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L'ELFO CORAGGIOSO E LA BATTAGLIA PER IL BENE Autrici Daniela Bonifazi e Daniela Trinci



L'elfo coraggioso e la battaglia per il bene
In una grande, ma che dico, immensa foresta, in tempi così lontani che se ne è quasi perduta la memoria, vivevano innumerevoli specie di animali; alcuni di essi erano magici, come l'unicorno, simbolo di saggezza, che poteva essere ammansito solo da una fanciulla pura; i centauri erano strane creature metà uomini e metà cavalli, dal carattere irascibile, violento e selvaggio; draghi di varie specie, che potevano avere un ruolo buono o cattivo; nelle profonde acque del grande lago al centro della foresta, padrona assoluta era un'Idra, mostruoso serpente dalle molte teste. Per fortuna esistevano anche creature, magiche anch'esse, ma dal cuore buono che, da secoli, combattevano il male, sotto qualsiasi forma si presentasse. Si potrebbe iniziare parlando degli Elfi, bellissimi ed evanescenti, dalle chiome fluenti e le orecchie appuntite. Il loro potere era veramente grande, essi vivevano in una parte remota della grande foresta, nascosta agli occhi di tutti coloro che fossero animati da intenti nefasti, ma la loro ospitalità e protezione nei confronti delle anime buone e sincere era incommensurabile. Essi erano immortali, e da millenni ormai, fin dal loro insediamento nella foresta, si ergevano a custodia della natura, degli animali, degli esseri umani o qualsiasi altra forma di vita che a loro si rivolgesse per ricevere aiuto.
Purtroppo non sempre gli Elfi riuscivano nella loro missione: il bosco era smisurato e il pericolo poteva giungere in qualsiasi momento a minacciare qualcuno che, magari, era a caccia in cerca di cibo, o in cammino per raggiungere degli amici o per altri motivi ancora. La parte di foresta dove vivevano gli Elfi era così rigogliosa e bella che le piante erano sempre verdi, i fiori di tutte le specie sbocciavano sempre nuovi ogni giorno, ruscelli chiacchierini la attraversavano in lungo e in largo e gli animaletti del bosco trovavano senza fatica quanto necessitava loro per vivere.
Gli Elfi, pur immortali, non erano però invulnerabili, per cui potevano essere uccisi dai malvagi ed è per questo che cercavano di stare sempre a breve distanza l'uno dall'altro, perchè, in caso di necessità, potevano in poco tempo fare gruppo ed aiutarsi.
Tra tutti gli Elfi di quella foresta ce n'era uno, di nome Agimus, che era il più valoroso, il più disponibile degli altri e che era considerato il "custode" della foresta: doveva cioè impedire che qualsiasi cosa danneggiasse o minacciasse la natura, considerata dal popolo elfico parte essenziale della loro vita e della loro esistenza.
