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"IL BOSCO INCANTATO" di Patrizia Ascione-Daniela Bonifazi-Serenella Menichetti





Il bosco incantato 
Nel bosco incantato, situato nei pressi del fiume Argento, fata Primavera aveva già lasciato evidenti segni di risveglio dal lungo sonno invernale. L'orso Gepu, abbandonata la caverna che lo aveva ospitato nei mesi più freddi, gironzolava in perenne ricerca di miele o altre leccornie che potessero soddisfare il suo formidabile appetito; doveva rimettersi in carne dopo tanto digiuno! La farfalla Marilù si era appena liberata dall'involucro che l'aveva protetta e mantenuta al sicuro ed ora svolazzava sui primi fiori dai colori vivaci e dagli intensi profumi, suggendo il nettare dolcissimo. Il ghiro Ronf era sempre stato l'ultimo a svegliarsi dal letargo, ma qualcosa di insolito e piuttosto rumoroso, l'aveva destato bruscamente e, facendo fatica a tenere gli occhi aperti, sbirciò fuori della sua tana e vide un tipo davvero strano che con una grande ascia stava tentando di intaccare la base della vecchia quercia all'interno della quale si trovava la dimora di Ronf.
"Ehi! Che stai facendo? - gridò il ghiro con aria minacciosa - Sei impazzito per caso"?
"Impazzito? Io? E perchè mai dovrei esserlo"? - rispose con voce stridula quell'essere mai visto prima nel bosco incantato.
" Prima di tutto dimmi chi sei e come hai fatto ad introdurti nel mio bosco"!
"Il tuo bosco? Ma sentitelo...il suo bosco"! Ma chi credi di essere...il padrone della natura? Questo bosco è anche mio, non seccarmi"!
Ronf, prima di replicare, cercò di capire chi fosse quel tizio così antipatico e arrogante, e lo osservò con più attenzione, dato che ormai si era svegliato del tutto: piuttosto piccolo di statura, ma straordinariamente muscoloso, con enormi piedi che stonavano con la sua altezza, un volto rugoso ed un naso rubicondo e due occhi a palla, sovrastati da folte sopracciglia; abbigliamento da boscaiolo ed un cappello verde a punta con una piuma di fagiano completavano il quadro d'insieme.
" Uhmmm...ma guarda che tipo! - esclamò quindi il ghiro - Si dà il caso, caro mio, che QUESTO bosco non sia un comune bosco dove tutti possono avere libero accesso...questo è il bosco incantato, dove solo pochi privilegiati hanno il diritto di vivere ed entrare. Capito"?
Lo strano individuo continuò imperterrito a sferrare violenti colpi d'ascia, alla base della vecchia quercia bofonchiando tra sé e sé:” Tsè! Pochi privilegiati! Si dà il caso che io faccia parte di questa categoria…presuntuoso”!
Ronf lo osservava stupito... “Ma da dove viene costui, possibile che non conosca le regole del bosco incantato”?- pensò-. Il tipo continuò a colpire la base del grande albero con molta forza, senza riuscire ad intaccarla minimamente.
Il tempo passava e Norberto così si chiamava quell'energumeno, picchiava la sua grande ascia contro la quercia, con il solo risultato di sudare molto e di arrabbiarsi ancora di più.
Il suo viso era divenuto violaceo, dallo sforzo e dalla rabbia ma, non accennava a fermarsi, anzi la rabbia intensa, faceva crescere la sua voglia di sferrare sempre più colpi.
La rabbia non gli faceva nemmeno vedere gli animaletti e gli elfi del bosco, che erano accorsi per capire da dove provenissero quegli insoliti colpi e, alla vista di quel piccolo energumeno che si era messo d'impegno per abbattere l'annosa quercia, cominciarono a protestare con decisione, senza alcun timore nei confronti di Norberto, il cui colorito cominciava a destare qualche preoccupazione, dato il colore sempre più rosso della carnagione ed il copioso sudore che dalla fronte scendeva fino a inzuppare la camicia e persino ad "innaffiare" il terreno sottostante. Nel frattempo Ronf non era rimasto con le mani in mano, ed era corso alla dimora di Madre Natura, per metterla al corrente di quanto stava accadendo. Spettava infatti a lei decidere il da farsi. E lei decise!
-"Ronf, mio fedele amico, dalla tua descrizione ho capito perfettamente chi è l'individuo che ha violato la pace e la serenità del nostro bosco. Si tratta dell'ultimo esemplare della grande famiglia degli gnomi delle caverne Atre, che si trovano all'interno del nostro grande bosco, nascoste però alla vista di chiunque, poichè l'ingresso è celato da una fitta vegetazione. Quello che temevo forse si sta ora avverando: Norberto, l'ultimo degli gnomi, può essere impazzito a causa della solitudine che ha dovuto sopportare per oltre trecento anni all'interno delle caverne, ed ora manifesta la sua aggressività cercando di distruggere il bosco incantato, anche se mi riesce difficile crederlo”!
"Ma, mia signora - disse Ronf - egli dovrebbe sapere che ogni cosa viva o inanimata all'interno del bosco Atro non può essere distrutta, in quanto magica. Solo tu potresti mutare gli eventi, se lo ritenessi assolutamente necessario. Cosa possiamo fare per convincerlo a desistere dal suo proposito? Egli non sente ragioni"!
" Ebbene, forse non ascolta voi, creature del bosco, ma non potrà ignorare me. Seguimi! E così Madre Natura si mise in cammino, seguita fedelmente dal ghiro che cominciava a vedere uno spiraglio di luce in quella ingarbugliata faccenda.
Nel frattempo Norberto si era accasciato a terra, esausto ed ancora più contrariato vedendo che i suoi sforzi erano stati del tutto inutili: la quercia era ancora lì, senza la minima scalfittura. Ai piccoli animali e agli elfi si erano uniti altri abitanti del bosco, che avevano circondato lo gnomo con aria minacciosa e la situazione prometteva infausti sviluppi per lo gnomo, quando arrivò Madre Natura seguita da Ronf, ormai più che sveglio.
La Sovrana che domina da sempre ogni manifestazione, ogni mutamento, ogni succedersi degli eventi naturali, si rivolse allo gnomo Norberto con voce dolce e suadente, come suo solito, dicendogli:" Cosa c'è che non va, mio caro amico? Voi gnomi non siete mai stati collerici ed aggressivi! Deve essere accaduto qualcosa di veramente grave per indurti a questo tentativo di scempio nel bosco incantato, del quale anche tu fai parte, l'hai dimenticato"?
Lo gnomo allora scoppiò in lacrime e tra i singhiozzi raccontò: “Mia Sovrana, mai e poi mai gli gnomi si sono macchiati di simili crimini, voi lo sapete, non è nella nostra natura; purtroppo però il mio gesto si è reso necessario per salvare il bosco incantato.
Sono venuto a conoscenza del fatto che il Magnate della cementificazione ha deciso di costruire un villaggio turistico sulle radici dell'antica quercia . Questa notizia mi ha fatto impazzire di dolore ed ho chiesto consiglio ai vecchi e saggi gnomi dal cappello rosso che, dopo aver consultato il grande libro degli gnomi, hanno dato questo responso: Il bosco può essere salvato se con la vecchia quercia un recinto verrà costruito, che ne cinga il perimetro, costituendo una sorta di confine tra il mondo reale e quello magico del bosco stesso. Non v'è altra soluzione”!
"Capisco - commentò Madre Natura - ma devo rimproverarti nonostante i tuoi nobili propositi; perchè non sei venuto da me? Avresti dovuto informarmi di questo diabolico disegno del Magnate e sarei intervenuta, com'è mio dovere, per proteggere il nostro magico ambiente"!
"Hai ragione, mia signora, ti chiedo perdono"!
"Non importa mio caro Norberto, per fortuna siamo ancora in tempo per impedire che si attui questo insano progetto che metterebbe a repentaglio il mondo della magia. I bambini hanno bisogno di credere nella magia ed anche gli adulti, anche se spesso rifiutano di ammetterlo.
Madre Natura si rivolse poi all'amica quercia:" Naturalmente hai compreso la situazione, mia cara, e so che eri già preparata ad un simile evento.
Sappiamo bene che l'avidità degli uomini a volte rasenta la pazzia. E' giunto il momento di fare ciò che è giusto per la salvezza del nostro bosco"!
"Io sono pronta - rispose con tono deciso la pianta - fai ciò che devi Madre"!
Fu così che la grande quercia fu circondata da tutte le creature del bosco e Madre Natura pronunciò la magica formula che avrebbe tolto l'invulnerabilità alla pianta:
"Magiche forze del bene
lenite le mie pene,
or qui tutte accorrete
presto su venite,
unitevi a noi tutti
da terra, cielo e flutti
per fare ciò ch'è giusto,
venite, e fate presto"!
In un baleno meteore luminose vorticarono tra i presenti ed avvolsero tutta la quercia, scuotendone le fronde come vento del nord, impetuoso e freddo, poi velocemente come erano apparse, si dileguarono.
"Ohhh!! - esclamarono tutti non comprendendo bene ciò che era accaduto.
"Non vi spaventate miei cari, le forze del bene hanno compiuto il loro dovere, ora sta a te, caro Norberto, svolgere la tua mansione. Puoi eseguire ciò che i saggi gnomi dal rosso cappello hanno sentenziato...abbatti la quercia, e non temere di farle male, poichè le forze del bene, assieme alla magia hanno portato il gelido vento del nord, così che la nostra amica non soffra per i colpi della tua ascia. Il freddo sarà come un potente anestetico per lei. Ma prima che tu inizi il tuo lavoro, lasciami fare una cosa". Madre Natura si avvicinò all'amica quercia e, accarezzandone il tronco rugoso e le amate fronde, staccò un germoglio che tenero e di un verde tenuo spuntava quasi alle radici della pianta, poi sussussò:"Non è un addio, mia cara, questo germoglio ti darà di nuovo vita...a presto"!
Norberto, ad un cenno di Madre Natura, sia pur a malincuore, iniziò a colpire con la sua ascia la base della grande quercia e, prima di ogni colpo diceva sommessamente e con grande imbarazzo:"Scusa"! All'ennesima scusa dello gnomo la pianta, con voce dolce, così si rivolse a Norberto:"Non scusarti più, ti prego. Io capisco, io sento il tuo cuore, come quello di tutte le altre meravigliose creature di questo bosco incantato...il tuo, Gepu, mio caro orso a cui ho offerto la dura corteccia del mio tronco per una bella grattatina al dorso...il tuo, Marilù, che svolazzavi spensierata attorno a me allietandomi le giornate...il tuo, Ronf mio caro inquilino per lunghi anni; dovrai trovarti un altro alloggio, ma sono più che certa che il mio amico Cedro ti ospiterà volentieri...gliel'ho già chiesto. Voglio bene a tutti voi - aggiunse poi rivolgendosi a tutte le creature del bosco che si erano riunite - mi mancherete, ma non crucciatevi...io tornerò in qualche modo. Il tenero germoglio che Madre Natura ha tra le sue mani è parte di me e quando io non ci sarò più, esso crescerà proprio qui, in questo punto dove ora mi trovo, ed offrirà rifugio a tutti gli animali che ne avranno bisogno. Io vivrò ancora, nei vostri ricordi e nei vostri cuori...quindi vi saluto con un arrivederci e non con un addio"!
Tra la commozione generale Norberto, con gli occhi umidi, proseguì il suo difficile compito, cercando di fare più in fretta possibile, affinchè la sua amica quercia non dovesse patire a lungo. Ben presto, al posto della pianta, sul suolo c'erano tanti rami ed il tronco. Lo gnomo allora esclamò con la voce rotta dall'emozione:"Forza, ragazzi, datemi una mano. Facciamo in fretta, così che la nostra amica non si sia sacrificata invano...abbiamo un recinto da realizzare, ricordate? Coraggio...diamoci da fare"!
Iniziò così una proficua collaborazione per portare a termine al più presto il compito a loro affidato. Che organizzazione! E che grinta da parte di tutti! Ben presto il frutto di tanto lavoro fu visibile: un recinto che cingeva tutto il bosco. Appena in tempo! Il Magnate della cementificazione stava arrivando con i suoi operai e una grande ruspa che sarebbe servita ad abbattere la quercia. Quale fu la sua delusione quando provò, invano, ad entrare all'interno del bosco! Tentò con ogni mezzo, ma...niente! Non c'era proprio verso...era come se una invisibile barriera frenasse ogni suo tentativo. Madre Natura, alla quale non era consentito farsi vedere dagli umani secondo le leggi della comunità magica, fece però sentire la sua voce:"Desistete dai vostri propositi - disse con voce decisa - questo bosco non potrà mai e poi mai essere violato e quindi ogni vostro sforzo per accedervi sarà vano. Andate via da qui, dove regna l'armonia e la pace...non c'è posto per il duro cemento in questo luogo, ma solo per il verde e la quiete"!
Il Magnate, intimorito da quella voce senza volto, dato che sembrava provenire dal nulla, non ebbe altra alternativa se non quella di arrendersi. Che grande vittoria! Il bosco incantato era salvo ed il recinto sarebbe rimasto per sempre a proteggerlo dalle smanie di potere e guadagno a discapito della natura da parte di uomini senza scrupoli.
Nel bosco si fece una gran festa e...sapete dove si svolse? Intorno ad una grande quercia...sì, proprio quella nata dal giovane germoglio, nello stesso posto della quercia madre. Com'era bella! E senza "rughe"! Il suo tronco era liscio e quasi vellutato. Vi chiedete forse come abbia potuto crescere così in fretta? Ma cari ragazzi...in un bosco incantato cosa potete aspettarvi se non magie? A proposito...l'accesso è vietato solo a chi non possiede un cuore che batta per la vita, l'amore, la pace e...la magia! Chiunque condivida questi valori sarà accolto a...rami aperti!



