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"IL GIGANTE BUONO" di Giovanni Tricozzi–Maria Laura Celli–Daniela Bonifazi-Serenella Menichetti–Stefania Galleschi

Fata dei cristalli
Il gigante buono


Eeeetciù! Prese un lembo dell'enorme fazzoletto e si asciugò il naso… Eeeetciù! Subito ripartì un altro starnuto.
“ Oggi devo proprio fare i conti con questo brutto raffreddore!” Esclamò
La caverna di pietra era ben ordinata per essere la casa di un gigante, ma sulla parete laterale si potevano osservare due grandi macchie di umidità e in una frattura della roccia spuntavano piantine di muschio, colorate di un verde intenso e abitate da una colonia di formiche piccole piccole, quasi invisibili per il gigante.
La caverna aveva una porta di roccia, un grande masso che veniva spostato la mattina, quando quella grande creatura si svegliava e cominciava a svolgere le sue attività; insomma Bertino, perché così si chiamava quell’enorme essere vivente, spostava la roccia al risveglio e ricollocava la stessa la sera, a chiusura di quella che era la sua dimora, prima di coricarsi sul suo letto di paglia, fili d’erba e terra.
Quel mattino aprì la porta di casa un po’ in ritardo rispetto alla solita ora; lui aveva delle abitudini a cui era particolarmente affezionato e che considerava importanti perché gli permettevano di mettere un poco d’ordine nella sua vita.

“ Eeeetciù, etciù, eeetciù”! Gli occhi del gigante lacrimavano mentre usciva lentamente dalla sua casa per dirigersi verso il laghetto dei cigni e delle anatre, dove normalmente si recava per lavarsi e dare il buongiorno a nonna Spider, la più anziana anatra stanziale che mai fosse esistita. Giunse al laghetto affaticato, tanto che Limbi, il giovane cerbiatto, vedendolo scosse il capo trattenendo a stento la sua preoccupazione.
“ Che ti succede? Pare che ti abbia schiacciato un, un”… Limbi restò un attimo in un silenzio pensieroso, cercando la parola giusta da dire in quella particolare occasione, non la trovò, riuscì solo ad aggiungere: “Eh, mio caro, tu sei proprio fuori misura, sai non trovo nessuna cosa adatta perché sei troppo grande, tu sei il gigante più grande della Terra. La tua mano potrebbe riparare tutta la mia famiglia, se dal cielo piovesse grandine, i tuoi passi avvicinano qualsiasi meta, la tua voce può risuonare di valle in valle e ancora sino al mare, mio buon amico. Ma ciò che preferisco di te è che sei un gigante buono, il più grande e il più buono della foresta”

Limbi si era davvero appassionato nel pronunciare queste parole, del resto i due si frequentavano ormai da tempo e il cerbiatto aveva così potuto osservare da vicino la bontà del gigante. Intorno a loro, nel frattempo, si era formato un nutrito gruppo di animali; la talpa sbucò dal suo foro di terra con la testa e guardò verso Bertino e Limbi, alcuni picchi si erano posizionati sul ramo della slanciata betulla e parevano agitati, alzavano e abbassavano le ali come a voler attirare l’attenzione del gigante, il porcospino spuntò fuori da un letto di foglie secche col suo carico di aculei e prese la direzione dei due, poi dal cespuglio di mirto venne fuori la volpe e senza indugiare prese la parola: “Ti aiuteremo noi e lo faremo volentieri, perché sei uno di noi e sei nostro amico”
In quel momento il picchio Ticchio si slanciò dal ramo e in un baleno si posò sulla spalla di Bertino, tossì per rischiarar la voce e poi disse: “ I picchi del nido d’acero ti aiuteranno, ma è necessario che tu prima ti faccia visitare da un medico”
A quelle parole gli animali ebbero un fremito di paura. Come sarebbe stato possibile portare il gigante da un dottore e, timore ancor più grande, ci si poteva ancora fidare degli uomini?”
“Etciùùùù, e… e… etciù! Scusate amici, ma mi sento debole ed è meglio che mi metta seduto.”

Lentamente il gigante si sedette per terra, la schiena appoggiata ad una grande roccia. Fece un gran respiro e:” Ecco, ora va meglio. Ho ascoltato i vostri propositi e sono commosso per l’affetto che nutrite nei miei confronti, ma temo che picchio Ticchio abbia ragione, bisogna che mi faccia visitare da un medico, tutti sanno che gli uomini hanno il sapere della buona salute, però non intendo farlo venire qui, sarebbe un rischio troppo grande per tutti voi.”
Bertino era amato da tutti gli animali della foresta per la sua bontà, ma l’essere buono unito al fatto che esistessero solo pochi altri giganti e per nulla socievoli, non gli aveva permesso di trovare amici nella sua specie. Era l’unico gigante buono a calpestare il suolo terrestre. Le sue qualità non le aveva nessun altro gigante; egli infatti era gentile e umile, generoso e accogliente con tutti, non si cibava di carne e mangiava foglie, radici, tuberi e frutta, insomma era… mmmh… beh, si, era quasi civile!
La volpe puntò il muso verso l’alto, inquadrò il gigante e disse: “Propongo di andare a trovare la Fata dei Cristalli, lei saprà dirci dove trovare un uomo di cui fidarsi”

