieri devono sempre essere dispari per poter arrivare ad una soluzione di maggioranza, poi fu silenzio.
La regina Saturnia, così ispirata, si alzò dal suo trono e concluse: “ E sia !”
I consiglieri si guardarono attoniti e il più anziano azzardò: “…Quindi ?”
La temibile sovrana li guardò con fare minaccioso: “Procedete con tutto ciò che avete proposto! La punizione dovrà essere esemplare!”
Fu a questo punto del sogno che Abelardo si svegliò: “Proprio adesso mi dovevo svegliare!” brontolò il giovane. Si alzò e intraprese la strada del rientro. Mentre camminava, però, i suoi pensieri lo riportarono al sogno e la sua mente fu catturata dall’ultima scena; “Però! Una bella miscela esplosiva tutti quei suggerimenti!” E senza rendersene neppure conto, preso da mille pensieri e progetti, iniziò a raccogliere erbe tossiche e velenose. Vide una lucertola….ma il piccolo rettile fu più veloce di lui e scappò nel folto della vegetazione. “Non fa niente, userò un pezzo di corteccia dell’albero della bile; servirà ugualmente allo scopo”.
Proseguendo, passò vicino al laghetto delle rane incantate “ Certo, la lucertola sopravvive anche senza coda, ma una rana senza zampe ! Le sostituirò con qualcos’altro, cosa può mai cambiare?”- si disse.
Scorpione nero nero
Procedendo verso il laboratorio, vide uno scorpione nero nero e grande, incredibilmente grande. “Ecco chi sostituirà le zampe di rana”! – disse tra sé e sé fregandosi le mani per l’eccitazione che lo aveva colto. “ Lo scorpione da sempre rappresenta un affascinante enigma, che senza essere né rettile né insetto, è tuttavia caratterizzato da entrambe le nature. È insetto per la corazza che lo ricopre, ma rettile per la vita sotterranea che conduce. Ora ho tutto ciò che mi occorre per una pozione coi fiocchi, ma che dico…coi controfiocchi”! E Abelardo catturò l’animale.
Al suo rientro non trovò Mago Pirù, e di ciò fu immensamente contento. Avrebbe potuto lavorare in santa pace, senza i rimbrotti e le lamentele dell’anziano zio e maestro. Accese il fuoco sotto un grande pentolone, colmo di acqua dello Stagno della Magia, che aveva già del suo speciali poteri. Quando essa iniziò a bollire, sprigionando un vapore denso e azzurrino, l’apprendista vi immerse, uno alla volta, tutti gli ingredienti che aveva reperito. Certo, egli non sapeva cosa in effetti stesse creando, ma questa volta era più che certo della riuscita del suo esperimento. Avrebbe poi avuto tutto il tempo per scoprire i magici effetti del siero che si andava formando, denso e dall’odore forte e pungente. Quando si accinse a gettare nell’acqua lo scorpione, esitò. Abelardo, come tutti i giovani, anche quelli con aspirazioni di diventare grandi maghi, aveva il cuore tenero, e non ebbe il coraggio di sacrificare l’animaletto. “ È pur sempre una creatura vivente, per di più io sono vegetariano… no, non posso fargli fare questa fine orribile”!
Il ragazzo non poteva immaginare che la sua decisione umanitaria avrebbe cambiato il corso degli eventi.
La pozione magica bollì e bollì, ma poiché mancava di un ingrediente, cambiò la sua natura e, da filtro punitivo che era destinato a diventare, divenne filtro d’amore.
Pozione magica
Abelardo tuttavia non sapeva neanche lui cosa stesse combinando e, da incosciente qual era, volle fare da cavia e … bevve un bel bicchierone di quel liquido.