Daniela Bonifazi - Serenella Menichetti - Patrizia Ascione

SUSANNA NELLA CITTA' DI CALEIDOSCOPIO Autrici Serenella Menichetti-Maria Laura Celli-Milvia Di Michele-Daniela Bonifazi



-Mamma esco un attimo in giardino, poi torno per i compiti.-
Il momento più bello per Susanna è questo: trascorrere un momento di relax in giardino.
Lei ama i colori splendidi della natura e odia il nero dei grembiuli di scuola. Odia lo scuro delle cattedre, anche le immagini appese alle pareti della sua aula dai colori  severi e monotoni, proprio come le lezioni, che la maestra le impartisce ogni mattina.

Dopo pranzo, la bambina, fugge letteralmente in giardino, proprio sul fondo, dove un alto muro di pietra, funge da confine tra il il suo giardino ed il mondo esterno.
Il muro è quasi interamente ricoperto dall'edera, solo una piccola porzione rimane libera.
Ed in quel piccolo spazio la ragazzina si diverte ad incollare di tutto: pezzi di vetro, di ceramica, sassolini che trova in giro, persino piume di uccellino che utilizza per creare fantastici mosaici.
Ha quasi completamente tappezzato un bella porzione della superficie del muro.
-L'effetto è stupendo o è solo una mia impressione?  No, è davvero super!- Si dice Susanna. Un cerchio multicolore pieno di forme e simmetrie. Susanna incolla l'ultimo pezzo e poi, si siede su una pietra, ad osservare estasiata il suo capolavoro. -Sembra un'opera di Gaudi ! Dice ad alta voce, per smentirsi subito dopo. - ma che Gaudi, e Gaudi, -questa è opera mia! L''ho fatta io! A ognuno il suo! -E' molto soddisfatta di quel mosaico, che osserva con amore, proprio come un artista guarda la sua creatura. Si crogiola in quella sensazione che le riempie il cuore e l'animo di orgoglio, che la fa sentir bene.Si lascia avvolgere completamente da essa, il cuore le batte forte  per la gioia, e il suono del suo nome ripetuto diverse volte dalla voce della madre,viene a spezzare quell'incantesimo, giungendole come una nota di un trombone stonato nel bel mezzo di una sinfonia  di Bethoven,  riportandola alla realtà. Susanna, allora, corre in casa a fare i compiti.
La  realtà, così monotona, così piena di impegni, fa spesso a pugni con la sua creatività, spingendola sovente in un angolo. Questo è il suo pensiero. Ma appena può la toglie da quell'angolo, e la mette al centro della sua vita, respirandone appieno i benefici. Così si ricarica per vivere al meglio i momenti routinari che la realtà le offre.

A sera, nel suo letto Susanna pensa con emozione alla sua opera d'arte: un magnifico mosaico circolare, somigliante ad un gioiello.