La proposta di Iole, la volpe, incontrò il consenso di tutti gli altri animali.
Era deciso dunque, Bertino stesso fu d'accordo. "Beneeee... e... e... etciù!" - fu il suo singolare commento.
Decisero tuttavia di intraprendere il viaggio per raggiungere la dimora della Fata dei Cristalli il mattino successivo, in considerazione del fatto che il sole stava calando e non era certo salutare avventurarsi nella foresta di notte, quando gli altri giganti solitamente uscivano dai loro rifugi per cacciare. Non sarebbe stato piacevole per nessuno dei presenti trovarsi faccia a faccia anche con uno solo di essi.
Quando Bertino, l'indomani, uscì dalla sua dimora, i suoi amici erano già lì, pronti per la missione di cui si erano fatti carico per aiutare il loro gigantesco e adorabile amico. Il gigante, vedendoli, si commosse a tal punto che gli occhi gli si inumidirono, beh, almeno il naso non sarebbe stato il solo ad essere lucido. "Salve ragazzi" - disse con la voce rotta dall'emozione. "Prendo il mio zaino eeeee... tciù! Scusateeee... tciù! Torno subito eeeee... tcciù"!
"Caspiterina! - esclamò Ticchio il picchio - da ieri sera è peggiorato e di molto, non vi pare?”
"Sembra anche a me, credo che dobbiamo affrettarci amici" rispose Iole.
Fu così che la spedizione ebbe inizio; Bertino, preceduto dai suoi affezionati compagni, cercava di moderare la sua andatura per non metterli in difficoltà ed essi, d'altro canto, si voltavano spesso per accertarsi che il gigante avesse la forza necessaria per affrontare la lunga marcia che li avrebbe condotti all'abitazione della Fata dei Cristalli, oltre il fiume Fantasia e al di là dei Monti Azzurri.
Durante il viaggio gli animali a turno si avvicinavano al gigante buono circondandolo, come a proteggerlo. Dopo molte ore di cammino la volpe annunciò a tutti che la bellissima montagna luccicante e piena di colori splendidi era lì di fronte a loro. Alzarono gli occhi e videro un castello dalla bellezza indescrivibile! Sprigionava luci multicolori, emanava un profumo di fiori. Arrivati, bussarono al portone e venne ad aprire uno strano animale di cristallo che, con un sorriso, li fece entrare nella sala della fata. Intanto il gigante continuava a starnutire e stava sempre peggio. La volpe, dopo aver salutato la Fata, le chiese aiuto per poter trovare un dottore per il gigante.
La fata guardò gli animali e capì che tutti amavano molto Bertino, infatti alcuni lo affiancavano come a sostenerlo, altri gli svolazzavano intorno premurosi, altri ancora lo abbracciavano alle gambe. Dopo aver meditato un po'si fece portare un fischietto di cristallo dal maggiordomo, lo suonò e si diffuse nell’aria una musica armoniosa e dolcissima. Come per incanto comparve un uccello grandissimo dalle piume di cristallo e con un becco dai mille colori.


Il singolare uccello atterrò nella grande radura del parco. Le sue ali brillavano alla luce del sole spruzzando, il verde cangiante del prato, di una miriade di stelle multicolori e regalando vesti scintillanti agli alberi circostanti. Tutto sembrava addobbato per una serata elegante tanto che gli animali rimasero a bocca e a becco spalancati. Anche il gigante, estasiato da tanta bellezza, rimase con la sua enorme bocca aperta, mostrando la gola, profonda come un antro buio, per un intero minuto, per poi ricominciare a starnutire con maggiore intensità tanto che i suoi amici animaletti cominciarono a rotolare sul prato, come foglie investite dal vento. Altri si ritrovarono in aria per poi atterrare, per fortuna, sul morbido tappeto erboso. La fata di Cristallo decise allora che fosse opportuno andare al castello e far controllare al più presto Bertino da un luminare dell'otorinolaringoiatria e, non solo a causa della sua salute, ma anche per l'incolumità di tutti gli esseri viventi del bosco. La situazione stava diventando seria: “Un vero e proprio stato di emergenza” Così riferì la fata di Cristallo al telefono al dottor Magoni, il quale, ovviamente, disse che, prima di pronunciarsi, avrebbe dovuto visitare il paziente e promise: "Mi metterò subito in viaggio e a breve sarò al vostro cospetto, Fata dei Cristalli.”
Non passarono che pochi minuti ed il medico si fece annunciare dal maggiordomo, un pinguino ovviamente di cristallo, estremamente efficiente e cerimonioso, che battendo un lungo bastone sul pavimento disse solennemente:" Il dottor Magoni"