Mamma mia che strana sensazione! La testa gli girava e le gambe gli tremavano. Quando finalmente riuscì a guardarsi intorno, dai suoi occhi cominciarono a uscire mille cuoricini rossi. Allora gridò:” Aiuto! Cosa mi accade”? Quale fu la sua meraviglia quando si accorse che, ad ogni parola da lui pronunciata, dalla sua bocca uscivano petali di fiori bianchi e rosa ..profumatissimi! Capirete bene il suo stupore!
Fu in quel momento che Mago Pirù rientrò; l'ira era sbollita e l'anziano era pronto a perdonare il suo maldestro, ma volenteroso apprendista. Trovando il laboratorio pieno di cuoricini e petali fluttuanti nell'aria come farfalle non credeva ai suoi occhi!
Cuoricini fluttuanti nell'aria
"Oh perbacco! Cos'hai fatto mio giovane aiutante? Mi sembra ovvio che questa volta un tuo esperimento ha avuto successo, ma...cosa hai creato"?
"Devo essere sincero - rispose Abelardo - non ne ho la più pallida idea maestro"! E così dicendo altri fiori uscirono dalla sua bocca, mentre i cuoricini rossi si erano presi una pausa."Ho capito...vediamo un po' di cosa si tratta"! - sospirò Pirù.
Il mago prese un poco di quel liquido e lo esaminò scrupolosamente con tutti i mezzi magici di cui disponeva. Infine, volgendosi verso il ragazzo, sorridendo disse:" Mio caro Abelardo, questo è il filtro d'amore più potente che io abbia mai visto. Basta una sola goccia per innamorarsi o far innamorare. Tu ne hai abusato e questi che vediamo sono gli effetti collaterali, ma non temere, spariranno a breve. Tra pochi minuti...niente più cuoricini, nè fiori! Sappi tuttavia che il filtro che hai bevuto non perderà immediatamente la sua efficacia, e quando incontrerai la fanciulla dei tuoi sogni sarai completamente soggiogato da lei".
"Davvero, maestro"?
"Davvero"!
" A dire il vero, c'è una donzella che mi piace molto, ma se lei non ricambiasse il mio sentimento"?" Una goccia, Abelardo...una goccia! Offrile un dolcetto, sul quale avrai messo una goccia del potente filtro d'amore che hai preparato, chissà come, e...voilà! La bella sarà cotta di te, anzi sarete entrambi cotti! Auguri e figli maschi...eh eh eh"! - ridacchiò quel buontempone di Pirù, che trovava la situazione molto divertente.
L'apprendista, finalmente felice di non aver combinato disastri e riconoscente nei confronti del suo maestro per il suo prezioso contributo nello scoprire le potenzialità del filtro, decise di far qualcosa per Mago Pirù.
Maga Marilù
Egli sapeva che l'anziano era da molti anni invaghito di una sua collega, la maga Marilù, che purtroppo non sembrava ricambiare il suo amore. Abelardo allora preparò la solita tisana per il suo maestro, mettendovi di nascosto una goccia della pozione. La metamorfosi di Pirù fu praticamente istantanea: il mago divenne immediatamente di buonumore, cosa alquanto rara, cominciò a canticchiare e a saltellare qua e là.
"Maestro, io vado a cercare le erbe che mi avete chiesto. Sarò di ritorno in un baleno"! E Abelardo uscì in fretta, verso la bottega del panettiere. Egli sapeva che quella mattina, come ogni mercoledì, il fornaio e pasticcere avrebbe preparato le sue famose ciambelle con le bacche rosa, che aveva per l’appunto colto nel bosco la sera prima, in gran quantità. Quando era tempo di maturazione di questa prelibata bacca, l’uomo ne faceva incetta per produrre le sue speciali ciambelle, di cui tutto il contado andava ghiotto, ma più che ad ogni altro esse piacevano alla maga Marilù, che quando avvertiva l'odore dei suoi dolci preferiti era la prima a precipitarsi dal panettiere per prenderne quante più potesse. " Dammi tante ciambelle! - soleva dire la maga - Io ti porterò una pozione che ti farà stare sempre in salute e ti proteggerà dai malanni".