La mattina prima di andare a scuola, velocemente, si dirige in fondo al giardino per guardarlo ancora.
Eccolo!  adesso che il sole batte sui vetri multicolori, facendoli brillare come pietre preziose, è veramente splendido.
E' il suo meraviglioso segreto, di cui si sente fiera e forte, un segreto che non  condividerà con nessuno.
E' solo suo. Lo copre con l'edera velocemente perché il pulmino che la deve condurre a scuola, come al solito, è già arrivato e la sta aspettando. Mentre finisce di nasconderlo, sistemando per bene i ciuffi di edera, le sue dita incontrano un oggetto freddo e, dopo averlo afferrato, i suoi occhi scoprono una bellissima chiave di metallo dorato che la piccola infila velocemente nello zaino, perché il pulmino la sta chiamando a ripetuti suoni di clacson. Un attimo dopo è seduta sulla poltroncina del mezzo.
Mamma oggi ho pochissimi compiti da fare! Finisco la frutta e vado.
Susanna attendeva con ansia il momento di recarsi nel suo luogo preferito. Con due morsi finisce la mela e viaaaa...all'aria aperta! Il mosaico colorato e lì sotto l'edera ad aspettarla. Mentre lo osserva seduta comodamente sulla sua pietra, che lei giudica più comoda di un cuscino di piume, apre lo zaino  e prende  fra le mani  la chiave, una bella chiave di metallo dorato con al centro una pietra dura di colore verde. La rigira fra le mani e decide di far finta che sia la chiave del mosaico circolare, che proprio in quel momento battezza: “PORTA DELLE MERAVIGLIE”
E quando si avvicina alla sua PORTA DELLE MERAVIGLIE rimane assolutamente meravigliata,
perché, mentre le sue mani ne esplorano la frastagliata superficie, incontrano un buchino, un piccolo foro scuro. Per Susanna, scoprirlo e infilarci la chiave dentro è tutt'uno...
Ancora una volta la PORTA DELLE MERAVIGLIE, la meraviglia ! Anzi la stupisce ovvero la emoziona. Sì, avete proprio capito, la chiave d'oro, riesce ad entrare nella serratura a perfezione, chiave e serratura sembrano fatte l'una per l'altra nel vero senso della parola.
A dire il vero lo stupore della ragazzina non è proprio puro, è un po' edulcorato, come lo può essere un bicchiere di vino annacquato, il suo è stupore miscelato  a consapevolezza.
Sì perché Susanna in cuor suo, sapeva che qualcosa di speciale ed insolito le sarebbe accaduto.Aspettava da tempo che accadesse...e adesso è arrivato il momento!
Un solo giro di chiave e ops, la porta si apre....Una luce vivace la investe piacevolmente invitandola ad entrare. Un lungo scivolo di cristallo, di cui non si vede la fine, si materializza davanti e lei non desidera altro che lasciarsi andare a fare una scivolata. Mentre scivola la porta si chiude e Susanna si ritrova in un ambiente supersplendente. La scivolata, ossia la scivolatona, giunge al termine e lei si ritrova in un parco scintillante. Grandi lucenti prati verdi si stagliano davanti i suoi occhi. Al centro di essi, un viale alberato, di uno splendore unico. Gli alberi ai lati di esso, assomigliano a grandi abeti, dagli aghi luminosi.
Susanna, senza esitazioni, imbocca il viale e si mette a camminare tranquillamente, come se quell'ambiente, non fosse a lei sconosciuto. Ogni suo passo risuona come una nota musicale.
Dopo aver fatto pochi passi scorge un cartello verde acqua, dove spicca una scritta a caratteri di un verde più scuro, che la informa, essere in via degli smeraldi.
Susanna continua il cammino in solitudine, accompagnata dalle note dei suoi passi.
E' quasi alla fine del viale quando nota una miriade di luci multicolori.
Mano a mano che si avvicinava, comincia a respirare la felicità che le viene della visione di un insieme di forme e colori armonici. Questo la rende motivata a continuare il suo percorso. Cammina e cammina, fino a che giunge davanti ad una barriera, dalla superficie a specchio, costellata da innumerevolii cerchi colorati composti da suggestive forme che creano piacevolissime simmetrie.
Susanna rimane incantata, tutto ciò che ha davanti è  veramente nettare per i suoi occhi.

Rimane ancora più stupita quando si rende conto che le forme mutano: si disfano e si ricreano in continuazione assumendo nuove sembianze. Una meraviglia!.Si avvicina lentamente, ogni cerchio ha alla sua sinistra una serratura, con una preziosa chiave incastrata. Ogni cerchio è diverso dall'altro, come lo è ogni chiave. L'unico elemento che accomuna il tutto è l'ARMONIA dei colori, delle forme.
 E quelle bellissime chiavi, sono per lei un forte richiamo ad aprire quelle porte di una bellezza da far paura. Susanna è perplessa, non sà da dove cominciare, quando, sente di non essere sola, infatti, sente dietro di lei un fruscio ;sussulta perché ha paura.Non ha il coraggio di voltarsi.Questo strano rumore continua ed allora decide di girarsi lentamente.La sua testolina fa una piccola rotazione,gli occhietti vengono chiusi e riaperti lentamente e d'incanto vicino a lei,su un ramo dai molteplici colori c'è un uccellino minuscolo che la osserva e sembra sorriderle.Lo guarda estasiata, vorrebbe carezzarlo ma ha timore che voli via. Sorride anche lei ,allunga la sua manina molto lentamente per prenderlo.L'uccellino sembra capire le buone intenzioni della bambina e con un saltello le si poggia sulla mano.La guarda e per farle capire che è suo amico,le dà piccole "beccate"sul palmo della mano,come per baciarla.Susanna ride senza timore,lo avvicina al suo visino strofinandolo sulla guancia.Le piume sono morbide,ha uno strano profumo che emana gioia.Susanna capisce di aver trovato un amico segreto.




Insieme si avvicinano ai grandi cerchi colorati e l'uccellino, al quale Susanna ha dato il nome di 'Profumino', con il suo beccuccio prende una delle chiavi e la porge alla bambina che, lentamente e con attenzione, quasi per  assaporare momenti  unici e quasi magici, infila la chiave nella serratura indicata dall’ala destra di Profumino; con cinguettii agitati cerca di convincerla ad aprire per primo il cerchio azzurro cielo, che racchiude luci luminose arricchite di  meravigliosi riflessi pastello. Il cerchio pian piano si apre come la luna in fase calante, diventando infine uno spicchio sottile, quasi una virgola e scopre uno scenario di sogno: oltre l’ingresso s’intravedono farfalle meravigliose, petali di fiori, nuvole di bambagia.. Tutto è aria e cielo: ma come entrarci senza cadere? Susanna non fa in tempo a chiederselo, si ritrova ad essere leggera leggera, e vola insieme a Profumino nel fantastico mondo dell’Aria che il primo cerchio aperto racchiude.Susanna aveva spesso sognato di volare, come accade a molti bambini, ma mai avrebbe pensato di potersi librare nell'aria in compagnia di un uccellino-guida, in un cielo così terso e meravigliosamente azzurro. Il cinguettio di Profumino la distrae dai suoi pensieri. "Seguimi"! - sembra dire il piccolo volatile. Ed è ciò che Susanna fa, rapita dalla meraviglia del paesaggio sottostante, dove miriadi di fiori multicolori brillano come pietre preziose; libellule e farfalle danzano sopra di essi, posandosi a volte sui petali, per poi di nuovo sollevarsi in volo su...su...sempre più in alto, quasi a mettersi alla prova, e poi giù di nuovo a sfiorare il laghetto dove regnano ninfee e cigni reali maestosi e stupendi. Susanna decide di scendere e posarsi su una delle ninfee dalle foglie più grandi e dai bellissimi fiori rosa. Che meraviglia! Si distende supina e con gli occhi spalancati ammira le chiome degli alberi circostanti, attraversate dai raggi del sole, e poi i gabbiani che le ricordano il mare e le corse sulla sabbia calda. Ma ecco di nuovo Profumino che cinguettando a più non posso, la scuote dal suo oziare: vuol essere seguito, e subito!
-Dove andiamo?- chiede Susanna tornando a volare con una naturalezza sorprendente.
-Lassù!- pare dire Profumino, virando in alto verso il sole, dove le cime dei monti vanno illuminandosi della luce rosa del tramonto.
Arrivati in cima all’ultimo monte, l’uccellino scende planando sopra la chioma di un abete e cerca tra i suoi rami un nido , facilmente individuabile da un vivace pigolio.
-OH!!- Esclama Susanna alla vista di tre uccellini spelacchiati che con la bocca aperta cercano cibo.
-Ma non abbiamo niente per loro!- poi aggiunge subito.
Ma Profumino con il becco afferra un ultimo raggio di sole e imbecca gli uccellini.
-Che meraviglia!- dice Susanna- Hanno mangiato il sole!-
"Ora diventeranno uccelli luminosi e si chiameranno " Fulgidi"! - dice, in un linguaggio senza parole, il piccolo volatile alla bambina sempre più rapita da quel Mondo fantastico. Ma ancora una volta l'incanto è spezzato dalla mamma che, inesorabilmente, la chiama a gran voce. MMMMM!!! Il tono non è certo incoraggiante e Susanna, ritrovatasi come per magia nel giardino, deve correre a casa per evitare guai. "Compiti...compiti...sempre compiti! Ma troverò la chiave che mi aiuterà a trovare un modo per svolgerli il più in fretta possibile. Questo Mondo mi sta stretto, ora che conosco un'altra realtà, o forse dovrei dire fantasia, ma mai fantasia è stata così reale e voglio viverla finchè potrò"! E con questa promessa fatta a se stessa Susanna torna a casa, ancora inebriata dal suo viaggio con Profumino, ed entra in cucina volteggiando come una farfalla, tanto che la mamma le dice:"Sempre con la testa tra le nuvole tu...stai attenta o farai qualche danno"! "Eh! Le mamme non capiscono! - pensa la bimba - Chissà se lei ha mai viaggiato con la fantasia"!
E' trascorso qualche anno dal fantastico viaggio di Susanna. La bambina è cresciuta, adesso frequenta la scuola media. Ama ancora recarsi in fondo al suo giardino, ha capito che è preferibile, prima fare i compiti, così poi nessuno verrà a disturbarla. La Porta delle meraviglie è sempre allo stesso posto, bella e splendente, lei sa benissimo che non è una porta, ma solo un bellissimo mosaico, che le ricorda momenti felici e posti fantastici.
Adesso, bei momenti riesce a viverli anche nel mondo reale.
Quegli splendidi colori, quelle forme così perfette, quelle affascinanti simmetrie conosciute durante quello splendido viaggio, ha scoperto che le può trovare anche senza dover allontanarsi. Sono vicino a lei, nella natura circostante. Susanna ha imparato a riconoscerle ed a trarre beneficio dall'armonia che questo mondo racchiude ed emana a chi si accorge di lui. La ragazzina ha pure capito, che prima di fuggire lontano, andando alla ricerca di esperienze nuove, conviene osservare, conoscere e sperimentare quello a che abbiamo intorno e che ci appartiene.

