Copyright

COPYRIGHT Fantasia In Rete 2010-2012 Tutti gli scritti sono riservati e soggetti ad autorizzazione da parte degli Amministratori e degli Autori.
DISCLAIMER " Alcune immagini, fotografie e creazioni grafiche sono state trovate sul Web e non è stato possibile verificare se siano di pubblico dominio o meno. Se non fossero pubbliche, inviare una Email a 'galleschi.stefania@gmail.com' e la grafica in questione verrà rimossa."


Racconto "LUI" autrice Serenella Menichetti

LUI



Un cambiamento di lavoro, non volontario, motivato, sofferto, fece fare una improvvisa svolta al mio percorso di vita. Si presentò innanzi a me, una diversa, sconosciuta realtà che, all'età di ben cinquantaquattro anni non è facile da accettare e comprendere. Chi l'avrebbe detto che, io, così piena di fantasia e di voglia di cambiare il mondo, mi sarei ritrovata catapultata bruscamente sulla poltroncina nera di un ufficio, davanti ad una scrivania ad inserire dati da una fredda e anonima tastiera.
“ Grazie a Dio che hai un lavoro” mi ripetevano familiari ed amici. Ma io, non avevo voglia di ringraziare proprio nessuno.
Il rapporto con la maggioranza dei colleghi fu da subito di facile impatto. Mentre quello con “ Lui” si rivelò invece essere: difficoltoso e problematico. Tutto ciò mi impensieriva molto, perché con lui dovevo lavorare a stretto contatto.
La mattina appena mi affacciavo, lui era già lì che mi aspettava. Lo avrei volentieri ignorato ma ciò non era ovviamente possibile.
La nostra relazione sopratutto da parte mia era pervasa da una diffidenza sconcertante, che lui percepiva e ciò non era assolutamente proficuo per il lavoro che dovevamo condividere.
Lo giudicavo freddo e inutile, non nutrivo verso di lui alcuna fiducia, ciò mi portava a commettere errori grossolani dei quali gli attribuivo sempre la colpa.
Certo lui, non risparmiava mai nei miei confronti i suoi sarcastici commenti.
La mia vita, a causa sua era divenuta insostenibile, un vero inferno
Chissà cosa avrei fatto per non vederlo più, sopratutto per riuscire a fare a meno di lui.
“ Giulia non puoi continuare così mi ripeteva Laura, la mattina, scorgendo la mia solita espressione angosciata.”
“ Laura ma come devo fare se non riesco ad andarci d'accordo, le risposi stremata”
“ Dobbiamo assolutamente trovare una soluzione, così non va! Mi rispose”
In seguito Laura mi suggerì di andare a casa sua, dove avremmo potuto parlare con più calma. Acconsentii con la speranza che i suoi consigli, mi avrebbero aiutato a ritrovare la serenità perduta.
Prendemmo un caffè e ci mettemmo a parlare, quando con mia grande sorpresa e disappunto lo scorsi...Laura pensò di farmelo conoscere meglio, forse l'ambiente casalingo più accogliente meno freddo di quello che regna in un ufficio avrebbe facilitato la nostra relazione.
Con il suo innato savoir faire, Laura ci fece avvicinare...Il suo intento era quello di farmi scoprire il lato positivo, che lei sapeva lui celasse.
Ci trovammo spesso a casa di Laura ed i nostri incontri si fecero sempre più frequenti.
La frequenza era direttamente proporzionale al piacere ed il piacere stava veramente crescendo.
Avevo cominciato ad aprirmi con lui a fargli spesso anche delle confidenze e ciò riusciva ad alleggerire parte della mia tensione.
Non avrei mai pensato di innamorarmi così intensamente, alla mia età.
Quando decisi di portarlo in casa le mie figlie e le nipoti rimasero sconcertate.
Per amore affrontai anche il giudizio di mio marito. Pensavo che mi dicesse o me o lui, invece, stranamente fece buon viso a cattivo gioco.Il nostro rapporto professionale ne beneficiò talmente tanto, da farmi quasi provare piacere per quel tipo di lavoro, o almeno mi permise di accettarlo.
La nostra conoscenza si è costruita e approfondita giorno per giorno e ciò ha favorito sempre di più la nostra relazione.
A casa poi, stiamo, molto insieme. Io non mi sazio mai della sua presenza.
Condividiamo spesso momenti appassionanti: quando le mie mani, lo percorrono con intensità, insieme riusciamo a volare sulle ali delle emozioni in mondi fantastici, che scopriamo all'unisono.
Sono riuscita ad aprirgli il mio cuore e la mia anima inondandolo di poesie.
Quotidianamente lo colmo di racconti fantastici e di fiabe, addirittura di filastrocche.
Lui, non si annoia mai, anzi mi porge generosamente il suo aiuto, nelle correzioni e nella scelta di vocaboli più consoni alle mie storie. Senza chiedere niente in cambio, sempre discreto e paziente.
Mi ha fatto avvicinare al mondo del Social Network, nel quale ho fondato un gruppo di scrittura che mi permette insieme a tanti amici di esprimermi e dare libero sfogo alla fantasia, che credevo intrappolata per sempre.
Da questa nostra passione sono nati dei fantasiosi libri per bambini.
Tutto ciò mi ha fatto riavvicinare al mondo infantile, un mondo che ho sempre amato, del quale mi sono occupata per trenta bellissimi anni della mia vita giovanile.
Adesso che ho raggiunto l'età pensionabile, lui, continua a farmi molta compagnia ed a fornirmi sempre più aiuti concreti.
Come potrei fare adesso, senza la sua quotidiana presenza?
“Grazie, mio PC, grazie piccolo magico strumento che hai saputo rivoluzionare il mondo e un po' anche della mia vita.
Grazie infinite di avermi preso per mano e trasportato in un sentiero di cui pensavo avere smarrito la strada.


Filastrocche " Folletti" di Rossella Ceccarelli- Gian Testa-Antonella Camerlingo- Silvia Vanni-Milvia Di Michele






Folletti
Sopra una stella ci stava lei la più bella,
sotto il fungo ci stava lui un pò gobbo e brutto
Lei risplendeva dalla mattina a sera
mentre lui poverino se ne stava al buio in un cantuccino
Lei guardava tutto da lassù e rimirava fin laggiù
ma lui solo la terra vedeva e uno scorcio di cielo sospirava!
Una pioggia turbolenta scaraventò lei vicino al fungo:
lui bagnato, goffo e impantanato la guardò
lei spaventata, bagnata e impantanata gridò
lui gentile e premuroso la riparò contento
ma sotto il fungo c'era un posto stretto!
Passa un giorno passa l'altro si parlavano fitto fitto
mai più soli nella notte e nel giorno sempre insieme
tanto bene e tanto affetto, tesor del cielo furono per diletto!
Così la luna una scia di luce su di loro posò
re e regina dei folletti li tramutò

Rossella Ceccarelli

IL FOLLETTO

SONO UN FOLLETTO DEL MONDO INCANTATO
E DALLE FATE SONO INEBRIATO
CORRO,MI AFFANNO,NON HO MAI SOSTA
MA NON PASSA UNA FATA MANCO A FARLO APPOSTA.
M I SIEDO AL BORDO DELLA VIA
E ASPETTO CHE COMPAIA PER MAGIA
MI HANNO DETTO:"NON DISPERAR VEDRAI
O PRIMA O DOPO LA INCONTRERA 


SONO UNA FATA, UNA FARFALLA
SONO UN'ANIMA CHE VOLA E CHE BALLA
CERCO ANCH'IO IL MIO FOLLETTO
CHE MI DIA UN DOLCE BACETTO
UN FOLLETTO BIRICHINO
DOLCE TENERO E CARINO
VOLO DI QUA, VOLO DI LA'
FORSE UN GIORNO APPARIRA'


SONO COMUNI I NOSTRI SENTIERI
E SE IN DUE ASPETTIAM SON PIU' LEGGERI
SPERIAMO DI NON ASPETTARE PER ANNI
E DI CACCIARE I NOSTRI AFFANNI
TU VOLI FATA FARFALLA
E CON TE ACCANTO NULLA TRABALLA
IO ASPETTO SOLO UN SORRISO IN UN FIORE
E UNA MAGIA CHE PORTI L'AMORE


ASCOLTA BENE FOLLETTO FATATO
LA MANO TI PORGO SUL SENTIERO DORATO
E INSIEME CERCHIAMO IL NOSTRO DESTINO
CHE SPERIAMO SIA MOLTO VICINO
FORSE INSIEME E' RITROVATO
QUEL CHE ABBIAM SEMPRE CERCATO
SOLE LUNA E TANTA MAGIA
LA SOLITUDINE SPAZZAN VIA
Gian Testa e Antonella Camerlingo


SONO IL FOLLETTO CERCATORE,
VAGO ALLA RICERCA DI UN PO' D'AMORE,
GIRO IL MONDO CON TANTO ENTUSIASMO
MA MI SEMBRA CI SIA TROPPO INGANNO,
UN INGANNO CHE DILAGA TRA LA GENTE
SEMBRA CHE NON SI POSSA FAR NIENTE
PER RISOLVERE L'ORRIBILE SITUAZIONE,
CHE LASCIA GRAVEMENTE INFRANTO IL MIO CUORE,
FIN CHE UN GIORNO, STANCO, HO INCONTRATO
UN BAMBINO CHE NEGLI OCCHI MI HA GUARDATO,
E MI Ha CHIESTO CON TONO SOFFUSO
PER QUALE MOTIVO ERO CONFUSO,
IO RISPONDENDO LO GUARDAI
“HO VISTO NEL MONDO TROPPI GUAI!”
LUI ALLORA MI RISPOSE RASSERENATO
NON PREOCCUPARTI, UN AMICO LO HAI APPENA TROVATO!
Silvia Vanni