Il pasticciere la guardava, con quel suo faccione rotondo come la luna piena, bonariamente le sorrideva, e l’accontentava. Quella mattina però fu Abelardo ad arrivare al forno prima di chiunque altro, prima ancora che le ciambelle fossero sfornate, così il profumo non si era ancora diffuso per le strade.
“Buongiorno! – disse il giovane – Devo chiederti un favore, mio caro artista dei dolciumi. Dovresti mettermi in un sacchetto le ciambelle che stai per sfornare, prima che il loro aroma si diffonda. Desidero fare una sorpresa alla maga Marilù, che come ben sai ne è golosa. Ho un debito di riconoscenza nei suoi confronti e così sono certo di farle piacere”. Il pasticcere esitò un attimo, pensando alla solita promessa della maga, che lo ripagava sempre con la pozione antimali, e lo disse ad Abelardo, che però lo rassicurò: “Non preoccuparti, amico mio, sarò io stesso a portarti il siero dopo la consegna”!
Ciambelle col filtro d'amore
Tranquillizzato, il fornaio preparò un bel fagottone di ciambelle fragranti. L’apprendista si diresse senza indugiare a casa di Marilù, ma prima di bussare alla sua porta aprì il sacchetto e mise una goccia del suo filtro in ogni ciambella. Alla Maga brillarono gli occhi alla vista dei dolci di cui era più che golosa; non seppe resistere, aprì il fagotto e subito mangiò una ciambella. Il sapore era leggermente diverso, ma lei non ci fece troppo caso Erano comunque deliziose. "Sarà uno sciroppo aggiunto per renderle ancora più appetitose. – pensò – Grazie Abelardo! Sei stato davvero gentile. Posso fare qualcosa per te”?
“Beh, a dir la verità, una cosa ci sarebbe, cara maga. Mio zio Pirù vorrebbe vederti. Sai, deve rivelarti una cosa molto importante, e sarebbe lieto se tu potessi raggiungerlo nel suo laboratorio, dove potrebbe mostrarti ciò che deve”.
“Oh…naturalmente! Verrò appena possibile”
Abelardo sapeva bene che la maga era una gran curiosona e non avrebbe resistito. Dopo una scorpacciata di ciambelle, che erano al primo posto in assoluto, si sarebbe precipitata dal collega.
"Chissà cosa accadrà quando i due si incontreranno”? – si chiedeva il ragazzo eccitato, e con questi pensieri in testa prese la via del ritorno. Ma ad un tratto Abelardo si fermò di colpo! "Come ho fatto a non pensarci? Marilù si innamorerà della prima persona che guarderà negli occhi, dopo aver mangiato una ciambella imbevuta del filtro magico. Non può esser lei a recarsi da Mago Pirù, dovrà essere lui stesso a venire a casa della maga"!
Tornò sui suoi passi e bussò nuovamente alla porta della maga.
"Perdonami mia signora. Ho un nuovo messaggio da parte del mio maestro: egli ti chiede di aspettarlo nella tua dimora. Sarà lui a venire da te, poichè non deve solo dirti qualcosa di importante, ma deve anche darti un oggetto estremamente significativo. Quindi ti prego di attenderlo. A breve sarà qui"!
"Oh, va bene ragazzo! Di' pure a Pirù di fare con comodo, mi stavo accingendo a fare una maschera di bellezza"!
"Meglio di così"! - pensò Abelardo schizzando via a gran velocità.
Gran manuale della magia
Quando ebbe raggiunto il laboratorio vi trovò il suo maestro che leggeva il Gran Manuale della Magia; voleva creare l'anello di fidanzamento più bello che mai fosse esistito. Era talmente euforico e desideroso d'amore che, una volta operata la magia, era sua intenzione "volare" dalla sua amata e dichiararsi. Per fortuna egli non correva il rischio di innamorarsi di chicchessia durante il tragitto, essendo già perdutamente ammaliato dalle grazie di Marilù.