Nulla è più gratificante infatti della consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti. La vita può essere una meravigliosa avventura, e dopo aver viaggiato con la fantasia Susanna ha conosciuto la straordinaria forza che solo chi è dotato di una fertile immaginazione e della voglia di uscire dalla monotonia e dalla mediocrità può acquisire. La ragazza non avrebbe mai dimenticato i fantastici viaggi che l'avevano vista volteggiare nell'aria, goduto dell'amicizia di un uccellino speciale, nè avrebbe perso la capacità di sognare. Le bellissime porte che davano accesso ad un Mondo incantato erano sempre lì, nella sua mente, e Susanna avrebbe potuto aprirle ogni qualvolta lo avesse desiderato, col potere della fantasia!

"A dieta BABBO NATALE!" Favola di Daniela Bonifazi e Stefania Galleschi



A DIETA BABBO NATALE!

La festa più bella dell'anno ed anche la più attesa da grandi e piccini era imminente.
Il laboratorio di Babbo Natale, al Polo Nord, era in piena attività: folletti indaffarati e velocissimi erano tutti ai loro posti: c'era chi creava giocattoli per i bambini fino a tre anni, chi si occupava della fascia d'età compresa fra i cinque e i dieci anni, chi pensava agli adolescenti peraltro senza alcuna difficoltà, dato che oggigiorno tutti conoscono i gusti dei ragazzi: play station, nintendo wii, i pod.
Rimanevano gli adulti e qui la situazione si faceva più complicata. Nella società attuale infatti, su dice che tutti hanno tutto e non si sa più cosa regalare. Perciò, più che produrre, i folletti erano seduti, assorti, concentrati e disperati: non sapevano cosa inventarsi ed il loro settore era inattivo. Babbo Natale, durante una delle sue solite "capatine" nel grande laboratorio per controllare che i folletti non "battessero la fiacca", si stupì moltissimo trovando il settore dei folletti over 30...in stallo. - Ohibò! Che succede qui? - chiese - Avete forse bisogno della carica delle trombe del giudizio universale per portare a termine il lavoro?-
I folletti, mestamente e rossi in faccia come le loro giacchette, abbassarono gli occhi imbarazzati: mai avevano deluso il buon vecchio dalla barba bianca e si sentivano tremendamente in colpa. Uno di loro, Condino per la precisione, si fece coraggio e disse a Babbo Natale: - Siamo disperati, non sappiamo quali regali preparare per gli adulti. Si dice che abbiano di tutto e di più, come facciamo a renderli felici?-
- Non è possibile che abbiano tutto - rispose Babbo Natale - forse standovene qui al Polo Nord, in questo laboratorio incantato, avete perso il contatto col mondo. Allora sapete cosa vi dico? Andate e sparpagliatevi su tutta la Terra, studiate, osservate e fra cinque giorni ritornate qua. Sono sicuro che dopo di allora avrete capito di cosa hanno bisogno gli adulti. Ma dovete ritornare pieni di entusiasmo e voglia di fare perché il Natale è vicino e ci sarà molto da lavorare.-
Condino ed i suoi amici folletti, un po' spaventati e timorosi, furono portati da una slitta gigante, guidata da venti renne, in varie parti della Terra e incominciarono la loro ricerca. Che squadra ragazzi! Erano in parecchi ma il compito che dovevano svolgere era importante ed urgente, dovevano darsi da fare in fretta.
Ogni folletto aveva caratteristiche diverse: Condino era il più anziano e saggio e per questo Babbo Natale lo aveva nominato coordinatore del gruppo e capo indiscusso del laboratorio. Compito non certo facile il suo: gli altri folletti erano sì gran lavoratori, ma anche giovani ed esuberanti, condizione questa che aveva i suoi lati positivi e negativi allo stesso tempo. Tuttomatto, per esempio, era un po' come dire "picchiatello", e di tanto in tanto andava fuori di testa; Schizzetto era un gran burlone ed amava fare scherzi a chiunque gli capitasse a tiro; Botolo era un po' grassottello, aveva sempre fame e le sue numerose tasche erano piene di caramelle e dolcetti; Turbo era lo Schumacher del gruppo e quando si spostava da un posto all'altro lo faceva a tutta birra; Pennino era veramente originale...che tipo! Ogni volta che succedeva qualcosa, non importava che fosse di rilievo o di poco conto, lui tirava fuori la sua agenda con la penna e annotava tutto. Infine c'era Ronf (superfluo spiegare il perché del suo nomignolo), affidabile sì, ma solo quando riusciva a stare sveglio.
Babbo Natale che, nel lungo periodo di riposo dopo la faticata dicembrina, doveva trascorrere il tempo in qualche modo, si era adeguato ai tempi ed aveva una fornitissima raccolta di film; la sua passione era il "Signore degli anelli" di cui aveva visto tutti gli episodi. Per questo ed anche perché, non dimentichiamolo, anche lui, come Schizzetto, aveva uno spiccato senso dell'umorismo, aveva denominato il gruppo che doveva svolgere l'importante missione di sondare i gusti degli adulti, "La compagnia del regalo".
Ma torniamo ai nostri "eroi".
Condino aveva appena messo piede sul suolo africano quando incontrò un bambino magrissimo, con un grosso pancione e poco lontano, nel villaggio, tanti altri bambini, mamme e nonni sofferenti.
- Perché - chiese Condino - siete così magri? Cosa vi è successo? -
E si sentì rispondere che c'era la carestia, che in quella parte dell'Africa pioveva pochissimo, che erano molto poveri e che i loro genitori non avevano strumenti per dissodare, annacquare e coltivare i terreni, quasi niente da mangiare e per bere dovevano accontentarsi della poca acqua melmosa che riuscivano a trovare molto lontano dal villaggio.
Ed io che credevo, pensò Condino, che gli adulti avessero tutto, qua non hanno nulla, ma perché i paesi ricchi del mondo non li aiutano? Come può Babbo Natale pensare a tutti? Hanno bisogno di troppe cose!

Comunque il folletto, rattristato da quella realtà che non conosceva, memorizzò le cose di primaria necessità che 
avrebbero potuto, sia pure in parte, contribuire a migliorare le condizioni di vita di quella povera gente.
- Se Botolo fosse qui - pensò - avrebbe potuto distribuire almeno un po' dei suoi dolciumi ai bambini.-
Non avrebbe voluto andarsene senza far nulla, ma non c'erano alternative, doveva tornare a casa per riferire a Babbo Natale, così partì, con tanta pena nel cuore.