CHE BELLO UN FOLLETTO, LUNGO LA VIA,
INCONTRARE UN DI’( SEMBRA FOLLIA!)
IO SOGNO SEMPRE DI ESSERE UNA FATA
CHE VIVE DENTRO LA FORESTA INCANTATA
DOVE VOLANO FIORI INSIEME AGLI UCCELLI
PARLANO SASSI E NON SOLO QUELLI..
DOVE LE PAROLE, QUELLE BELLE, HANNO VITA
ED IO HO LA MAGIA NASCOSTA TRA LE DITA
MAGIA..MAGIA… -OH, MIO BEL FOLLETTO!
DIMMI TI PIACE IL VESTITO CHE METTO?-
PER CAMMINARE CON TE MI FACCIO BELLA
PERCHE’ TU SIA Il MIO CIELO ED IO LA TUA STELLA
Milvia Di Michele






FAVOLA "L'ORTO" Autrice Milvia Di Michele

L'orto
C’era un orto dietro la vecchia casa.
Era un rettangolo stretto di terra, isolato da una fitta siepe che lo circondava su tre lati. In mezzo alla siepe si facevano posto un grande albero di alloro, uno più piccolo di melograno e un’altissima pianta di sambuco con i cui frutti, noi bambini, giocavamo sporcandoci sempre con nostra grande soddisfazione. Limitavano l’orto anche il nostro gallinaio, vicino al quale mio padre faceva la “ role” di piantine di pomodori e il muro della stalla dei nostri vicini, coperto, in parte, da folti rami di rosmarino.
Mi piaceva andarci. Osservavo crescere gli ortaggi: rettangoli di rape, finocchi, insalata riccia e a foglie larghe, carote.
Verso la fine dell’estate, la capanna ricopriva tutto l’orticello come una tettoia golosa e profumata: grappoli di uva nera e, più su, di colore bianco oro, si gonfiavano tra i pampini ancora verdi e lungo i pali di cemento attorno ai quali si attorcigliavano le viti.
C’era un angolo che però non amavo, anzi era la mia grande vergogna: vicino al gallinaio c’era una casetta di legno stretta e alta, coperta da una tendina ricavata da un sacco vecchio. Quello era il nostro bagno. Non avevamo altro.
A lavarci ci adattavamo in casa con bacinelle e brocche, ma per il resto era tutto lì.Ed i tempi erano già diversi.
Fu così che cominciai a fantasticare e abbellii con l’immaginazione quello che neanche il più bravo pittore avrebbe potuto rendere bello. Fantasticavo e immaginavo, infine ci credetti anch’io e dissi tutto alle mie amiche.
Mi invidiarono. Ben presto quella casetta diventò per me motivo di vanto. Tutte avrebbero voluto poter raggiungere, attraverso quello strano e inadatto ingresso, il paese delle fate che invece era accessibile solo per me, perché io ne ero la proprietaria.
Raccontai di ampi prati verdi dove l’erba era più morbida e alta che altrove, di amici che avevano il dono della magia e che, ogni giorno, mi invitavano alle loro feste e mi offrivano dolci squisiti mentre, intorno a noi, si diffondeva una dolce musica.
Per loro ero importante, mi ascoltavano sempre con grande interesse. Ero l’ospite più atteso e desiderato della terra.
Poi si faceva sera e si tornava a casa. Ognuno alla sua casa.
Ricordo l’amaro in bocca, mentre facevo finta che andasse tutto bene e il mio viso assumeva quella strana aria di sufficiente contentezza dipinta sul volto di quelli con cui la vita è un po’ più in debito.
Ma questo, allora, io non lo sapevo.
Pensavo che la nostra famiglia fosse povera per colpa nostra e, vergognandomene, cercavo di nascondere agli altri questo gran peso.

Comunque, per qualche tempo, riuscii a convincermi che non mi mancava niente, che addirittura ero più fortunata di altri.
Andò avanti così per un po’, ma non poteva durare per sempre.
Facevo sempre più fatica ad inventare le incredibili avventure che volevo accadessero dentro quella strana tenda di tela di sacco. Le mie amiche iniziarono a dubitare e, pian piano, persero interesse ad ascoltare le mie storie.
D’altra parte anch’io ero un po’ stanca e un po’ pentita.
Finì tutto lentamente, quasi in modo naturale.
Mi rimase però una specie di insegnamento, una linea di comportamento da seguire. Da allora imparai, ogni volta che qualcosa mi rendeva triste, a fare finta di niente. Annullavo l’accaduto. Se non mi riusciva mi spostavo altrove con un grande volo di fantasia.
Creavo sogni anche di giorno ed erano uno più bello dell’altro.
La notte, però, prendevano vita indipendentemente da me e sapevano di realtà più che la realtà vera: c’erano fantasmi e mostri che mi tormentavano, rancori ed odi e, sempre presente, l’immagine della morte con la sua falce d’argento in mano.
Furono anni pieni di sofferenze.
Intanto gli altri tracciavano le linee della loro vita, e mi parevano tutte dritte, tutte in salita.
Quante curve, la mia! Mi si aggrovigliava addosso perché non riuscivo a tornare dentro di me. La fuga dalla vita reale non era più un gioco, era una specie di malattia che in parte ho vinto, ma che ha, a volte, dei ritorni.
Perchè questo mio racconto?
Vedi , i bambini hanno una grossa magia e per non soffrire sanno andare dove il dolore ha fine.
Non fuggono la realtà, la vincono inventandosi mondi fantastici.
Anche i grandi, a volte, sanno farlo.
Ascolta ora un mio sogno. Non uno di quei deliri notturni che spesso mi piace raccontare: una goccia di futuro.
Ascolta: immagina l’anno 9999 ( la data la puoi anche cambiare)
La terra sarà certamente diversa. Strane città per il gusto di oggi, strano modo di vestire.
Forse strani uccelli solcheranno un cielo più ricco di colori. Pianta nuove e nuovi fiori.
Non ci saranno più alcune specie di animali, altri saranno più grandi, altri ancora di dimensioni minori.
Ci saremo sicuramente ancora noi:più sereni, più belli meno stanchi.
Avremo meno malattie, parleremo più dolcemente.
Ci sarà per ognuno la sua occasione ed il suo tempo.
Ci aspetteremo a vicenda.
Andremo ogni giorno a parlare con i nostri morti. Poi saluteremo i nuovi nati.
E, non sapendo ancora cosa siano la vita e la morte, faremo di noi grandi cerchi per parlare e cercare di capire.
Saremo tutti piccoli Dei mortai perché ognuno avrà recuperato se stesso.
Sarà l’anno 9999

FILASTROCCHE DEL POLLAIO: Sergio Milano-Serenella Menichetti-Silvia Vanni-Daniela Trinci



 
NEL POLLAIO...
  
   IL GALLO RAFFREDDATO
C'era un gallo canterino,
che cantava ogni mattino
"Chicchirichì, chicchirichì!
Su svegliatevi è un nuovo di!!!"
Fosse inverno, oppure estate
eran sempre gran cantate,
poi un inverno il canterino
non si mise il cappottino
e così si raffreddò
e per molto non cantò!!!!!

Sergio Milano

LA GALLINA
La gallina, era contenta
perchè il gallo stava zitto
il padrone con polenta,
lo voleva fare fritto!

Se non canti la mattina
a che servi caro gallo!
la tua amica la gallina,
almeno mi dà l'uovo giallo.

Io ci faccio la frittata,
di cipolle, di spinaci!
se non fai una cantata
ti metterò sulle braci.

Se la ride la gallina,
se la ride a crepapelle!
Poi, il gallo la mattina,
riesce a cantar fino alle stelle!

Il padrone soddisfatto,
si congratula col gallo
la gallina dà di matto!
e non fa più l'uovo giallo!

Lo sapete che succede: si rivolta la frittata!
perchè è proprio la gallina a voler essere mangiata!
Serenella Menichetti


IL GALLO CONCENTRATO
Ora il gallo è lì che aspetta
un'idea in tutta fretta,
perché lui non sa cantare
neanche l'uovo riesce a fare. 
Ha paura poverino
diventare un pranzettino,
quindi deve escogitare
un piano per non farsi mangiare.
Quando l'unica soluzione
è riuscire a fare un ovone,
Ed il gallo concentrato...
riesce a fare un uovo di cioccolato!!!


Silvia Vanni 




    • LA GALLINA COCCODE'

      La gallina Coccodè
      è la più brava gallina del pollaio di Mastroandè:
      le sue uova sono grosse e pesanti,
      ma non le fa per tutti quanti.

      O gallina Coccodè
      fa' un ovetto anche per me,
      fa' un ovetto bello grosso
      con il tuorlo rosso rosso!

      Nel pollaio le altre galline
      fanno uova piccoline,
      rotondette o rotondine
      sembrano tante noccioline.

      O gallina Coccodè,
      fa' un ovetto anche per me!
      Io nell'acqua lo metterò
      e piano piano 12 minuti lo lesserò;
      poi con cura lo sbuccerò
      e nella pappa del mio bimbo lo metterò.
      Lui con gusto lo mangerà
      e sano e forte crescerà.

      O gallina Coccodè
      fa' un ovetto anche per me!

      Ora vi do una notizia da primato:
      Mastroandè mi ha chiamato!
      La gallina Coccodè
      un ovetto ha fatto anche per me.

      Daniela Trinci



 



FAVOLA A PIU' MANI "LIBERTA'" Autori : Daniela Bonifazi-Stefania Galleschi-Serenella Menichetti-Tiziano Consani

LA NONNA RACCONTA A GIADA.........