"Ammira, mio giovane apprendista"! - disse il mago mostrando al ragazzo un anello a dir poco fantastico.
Era veramente meraviglioso, ma bisognava muoversi in fretta, prima che l'effetto del filtro ingerito da Maga Marilù con le ciambelle svanisse.
"Oh, sì...è molto, molto bello. Ora vi prego però di seguirmi subito...c'è bisogno di voi. Venite maestro, presto...vi spiegherò strada facendo"!
E, preso Pirù per la manica della tunica, Abelardo lo trascinò fino alla casa di Marilù. Bussò energicamente e, quando la donna aprì la porta e i due maghi si guardarono negli occhi, scoccò la scintilla: cuoricini rossi si sprigionarono ovunque e l'apprendista vide petali di fiori bianchi e rosa volteggiare nell'aria come le parole d'amore che Pirù dedicò alla sua amata mentre, inginocchiato dinanzi a lei, le porgeva il prezioso anello. Era fatta! Abelardo si stava crogiolando nella soddisfazione di essere lui l'artefice di quanto accaduto, quando...SLAM! La porta di Marilù gli fu chiusa in faccia con un " Vai a farti un giro, ragazzo...o meglio...pensa alla tua donzella. Ora tocca a te..ih ih"
Le parole del suo maestro lo "gasarono". L'apprendista, ormai sulla via del corretto apprendimento e si spera immune dai passati disastri, tornò di corsa al laboratorio.A fare cosa?
Apprendista maga Malvina
Ma naturalmente a consultare anch'egli il Gran Manuale della Magia per poter creare un anello altrettanto bello da donare all'apprendista maga Malvina, la sua...donzella.
"Speriamo bene! - pensò il ragazzo mentre trafficava con questo e quello, e mescolava e pronunciava la magica formula a compimento del rito. Chiuse gli occhi per scaramanzia e quando li riaprì non potè trattenersi da un enfatico: "Oh! Per tutto l'universo della magia! Non ci posso credere...ce l'ho fatta"!
Era così. Il giovane apprendista non c'era più, il suo posto era stato preso da Mago Abelardo, a tutti gli effetti.
Orgoglioso e felice, il neomago uscì baldandoso dal laboratorio, recando in una mano il cofanetto che conteneva il suo anello di fidanzamento e nell'altra...vi state chiedendo cosa portasse? Ma una ciambella al filtro d'amore naturalmente, con una goccia...una sola goccia. Ne aveva abbastanza di cuoricini e petali! La sua vita si annunciava ora ricca di amore e di soddisfazioni e di chissà quali e quante altre conquiste! Potenza della magia!

Daniela Bonifazi – Maria Laura Celli – Cecilia Bonazzi – Milvia Di Michele – Franco Marchetti
Tutte le foto sono state tratte dal web

"SUL FILO DEL RASOIO" di Stefania Galleschi - Serenella Menichetti - Cecilia Bonazzi - Milvia Di Michele


    SUL FILO DEL RASOIO


Disegno di Azione Creativa
                 

-Sai … quel litigio che ti raccontavo … quello che abbiamo visto io e Francesca?
Mi ha detto improvvisamente Moreno, mentre sparecchiavo il tavolo.
-Oggi  hanno ammazzato uno di loro, anzi, si sono sbagliati, hanno ammazzato il fratello gemello di chi stava litigando!
Io dico –Viviamo sul filo del rasoio!
Mio marito si volta, lui ha capito cosa intendo. Non si tratta solo di un errore che ha visto vittima chi non doveva esserlo … è tutto!
Basta poco, pochissimo per farci sprofondare nella tragedia, o impazzire, o diventare malvagi.
E non è solo questione di impegno nostro, o di valori, o di povertà o che …
Siamo tutti precari dentro la normalità, e proprio perché “ è normalità” … non ne godiamo, ma la diamo per scontata.