Un triste giorno, però, mentre un gruppetto di Elfi guidato da Agimus era in perlustrazione lungo il ruscello "Acquachiara" ( in questa foresta ogni cosa ha un nome ), esso cadde in un'imboscata. Dovete sapere che i nemici più accaniti della polazione elfica erano i licantropi, dei quali non avevamo ancora fatto cenno, poichè il solo nominarli incute terrore. Ma essi esistevano, ed erano numerosi e malvagi oltre misura; in sembianze umane durante il giorno, spesso passavano inosservati, ma dall'imbrunire e per tutta la durata della notte, sia che brillasse la Luna o meno, essi assumevano la forma di lupi, enormi e feroci, ed in branco andavano a caccia, affamati di carne di qualunque specie animale. Gli Elfi, in realtà, non rientravano nei loro gusti mangerecci, ma erano un bersaglio in quanto magiche e buone creature, avvezze a far del bene. Ciò procurava nei licantropi un odio viscerale, tipico di chi non conosce e pratica altro che il male. Avvistato il gruppo di Elfi con a capo Agimus, i mostri decisero di attendere il tramonto per agire, e si limitarono a seguire da lontano quelli che essi ritenevano loro avversari. Le acque del ruscello, scorrendo cantavano una melodia naturale che era un piacere ascoltare, ma purtroppo impedirono agli Elfi di udire il rumore prodotto dall'avvicinarsi del branco, che nel frattempo, calata la sera, si era trasformato. I lupi piombarono addosso agli sventurati con inaudita ferocia ed il fattore sorpresa fece il resto: il gruppo fu decimato e solo Agimus e qualche compagno uscirono indenni dal combattimento, dato il loro valore e la grande esperienza nel confronto col nemico, che ben conoscevano, avendo avuto altri scontri, che erano serviti a conoscere meglio i licantropi, i loro punti deboli e quindi l'opportunità di batterli ed ucciderli, se non se ne poteva fare a meno. Gli Elfi infatti erano una popolazione pacifica e aborrivano solo l'idea di procurare morte, ma ormai non v'era scelta: i lupi erano diventati troppo numerosi e una temibile minaccia per tutte le creature della foresta. Ritornati tristemente a Maldoror, dove risiedevano, Agimus si recò immediatamente dal Gran Principe di tutti gli Elfi, Eldor, che lo accolse con un abbraccio e, invitandolo a sedersi, lo pregò di metterlo al corrente su quanto accaduto. Agimus lo fece, con la tristezza nel cuore, ricordando le numerose perdite subite: amici, compagni di vita, prodi guerrieri ormai in viaggio sui sentieri che conducevano le anime in un luogo di pace eterna, la "Dimora dei giusti", così veniva chiamato dal popolo immortale il corrispondente del nostro Paradiso. Il Gran Principe ascoltò in silenzio il racconto di Agimus, poi gli si avvicinò e, toccandogli la spalla, così si pronunciò:" Mio coraggioso amico, non crucciarti per la triste sorte dei tuoi compagni, essi hanno combattuto con coraggio per difendere quanto di buono e bello c'è nel nostro Mondo, ed ora sono in pace. Io ti esorto a meditare su quanto accaduto, lo stesso farò io con i miei fidati consiglieri. Poi...decideremo"! E con queste parole egli congedò l’Elfo e, mestamente, si ritirò. Ma Agimus non si dava pace perchè tra gli Elfi caduti c'era il suo amico fraterno, Melius, con cui era cresciuto, con cui aveva giocato e che era il fratello della fata Primulina di cui era innamorato. Non aveva il coraggio di andarla a trovare per paura di non saperle esprimere tutto il suo dolore.
Mentre tornava verso la sua casa, situata sulla quercia più antica della foresta, sentì un pianto dirotto provenire da dietro un cespuglio di biancospino. Avvicinatosi, riconobbe la sua cara Primulina; era lei che piangeva, lontana da tutti, la morte di suo fratello. Le si avvicinò allora silenziosamente e sedette accanto a lei, cingendola con un braccio. Primulina appoggiò la testa sulla sua spalla e tra le lacrime gli chiese:
" Perchè è successo proprio a lui? Era così buono, non faceva male a nessuno! Mi mancherà tanto, ma soprattutto mi mancheranno i suoi consigli; come potrò fare a meno della sua saggezza e del suo affetto”?
Agimus, sempre stringendola a sè, le disse:" Ti prometto...ti prometto che riuscirò a vendicare Melius, non con le armi, perché altrimenti mi metterei sullo stesso piano dei licantropi, ma facendo in modo che il bene trionfi sempre. Non so ancora come, ma ti prometto che ci riuscirò”!
La aiutò ad alzarsi e tenendola per mano la accompagnò a casa.