Il Mondo un tempo era un luogo meraviglioso. Il vasto globo era popolato da genti diverse per etnia, lingua, colore della pelle e religione, ma la convivenza era pacifica e collaborativa. Tutti erano liberi di muoversi a loro piacimento da un Paese all'altro. L'accoglienza era ritenuta un dovere ed un piacere, una forma di rispetto reciproco. Le differenze culturali e linguistiche non costituivano mai un problema irrisolvibile; un sistema di comunicazione veniva sempre trovato con successo e quindi, poco a poco, la conoscenza dell'altro, delle sue abitudini di vita e delle tradizioni, favorirono rapporti sempre più assidui e le continue frequentazioni eliminarono ben presto le residue difficoltà di dialogo.
- “Ma questo è un mondo da fiaba, nonna”! - esclamò con impeto Giada
- “Infatti, tesoro - rispose nonna Luigina - era talmente bello quel mondo che perfino le fate ne erano un po' gelose. Sai anche il loro mondo non era così perfetto, ma si sa le fate sono buone e in fondo in fondo erano contente che tutti gli uomini vivessero d'amore e d'accordo. Invece chi non sopportava quella bella e pacifica convivenza erano i Maghi e le Streghe e allora ti voglio raccontare cosa fecero per rompere quell'incantesimo che si era creato sulla Terra.
Un bel, anzi, un cattivo giorno, la congrega dei Maghi e delle Streghe, presenti in ogni parte del Mondo, decise di riunirsi per concordare una strategia che disfacesse quella magica armonia che regnava tra gli umani. Fu un messaggero alato che si fece carico di consegnare le convocazioni: un drago al servizio del Mago Supremo, Timperius, colui cioè che esercitava il potere assoluto su tutti i maghi della Terra. Contemporaneamente anche la Maga Sovrana, Surgenia, diede l'incarico al suo fedele servitore, un ippogrifo, di chiamare a raccolta le Streghe esistenti sul pianeta.
-"Nonna - interruppe incuriosita Giada - cos'è un ippogrifo"?
-" Oh, amor mio, non puoi neanche immaginare che sorta di strana creatura fosse, nata dall'unione di un cavallo ed un grifone, con testa ed ali d'aquila, le zampe anteriori e il petto da leone, il resto del corpo da cavallo".
-" E perchè la strega Surgenia lo aveva come servitore"? - chiese ancora la piccola.
-"Devi sapere che un ippogrifo era una creatura selvaggia e pericolosa per chiunque, maghi e streghe inclusi, ma se veniva catturato e sottomesso, diveniva il servitore più fedele che si potesse desiderare"'
Nonna Luigina proseguì il suo racconto:-" Dicevo dunque che le forze del male, Maghi e Streghe della peggior specie, si preparavano a distruggere quell'incantesimo che permetteva agli abitanti della Terra di convivere pacificamente. Ben presto essi, sparsi ovunque, si ritrovarono in un rifugio segreto, una grande caverna dall'accesso nascosto. Solo una formula magica poteva aprire il passaggio, una formula conosciuta solo dal temibile Timperius"!
-"E tu la conosci nonna"? - chiese ancora la bambina, curiosa come solo i ragazzi possono esserlo.
-"Oh no - rispose la nonna - nessuno mai è riuscito a sapere quale fosse, ma su questo torneremo in seguito, ora ascolta birbantella, se mi interrompi continuamente mi farai perdere il filo del discorso e allora...addio racconto"!
-" No, ti prego! Ti prometto che starò zitta zitta, ma ti prego, continua nonnina"! - esclamò Giada stampando un grosso bacio sulla guancia di nonna Luisa, che sorrise divertita e compiaciuta.
-" Bene - proseguì l'anziana donna – dicevo che quel mondo così perfetto, fece scatenare l'ira della congrega, perchè nel Mondo la vita degli umani era una favola: essi avevano la natura, che offriva loro tutto quello di cui avevano bisogno e che condividevano l'uno con l'altro fraternamente. Le distanze poi erano azzerate”.
-“ Come azzerate, nonna”?-chiese Giada.
- “Ebbene, proprio azzerate, Giada, e questa era veramente una meravigliosa opportunità che permetteva agli uomini di potersi recare a piacimento, da qualsiasi parte del globo. Ti piaceva visitare l’Egitto? Bastava chiudere gli occhi e pensare alle piramidi con intensità per tre minuti, ed appena li riaprivi ti trovavi davanti all'oggetto del tuo desiderio, un paesaggio meraviglioso; e, per tornare a casa bastava dire tre volte la parola… casa. Quindi tutti erano cittadini del Mondo.
Tutti potevano usufruire dei beni di qualsiasi luogo terrestre volessero visitare e, questo era meraviglioso.
Naturalmente c'erano delle piccole regole da rispettare, essi non potevano appropriarsi dei beni che avessero già un proprietario, dovevano comportarsi con coscienza nel luogo in cui si trovavano e non provocare danni, insomma non dovevano assolutamente fare nulla che potesse ledere i diritti dei cittadini del paese ospite".
-"E se lo facevano, nonna"?
-"Ah, beh, se lo facevano allora...niente più viaggi per un tempo che veniva stabilito a seconda della gravità delle azioni commesse".
-"Quindi anche in quel mondo perfetto c'era la giustizia"? - chiese Giada.
-"Naturalmente"!
-"Beh, nonnina, ma allora non era poi tanto perfetto"! - affermò con un'espressione tra il serio e un accenno di sorrisetto saputello la bambina.
La nonna rimase pensierosa per qualche istante, fissando con una certa ammirazione la sua nipotina, che con quel suo commento aveva dimostrato grande saggezza. Poi riprese:-" Eh, purtroppo hai ragione tu. Il mondo era nato perfetto, ma noi sappiamo bene che basta una mela marcia tra un mucchio di mele perfette per diffondere...ehm...non so come dire...
-"Il contagio"? - finì Giada con aria compiaciuta.
-"Già, direi che hai trovato la parola giusta...il contagio! Tuttavia, come ti ho già detto, coloro che non rispettavano le poche, ma fondamentali leggi, per una civile convivenza, venivano rieducati e poi potevano tornare alla loro vita. Grazie a questo programma di recupero si manteneva sempre un perfetto equilibrio nel Mondo, e di ciò erano particolarmente invidiosi i componenti dell'alleanza maghi-streghe.
Per poter evitare il contagio, mantenere l'equilibrio e produrre il giusto antidoto scongiurando il proseguire dell'alleanza maghi-streghe, i rappresentanti buoni del Mondo escogitarono un sistema che lasciò tutti a bocca aperta. Furono montati nelle città dei grandi schermi e fu proiettato un film dove si potesse vedere cosa significasse essere liberi e cosa significasse mettere in gioco la propria vita per la libertà.
Il titolo era: "Anno 2011: la grande fuga per essere liberi".
Il film iniziò con le immagini di un mare che si faceva sempre più grosso, le onde crescevano, una dopo l'altra, sempre più alte. La piccola imbarcazione saliva e scendeva vertiginosamente e le creste delle onde vi rovesciavano sopra grandi quantità di acqua. Aisha stringeva fortemente a sé la sua piccola figlia Juba; aveva paura, era fuggita dall’ Africa in cerca della libertà che nel suo Paese le era negata e voleva crescere la sua bambina in una Terra dove le donne avessero i propri diritti. Aisha era molto giovane e colta, aveva potuto studiare al centro di studio della Missione e aveva cominciato a sognare un mondo diverso per se stessa e per sua figlia. Era stanca di vivere barricata nella Missione, di non essere nessuno fuori da lì, di non poter vivere col suo uomo, perché la guerra glielo aveva strappato via senza che potesse vedere Juba appena nata. Suor Clementina, la dirigente della Missione, aveva provato inutilmente a fermare Aisha; non voleva che lei e la sua bambina si imbarcassero su quel vecchio peschereccio insieme a tutte quelle persone disperate, non voleva che consumasse tutte i suoi risparmi per darli a quel trafficante di uomini senza scrupoli. Cosa avrebbero fatto lei e la piccola Juba una volta arrivati a destinazione, senza soldi in tasca e clandestine?
Suor Clementina aveva pregato a lungo perché Aisha ritornasse sui propri passi e rimanesse con lei, ma la sua preghiera non era servita ed allora aveva fatto di tutto per aiutarla. Il giorno dell'imbarco l'aveva raggiunta e le aveva consegnato una piccola busta; dentro c'era un'immagine della Madonna, una lettera di raccomandazione con l'indirizzo di un istituto religioso italiano e del denaro in euro sufficiente a sopravvivere per almeno un mese dopo lo sbarco. Il tempo necessario a raggiungere Roma ed arrivare al convento dove la sorella e madre superiora avrebbe accolto la donna e sua figlia e sarebbe potuta nascere una nuova vita per entrambe.
Aisha aveva ringraziato con un bacio di profonda riconoscenza la suora e, dopo aver nascosto la preziosa busta dentro al reggiseno, si era legata la piccola Juba al seno utilizzando una fasciatura fatta con un lungo tessuto di cotone variopinto; era sicura che in tal modo sua figlia non si sarebbe mai staccata da lei e che, qualunque cosa potesse accadere, lei l'avrebbe potuta proteggere.
Non era mai stata in mare e non poteva immaginare cosa significasse affrontare una tempesta. Ora lo sapeva e la paura di non farcela la faceva pregare ininterrottamente. Alcuni dei compagni di viaggio erano stati sbalzati fuori dalla barca e nessuno avrebbe potuto salvarli. Per loro il viaggio terreno era terminato e avrebbero raggiunto presto la loro destinazione, in cielo, e non nella Terra che sognavano. La tempesta intanto si faceva sempre più forte e la barca era troppo pesante. Il comandante ed il suo aiutante, entrambi due poco di buono e privi di scrupoli, cominciarono a prendere le persone ferite dagli urti subiti nel saliscendi della barca in balia delle onde ed a gettarli in mare per alleggerire il carico. Aisha era terrorizzata da quello che stava accadendo e dal comportamento di quelle due persone che prima della partenza, dopo aver preso tutti i suoi risparmi, le avevano assicurato la massima protezione fino alla destinazione. Con le gambe era riuscita a serrarsi ad un appiglio sicuro e non si sarebbe staccata da lì a meno che non le si fossero spezzate. Intanto continuava a pregare come le aveva insegnato Suor Clementina. Uno dei due briganti, il comandante della barca, provò a tirarla per un braccio per gettarla in mare e cercò anche di strapparle la piccola Juba, ma non ci riuscì. Aisha teneva serrate le gambe con tutta la forza della sua disperazione; l'uomo tirò fortemente per cercare di staccare la bambina dalla madre, ma la fasciatura che le teneva unite era veramente impossibile da sciogliere: un'onda altissima si rovesciò su di lui che, imprecando, fu inghiottito dalla furia del mare e scomparve nel buio di quella terribile notte. Fu allora che il mare, prendendosi l'artefice di quello scempio, sembrava esser pago di quella preda e che di essa si fosse saziato, compiaciuto per aver sventato un’azione malvagia in aggiunta a quelle già compiute. Così placò la propria furia e, mentre sorgeva finalmente il sole, la piccola barca, priva ormai del cattivo timoniere, cominciò a galleggiare sul pelo dell'acqua oscillando dolcemente, con un rollìo lento.
Aisha allentò le gambe dalla presa, baciò la fronte della piccola Juba , che dormiva serena, ringraziò Dio di avere ascoltato le sue preghiere e si addormentò anch’essa, esausta e stremata.
Fu svegliata da una voce gentile, che le dava degli schiaffetti sulle guance. Aisha aprì gli occhi e vide un viso femminile che le sorrideva. Di colpo sentì che non aveva Juba attaccata a sè, e fu presa dall’angoscia, ma poi la vide con un biscotto in mano accanto alla donna: un ufficiale della guardia di finanza italiana, la stessa che stava cercando di svegliarla e che in lingua inglese la stava rassicurando e stava cercando di farle bere un sorso d'acqua, porgendole un bicchiere. Aisha si sentì al sicuro e ne fu felice; in pochi minuti fu in piedi e tenendo per mano Juba, porse la lettera di Suor Clementina a quella donna che in questo nuovo paese rappresentava autorità e rispetto. Anche lei e sua figlia un giorno avrebbero potuto essere due donne libere ed indipendenti. Si incamminò verso il centro di accoglienza e cominciò a vivere la sua nuova esistenza, certa che un giorno sarebbe potuta ritornare in Africa e finalmente realizzare, insieme a sua figlia, il suo più grande sogno: essere donna e poter reclamare i diritti che ogni essere umano merita.
Dopo la proiezione del film ci fu un silenzio interminabile, poi un applauso esplose dal Mondo intero e l'alleanza maghi-streghe portatori del male si sciolse come neve al sole, al grande clamore del battere delle mani di tutti i rappresentanti del bene e della libertà fra i popoli. Certo, era solo un film, non rappresentava la realtà attuale, che vedeva ancora un Mondo perfetto, ma quella che si sarebbe creata se le forze maligne fossero riuscite nel loro diabolico intento. Gli uomini si resero conto che ciò di cui in quel momento godevano, la libertà, era il bene più prezioso che potessero desiderare e decisero di difenderlo ad ogni costo.
Il Mondo di oggi, il Mondo nel quale viviamo, non è certo così perfetto come quello del mio racconto cara, ma vi sono uomini e donne con coraggio da vendere che si battono per la Pace, in ogni angolo della Terra. Dobbiamo sperare e pregare anche noi, come Aisha, che il nostro sogno possa avverarsi”.
La nonna aveva finito il suo racconto e chinò il capo verso la nipotina, dato che da un po’ non ne sentiva la voce. E così vide che la piccola Giada si era addormentata e sorrideva. Chissà…forse stava sognando se stessa che, tenendo per mano tanti altri bimbi come lei, di diverso colore della pelle, di diversa razza, ma tutti uniti da una profonda amicizia e solidarietà, facevano insieme un grande girotondo che avvolgeva il Mondo intero, dove ogni persona era esattamente dove voleva essere, in un Mondo…LIBERO !
Daniela Bonifazi – Stefania Galleschi – Serenella Menichetti – Tiziano Consani