Nel frattempo Tuttomatto era in Romania e stava cercando di capire quali fossero le esigenze di quel popolo. "Sbirciò" attraverso le finestre di case in verità non proprio lussuose, vide che in quelle povere abitazioni non c'era il riscaldamento, ma spesso solo una stufa a legna che non riusciva a riscaldare le due stanze, perché faceva un gran freddo e la legna legna era poca. E poi anche gli abiti mancavano ed erano troppo leggeri, non certo sufficienti a coprire bene, non tanto gli adulti, che meglio sopportano il freddo, ma 
soprattutto bambini, specie quelli più piccoli e fragili.
In una di quelle povere abitazioni abitava anche una maestra che desiderava quaderni, matite, penne per i suoi piccoli alunni, i cui genitori erano troppo poveri e, naturalmente, davano la preferenza all'acquisto del cibo, così non rimanevano mai i soldi per comprare il materiale per la scuola, anch’essa senza fondi. 
Il folletto si accorse poi che in Romania ci sono tanti orfani, molti vivono per strada, sono ammalati e sarebbe bello, pensò, avere case - famiglia accoglienti con cibo, coperte e medicine a sufficienza!
Tuttomatto stupito da quella realtà così difficile, aveva gli occhi rossi e una lacrimuccia stava scendendo lungo le gote, ma gelò subitaneamente, per il freddo polare.
- Devo correre da Babbo Natale, dobbiamo cercare di aiutare queste persone con qualche dono che li possa far sorridere almeno per Natale.-
Schizzetto invece era arrivato in Asia, in Thailandia per la precisione, paradiso dei turisti. Era allegro come il suo solito, ma guardandosi attorno uno spettacolo desolante si offrì ai suoi occhi: un povero villaggio mostrava ancora le "ferite" dopo il terribile tsunami. Il sorriso gli morì sulle labbra e rimase sgomento, senza sapere cosa fare. Con coraggio entrò in una baracca, dove trovò una ragazza con due bambini, di cui uno piccolissimo. 
Non aveva alcuna importanza che il folletto e la ragazza non potessero comunicare con le parole, dato che nessuno dei due conosceva la lingua dell'altro; bastava lo sguardo per comprendere la muta richiesta di aiuto della giovane e la completa disponibilità di Schizzetto che, salutando con una tenera carezza i due piccoli e con un cenno la ragazza, partì a razzo per tornare il più presto da Babbo Natale a riferire l'esito della sua missione.
Il viaggio di Botolo lo aveva portato a Roma, ed egli ne fu contento, poiché gli avevano parlato di una pasticceria da sogno e, goloso com'era, non vedeva l'ora di approfittare dell'occasione ma, ahimè, era giunto in periferia e precisamente in un villaggio per Rom. Vide tanta povertà, e inoltre c'era tanto freddo in quelle baracche, in quelle roulotte vecchie e malandate e tanta emarginazione ed isolamento.
-Non può essere questa l'Italia, è il nono paese più industrializzato del mondo, qui gli adulti hanno tutto! Così sapevo, così mi era stato detto. Sono senz'altro capitato nell'unico posto dove regna la povertà e l'abbandono - si diceva Botolo fra sé e sé - Devo allontanarmi di qui, senz'altro troverò solo persone contente, ricche, soddisfatte della loro vita, a cui non mancherà nulla -
E a balzelloni saltò da una parte all'altra della città, dove trovò vetrine illuminate e piene di doni, strade intasate dalle auto, alberi di Natale nelle case, nelle piazze, presepi, ma tra tutto quello splendore di luci, mentre si stava convincendo che almeno lì la situazione fosse migliore, vide anche molti poverii senza casa, infreddoliti e affamati, uomini e donne senza lavoro e futuro, anziani che non riuscivano a scaldarsi con la misera pensione che ricevevano. Sotto molti dei ponti sul Tevere, nelle stazioni ferroviarie e sulle panchine di parchi cittadini, raggomitolati su se stessi e coperti da giornali o cartoni, Botolo vide tanti “barboni”, alcuni dei quali forse non sarebbero sopravvissuti al terribile freddo.
- Ma allora anche qui gli adulti non hanno tutto, solo pochi hanno molto, gli altri si devono arrangiare e hanno bisogno di tante cose, devo correre a dirlo a Babbo Natale! Non volle neppure fermarsi alla pasticceria che tanto lo aveva attirato a Roma, pensò che non fosse giusto abbuffarsi di dolci mentre tanti soffrivano, no non era giusto, doveva correre e informare gli altri folletti.
E Turbo, il più veloce della compagnia, dov'era arrivato?
Proprio in virtù della sua straordinaria velocità era giunto in Pakistan, dove uno spettacolo da brivido si palesò ai suoi occhi: il Paese era devastato dalle alluvioni, milioni di persone avevano perso le loro case, i campi non erano coltivabili e la situazione poteva solo peggiorare." Oh no! Non è possibile"! - esclamò accorato il folletto.
Non c'era tempo da perdere...inutile indugiare, anche perché Turbo non poteva più sopportare la vista di tanti poveri bambini che certamente non avrebbero avuto un buon Natale. Così ripartì a razzo per tornare a casa il più presto possibile.
Nel frattempo Pennino si trovava in Ungheria, dove non aveva trovato una situazione migliore, anzi .lì un fango tossico aveva invaso aree naturali e zone abitate, distruggendo l'ambiente e provocando danni enormi. Il folletto non perse tempo e, preso il suo block notes, descrisse con ricchezza di particolari la tragica situazione in cui si trovavano gli abitanti di quel paese. Subito dopo ripartì, non c'era tempo da perdere!
Ben presto si ritrovò al Polo Nord, dove Babbo Natale aveva già indetto una riunione per fare il punto della situazione. "Eccomi"! - esclamò ansimando Pennino - "ci sono anch'io!"
Il vecchio dalla barba bianca guardò i suoi folletti, ma i conti non gli tornavano...ah mancava Ronf! "Spero proprio che non si sia addormentato chissà dove" pensò.
Ma proprio in quell'istante Ronf fece il suo ingresso nella sala riunioni con gli occhi sbarrati e l'espressione sconvolta, come del resto tutti gli altri folletti della "Compagnia del regalo". Evidentemente anche la sua missione lo aveva profondamente toccato.
Babbo Natale li guardò tutti e chiese loro:
" Dunque, miei piccoli collaboratori, avete svolto il vostro lavoro?”
I folletti si guardarono e, con muta espressione, fecero capire a Condino che suo sarebbe stato il compito di riferire l'esito della loro missione.
Condino dopo aver fatto un passo avanti e, con le lacrime agli occhi, fece un completo resoconto di quanto lui e gli altri avevano scoperto.
Babbo Natale, solitamente allegro e sempre pronto col suo: Oh Oh Oh!! rimase in silenzio, meditando, con tanta tristezza in fondo al cuore.
I folletti lo osservavano ed aspettavano istruzioni; certo capivano che questa situazione era troppo gravosa per il vecchio, che i tradizionali regali confezionati nel grande laboratorio non sarebbero stati adatti. Ci voleva ben altro!
"Suvvia"! - esclamò all'improvviso Babbo Natale, facendo trasalire tutti - " All'opera, ragazzi! La tabella di marcia cambia da questo istante, via profumi, cravatte, oggetti d'oro e d'argento fiori e tutti gli altri doni tradizionali, sotto con acqua, viveri, medicine, coperte, insomma con tutto quello che può servire. Pennino, datti da fare e fai un elenco di quanto serve alle persone che i tuoi compagni hanno visitato. Appuntamento alle 23,00 in punto nel laboratorio e tutto dovrà essere pronto per caricare la mia slitta per le emergenze, quella tipo limousine, con un tiro di 24 renne ben robuste. Al lavoro!”
I folletti, gasati dalla fermezza del gran capo, che sapeva sempre come risolvere le situazioni più difficili, si misero subito in moto e alle 23,00 in punto la slitta era carica e le renne pronte.
Babbo Natale sapeva che il suo contributo sarebbe stato solo una goccia nel mare, ma sapeva anche che in quella magica notte un bambino speciale stava per ricordare al Mondo che c'è sempre speranza.
"Oh Oh Oh"! - incitò le renne ed esse presero il volo, un po' a fatica, sia per l'ingente carico, che per il peso di Babbo Natale che, come sappiamo, non è certo un peso piuma. La renna di testa girò il capo verso il vecchio ed egli, sorridendo, disse:" Hai ragione, mia dolce amica, ma questa sera dovrete tutte fare un grande sforzo per compiere la missione, poi, ve lo prometto, mi metterò a dieta!”