Nel frattempo i consiglieri del Gran Principe si erano riuniti per meditare su quanto accaduto ed avevano concordato che, nonostante la loro natura pacifica e l'innata repulsione contro ogni forma di violenza, era giunto il momento di reagire, per salvaguardare la loro specie ed ogni altra creatura della grande foresta...gli Elfi guerrieri dovevano prepararsi ad uno scontro inevitabile con i malvagi licantropi. Il principe Eldor li avrebbe guidati in battaglia. Era giunta l'ora di fare i preparativi e studiare una strategia che potesse garantire all'esercito elfico il successo dell'impresa. Da ciò dipendeva la sopravvivenza del bene e la sconfitta del male. Agimus fu convocato immediatamente dal Gran Principe che, dopo averlo messo al corrente delle decisioni prese dal Consiglio, gli disse:" Mio prode, fedele amico, il tuo valore è noto a tutti ed anche il tuo coraggio e il tuo nobile impegno nella custodia e nella difesa della foresta e dei suoi abitanti. L'esercito ci seguirà, sì, ti nomino comandante in seconda e mio fedele braccio destro; insieme guideremo i nostri compagni alla vittoria"!
Agimus fu commosso da tanto onore e, chinando il capo in segno di assenso, si congedò. Prima di radunare gli Elfi ed organizzare la battaglia, voleva però rivedere Primulina. Raggiunse quindi la casa della sua amata e trovò la Fata in vesti completamente diverse da quelle consuete: il lungo e velato abito bianco era stato sostituito da un'armatura, e le mani della fanciulla brandivano un arco; una faretra carica di frecce era posta a tracolla sulla spalla sinistra. "Cosa intendi fare Primulina? - chiese Agimus - Perchè sei così abbigliata, come se dovessi combattere"?
"Io devo combattere, è mio dovere vendicare mio fratello, ma non mi batto solo per questo motivo, lo faccio anche per tutti i fratelli e le sorelle, per le madri ed i loro figli, per la foresta, le sue creature e la nostra stessa sopravvivenza"!
"Ma...- ribattè Agimus, subito interrotto da Primulina con il braccio teso verso di lui ed il palmo della mano aperto.
"No, non provare a fermarmi. Non lo farei mai e tu lo sai. Io non sono una semplice fanciulla elfica, ma una fata, con poteri speciali a servizio del bene, ed intendo usare i miei poteri e non solo quelli, come puoi vedere"! - e così dicendo indicò l'arco e le frecce.
Agimus capì che ella era determinata e che nulla avrebbe potuto dissuaderla dalla sua decisione, ma capì anche che era giunto il momento di dichiararsi, poichè forse non ci sarebbe stata un'altra opportunità; per quanto fiducioso egli fosse nelle forze del bene, il male era un temibile avversario ed aveva già dato prova della sua potenza malefica. Il suo sguardo si addolcì ed il giovane, avvicinandosi a Primulina, la guardò intensamente negli occhi e, aprendo la mano destra, tesa verso di lei, le offrì un gioiello di rara bellezza, che aveva il bianco colore della Luna e la lucentezza di una stella, glielo mise attorno al candido e delicato collo e le disse:" Io ti amo, da tanto, ma mai ho osato dirtelo, per paura che tu mi respingessi. Ora le cose sono mutate, ci prepariamo ad affrontare una dura battaglia, contro temibili avversari, e non voglio morire senza avere espresso i miei sentimenti per te. Io ti amo, Primulina"!
La fata, profondamente commossa ed anche un po' imbarazzata, timidamente sorrise, chinando il capo e socchiudendo gli occhi solo un istante, poi guardò il giovane che le era di fronte, chiaramente ansioso e col batticuore, aspettando una risposta alla sua dichiarazione. Primulina non lo fece attendere a lungo. Prendendo le mani dell'Elfo tra le sue, disse:" Quanta felicità in un momento così difficile! Oh, Agimus, anch'io ti amo, ed ho paura per te. Sei forte e coraggioso, amor mio, ma il nemico è spietato. Io combatterò al tuo fianco e la tua sorte sarà la mia: per sempre insieme o perennemente divisi"! I due innamorati suggellarono con un tenero bacio il loro patto e, guardandosi teneramente negli occhi, non ebbero necessità di altre parole. Mano nella mano passeggiarono fino al ruscello Acquachiara, nelle cui acque Primulina affondò entrambe le mani pronunciando nel contempo una magica formula. "Nessun licantropo ora potrà attraversare il ruscello, che sarà una barriera di protezione per gli Elfi feriti o in difficoltà. Andiamo ora, è giunta l'ora di prepararci allo scontro"!