FAVOLA a più mani "IL BOSCO INCANTATO" Autrici Patrizia Ascione-Daniela Bonifazi-Menichetti Serenella



Il bosco incantato
Nel bosco incantato, situato nei pressi del fiume Argento, fata Primavera aveva già lasciato evidenti segni di risveglio dal lungo sonno invernale. L'orso Gepu, abbandonata la caverna che lo aveva ospitato nei mesi più freddi, gironzolava in perenne ricerca di miele o altre leccornie che potessero soddisfare il suo formidabile appetito; doveva rimettersi in carne dopo tanto digiuno! La farfalla Marilù si era appena liberata dall'involucro che l'aveva protetta e mantenuta al sicuro ed ora svolazzava sui primi fiori dai colori vivaci e dagli intensi profumi, suggendo il nettare dolcissimo. Il ghiro Ronf era sempre stato l'ultimo a svegliarsi dal letargo, ma qualcosa di insolito e piuttosto rumoroso, l'aveva destato bruscamente e, facendo fatica a tenere gli occhi aperti, sbirciò fuori della sua tana e vide un tipo davvero strano che con una grande ascia stava tentando di intaccare la base della vecchia quercia all'interno della quale si trovava la dimora di Ronf.
"Ehi! Che stai facendo? - gridò il ghiro con aria minacciosa - Sei impazzito per caso"?
"Impazzito? Io? E perchè mai dovrei esserlo"? - rispose con voce stridula quell'essere mai visto prima nel bosco incantato.
" Prima di tutto dimmi chi sei e come hai fatto ad introdurti nel mio bosco"!
"Il tuo bosco? Ma sentitelo...il suo bosco"! Ma chi credi di essere...il padrone della natura? Questo bosco è anche mio, non seccarmi"!
Ronf, prima di replicare, cercò di capire chi fosse quel tizio così antipatico e arrogante, e lo osservò con più attenzione, dato che ormai si era svegliato del tutto: piuttosto piccolo di statura, ma straordinariamente muscoloso, con enormi piedi che stonavano con la sua altezza, un volto rugoso ed un naso rubicondo e due occhi a palla, sovrastati da folte sopracciglia; abbigliamento da boscaiolo ed un cappello verde a punta con una piuma di fagiano completavano il quadro d'insieme.
" Uhmmm...ma guarda che tipo! - esclamò quindi il ghiro - Si dà il caso, caro mio, che QUESTO bosco non sia un comune bosco dove tutti possono avere libero accesso...questo è il bosco incantato, dove solo pochi privilegiati hanno il diritto di vivere ed entrare. Capito"?
Lo strano individuo continuò imperterrito a sferrare violenti colpi d'ascia, alla base della vecchia quercia bofonchiando tra sé e sé:” Tsè! Pochi privilegiati! Si dà il caso che io faccia parte di questa categoria…presuntuoso”!
Ronf lo osservava stupito... “Ma da dove viene costui, possibile che non conosca le regole del bosco incantato”?- pensò-. Il tipo continuò a colpire la base del grande albero con molta forza, senza riuscire ad intaccarla minimamente.
Il tempo passava e Norberto così si chiamava quell'energumeno, picchiava la sua grande ascia contro la quercia, con il solo risultato di sudare molto e di arrabbiarsi ancora di più.
Il suo viso era divenuto violaceo, dallo sforzo e dalla rabbia ma, non accennava a fermarsi, anzi la rabbia intensa, faceva crescere la sua voglia di sferrare sempre più colpi.
La rabbia non gli faceva nemmeno vedere gli animaletti e gli elfi del bosco, che erano accorsi per capire da dove provenissero quegli insoliti colpi e, alla vista di quel piccolo energumeno che si era messo d'impegno per abbattere l'annosa quercia, cominciarono a protestare con decisione, senza alcun timore nei confronti di Norberto, il cui colorito cominciava a destare qualche preoccupazione, dato il colore sempre più rosso della carnagione ed il copioso sudore che dalla fronte scendeva fino a inzuppare la camicia e persino ad "innaffiare" il terreno sottostante. Nel frattempo Ronf non era rimasto con le mani in mano, ed era corso alla dimora di Madre Natura, per metterla al corrente di quanto stava accadendo. Spettava infatti a lei decidere il da farsi. E lei decise!
-"Ronf, mio fedele amico, dalla tua descrizione ho capito perfettamente chi è l'individuo che ha violato la pace e la serenità del nostro bosco. Si tratta dell'ultimo esemplare della grande famiglia degli gnomi delle caverne Atre, che si trovano all'interno del nostro grande bosco, nascoste però alla vista di chiunque, poichè l'ingresso è celato da una fitta vegetazione. Quello che temevo forse si sta ora avverando: Norberto, l'ultimo degli gnomi, può essere impazzito a causa della solitudine che ha dovuto sopportare per oltre trecento anni all'interno delle caverne, ed ora manifesta la sua aggressività cercando di distruggere il bosco incantato, anche se mi riesce difficile crederlo”!
"Ma, mia signora - disse Ronf - egli dovrebbe sapere che ogni cosa viva o inanimata all'interno del bosco Atro non può essere distrutta, in quanto magica. Solo tu potresti mutare gli eventi, se lo ritenessi assolutamente necessario. Cosa possiamo fare per convincerlo a desistere dal suo proposito? Egli non sente ragioni"!
" Ebbene, forse non ascolta voi, creature del bosco, ma non potrà ignorare me. Seguimi! E così Madre Natura si mise in cammino, seguita fedelmente dal ghiro che cominciava a vedere uno spiraglio di luce in quella ingarbugliata faccenda.
Nel frattempo Norberto si era accasciato a terra, esausto ed ancora più contrariato vedendo che i suoi sforzi erano stati del tutto inutili: la quercia era ancora lì, senza la minima scalfittura. Ai piccoli animali e agli elfi si erano uniti altri abitanti del bosco, che avevano circondato lo gnomo con aria minacciosa e la situazione prometteva infausti sviluppi per lo gnomo, quando arrivò Madre Natura seguita da Ronf, ormai più che sveglio.
La Sovrana che domina da sempre ogni manifestazione, ogni mutamento, ogni succedersi degli eventi naturali, si rivolse allo gnomo Norberto con voce dolce e suadente, come suo solito, dicendogli:" Cosa c'è che non va, mio caro amico? Voi gnomi non siete mai stati collerici ed aggressivi! Deve essere accaduto qualcosa di veramente grave per indurti a questo tentativo di scempio nel bosco incantato, del quale anche tu fai parte, l'hai dimenticato"?
Lo gnomo allora scoppiò in lacrime e tra i singhiozzi raccontò: “Mia Sovrana, mai e poi mai gli gnomi si sono macchiati di simili crimini, voi lo sapete, non è nella nostra natura; purtroppo però il mio gesto si è reso necessario per salvare il bosco incantato.
Sono venuto a conoscenza del fatto che il Magnate della cementificazione ha deciso di costruire un villaggio turistico sulle radici dell'antica quercia . Questa notizia mi ha fatto impazzire di dolore ed ho chiesto consiglio ai vecchi e saggi gnomi dal cappello rosso che, dopo aver consultato il grande libro degli gnomi, hanno dato questo responso: Il bosco può essere salvato se con la vecchia quercia un recinto verrà costruito, che ne cinga il perimetro, costituendo una sorta di confine tra il mondo reale e quello magico del bosco stesso. Non v'è altra soluzione”!
"Capisco - commentò Madre Natura - ma devo rimproverarti nonostante i tuoi nobili propositi; perchè non sei venuto da me? Avresti dovuto informarmi di questo diabolico disegno del Magnate e sarei intervenuta, com'è mio dovere, per proteggere il nostro magico ambiente"!
"Hai ragione, mia signora, ti chiedo perdono"!
"Non importa mio caro Norberto, per fortuna siamo ancora in tempo per impedire che si attui questo insano progetto che metterebbe a repentaglio il mondo della magia. I bambini hanno bisogno di credere nella magia ed anche gli adulti, anche se spesso rifiutano di ammetterlo.