Daniela Bonifazi e Stefania Galleschi

"Speranza" favola di Daniela Bonifazi-Milvia Di Michele-Stefania Galleschi-Serenella Menichetti



Speranza

L'anno volgeva oramai al termine. Trentun Dicembre solo poche ore e...PLUFF!!, come per magia un vecchio dalla lunga barba e dal volto rugoso per i tanti, troppo affanni, che lo avevano travolto in quei lunghi dodici mesi, avrebbe lasciato il posto ad un neonato, che nulla ancora sapeva di ciò che lo attendeva e delle innumerevoli aspettative che gli abitanti del Mondo avrebbero riversato su di lui.
Il vecchio anno, aspettando il fatidico evento, sedette sul trono che presto avrebbe lasciato e, chinandosi con il gomito appoggiato sul ginocchio ed il mento sulla mano, chiuse gli stanchi e doloranti occhi ed iniziò a meditare.
- "Cos'è andato storto"? - pensava – "Perché la gente si trova in condizioni sempre più precarie? I ricchi restano ricchi ed i meno abbienti continuano a dover fare i conti ogni mese con le difficoltà. Devo assolutamente cercare una soluzione accettabile, da suggerire al mio successore, una specie di testamento.
Ma cosa? Cosa”? - pensava e ripensava tra sé il caro vecchietto- “Gli unici capaci di guardare il mondo con gioia contagiosa sono i bimbi, ma, appunto, sono solo bimbi, frugoletti senza potere, fragili, però....”
E il vecchio, reso saggio dal tempo vissuto, acquistò nel volto un'aria soddisfatta e misteriosa.
Chissà quale lampadina si era accesa nella sua testa canuta e un po' calva.
Semplice! Il vecchio si era ricordato che il dono della “magia del cambiamento" era dato solo a chi guarda il mondo con gioia, e questa sua memoria di antica saggezza tramandata oralmente da molti anni, gli aveva aperto la porta a speranze e a progetti.
Sì -si disse di nuovo il vecchio anno - saranno loro ad aiutarmi, i bimbi”
Ma doveva agire in fretta. Le lancette dell'orologio inesorabilmente, con il loro incessante TIC TAC, segnavano il trascorrere del tempo, solo poche ore e il vecchio avrebbe lasciato posto al nuovo. Il vecchio anno era allo stremo delle forze, ma con tutte le energie che ancora gli restavano, chiamò Cronos, il suo prezioso assistente, che lo avrebbe seguito nel cammino predestinato. Sì, il cambiamento sarebbe stato radicale: nuovo anno e nuovo assistente. Cronos si era rivelato un aiuto prezioso in quei dodici mesi trascorsi così velocemente e non sempre ciò accade; bisogna essere fortunati per trovare un collaboratore veramente in gamba.
-" Signore"- chiese Cronos - 

"Come posso esservi utile"? 
-" Mio caro amico, ti ho chiamato perché tu ed io dobbiamo preparare la strada al nuovo anno e dobbiamo sbrigarci, tempus fugit" - disse indicando il grande orologio.
- "Preparare la strada? Ma signore, non capisco! Cosa dovremmo fare esattamente"?
-"I bambini, Cronos, i bambini, devi eseguire una missione di grande importanza e urgenza. I bambini sono il futuro, essi guardano con gli occhi dell'innocenza e hanno il cuore puro. I bambini sono la chiave per un grande cambiamento, essi porteranno la gioia nell'anno che sta per nascere e forse i potenti della Terra, finalmente, daranno ascolto alla gioia piuttosto che all'odio, alle ingiurie, alle ingiustizie e se riusciranno a vedere il Mondo con gli occhi di un bambino, potrebbe verificarsi un miracolo. Va', Cronos, cerca i bambini e portali qui nel più breve tempo possibile, va'...corri!
E Cronos se ne andò velocemente via circumnavigando, anzi circumvolando attorno alla Terra, in cerca di bimbi che cambiassero il destino del Mondo. Volò, volò, volò, ma non gli fu possibile prelevare alcun bambino.
-“I bimbi non si toccano! - gli ingiunse madame Aria - Mai, neanche per una causa degnissima”!
-“No! - aggiunse sorella Acqua- Non si fa proprio, i bimbi vanno lasciati vivere in libertà”!
-“Scherziamo?- gridò madre Terra - Non se ne parla proprio”! - e tenne tutti i pargoli incollati a sé.
Cronos fu costretto a tornare dall’anno vecchio, tutto mortificato, con la coda ( del tempo) tra le gambe. Gli disse- “Ho fallito, sì, ho fallito, non lo avrei mai immaginato. Io, il re dell’esistenza terrena, io temuto e lusingato da tutti, ho fallito! Anno vecchio mio, devi cercare un’altra soluzione.”
E la soluzione c’era. Facile facile, solo che nessuno ci aveva ancora mai pensato. Un episodio curioso fu determinante: L’anno nuovo, mentre aspettava di arrivare, siccome si era annoiato un po’, infranse le regole e sbirciò per vedere cosa succedesse nell’anno vecchio e, il Tempo si annullò, tutto per un attimo si fermò, senza più energia vitale. “Accadde come nella favola della " Bella Addormentata nel bosco". Il sorriso dell'Anno nuovo restò senza movimento nella sua bocca, i sospiri dell'Anno vecchio non ebbero più voce.
Ma c'era il sacro Fuoco che continuava ad ardere, c'era l'anima del Mondo che doveva ancora dire la sua, mentre tutto era immobile.
Dal ventre della Terra, esso, percepiva un' atmosfera strana., silenzio, troppo silenzio e questo lo inquietava e un po' lo terrorizzava. Mai, da secoli e secoli aveva percepito questo stato angosciante. Il fuoco che è la vita, l'amore, la speranza, che viene conservata nel cuore della Terra, capì che era il momento di agire, quel silenzio gli poteva tornare utile.
Il sacro Fuoco si sentì investito di un compito importante: le sorti del mondo, adesso dipendevano da lui. Allora, sprigionò miliardi di fiammelle ognuna delle quali era composta da molecole di vita, di speranza e soprattutto di amore.
Esse uscirono dal cuore della Terra, salendo in superficie. La crosta terrestre, a quel tepore vitale, aprì piccole fessure, così le fiammelle ebbero via libera, si diffusero nel mondo ed entrarono nel cuore dei bambini addormentati. Il loro cuoricino sensibile e aperto al bene si riscaldò e l'amore uscì con tutta la sua forza. Ogni bimbo consolò, strinse la mano, sorrise, baciò il povero, il derelitto, il clandestino, il malato, l'abbandonato e così tutti gli infelici del mondo ebbero sollievo, tenerezza, amore e speranza.
Speranza...Speranza
che mai non ne avanza
ma, poca ce n' è…
vieni a me, vieni a me”

Il fuoco così parlò, così scaldò..

L'anno vecchio sospirò nuovamente, il sorriso dell'anno nuovo ebbe mille sfumature di gioia e una cantilena si sparse nell'aria:
il Mondo sperò, spera, spererà,
finché Speranza regnerà.
Una fiamma accesa manterrà
Speranza e pace a volontà.
Che ci sia più fratellanza
ed amore in abbondanza,
che quest'anno sia segnato
da un calore ritrovato
dentro il cuore e nella mente
di tutta questa brava gente.           
Così insieme si costruirà
una nuova civiltà.
Un mondo tutto d'oro,
dove ognuno ha un lavoro,
un mondo davvero giusto
da viver con più gusto.
Ma se voi non crederete
la magia annullerete,
tutto allora tornerà
proprio come poco fa.
Ci voglion fede e amore
per un mondo assai migliore,
sarà utile il coraggio
per un mondo buono e saggio
sarà bello perdonare,
ed ai poveri donare,
niente è più importante
di un amore assai costante
Ogni cuor vivrà felice
se fra noi sarà la pace.