"Sì - aggiunse Agimus - è tempo di andare"! Poi, soffiando dentro un cormo magico (il cui suono poteva essere udito soltanto dai membri del suo popolo, in qualsiasi parte della foresta si trovassero ) chiamò a raccolta gli elfi guerrieri e, non appena il numeroso esercito si fu radunato, Agimus salì un grosso masso in modo da essere visibile a tutti: " Cari fratelli - disse - questo per noi è un giorno molto importante. Da questo scontro dipenderà la nostra salvezza e la salvaguardia della foresta, nostra madre; la sconfitta del male e il trionfo del bene. Dobbiamo prepararci alla lotta contro i licantropi con animo sereno, perchè la nostra serenità e la nostra fede nella giustizia, unite al nostro valore, ci condurranno alla vittoria. Il Gran Principe combatterà al nostro fianco, ci guiderà in questo cammino di certo difficile, ma sicuramente vittorioso! Presto, schieratevi e pronti a partire. E ricordate! Quando sentirete il suono del corno magico tutti all'attacco”!
"Sì! Sì! Per noi tutti e per la Grande Foresta”! Gridavano in coro gli Elfi guerrieri, mentre si disponevano a piccole schiere a far quadrato. Il Gran Principe, Agimus e Primulina, in testa, davano il passo. Iniziarono così la marcia per essere all'imbrunire in quella parte della foresta, teatro dell'ultimo assalto dei licantropi dove molti Elfi erano caduti e dove speravano di poter combattere, visto che avevano messo a punto una strategia che avrebbe colto i malvagi di sorpresa. Infatti arrivarono vicino al ruscello Acquachiara, le cui acque, il giorno funesto dello scontro, scorrendo allegramente, avevano impedito agli Elfi di udire il rumore prodotto dal branco di licantropi che si stava avvicinando, e mentre gli Elfi guerrieri si disponevano per la battaglia, schierandosi in modo da accerchiare i licantropi per non dar loro scampo, Primulina come aveva fatto in precedenza, immerse le mani nell'acqua recitando una formula magica:l'acqua del ruscello, dopo che i licantropi fossero passati, si sarebbe alzata così tanto che essi sarebbero stati costretti a rimanere da quella parte del ruscello.
In silenzio gli Elfi aspettarono che calasse la sera e che i licantropi, attirati dal loro odore, oltrepassassero il ruscello.
Appena il sole scese all'orizzonte e nella foresta si fece scuro, si cominciò a sentire il rumore del branco che si stava avvicinando.