Madre Natura si rivolse poi all'amica quercia:" Naturalmente hai compreso la situazione, mia cara, e so che eri già preparata ad un simile evento. Sappiamo bene che l'avidità degli uomini a volte rasenta la pazzia. E' giunto il momento di fare ciò che è giusto per la salvezza del nostro bosco"!
"Io sono pronta - rispose con tono deciso la pianta - fai ciò che devi Madre"!
Fu così che la grande quercia fu circondata da tutte le creature del bosco e Madre Natura pronunciò la magica formula che avrebbe tolto l'invulnerabilità alla pianta:
"Magiche forze del bene
lenite le mie pene,
or qui tutte accorrete
presto su venite,
unitevi a noi tutti
da terra, cielo e flutti
per fare ciò ch'è giusto,
venite, e fate presto"!
In un baleno meteore luminose vorticarono tra i presenti ed avvolsero tutta la quercia, scuotendone le fronde come vento del nord, impetuoso e freddo, poi velocemente come erano apparse, si dileguarono.
"Ohhh!! - esclamarono tutti non comprendendo bene ciò che era accaduto.
"Non vi spaventate miei cari, le forze del bene hanno compiuto il loro dovere, ora sta a te, caro Norberto, svolgere la tua mansione. Puoi eseguire ciò che i saggi gnomi dal rosso cappello hanno sentenziato...abbatti la quercia, e non temere di farle male, poichè le forze del bene, assieme alla magia hanno portato il gelido vento del nord, così che la nostra amica non soffra per i colpi della tua ascia. Il freddo sarà come un potente anestetico per lei. Ma prima che tu inizi il tuo lavoro, lasciami fare una cosa". Madre Natura si avvicinò all'amica quercia e, accarezzandone il tronco rugoso e le amate fronde, staccò un germoglio che tenero e di un verde tenuo spuntava quasi alle radici della pianta, poi sussussò:"Non è un addio, mia cara, questo germoglio ti darà di nuovo vita...a presto"!
Norberto, ad un cenno di Madre Natura, sia pur a malincuore, iniziò a colpire con la sua ascia la base della grande quercia e, prima di ogni colpo diceva sommessamente e con grande imbarazzo:"Scusa"! All'ennesima scusa dello gnomo la pianta, con voce dolce, così si rivolse a Norberto:"Non scusarti più, ti prego. Io capisco, io sento il tuo cuore, come quello di tutte le altre meravigliose creature di questo bosco incantato...il tuo, Gepu, mio caro orso a cui ho offerto la dura corteccia del mio tronco per una bella grattatina al dorso...il tuo, Marilù, che svolazzavi spensierata attorno a me allietandomi le giornate...il tuo, Ronf mio caro inquilino per lunghi anni; dovrai trovarti un altro alloggio, ma sono più che certa che il mio amico Cedro ti ospiterà volentieri...gliel'ho già chiesto. Voglio bene a tutti voi - aggiunse poi rivolgendosi a tutte le creature del bosco che si erano riunite - mi mancherete, ma non crucciatevi...io tornerò in qualche modo. Il tenero germoglio che Madre Natura ha tra le sue mani è parte di me e quando io non ci sarò più, esso crescerà proprio qui, in questo punto dove ora mi trovo, ed offrirà rifugio a tutti gli animali che ne avranno bisogno. Io vivrò ancora, nei vostri ricordi e nei vostri cuori...quindi vi saluto con un arrivederci e non con un addio"!
Tra la commozione generale Norberto, con gli occhi umidi, proseguì il suo difficile compito, cercando di fare più in fretta possibile, affinchè la sua amica quercia non dovesse patire a lungo. Ben presto, al posto della pianta, sul suolo c'erano tanti rami ed il tronco. Lo gnomo allora esclamò con la voce rotta dall'emozione:"Forza, ragazzi, datemi una mano. Facciamo in fretta, così che la nostra amica non si sia sacrificata invano...abbiamo un recinto da realizzare, ricordate? Coraggio...diamoci da fare"!
Iniziò così una proficua collaborazione per portare a termine al più presto il compito a loro affidato. Che organizzazione! E che grinta da parte di tutti! Ben presto il frutto di tanto lavoro fu visibile: un recinto che cingeva tutto il bosco. Appena in tempo! Il Magnate della cementificazione stava arrivando con i suoi operai e una grande ruspa che sarebbe servita ad abbattere la quercia. Quale fu la sua delusione quando provò, invano, ad entrare all'interno del bosco! Tentò con ogni mezzo, ma...niente! Non c'era proprio verso...era come se una invisibile barriera frenasse ogni suo tentativo. Madre Natura, alla quale non era consentito farsi vedere dagli umani secondo le leggi della comunità magica, fece però sentire la sua voce:"Desistete dai vostri propositi - disse con voce decisa - questo bosco non potrà mai e poi mai essere violato e quindi ogni vostro sforzo per accedervi sarà vano. Andate via da qui, dove regna l'armonia e la pace...non c'è posto per il duro cemento in questo luogo, ma solo per il verde e la quiete"!
Il Magnate, intimorito da quella voce senza volto, dato che sembrava provenire dal nulla, non ebbe altra alternativa se non quella di arrendersi. Che grande vittoria! Il bosco incantato era salvo ed il recinto sarebbe rimasto per sempre a proteggerlo dalle smanie di potere e guadagno a discapito della natura da parte di uomini senza scrupoli.
Nel bosco si fece una gran festa e...sapete dove si svolse? Intorno ad una grande quercia...sì, proprio quella nata dal giovane germoglio, nello stesso posto della quercia madre. Com'era bella! E senza "rughe"! Il suo tronco era liscio e quasi vellutato. Vi chiedete forse come abbia potuto crescere così in fretta? Ma cari ragazzi...in un bosco incantato cosa potete aspettarvi se non magie? A proposito...l'accesso è vietato solo a chi non possiede un cuore che batta per la vita, l'amore, la pace e...la magia! Chiunque condivida questi valori sarà accolto a...rami aperti!

Daniela Bonifazi - Serenella Menichetti - Patrizia Ascione

FAVOLA "LA FANTASTICA AVVENTURA DI MARGHERITA" Autrici Serenella Menichetti e Silvia Vanni


La fantastica avventura di Margherita


Possibile che non possa distrarmi un attimo e Margherita, ogni volta, ne approfitti per allontanarsi. Questa volta dove si sarà cacciata.
Dalila madre di Margherita, cercava la sua piccola che si era allontanata mentre lei si stava osservando allo specchio, con i nuovi jeans, nel camerino di prova. Si sentiva abbastanza tranquilla, perché solitamente Margherita si infilava anche lei nel camerino attiguo, per specchiarsi, come faceva mamma.
Dopo aver ispezionato tutti i camerini, del grande magazzino, ed addirittura entrando anche in quelli occupati, beccandosi il gridolino indispettito di una signora ed un -prego entri pure-di un maschietto in boxer a righe. Si sentì invadere dall'angoscia.
-Calma, Dalila! Calma può darsi che Margherita sia sulla scala mobile- si disse.
Sulla scala, c'erano diversi bambini, con le loro mamme, ma non la sua Marghe!
Dalida si diresse al piano di sotto. Pensando si fosse nascosta, fra i vestiti da bambini. Scostò diversi carrelli, sicuramente la figlia, voleva farle uno scherzo!
Ma di Marghe, nessuna traccia.
Dalila, cominciò a sudare freddo. Il cuore le batteva, forte, forte.
Si mise allora, a chiamare la bambina - Margherita dove sei, dai esci, adesso basta! Aggiungendo-Questo non è un gioco! Adesso mi fai preoccupare- E, Dalida, adesso, preoccupata, lo era veramente.
Una delle commesse vedendola in difficoltà, si avvicinò chiedendole che problema avesse.
Da lì a pochi minuti, l'altoparlante, annunciava che la bambina Margherita Zucchelli si era persa, se qualcuno l'avesse vista, era pregato di accompagnarla alla reception......Dalida, seduta sul divano era disperata.