Sul filo del rasoio …
In carcere, nei manicomi, a vivere sotto i ponti ci sono persone come noi, ci potremmo essere tranquillamente anche noi, magari soltanto tra poco tempo, o più in là, ma potrebbe comunque accadere.
C’è sempre questa possibilità, ci accompagna come ombra, si muove, si allunga, si accorcia, scompare con il buio, ma poi riappare.
Allora: cosa fare?
Però oggi c’è il sole, e io andrò fuori a passeggiare.
Cammino ricordando momenti pesanti. Poteva accadere … sì, un attimo di disperazione e potevo cercare di morire, un attimo di rabbia e avrei potuto diventare aggressiva.
Ma oggi c’è il sole …
E’ questo che aiuta, lasciar scorrere le ore e aspettare il sole.
 C'è il sole ma, mentre cammino, il mio pensiero, continua a vedere la lama lucente del rasoio che mi consente di continuare una vita, magari dura talvolta, anche tragica ma che mi dà ancora un appiglio per essere vissuta.
Non è stato così per mio cugino. Lui felice forse non lo è mai stato nemmeno da ragazzo, quando un pauroso incidente lo tenne per lungo tempo fra la vita e la morte. La sofferenza per quella gamba più corta che lo costringeva a zoppicare, ma poi l'incontro con una ragazza bella che lo amava e la nascita del figlio adorato. La vita ha saputo dargli solo 20 anni di normalità perchè quell'unico figlio, proprio a 20 anni se ne è andato in una notte di pioggia quando tutti festeggiavano l'epifania. E mio cugino, non ha saputo più cosa fare della sua vita. La lama del rasoio ha reciso pian piano i fili che lo legavano all'esistenza. Ha continuato a far finta di sorridere, a mangiare... male, a bere talvolta un bicchiere di troppo, a stare sveglio ogni notte, a camminare, guidare, correre perché andava fatto ma l'ombra della morte, desiderata, ha pian piano steso il suo velo e se ne è andata via la voglia di vivere. E finalmente quel rasoio ha reciso anche l'ultimo filo che lo legava a un'esistenza ormai ripudiata, odiata.
Sì camminiamo tutti sul filo del rasoio, ma voglio accelerare il passo, c'è il sole!
E' possibile sfuggire alla lama del rasoio?
 Oggi più di ieri sfioriamo troppo spesso il filo del rasoio: lo sfioriamo talmente tanto da tenerlo sempre affilato. Ci sono persone che lo sfuggono costantemente. Purtroppo talvolta accade che sia lui a cercare loro, magari in maniera fortuita.
Il filo del rasoio, sfodera le sue armi seducenti perché ama essere avvicinato, dalla gente.
Sa essere abbagliante, come una moneta. Sinuoso e accattivante come una bella donna. Attraente come una calamita e, comunque sempre allettante e pieno di promesse.
Come si fa in queste circostanze a sfuggirlo?
Basterebbe pensare che i suoi bagliori siano dei miraggi e che il suo scopo sia  esclusivamente quello di ferire, annientare, uccidere.
Ci sono persone a cui piace vivere stabilmente sul quel filo tagliente. Altre, ci giocano, si divertono a sfidarlo, proprio come  i bambini al mare quando giocano con l'onda. Qualcuno addirittura ci cammina sopra come quel filo fosse l'unica strada degna di essere percorsa.
“ Non si può camminare  sempre sul filo del rasoio!” Diceva la mamma !
Un filo pericoloso, che invece sembra apparire a molti come “il percorso  dell'arcobaleno”  un percorso magico da fare  in tutti i modi per poter raggiungere al traguardo: la grossa  pentola panciuta, colma di monete d'oro, presente nell'immaginario collettivo di ognuno di noi.
Forse lo vedevano così, anche quei giovani delinquenti, autori, di una rapina in villa, commessa a pochi metri da casa mia.
In questo caso  però la lama del rasoio è partita come un boomerang, andando a colpire, a caso.