L'esercito guidato dal Gran Principe, Agimus e Primulina era in attesa; silenziosi e occultati dalla fitta vegetazione, attendevano accorti. Nessuna distrazione, nessuna debolezza...il cuore degli Elfi era ancora spezzato dal dolore per la perdita dei compagni nell'ultimo agguato ed erano decisi e determinati a porre fine al predominio dei licantropi, che avevano seminato il male e l'odio in quella che un tempo era una foresta accogliente. Sì, essa era abitata anche da creature non proprio pacifiche; come sappiamo i centauri, alcuni draghi e la temibile Idra erano anch'essi presenze inquietanti, ma se non venivano provocate, non creavano problemi agli altri abitanti del bosco, anzi a volte potevano tornare molto utili, se saggiamente trattate. Per questo Primulina, la sola che poteva avvicinarle, si era rivolta ai draghi e a Lunus, il capo dei centauri; la fata aveva spiegato loro la situazione che si era venuta a creare ed il pericolo che non solo gli Elfi correvano. Aveva spiegato che l'intento dei licantropi era quello di dominare l'intera foresta, e che per farlo intendevano sbarazzarsi di chiunque potesse ostacolarli, gli Elfi appunto, ma anche i draghi, i centauri e la potente Idra. Quindi bisognava allearsi per scongiurare il malefico piano dei licantropi. I draghi ed i centauri, dopo una breve consultazione, si erano dichiarati d'accordo e pronti a combattere. Non era rimasto a Primulina che avvisare l'Idra, ed essa si era recata al lago al centro della foresta. "Potente Idra, esci dalle acque e ascolta ciò che devo dirti"! - aveva detto con voce decisa la fata. Subito dopo il mostro era emerso e, dopo aver ascoltato le parole di Primulina, agitando le sue teste, parlò come se avesse più voci dicendo:" Non mi sono mai piaciuti i licantropi...esseri posseduti dal male assoluto. Sarò con voi in questa battaglia, puoi contarci fata"!
Dunque gli Efi non erano soli, questa volta: un'alleanza con i centauri, i draghi e l'Idra era preziosa e offriva una grande garanzia di successo. I licantropi non potevano immaginare quali avversari erano in procinto di affrontare, ed avanzavano baldanzosi e sicuri del buon esito della battaglia.
"Seguitemi! - gridò il capobranco, un enorme lupo nero con occhi di brace, Humus - li stermineremo tutti, e finalmente la grande foresta diventerà il nostro regno. Con meee"!
Appena il branco giunse alle sponde del grande lago, l'Idra emerse in tutta la sua possenza e le sue numerose teste si protesero fulminee verso i lupi, che furono azzannati e uccisi in gran numero.
"Via di qui, presto! Al ruscello! Al ruscello! Dobbiamo attraversarlo e poi sarà scontro aperto con gli Elfi. Non abbiate pietà! Seguitemi"! - urlò Humus.
I licantropi, che avevano subito parecchie perdite, erano tuttavia ancora moltissimi e sapevano di superare di gran numero gli Elfi, quindi seguirono il loro capo, fino al ruscello che attraversarono furiosi e assetati di vittoria, ma appena giunti all'altra riva, furono accerchiati dagli Elfi, dai centauri e dai draghi che sbucando da ogni parte avevano fatto quadrato intorno a loro, cercando nella battaglia di spingerli verso le acque del ruscello che nel frattempo cominciavano ad ingrossarsi.
La battaglia fu durissima: i licantropi, come cani rabbiosi, si slanciavano con le fauci aperte verso i nemici, azzannando chi capitava a tiro: la loro sete di sangue era così grande che colpivano alla cieca ferendosi pure tra di loro. L'assalto continuava e gli Elfi ed i loro alleati resistevano strenuamente, anche se avevano avuto delle perdite, mentre i licantropi continuavano ad essere stretti d'assedio e sospinti verso il ruscello.
Quando arrivarono sulle rive dello stesso, quel lato della schiera si aprì e i licantropi sospinti con ancora più forza dagli alleati finirono tutti nelle acque che si erano gonfiate ed erano diventate tumultuose, e furono trascinati via dai gorghi. Gli elfi, i draghi e i centauri rimasero sulla riva a vedere il nemico che, travolto dalle acque impetuose, venne trascinato fino al grande lago dove l'Idra infierì sui malefici lupi, annientantoli. Essi scomparvero negli abissi del lago, e non avrebbero mai fatto ritorno. La battaglia contro il male era vinta. L'Idra lanciò un richiamo che echeggiò nella grande foresta, fino a raggiungere l'esercito degli alleati, in attesa. Quindi, riunitisi, in gruppo raggiunsero il mostro dalle molte teste, che li attendeva al centro del lago, dominandolo con la sua mole.