Un caschetto biondo come il grano, entrò nel tendone del circo “Farfaplù” si guardò intorno, poi si sedette sulla panca in prima fila, proprio davanti alla pista dove in quel momento si esibiva il pagliaccio Tiramisù. Margherita rimase affascinata, dal suo enorme e contagioso sorriso.
Come era bello! E come faceva ridere, quando cercava di prendere una caramella gigante a Topolino, lui tirava da una parte e topolino dall'altra, nessuno dei due riusciva però a prenderla, perché la caramella si allungava, come un elastico.
La gente rideva a crepapelle, anche Margherita si sbellicava dalle risate.
-Che bello, essere qui ! Si mise a ridere fino alle lacrime, quando il gatto Marameo, piano piano, riuscì ad addentare la caramella in mezzo, pappandosela quasi tutta.
Dopo che i pagliacci, tra gli scroscianti applausi della gente uscirono, entrarono gli acrobati, con un numero spettacolare.
-Come fanno a camminare sulla corda, come se passeggiassero per il corso di una città, si chiedeva Marghe e, pensava- Mi piacerebbe un sacco essere al loro posto-
S'immaginava, lassù, in alto con un body, pieno di lustrini e pajette, con la gente che l'ammirava e l'applaudiva e, lei che faceva dei salti mortali con una disinvoltura incredibile.
Mentre sognava ad occhi aperti le si avvicinò Tiramisù- Ciao Marghe, sai che io sono un pagliaccio speciale, che sa leggere i desideri dei bambini come te?
Margherita, rimase a fissarlo per la sorpresa. Lui continuò-In questo momento io sento che tu desideri provare ad esibirti sulla corda, insieme agli acrobati, ho indovinato?-Le chiese.
Marghe, non aveva ancora aperto bocca che si ritrovò, sulla pista.
-Ma, ma, ho il grembiulino a quadretti della scuola!
Non l'aveva ancora detto, che il gatto Marameo leccandole ripetutamente il grembiule con la sua lunga lingua rosa,riuscì a trasformarlo, in un preziosissimo body dai colori dell'arcobaleno.
Topolino, poi, accompagnò la graziosissima acrobata sugli scalini di corda della scaletta che lei riuscì a salire con una sicurezza da star del circo. Una volta, saliti gli scalini, Margherita si trovò davanti a quella lunga corda tesa, sospesa in aria, che tanto l'affascinava. Guardò in basso, tutto sembrava piccolo, e quella moltitudine di persone che applaudivano e urlavano, venivano percepite da Margherita come un'enorme massa di colore che muovendosi si mescolava e faceva un gran frastuono...Margherita , guardò nuovamente avanti, si concentrò, e come una grande star, con sicurezza iniziò a camminare," piccoli passi " si ripeteva nella mente, e "un-due...uno davanti all'altro" ed in men che non si dica Margherita arrivò fin oltre la metà della corda. Quando sentì urlare il suo nome che rimbombò nel tendone circense, come un tuono. La folla si zittì. E Margherita -oooooo....sto perdendo l'equilibriooo....- la corda iniziò a vibrare e Margherita, ormai traballante, capì che l'unica cosa che le rimaneva da fare era quella di aprire il suo ombrellino rosa e lasciarsi cadere dolcemente.- Così fece, con la sua manina grassottella aprì l'ombrellino, e leggiadra si lasciò andare... Il pubblico applaudì intensamente, mentre Margherita sorridente salutava con la manina.
Giunta a terra Margherita chiuse l'ombrellino, e fiera di sé, fece un inchino da protagonista dello spettacolo. I pagliacci, esultando le corsero incontro e, cantando e ballando pronunciarono il suo nome, come si pronuncia il nome di una grande artista.
Margherita, si diresse verso la mamma, che l'aspettava ai piedi del palco, esausta dopo lunghe ricerche.
Margherita si avvicinò la guardò con aria severa e le disse -Mamma non si urla così durante un numero acrobatico, stavi per rovinare tutto!!-
Così la mamma, che non solo non si era comprata nessun capo d'abbigliamento, ma dopo la rabbia e la paura provate in precedenza per la scomparsa della figlia, pur essendo totalmente distrutta da tutto ciò. Riuscì, così, come solo sanno fare le mamme, a trovare un po' di gioia, ed a dimostrargliela per averla ritrovata con un super abbraccio. Margherita tra le braccia della mamma si sentiva veramente bene, provava la sensazione di stare nel suo posto sicuro.
- Mamma, hai visto come sono stata brava? Sono proprio una STAR! Vieni che ti faccio conoscere i miei fantastici amici.-
Maddalena cercò con gli occhi Tiramisù e Marameo, ma non vide li vide. Nemmeno la sua mamma c'era e..e ..non c'era neppure il circo.
Si guardò intorno e vide una miriade di secchi rossi allineati con dentro degli spazzoloni, ed anche moltissime scope gialle.
In un attimo si diresse verso la porta cercando una via di uscita, la porta era chiusa !
Mamma chiamò, Tiramisù, venite, dove vi siete nascosti. Marameo vieni a leccarmi, aiutami ! Marameo! Tiramisù! Per piacere aprite la porta!
Fortunatamente la porta fu aperta, ma non dagli amici del circo, ma dagli impiegati del grande magazzino con dietro mamma Dalila.
Marghe non capiva più niente, ma cosa era accaduto?
Dopo, a casa ne parlò con la mamma, lei la rassicurò spiegandole che era stato senza dubbio un sogno, dopo che si era addormentata nel ripostiglio del grande magazzino.
Maddalena, annuì ma non era molto convinta che fosse stato un sogno. Lei dentro di sé credeva fermamente di aver vissuto quel fantastico, magico momento di gloria, al circo. E presto ci sarebbe tornata, per viverne altri, simili.

L'ELFO CORAGGIOSO E LA BATTAGLIA PER IL BENE Autrici Daniela Bonifazi e Daniela Trinci