Sfortunatamente ad esserne colpita a morte, è stata la vittima del furto.
Ne è purtroppo rimasto  affascinato, anche quel giovane padre, che ha voluto percorrerlo, per conoscere l'ebbrezza della velocità: in una corsa clandestina, insieme ad amici, schiantandosi poi, contro un muro.
Oppure  Claudia, che ha voluto sfidarlo, vincendo la paura ,( altrimenti il gruppo l'avrebbe derisa) : ingerendo più volte quella sostanza ambrata, così ammaliante, dal sapore esotico. insieme alla quale ha buttato giù anche quella pillola, dal nome accattivante, rimanendo sconfitta.
 Vivere sul filo del rasoio certo non conviene. Non è sicuro.

Eppure Leonardo, il figlio di mio cugino, aveva provato a sfuggire a quel filo. Lui che amava spasmodicamente le moto che, fin da giovanissimo, aveva cavalcato incurante del pericolo, un giorno, non ancora ventenne, aveva detto: -Basta!- Aveva venduto l'ultima sua moto, la più bella, quella che aveva tanto desiderato... per vivere. Pochi mesi dopo, in una serata di pioggia, sopra un'auto ferma sulla corsia di emergenza per un guasto, con alla guida un ragazzo come lui... un boato, un camion a tutta velocità ha spazzato via quelle due giovanissime vite.
Lui aveva provato a non incrociare quel rasoio, aveva cercato di sfuggire alla sua lama, il suo sacrificio non è servito.
 Pensando che la vita sia paragonabile a un'altalena, con i suoi alti ed i suoi bassi, come dice una nota canzone, credo sia certamente più sicuro salire sull'altalena la cui tavoletta sia fissata a catene robuste, e non su quella appesa  ai fili del rasoio. Ma alcune volte non basta!
 E penso a te, mia cara Franci, immaginando il tuo percorso:
Silenzio … silenzio soprattutto dentro di me … e vuoto … un vuoto esplosivo … lascio scorrere … tutto scorre … lascio perdere … tutto … le parole, le frasi … mi rimbombano nella testa … non sento niente … non percepisco niente … non ho sensazioni, né sentimenti … sento solo lo stomaco chiuso … che mi si chiude sempre più … e buio, come in uno stretto corridoio … non vedo l’uscita … non c’è uscita … lo sguardo si ferma…anche il fiato si ferma…
 Aspetto che finiamo la colazione, poi … è tutto pronto…                                                                                        
 Non ne posso più! Non ce la faccio più!  Com’è stato possibile ? Vorrei urlare il mio dolore ! … ma non ho più nemmeno la forza di sorridere.                        
Ma loro non ne hanno colpa … li farei solo soffrire … loro mi amano … faccio finta di niente … come in tutti questi mesi … non devo pesare su di loro … non ho mai pianto… piango dentro … per non farli soffrire …  sorrido, rido, sdrammatizzo … forse sono solo smorfie, ma più di così non riesco. Abbozzo un altro sorriso e un saluto quando escono …                                                                                     
Ora sento le lacrime: silenziosamente, scendono … ma dentro … una voragine … un pozzo senza fine … sabbie mobili che mi tirano giù …
Mi si affollano immagini e parole … è sempre più buio … mi sembra di avere un paraocchi … e il petto che mi esplode … la testa mi esplode … Non ho più fiato … non so più respirare … non so più amare … nemmeno mio marito … nemmeno i miei bimbi … Ma che esempio sono per loro?                                                                             Che esempio sono per i miei figli ? Che esempio  posso dare ?
Mi sento risucchiare … non sto quasi più in piedi … passo davanti allo specchio … No ! Non voglio guardare ! … Non voglio vedere …                                                         
Sono mesi che la vista mi si è abbassata  sono sempre più stanca ho male ovunque non ascolto più musica non canto  … e tutto questo per ?