Daniela Bonifazi-Milvia Di Michele -Stefania Galleschi-Serenella Menichetti

"Tenera fiaba senza titolo" di Maria Laura Celli e Lalla Tosi



Tenera fiaba senza titolo

C'era una volta, in un meraviglioso posto che non aveva un nome, un bellissimo castello dalle mille torri multicolorate e fosforescenti, tanto che la notte emanavano splendenti luci cosi' forti da illuminare tutto il paesaggio fino a molti chilometri di distanza. Dalle finestre coi vetri dipinti usciva una dolce musica, emozionante. Il suono di quegli strumenti faceva accapponare la pelle, la melodia era dolce, invitava a sorridere e a canticchiare. Nessuno sapeva chi abitava in quel castello fantastico e misterioso. Un giorno però le luci si spensero, le musiche si smorzarono fino a cessare dopo alcuni giorni. Dalla valle nessuno volle salire a vedere che cosa fosse successo poiché il castello, posto così in alto, circondato da rovi ed ora silenzioso e buio, incuteva timore.
Da molti giorni il castello era buio e silenzioso. Quel meraviglioso e colorato maniero era diventato tetro triste, e gli abitanti della valle avevano paura. Una notte però successe una cosa straordinaria che nessuno, certo, si aspettava.
Un bambino di nome Riccardo, che non riusciva a dormire senza i bei suoni di un tempo, si alzò dal suo caldo letto e svegliò il fratellino: ‎-Marco- disse- svegliati, voglio che tu venga con me al castello per vedere cosa è accaduto!-
I due bambini si vestirono in fretta, presero due torce e scivolarono pian pianino dalla porta sul retro. Nessuno udì e, veloci come il vento, arrivarono ai piedi della collina. Erano infreddoliti e il loro cuoricino batteva forte forte. Si fermarono un attimo per rendersi conto della lontananza del castello. Guardarono in su e provarono un attimo di terrore ma tanta era la loro curiosità che proseguirono inerpicandosi tra i rovi.
Ecco erano arrivati. Ma che buio brrrrrr e che paura. Riccardo che era il più grande entrò per primo nel grande giardino e Marco lo seguì standogli appresso stretto stretto. Le piante, con le enormi foglie sembravano ali di aquile e gli alberi neri e scuri incutevano paura oscillando i rami al leggero vento notturno. Stavano procedendo cautamente quando un rumore improvviso li fece trasalire e dallo spavento fecero un salto indietro. Si guardarono intorno per capire cosa avesse provocato quel rumore e da dove veniva.
I due fratellini si presero per mano e stando vicini, quasi abbracciati, di nuovo girarono lo sguardo a 360 gradi e cosa non videro i loro occhietti? Dietro un folto cespuglio c'era uno strano esserino dal faccino simpatico e con due occhietti vispi. Riccardo e Marco rimasero a bocca aperta dalla meraviglia; non sapevano se correre via o chiedere a quello strano esserino chi mai fosse. Ma fu lui, lo strano esserino, che vedendoli corse loro incontro e con i suoi occhietti simili a quelli dei grilli, li guardò si impaurì e disse:-AUGHTZATREK! (INDIETRO! Nella nostra lingua.)
I due fratellini non capirono ma disegnarono in terra un sole ad indicare pace.
L'esserino(continueremo a chiamarlo cosi') li guardò con molta attenzione e curiosità girando la testa da un lato e dall'altro e,
miracolosamente, parlò un linguaggio che l'amore rese comprensibile a tutti dicendo:
- Ragazzi vengo da un pianeta a voi sconosciuto, sono capitato per un caso incredibile sul vostro pianeta e su questo colle. Ho udito musiche e suoni bellissimi, sono entrato nel castello ma tutti mi scacciavano, nessuno faceva un gesto di comprensione e accoglienza. Allora ho messo in moto tutti i miei poteri interplanetari e ZAGHKHT tutto finito!
‎-OH no, no! -esclamarono Marco e Riccardo all'unisono -Scendi con noi al paese, vedrai che sarai accolto bene da tutti e potrai diivertirti con noi, ma ti preghiamo.... rendici la "favola" del bel castello incantato pieno di luci e di suoni.
L'esserino, che pure aveva un cuore anche venendo da un altro pianeta, strabuzzò gli occhietti e per magia luci e suoni tornarono a rallegrare i dintorni.
I tre amici scesero a valle capriolando e scherzando insieme. La gente dei dintorni, felice, riebbe così il proprio sogno luminoso e musicale. Tutti continuarono a godere il castello ricco di musica, luci e colori, che forse esisteva o forse no...ma che restava per tutti magico. 
OGNUNO DI NOI HA SEMPRE BISOGNO DI MAGICI SOGNI.



Maria Laura Celli - Lalla Tosi

" Il lupo grigio" racconto di Cecilia Bonazzi-Francesco De Gaetano-Daniela Bonifazi-Stefania Galleschi