L'elfo coraggioso e la battaglia per il bene
In una grande, ma che dico, immensa foresta, in tempi così lontani che se ne è quasi perduta la memoria, vivevano innumerevoli specie di animali; alcuni di essi erano magici, come l'unicorno, simbolo di saggezza, che poteva essere ammansito solo da una fanciulla pura; i centauri erano strane creature metà uomini e metà cavalli, dal carattere irascibile, violento e selvaggio; draghi di varie specie, che potevano avere un ruolo buono o cattivo; nelle profonde acque del grande lago al centro della foresta, padrona assoluta era un'Idra, mostruoso serpente dalle molte teste. Per fortuna esistevano anche creature, magiche anch'esse, ma dal cuore buono che, da secoli, combattevano il male, sotto qualsiasi forma si presentasse. Si potrebbe iniziare parlando degli Elfi, bellissimi ed evanescenti, dalle chiome fluenti e le orecchie appuntite. Il loro potere era veramente grande, essi vivevano in una parte remota della grande foresta, nascosta agli occhi di tutti coloro che fossero animati da intenti nefasti, ma la loro ospitalità e protezione nei confronti delle anime buone e sincere era incommensurabile. Essi erano immortali, e da millenni ormai, fin dal loro insediamento nella foresta, si ergevano a custodia della natura, degli animali, degli esseri umani o qualsiasi altra forma di vita che a loro si rivolgesse per ricevere aiuto.
Purtroppo non sempre gli Elfi riuscivano nella loro missione: il bosco era smisurato e il pericolo poteva giungere in qualsiasi momento a minacciare qualcuno che, magari, era a caccia in cerca di cibo, o in cammino per raggiungere degli amici o per altri motivi ancora. La parte di foresta dove vivevano gli Elfi era così rigogliosa e bella che le piante erano sempre verdi, i fiori di tutte le specie sbocciavano sempre nuovi ogni giorno, ruscelli chiacchierini la attraversavano in lungo e in largo e gli animaletti del bosco trovavano senza fatica quanto necessitava loro per vivere.
Gli Elfi, pur immortali, non erano però invulnerabili, per cui potevano essere uccisi dai malvagi ed è per questo che cercavano di stare sempre a breve distanza l'uno dall'altro, perchè, in caso di necessità, potevano in poco tempo fare gruppo ed aiutarsi.
Tra tutti gli Elfi di quella foresta ce n'era uno, di nome Agimus, che era il più valoroso, il più disponibile degli altri e che era considerato il "custode" della foresta: doveva cioè impedire che qualsiasi cosa danneggiasse o minacciasse la natura, considerata dal popolo elfico parte essenziale della loro vita e della loro esistenza.
Un triste giorno, però, mentre un gruppetto di Elfi guidato da Agimus era in perlustrazione lungo il ruscello "Acquachiara" ( in questa foresta ogni cosa ha un nome ), esso cadde in un'imboscata. Dovete sapere che i nemici più accaniti della polazione elfica erano i licantropi, dei quali non avevamo ancora fatto cenno, poichè il solo nominarli incute terrore. Ma essi esistevano, ed erano numerosi e malvagi oltre misura; in sembianze umane durante il giorno, spesso passavano inosservati, ma dall'imbrunire e per tutta la durata della notte, sia che brillasse la Luna o meno, essi assumevano la forma di lupi, enormi e feroci, ed in branco andavano a caccia, affamati di carne di qualunque specie animale. Gli Elfi, in realtà, non rientravano nei loro gusti mangerecci, ma erano un bersaglio in quanto magiche e buone creature, avvezze a far del bene. Ciò procurava nei licantropi un odio viscerale, tipico di chi non conosce e pratica altro che il male. Avvistato il gruppo di Elfi con a capo Agimus, i mostri decisero di attendere il tramonto per agire, e si limitarono a seguire da lontano quelli che essi ritenevano loro avversari. Le acque del ruscello, scorrendo cantavano una melodia naturale che era un piacere ascoltare, ma purtroppo impedirono agli Elfi di udire il rumore prodotto dall'avvicinarsi del branco, che nel frattempo, calata la sera, si era trasformato. I lupi piombarono addosso agli sventurati con inaudita ferocia ed il fattore sorpresa fece il resto: il gruppo fu decimato e solo Agimus e qualche compagno uscirono indenni dal combattimento, dato il loro valore e la grande esperienza nel confronto col nemico, che ben conoscevano, avendo avuto altri scontri, che erano serviti a conoscere meglio i licantropi, i loro punti deboli e quindi l'opportunità di batterli ed ucciderli, se non se ne poteva fare a meno. Gli Elfi infatti erano una popolazione pacifica e aborrivano solo l'idea di procurare morte, ma ormai non v'era scelta: i lupi erano diventati troppo numerosi e una temibile minaccia per tutte le creature della foresta. Ritornati tristemente a Maldoror, dove risiedevano, Agimus si recò immediatamente dal Gran Principe di tutti gli Elfi, Eldor, che lo accolse con un abbraccio e, invitandolo a sedersi, lo pregò di metterlo al corrente su quanto accaduto. Agimus lo fece, con la tristezza nel cuore, ricordando le numerose perdite subite: amici, compagni di vita, prodi guerrieri ormai in viaggio sui sentieri che conducevano le anime in un luogo di pace eterna, la "Dimora dei giusti", così veniva chiamato dal popolo immortale il corrispondente del nostro Paradiso. Il Gran Principe ascoltò in silenzio il racconto di Agimus, poi gli si avvicinò e, toccandogli la spalla, così si pronunciò:" Mio coraggioso amico, non crucciarti per la triste sorte dei tuoi compagni, essi hanno combattuto con coraggio per difendere quanto di buono e bello c'è nel nostro Mondo, ed ora sono in pace. Io ti esorto a meditare su quanto accaduto, lo stesso farò io con i miei fidati consiglieri. Poi...decideremo"! E con queste parole egli congedò l’Elfo e, mestamente, si ritirò. Ma Agimus non si dava pace perchè tra gli Elfi caduti c'era il suo amico fraterno, Melius, con cui era cresciuto, con cui aveva giocato e che era il fratello della fata Primulina di cui era innamorato. Non aveva il coraggio di andarla a trovare per paura di non saperle esprimere tutto il suo dolore.
Mentre tornava verso la sua casa, situata sulla quercia più antica della foresta, sentì un pianto dirotto provenire da dietro un cespuglio di biancospino. Avvicinatosi, riconobbe la sua cara Primulina; era lei che piangeva, lontana da tutti, la morte di suo fratello. Le si avvicinò allora silenziosamente e sedette accanto a lei, cingendola con un braccio. Primulina appoggiò la testa sulla sua spalla e tra le lacrime gli chiese:
" Perchè è successo proprio a lui? Era così buono, non faceva male a nessuno! Mi mancherà tanto, ma soprattutto mi mancheranno i suoi consigli; come potrò fare a meno della sua saggezza e del suo affetto”?
Agimus, sempre stringendola a sè, le disse:" Ti prometto...ti prometto che riuscirò a vendicare Melius, non con le armi, perché altrimenti mi metterei sullo stesso piano dei licantropi, ma facendo in modo che il bene trionfi sempre. Non so ancora come, ma ti prometto che ci riuscirò”!
La aiutò ad alzarsi e tenendola per mano la accompagnò a casa.
Nel frattempo i consiglieri del Gran Principe si erano riuniti per meditare su quanto accaduto ed avevano concordato che, nonostante la loro natura pacifica e l'innata repulsione contro ogni forma di violenza, era giunto il momento di reagire, per salvaguardare la loro specie ed ogni altra creatura della grande foresta...gli Elfi guerrieri dovevano prepararsi ad uno scontro inevitabile con i malvagi licantropi. Il principe Eldor li avrebbe guidati in battaglia. Era giunta l'ora di fare i preparativi e studiare una strategia che potesse garantire all'esercito elfico il successo dell'impresa. Da ciò dipendeva la sopravvivenza del bene e la sconfitta del male. Agimus fu convocato immediatamente dal Gran Principe che, dopo averlo messo al corrente delle decisioni prese dal Consiglio, gli disse:" Mio prode, fedele amico, il tuo valore è noto a tutti ed anche il tuo coraggio e il tuo nobile impegno nella custodia e nella difesa della foresta e dei suoi abitanti. L'esercito ci seguirà, sì, ti nomino comandante in seconda e mio fedele braccio destro; insieme guideremo i nostri compagni alla vittoria"!
Agimus fu commosso da tanto onore e, chinando il capo in segno di assenso, si congedò. Prima di radunare gli Elfi ed organizzare la battaglia, voleva però rivedere Primulina. Raggiunse quindi la casa della sua amata e trovò la Fata in vesti completamente diverse da quelle consuete: il lungo e velato abito bianco era stato sostituito da un'armatura, e le mani della fanciulla brandivano un arco; una faretra carica di frecce era posta a tracolla sulla spalla sinistra. "Cosa intendi fare Primulina? - chiese Agimus - Perchè sei così abbigliata, come se dovessi combattere"?
"Io devo combattere, è mio dovere vendicare mio fratello, ma non mi batto solo per questo motivo, lo faccio anche per tutti i fratelli e le sorelle, per le madri ed i loro figli, per la foresta, le sue creature e la nostra stessa sopravvivenza"!
"Ma...- ribattè Agimus, subito interrotto da Primulina con il braccio teso verso di lui ed il palmo della mano aperto.
"No, non provare a fermarmi. Non lo farei mai e tu lo sai. Io non sono una semplice fanciulla elfica, ma una fata, con poteri speciali a servizio del bene, ed intendo usare i miei poteri e non solo quelli, come puoi vedere"! - e così dicendo indicò l'arco e le frecce.
Agimus capì che ella era determinata e che nulla avrebbe potuto dissuaderla dalla sua decisione, ma capì anche che era giunto il momento di dichiararsi, poichè forse non ci sarebbe stata un'altra opportunità; per quanto fiducioso egli fosse nelle forze del bene, il male era un temibile avversario ed aveva già dato prova della sua potenza malefica. Il suo sguardo si addolcì ed il giovane, avvicinandosi a Primulina, la guardò intensamente negli occhi e, aprendo la mano destra, tesa verso di lei, le offrì un gioiello di rara bellezza, che aveva il bianco colore della Luna e la lucentezza di una stella, glielo mise attorno al candido e delicato collo e le disse:" Io ti amo, da tanto, ma mai ho osato dirtelo, per paura che tu mi respingessi. Ora le cose sono mutate, ci prepariamo ad affrontare una dura battaglia, contro temibili avversari, e non voglio morire senza avere espresso i miei sentimenti per te. Io ti amo, Primulina"!
La fata, profondamente commossa ed anche un po' imbarazzata, timidamente sorrise, chinando il capo e socchiudendo gli occhi solo un istante, poi guardò il giovane che le era di fronte, chiaramente ansioso e col batticuore, aspettando una risposta alla sua dichiarazione. Primulina non lo fece attendere a lungo. Prendendo le mani dell'Elfo tra le sue, disse:" Quanta felicità in un momento così difficile! Oh, Agimus, anch'io ti amo, ed ho paura per te. Sei forte e coraggioso, amor mio, ma il nemico è spietato. Io combatterò al tuo fianco e la tua sorte sarà la mia: per sempre insieme o perennemente divisi"! I due innamorati suggellarono con un tenero bacio il loro patto e, guardandosi teneramente negli occhi, non ebbero necessità di altre parole. Mano nella mano passeggiarono fino al ruscello Acquachiara, nelle cui acque Primulina affondò entrambe le mani pronunciando nel contempo una magica formula. "Nessun licantropo ora potrà attraversare il ruscello, che sarà una barriera di protezione per gli Elfi feriti o in difficoltà. Andiamo ora, è giunta l'ora di prepararci allo scontro"!