Il principe Eldor prese la parola e, rivolgendosi a tutti, disse:" Miei fedeli Elfi, alleati tutti, oggi abbiamo dovuto far ricorso alla violenza, non per aggredire, non per malvagità, non per smania di potere, ma per difenderci. D'ora in poi, se noi tutti lo vorremo, la pace regnerà nella grande foresta per sempre. Centauri, draghi, e tu potente Idra, avete contribuito al successo della nostra impresa. L'unione fa la forza. Che d'ora in poi l'unione sia un legame che ci unisce come amici fraterni. Mettete da parte il lato negativo del vostro carattere, e come noi Elfi apprezzate il bene e la pacifica convivenza. Solo così il sangue versato oggi avrà un senso. Parlate dunque, ed esprimete le vostre intenzioni"!
Lunus, capo dei centauri, si fece avanti e così disse:" Gran Principe, oggi ho provato orrore nel vedere da quanto odio i licantropi erano spinti, ho capito che nessuno di noi sarà mai al sicuro se non vi sarà tra noi una salda e duratura alleanza. Noi centauri saremo con voi, sempre"! - e chinando il capo in segno di rispetto, arretrò rientrando nel gruppo.
I draghi non avevano un capo, ma il più imponente di essi prese la parola:
" Noi draghi eravamo già intenzionati ad intervenire comunque contro i licantropi. Il tuo appello, nobile Principe, non ha che avvalorato le nostre convinzioni. Hai ragione, la pace deve essere preservata, e noi faremo tutto ciò che è in nostro potere per aiutarvi a farlo"!
L'Idra, dal centro del lago, parlando a più voci come suo solito, disse:"E che pace sia, dunque! Io, di fronte a tutti voi, mi impegno d'ora in poi a lottare per la pace, così che il nostro mondo, dal quale il male è stato eliminato, non debba mai più combattere. Insieme vivremo in armonia, e collaboreremo tra noi, ci aiuteremo a vicenda e l'amore trionferà"! - e dopo aver pronunciato queste parole, l'Idra si inabissò.
Il Principe, sollevato e sereno, guardò il cielo azzurro che s'intravedeva oltre le chiome degli alberi, pose la mano destra sul cuore e concluse:" Andate, amici, tornate alle vostre dimore, e siate felici. Vi ringrazio di cuore, tutti voi"!
I centauri ed i draghi si ritirarono con calma. Rimasero gli Elfi, che attendevano l'ordine del loro capo per muoversi. Ma il Gran Principe, prima di emettere il comando, si rivolse al suo prode aiutante Agimus ed alla fata Primulina, che tanto aveva contribuito al buon esito della battaglia:" Miei cari amici, non ho parole per esprimervi tutta la mia riconoscenza, ma c'è qualcosa che posso fare per ricompensarvi: organizzerò per voi un matrimonio come non se n'è mai visti, una grande festa alla quale saranno invitati tutti gli abitanti della grande foresta, e tutti gioiremo per la vostra unione e per il vostro sogno d'amore che finalmente può coronarsi"! - ed egli tese entrambe le mani, per prendere tra le sue ed unirle, quelle dei due innamorati.
Agimus e Primulina si guardarono negli occhi, pieni di dolci speranze e poi entrambi s'inchinarono al principe, in segno di rispetto e gratitudine.
Dopo alcuni giorni la grande foresta ed i suoi abitanti furono testimoni di una evento lieto oltre ogni immaginazione: le nozze di Agimus e Fata Primulina si svolsero tra l'affetto degli invitati, l'allegria generale e tanta, tanta gioia che aveva contagiato tutte le creature del bosco.
Che meraviglia! Un lieto fine e la certezza di un futuro sgombro dalla malvagità. Nessuno si stupisca se, come nelle antiche fiabe, la nostra conclusione sarà: "E vissero per sempre felici e contenti"!

Daniela Bonifazi - Daniela Trinci

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