La mia vita mi passa davanti … come una corda tesa … che si flette tra le mie mani … si piega … si annoda …
Mi fermo: cosa sto facendo ? Che esempio sono per la mia famiglia ? Che cosa lascio ?
Guardo la corda che tengo tra le mani … senza accorgermene …

Silenzio … silenzio  dentro di me … e vuoto … lascio scorrere … tutto scorre … lascio perdere … tutto … le parole, le frasi … mi rimbombano nella testa: no, non più … non sento niente … non percepisco niente … non ho sensazioni, né sentimenti … sento solo lo stomaco chiuso … e buio, come in uno stretto corridoio … non c’è più uscita … lo sguardo si ferma … anche il fiato si ferma … ma non dimentico …
Dissociazione … col senno di poi.


Foto tratta dal Web

Bene, Franci,
alla fine hai deciso di partire
più leggera e diversa
più sollevata spero …
Il tuo viso è scavato
e contorto di sofferenza,
i tuoi capelli sciupati …
Certo famiglia e amici
non la pensano come te
ma, capisci,
il vuoto che lasci in loro
è troppo profondo
per accettare la tua scelta …
Avevi preparato tutto:
ti avevano invitata
il giorno prima
ma tu declinasti l’invito:
“Ho un impegno domani
non posso venire”
Spesso è la vita a decidere per noi
ma tu sei sempre stata la più forte
e hai voluto decidere tu.
Mi ricordo quella sera
che ci eravamo accordate per uscire
noi amiche delle medie:
eravamo venute a casa tua
e c’era quel disco che si sentiva per tutta la casa
e tua madre che ti urlava qualcosa
e tu le rispondevi con lo stesso tono ….
e i migliori successi di Rod Stewart come sottofondo.
Ora tua madre è seduta su una sedia
di fianco a te che parla con una tua amica:
non si danno pace, non capiscono
come puoi aver fatto un gesto simile
come puoi aver lasciato i tuoi bambini
di cinque e tre anni che pure
amavi tanto ….
Ma io ti capisco, vedo nel tuo volto
e nei tuoi capelli il motivo della tua scelta:
una diagnosi sbagliata, la cura sbagliata
e invece di aiutarti …
Vai a capire tu di chi ci si può fidare !
Sai, questa notte il vento ha soffiato rabbioso
e mi è parso di sentire un tuo ultimo sfogo;
un ultimo impeto verso una vita
che non ha saputo accoglierti così come sei.
Io l’accetto Franci …
Buon viaggio.

 Camminiamo sul filo di lama ,ferendoci e sanguinando. E tuttavia procediamo .
A volte crediamo d’essere intoccabili, che il dolore non ci raggiungerà:  sciocchi!
Da cosa vogliamo salvarci? Come possiamo pensare di essere felici quando c’è intorno a noi chi è disperato?
Noi siamo gli altri, noi siamo Leonardo, mio cugino, Franci, noi siamo i bimbi feriti dalle guerre, i suicidi, le stuprate, i vecchi dimenticati, i giovani disperati e incattiviti dalle delusioni, noi siamo i matti che si fanno la pipì addosso, nostre sono tutte le ferite dei corpi e delle anime del mondo!
Come faremo a trovare la felicità, senza farci attraversare dalla sofferenza dell’umanità,
senza la …compassione?
La compassione! L’abbraccio che unisce le creature …
Con questo senso di appartenenza e di fusione noi risaliremo dall’inferno di questo soffrire, saliremo la china, guarderemo il cielo, il misterioso, bellissimo cielo, con la luna bianca e pieno di stelle nelle notti serene, e con il sole quando il giorno è bello.
E oggi c’è il sole ed è Primavera … e io passeggio sui sentieri erbosi di questo posto che è un qualsiasi  punto del nostro mondo.

Foto di Azione Creativa
                                                                                          


Stefania Galleschi - Serenella Menichetti - Cecilia Bonazzi - Milvia Di Michele