IL LUPO GRIGIO

Era una notte buia e tempestosa, il vento sferzava gli alberi e la pioggia scendeva a dirotto; i lampi illuminavano a giorno il cielo di tanto in tanto, e il rombo dei tuoni avrebbe fatto tremare le gambe anche al più coraggioso dei boscaioli.
In quel bosco si aggirava, solo, un lupo grigio. Il passo pesante, sotto la pioggia fredda e incessante, faceva dell’animale un’ombra paurosa  che chiunque avrebbe voluto evitare di incontrare sul proprio cammino. Seguiva una traccia forse, una traccia odorosa, una impercettibile scia e né pioggia, né vento erano in grado di distrarlo dal suo intento. Lo sguardo fiero e attento era rivolto verso il basso come a voler concentrare tutti i sensi su quell’unica, invisibile pista.
Un lampo squarciò la notte e mostrò il lupo, in tutta la sua maestosità, muoversi fra cespugli e rami caduti. Poi, d’un tratto, esso si fermò, fissò lo sguardo davanti a sé, le orecchie dritte, il tartufo proteso in avanti. Qualcosa aveva scovato; ciò che da ore stava cercando era finalmente lì, di fronte a lui: il premio, la meta della sua ostinata ricerca. D’un balzo superò dei rovi  e furtivamente si infilò nell’incavo di un vecchio tronco. La scia, l’olfatto, l’udito,  l’avevano portato fin lì; un fremito attraversò il corpo della bestia quando al suo sguardo si presentarono due cuccioli, infreddoliti e tremanti di fame e paura, rannicchiati uno accanto all’altro.
Il lupo grigio si accovacciò, e leccando i piccoli per rassicurarli, socchiuse gli occhi e nella mente e nel cuore rivide i suoi piccoli. Tanti fotogrammi le passarono davanti agli occhi: la gioia della nascita di quelle tre creaturine che succhiavano il suo latte con un'avidità che la riempiva di orgoglio, il loro starsene accoccolati stretti stretti accanto a lei, i primi passi e i primi giochi. E poi quel brutto giorno, quegli spari e lei che non riusciva ad alzarsi e a tornare dai suoi cuccioli: era ferita gravemente, perdeva sangue, non aveva forze. Quanto tempo trascorse in quello stato soporifero e di grande sofferenza? Poi un giorno iniziò la guarigione...pian piano il ritorno alla tana e la triste scoperta. Un cucciolo morto di stenti, il più piccolo, il più delicato, e degli altri nessuna traccia. Al dolore passato si era sommato un dolore più forte, tanto forte che il suo pianto si era sentito per tutto il bosco, facendo accapponare la pelle a tutti i suoi abitanti. E in quella sera ecco di nuovo gli spari e vicino a lei era arrivata una bellissima lupa dal pelo fulvo, ferita a morte, che implorante le aveva sussurrato di pensare ai suoi cuccioli. Ed ora finalmente li aveva trovati!
Ora, sola, in mezzo a quella tempesta, ritrovò il suo istinto materno dopo tante, troppe sofferenze. Il cibo era sempre più scarso ultimamente. Il progredire della cosiddetta "Civiltà" aveva distrutto per sempre l'immediato sottobosco, troppo vicino ormai alle ultime abitazioni appena costruite e le prede, un tempo abbondanti, potendo scegliere tra conigli, lepri e piccoli roditori, erano spariti.
Di tanto in tanto l'animale si avventurava, per potersi sfamare, vicino alle case a rovistare tra l'immondizia lasciata fuori dagli usci. Aveva imparato, a suo discapito, ad apprezzare gli avanzi maleodoranti del cibo degli umani, il pane secco, la pasta cotta, le carcasse di pollo. Ritornò a guardare i due cuccioli che guaivano in mezzo alle sue zampe e che cercavano disperatamente le mammelle per sfamarsi. Li leccò a lungo per riscaldarli e tranquillizzarli mentre, entrambi, si attaccavano avidamente ai suoi capezzoli ormai quasi privi del nettare della vita.
Nel frattempo il temporale continuava ad infuriare ma lei, con l'istinto sempre attento e tutti i sensi allertati aveva sentito un nuovo odore in avvicinamento, un odore familiare. Poco dopo un fruscio di foglie smosse e un ansimare profondo le fece rizzare le orecchie e aguzzare la vista.
I rovi si aprirono come per magia ed ecco materializzarsi al suo sguardo il fedele compagno, che tornato alla tana dopo giorni e giorni trascorsi a cercare cibo, ormai così scarso, non l'aveva trovata. Pochi sanno che i lupi sono legati per la vita e fedeli l'uno all'altra, uno splendido esempio di stabilità familiare e di profonda unione. L'acuto olfatto del grande lupo, grigio anch'esso, gli aveva consentito di ritrovare la compagna. Che stupore vederla con dei cuccioli! Subito le si avvicinò e i due si annusarono, ansiosi di ritrovare la loro intimità e complicità. Poi la femmina tornò dai cuccioli, volse il capo verso il compagno, gli occhi imploranti a chiedere aiuto: i piccoli non avrebbero resistito a lungo sotto le intemperie e fiaccati dal lungo digiuno. Il lupo grigio non indugiò, intuendo che il suo ruolo sarebbe stato decisivo per portare in salvo la nuova famiglia che il destino e la crudeltà umana aveva contribuito a formare. L'istinto gli suggerì che non era una buona idea iniziare il viaggio di ritorno alla tana con quel tempo ingrato e l'esperienza gli aveva insegnato a cercare un sicuro riparo finchè le intemperie non fossero cessate; troppe volte aveva visto lampi di fuoco colpire alberi e sventurati animali terrorizzati e privi della lucidità necessaria a fronteggiare un pericolo sconosciuto e terribile. Ululò, muovendo alcuni passi verso la direzione da cui era giunto poco prima, ad invitare la compagna ed i cuccioli a seguirlo. La lupa spinse col suo muso le piccole creature tremanti per il freddo e la paura e seguì il compagno.
Avanzarono lentamente lottando contro la pioggia e il vento che sferzava senza sosta, il maschio davanti ad aprire la strada e la femmina per ultima, a chiudere la colonna e proteggere i due cuccioli in mezzo che trotterellavano con fatica. Il percorso fu lungo e penoso per tutti e quattro, diverse volte la lupa dovette sospingere i cuccioli con il muso per evitare che cadessero e incitarli ad andare avanti, sempre avanti.
Giunsero infine in una radura proprio sotto ad un costone di roccia lucente di pioggia alla cui base si apriva una grotta, dove si rifugiarono nel più profondo.
Mucchi di foglie e muschio costituirono un giaciglio naturale per i due piccoli che, sfiniti, stramazzarono al suolo. Subito la lupa si adagiò accanto a loro frapponendo il proprio corpo tra i cuccioli e l'ingresso della grotta per meglio ripararli dal freddo.
Il maschio, assicuratosi che la sua nuova famigliola fosse al sicuro, d'un balzo uscì di nuovo per cercare cibo per la sua compagna in modo che potesse di nuovo avere latte a sufficienza per sfamare i piccoli.
Nel frattempo, al villaggio, il buon Andrea, ex cacciatore, ora pentito e appassionato naturalista, stava discorrendo animatamente con la moglie Carla. Coppia non più giovanissima, non avevano avuto figli, e questo era il cruccio della loro vita, per altro serena, ma era come se mancasse un tassello al loro mosaico, costruito pezzo per pezzo insieme da molti anni.
"Non è sufficiente Andrea! Sì, è vero, mi hai finalmente dato ascolto, hai compreso che la tua passione per la caccia distruggeva vite di animali indifesi, hai rispetto per la natura ora, ma non basta! Devi fare di più, mio caro...non basta"! - diceva con enfasi Carla. Il marito cercava di arginare tutto quel fervore, rispondendo a tono: "Ma cosa mai potrei fare più di ciò che già metto in atto...ho venduto i miei fucili, sono diventato osservatore degli animali, non faccio più loro alcun male"! "Ma non fai loro neanche del bene! Sei un semplice spettatore, godi della visione del loro meraviglioso mondo, li ammiri, ma non li aiuti. Ascolta...senti il temporale che infuria? Immagina solo per un momento quante povere creature in questo momento siano terrorizzate per i fulmini, fradice di pioggia, senza cibo per l'ingordigia umana e lo sfruttamento degli ambienti naturali...ci pensi Andrea"?  L'uomo non potè replicare...sua moglie aveva ragione. Chinò il capo e, dopo una seria riflessione, si alzò di scatto e corse ad abbracciare la sua compagna di vita, che amava anche per la sua dedizione alle buone cause. "Scusa cara...ora capisco cosa intendi. Non serve restare a guardare, bisogna agire. Prendo l'impermeabile e gli stivali e vado in perlustrazione nel bosco. Sta piovendo a dirotto ormai da ore, voglio controllare che non si siano verificati smottamenti o altro che possa costituire un pericolo per le specie animali più vulnerabili"! 
"Sta' attento, mi raccomando"! - esclamò orgogliosa Carla.
Quando Andrea giunse al limitare del bosco lo spettacolo che vide lo fece trasalire: alberi divelti dalla furia del vento, rivoli di acqua fangosa che si riversavano sulla stradina, allagandola sempre più. Decise di inoltrarsi nella vegetazione incurante del pericolo che correva, per scoprire quanti altri danni vi fossero nel folto e di quale entità. 
Ai suoi occhi si presentò una visione a dir poco spettrale, la situazione andava oltre le più nere previsioni. L'uomo fu subito consapevole della necessità di interventi immediati o sarebbe stata la fine per animali e molte piante. Tuttavia, prima di allertare le guardie forestali, decise di andare oltre per poter riferire un quadro più preciso delle condizioni del bosco. Facendosi largo tra rovi e i cespugli avvistò una tartaruga capovolta, che annaspava nel tentativo di tornare sulle sue zampette per raggiungere il suo rifugio e finalmente sotterrarsi per il letargo invernale. Andrea sapeva bene che le testuggini terrestri sono a rischio di estinzione e subito accorse per aiutare il povero animale. Quando vide che la bestiola si muoveva senza difficoltà, si sentì meglio. Procedette ancora e vide scoiattoli impauriti, ricci e tassi; il repentino cambiamento delle condizioni climatiche li aveva colti di sorpresa, avrebbero dovuto essere già immersi nel sonno invernale, ma l'estate quell'anno sembrava non finire mai e molti animali erano stati ingannati da madre natura. Comunque sembravano in buone condizioni, nonostante tutto, e Andrea fu certo che se la sarebbero cavata. Stava per tornare indietro, per recarsi come deciso presso i forestali, quando avvertì un sommesso mugolio. Si guardò attorno e si accorse della grotta, si avvicinò e udì più distintamente il debole verso. Incerto sul da farsi, rimase immobile di fronte all'ingresso della cavità di roccia. La sua esperienza gli suggeriva di non inoltrarsi poichè avrebbe potuto trovarsi in serio pericolo se un animale selvatico, magari ferito da un cacciatore, fosse rifugiato all'interno. Ma ecco di nuovo quei flebili mugolii, non sembravano appartenere ad una bestia adulta. Andrea fu più che sicuro che si trattasse di cuccioli, magari abbandonati a se stessi. L'uomo non indugiò oltre e, accesa la grossa torcia, iniziò a percorrere il cunicolo prestando attenzione e facendo luce per tentare di scorgere l'origine di quei versi. Mentre procedeva con cautela, i mugolii si udirono ancor più distintamente, segno che i piccoli erano vicini. Ed ecco, all'improvviso, una scena, che mai si sarebbe aspettato di vedere, si offrì ai suoi occhi: una lupa grigia, distesa sul fianco, allattava due cuccioli dal pelo fulvo, ma si capiva che la femmina aveva poco latte, ed  Andrea intuì che i piccoli fossero stati adottati, cosa molto comune per questa specie; se nel branco è presente una cucciolata tutti i lupi  se ne occupano e svolgono una funzione protettiva. Un ringhio minaccioso lo distolse da quella tenera visione, ed egli vide avanzare dal fondo della grotta il maschio che, avvertito l'odore dell'uomo, era pronto a difendere dal nemico la sua famiglia "allargata". Nemici crudeli e spietati...questo erano gli uomini per i lupi del bosco, i superstiti almeno, quelli che erano riusciti a scampare alla morte, ad evitare i proiettili che avevano ucciso molti componenti di vari branchi. Il grande lupo grigio non si muoveva, ma Andrea era consapevole che lo avrebbe attaccato se solo avesse agito in modo provocatorio. Decise quindi di arretrare con cautela, molto...molto lentamente, un segnale che per il lupo significava la sua sottomissione e l'intenzione di allontanarsi.
Il segnale di resa fu recepito dall'animale, che lasciò andare Andrea. "Beh! L'ho scampata, per fortuna - pensò l'uomo - ma non posso ignorare questa tragica situazione"! Egli, vedendo il manto grigio del maschio, ebbe la conferma alla sua supposizione, che i cuccioli fossero stati adottati dalla lupa, magari in seguito alla morte della loro madre ad opera di cacciatori senza scrupoli. E in quel momento si vergognò, per essere stato uno di loro. Allora non immaginava che degli animali, dei bersagli da colpire, come li considerava fino a poco tempo prima, fossero invece creature così degne di rispetto. Per salvare i cuccioli e garantire la salvezza alla coppia di lupi avrebbe dovuto al più presto avvertire le guardie forestali che, con i loro mezzi, avrebbero di certo agito nel modo più opportuno.
Fu deciso di aiutare la bella famigliola sul posto, la cattività non sarebbe stata certo una soluzione positiva. Incominciarono così a far trovare vicino alla caverna il cibo giusto e necessario alla loro sopravvivenza. Fu questo a far desistere il grande lupo grigio dal tornare alla loro tana abituale, come era nei suoi progetti. Esso comprese che rimanere in quella caverna sarebbe stata la soluzione migliore, in qualche modo sentiva che ora la loro vita doveva continuare in quel luogo. Ogni giorno le guardie forestali, da lontano per non disturbare la tranquillità di piccoli e adulti, osservavano, coi cannocchiali, l'andirivieni del lupo e le brevi passeggiate della femmina, che sembrava uscire dalla caverna solo per poco tempo, quando i cuccioli dormivano. E poi un bellissimo giorno eccoli, due cucciolotti ancora instabili sulle zampette ma vivaci, allegri e con un pelo fulvo bellissimo. Dietro di loro i due magnifici esemplari di lupo grigio che li osservavano con una tenerezza infinita.
" Che bella famigliola”! - dissero inteneriti i guardiacaccia, e l'avremmo detto anche noi se fossimo stati lì. Erano una vera famiglia, li univa l'amore più vero, quello disinteressato.

Cecilia Bonazzi - Francesco De Gaetano - Daniela Bonifazi - Stefania Galleschi