"Sì - aggiunse Agimus - è tempo di andare"! Poi, soffiando dentro un cormo magico (il cui suono poteva essere udito soltanto dai membri del suo popolo, in qualsiasi parte della foresta si trovassero ) chiamò a raccolta gli elfi guerrieri e, non appena il numeroso esercito si fu radunato, Agimus salì un grosso masso in modo da essere visibile a tutti: " Cari fratelli - disse - questo per noi è un giorno molto importante. Da questo scontro dipenderà la nostra salvezza e la salvaguardia della foresta, nostra madre; la sconfitta del male e il trionfo del bene. Dobbiamo prepararci alla lotta contro i licantropi con animo sereno, perchè la nostra serenità e la nostra fede nella giustizia, unite al nostro valore, ci condurranno alla vittoria. Il Gran Principe combatterà al nostro fianco, ci guiderà in questo cammino di certo difficile, ma sicuramente vittorioso! Presto, schieratevi e pronti a partire. E ricordate! Quando sentirete il suono del corno magico tutti all'attacco”!
"Sì! Sì! Per noi tutti e per la Grande Foresta”! Gridavano in coro gli Elfi guerrieri, mentre si disponevano a piccole schiere a far quadrato. Il Gran Principe, Agimus e Primulina, in testa, davano il passo. Iniziarono così la marcia per essere all'imbrunire in quella parte della foresta, teatro dell'ultimo assalto dei licantropi dove molti Elfi erano caduti e dove speravano di poter combattere, visto che avevano messo a punto una strategia che avrebbe colto i malvagi di sorpresa. Infatti arrivarono vicino al ruscello Acquachiara, le cui acque, il giorno funesto dello scontro, scorrendo allegramente, avevano impedito agli Elfi di udire il rumore prodotto dal branco di licantropi che si stava avvicinando, e mentre gli Elfi guerrieri si disponevano per la battaglia, schierandosi in modo da accerchiare i licantropi per non dar loro scampo, Primulina come aveva fatto in precedenza, immerse le mani nell'acqua recitando una formula magica:l'acqua del ruscello, dopo che i licantropi fossero passati, si sarebbe alzata così tanto che essi sarebbero stati costretti a rimanere da quella parte del ruscello.
In silenzio gli Elfi aspettarono che calasse la sera e che i licantropi, attirati dal loro odore, oltrepassassero il ruscello.
Appena il sole scese all'orizzonte e nella foresta si fece scuro, si cominciò a sentire il rumore del branco che si stava avvicinando.
L'esercito guidato dal Gran Principe, Agimus e Primulina era in attesa; silenziosi e occultati dalla fitta vegetazione, attendevano accorti. Nessuna distrazione, nessuna debolezza...il cuore degli Elfi era ancora spezzato dal dolore per la perdita dei compagni nell'ultimo agguato ed erano decisi e determinati a porre fine al predominio dei licantropi, che avevano seminato il male e l'odio in quella che un tempo era una foresta accogliente. Sì, essa era abitata anche da creature non proprio pacifiche; come sappiamo i centauri, alcuni draghi e la temibile Idra erano anch'essi presenze inquietanti, ma se non venivano provocate, non creavano problemi agli altri abitanti del bosco, anzi a volte potevano tornare molto utili, se saggiamente trattate. Per questo Primulina, la sola che poteva avvicinarle, si era rivolta ai draghi e a Lunus, il capo dei centauri; la fata aveva spiegato loro la situazione che si era venuta a creare ed il pericolo che non solo gli Elfi correvano. Aveva spiegato che l'intento dei licantropi era quello di dominare l'intera foresta, e che per farlo intendevano sbarazzarsi di chiunque potesse ostacolarli, gli Elfi appunto, ma anche i draghi, i centauri e la potente Idra. Quindi bisognava allearsi per scongiurare il malefico piano dei licantropi. I draghi ed i centauri, dopo una breve consultazione, si erano dichiarati d'accordo e pronti a combattere. Non era rimasto a Primulina che avvisare l'Idra, ed essa si era recata al lago al centro della foresta. "Potente Idra, esci dalle acque e ascolta ciò che devo dirti"! - aveva detto con voce decisa la fata. Subito dopo il mostro era emerso e, dopo aver ascoltato le parole di Primulina, agitando le sue teste, parlò come se avesse più voci dicendo:" Non mi sono mai piaciuti i licantropi...esseri posseduti dal male assoluto. Sarò con voi in questa battaglia, puoi contarci fata"!
Dunque gli Efi non erano soli, questa volta: un'alleanza con i centauri, i draghi e l'Idra era preziosa e offriva una grande garanzia di successo. I licantropi non potevano immaginare quali avversari erano in procinto di affrontare, ed avanzavano baldanzosi e sicuri del buon esito della battaglia.
"Seguitemi! - gridò il capobranco, un enorme lupo nero con occhi di brace, Humus - li stermineremo tutti, e finalmente la grande foresta diventerà il nostro regno. Con meee"!
Appena il branco giunse alle sponde del grande lago, l'Idra emerse in tutta la sua possenza e le sue numerose teste si protesero fulminee verso i lupi, che furono azzannati e uccisi in gran numero.
"Via di qui, presto! Al ruscello! Al ruscello! Dobbiamo attraversarlo e poi sarà scontro aperto con gli Elfi. Non abbiate pietà! Seguitemi"! - urlò Humus.
I licantropi, che avevano subito parecchie perdite, erano tuttavia ancora moltissimi e sapevano di superare di gran numero gli Elfi, quindi seguirono il loro capo, fino al ruscello che attraversarono furiosi e assetati di vittoria, ma appena giunti all'altra riva, furono accerchiati dagli Elfi, dai centauri e dai draghi che sbucando da ogni parte avevano fatto quadrato intorno a loro, cercando nella battaglia di spingerli verso le acque del ruscello che nel frattempo cominciavano ad ingrossarsi.
La battaglia fu durissima: i licantropi, come cani rabbiosi, si slanciavano con le fauci aperte verso i nemici, azzannando chi capitava a tiro: la loro sete di sangue era così grande che colpivano alla cieca ferendosi pure tra di loro. L'assalto continuava e gli Elfi ed i loro alleati resistevano strenuamente, anche se avevano avuto delle perdite, mentre i licantropi continuavano ad essere stretti d'assedio e sospinti verso il ruscello.
Quando arrivarono sulle rive dello stesso, quel lato della schiera si aprì e i licantropi sospinti con ancora più forza dagli alleati finirono tutti nelle acque che si erano gonfiate ed erano diventate tumultuose, e furono trascinati via dai gorghi. Gli elfi, i draghi e i centauri rimasero sulla riva a vedere il nemico che, travolto dalle acque impetuose, venne trascinato fino al grande lago dove l'Idra infierì sui malefici lupi, annientantoli. Essi scomparvero negli abissi del lago, e non avrebbero mai fatto ritorno. La battaglia contro il male era vinta. L'Idra lanciò un richiamo che echeggiò nella grande foresta, fino a raggiungere l'esercito degli alleati, in attesa. Quindi, riunitisi, in gruppo raggiunsero il mostro dalle molte teste, che li attendeva al centro del lago, dominandolo con la sua mole.
Il principe Eldor prese la parola e, rivolgendosi a tutti, disse:" Miei fedeli Elfi, alleati tutti, oggi abbiamo dovuto far ricorso alla violenza, non per aggredire, non per malvagità, non per smania di potere, ma per difenderci. D'ora in poi, se noi tutti lo vorremo, la pace regnerà nella grande foresta per sempre. Centauri, draghi, e tu potente Idra, avete contribuito al successo della nostra impresa. L'unione fa la forza. Che d'ora in poi l'unione sia un legame che ci unisce come amici fraterni. Mettete da parte il lato negativo del vostro carattere, e come noi Elfi apprezzate il bene e la pacifica convivenza. Solo così il sangue versato oggi avrà un senso. Parlate dunque, ed esprimete le vostre intenzioni"!
Lunus, capo dei centauri, si fece avanti e così disse:" Gran Principe, oggi ho provato orrore nel vedere da quanto odio i licantropi erano spinti, ho capito che nessuno di noi sarà mai al sicuro se non vi sarà tra noi una salda e duratura alleanza. Noi centauri saremo con voi, sempre"! - e chinando il capo in segno di rispetto, arretrò rientrando nel gruppo.
I draghi non avevano un capo, ma il più imponente di essi prese la parola:
" Noi draghi eravamo già intenzionati ad intervenire comunque contro i licantropi. Il tuo appello, nobile Principe, non ha che avvalorato le nostre convinzioni. Hai ragione, la pace deve essere preservata, e noi faremo tutto ciò che è in nostro potere per aiutarvi a farlo"!
L'Idra, dal centro del lago, parlando a più voci come suo solito, disse:"E che pace sia, dunque! Io, di fronte a tutti voi, mi impegno d'ora in poi a lottare per la pace, così che il nostro mondo, dal quale il male è stato eliminato, non debba mai più combattere. Insieme vivremo in armonia, e collaboreremo tra noi, ci aiuteremo a vicenda e l'amore trionferà"! - e dopo aver pronunciato queste parole, l'Idra si inabissò.
Il Principe, sollevato e sereno, guardò il cielo azzurro che s'intravedeva oltre le chiome degli alberi, pose la mano destra sul cuore e concluse:" Andate, amici, tornate alle vostre dimore, e siate felici. Vi ringrazio di cuore, tutti voi"!
I centauri ed i draghi si ritirarono con calma. Rimasero gli Elfi, che attendevano l'ordine del loro capo per muoversi. Ma il Gran Principe, prima di emettere il comando, si rivolse al suo prode aiutante Agimus ed alla fata Primulina, che tanto aveva contribuito al buon esito della battaglia:" Miei cari amici, non ho parole per esprimervi tutta la mia riconoscenza, ma c'è qualcosa che posso fare per ricompensarvi: organizzerò per voi un matrimonio come non se n'è mai visti, una grande festa alla quale saranno invitati tutti gli abitanti della grande foresta, e tutti gioiremo per la vostra unione e per il vostro sogno d'amore che finalmente può coronarsi"! - ed egli tese entrambe le mani, per prendere tra le sue ed unirle, quelle dei due innamorati.
Agimus e Primulina si guardarono negli occhi, pieni di dolci speranze e poi entrambi s'inchinarono al principe, in segno di rispetto e gratitudine.
Dopo alcuni giorni la grande foresta ed i suoi abitanti furono testimoni di una evento lieto oltre ogni immaginazione: le nozze di Agimus e Fata Primulina si svolsero tra l'affetto degli invitati, l'allegria generale e tanta, tanta gioia che aveva contagiato tutte le creature del bosco.
Che meraviglia! Un lieto fine e la certezza di un futuro sgombro dalla malvagità. Nessuno si stupisca se, come nelle antiche fiabe, la nostra conclusione sarà: "E vissero per sempre felici e contenti"!

Daniela Bonifazi - Daniela Trinci