Il luminare entrò nella grande sala con la sua valigetta e il passo veloce, tipico di chi è abituato ad agire con tempestività per risolvere emergenze. Si inchinò di fronte alla Fata e chiese chi fosse la creatura bisognosa delle sue cure. Bertino, che nel frattempo era stato messo a letto, in una delle tante stanze per gli ospiti, e coperto ben bene affinché non prendesse freddo, si era addormentato. Persino nel sonno non smetteva di starnutire facendo sobbalzare il letto pur di enormi dimensioni, che, ad ogni starnuto, si spostava un pochino tanto che arrivò alla porta della stanza, bloccandone l'apertura. Quando il maggiordomo, che precedeva il medico, impugnò la maniglia per aprire la porta non poté che constatare l'impossibilità di farlo. Chiamò dunque in aiuto i suoi collaboratori. Essi iniziarono a spingere con tutta la forza di cui erano dotati, ma riuscirono solo ad aprire un piccolo varco, decisamente insufficiente al passaggio di chiunque. "Lasciate fare a me - disse Iole che naturalmente era presente - ci penso io" Cominciò ad urlare a squarciagola: "BERTINOOOO! SVEGLIATIIIII! BERTINOOOO! STA ARRIVANDO UN FULMINE CHE TRA POCO TI RIDURRA' IN CENERE...ALZA QUEL TUO SEDERONE O...ADDIO GIGANTE!" A quelle grida Bertino ebbe un sussulto e si svegliò di colpo, con gli occhi allucinati e sbarrati come quelli di chi ha avuto un incubo tremendo. "Il fulmine, il fulmine no, scappare... fuggire... via via! - cominciò a farneticare non ancora lucido. Tuttavia l'intervento della volpe aveva sortito l'effetto sperato: Bertino si era svegliato. "Ehi, sta' calmo amico mio - disse Iole - è stato solo un brutto sogno. Ora ascoltami, devi spostare il letto e rimetterlo al suo posto, hai capito? SPOSTA IL LETTO! - aggiunse con un tono più forte - Va bene, ma non ti arrabbiare, ora lo spos... eeeee... tciù... etciù... etciù" E a forza di starnuti il letto ritrovò la sua collocazione originaria ed il dottor Magoni poté entrare con tutti gli altri al seguito.
Come la fata di Cristallo temeva, il Dott. Magoni emise una diagnosi non troppo fausta: "Rinite Giganteggiante Supervasomotoria Aggravata da Maxistarnutismo Iperacuto" per cui occorreva urgentemente spostare il paziente nella maxistruttura rinforzata superospedaliera della città di GIGANTOPOLI.
Per fortuna la fata di Cristallo, sempre molto previdente, aveva già provveduto ad avvisare un altro uccello di Cristallo, quello della sua compagnia aerea, la AIRFANTASY per accompagnare quel poveretto di Bertino, dalla sua dimora, alla maxistruttura superospedaliera di Gigantopoli. Così non si perse altro tempo prezioso.
L' uccellone di Cristallo, spalancò i suoi enormi portelloni, situati ai lati del ventre e fece entrare Bertino, con tutti i suoi amici, che mai l'avrebbero lasciato da solo, soprattutto in questo momento così delicato della vita.
L'uccello, nonostante la sua mole, decollò con un' eleganza eccellente. Ogniqualvolta però che Bertino emetteva uno dei suoi superfragorosi starnuti, esso perdeva quota, facendo paura ai passeggeri e soprattutto al povero Gigante che era al suo primo viaggio aereo.
Lo sventurato tremava dal terrore e rabbrividiva così forte che l'uccello di Cristallo non poteva non ondeggiare. Questo fece venire il mal di mare, anzi no, il mal di volo, a tutti gli amici di Bertino che si lamentavano a più non posso, pallidi come la cera. Finalmente arrivarono a destinazione e atterrarono nel megagalattico aereoporto della megastruttura ospedaliera di Gigantopoli. Mentre Bertino scendeva dall'areo, ormai rasserenato, ripensò improvvisamente al nome della città... GIGANTOPOLI.

" Per tutti i colossi" – esclamò - " ma se si chiama così significa che ci abitano i giganti! Mi assaliranno, non mi possono vedere perché sono l'ultimo gigante buono rimasto” E cominciò di nuovo a tremare perché un gigante buono non si fa forza della sua mole e tutto lo può spaventare. Ma poco dopo capì. In quella megastruttura curavano gli animali più grossi della terra, cioè i giganti fra gli animali, elefanti, ippopotami, rinoceronti, giraffe ecc…
Entrò dunque più tranquillo nell'ospedale e il dottor Magoni lo accolse con un sorriso che ben presto si trasformò in una smorfia di paura quando Bertino incominciò a emettere un sibilo sempre più forte che preludeva ad un suo sonorissimo e tempestoso starnuto. Tutti cercarono un appiglio a cui tenersi. ”Eeeeetc… Falso allarme ragazzi"- disse sorridendo il gigante.
Il dottor Magoni, per scongiurare possibili starnuti che certo non avrebbero ritardato ulteriormente a farsi sentire, decise di intervenire subito facendo un' ecografia al naso. E sorpresa delle sorprese: nella zona più profonda del grosso naso c'era, incastrato, un castoro, un giovane castoro che, specialmente nel muovere la sua magnifica 


coda, provocava un solletico così intenso a Bertino che non poteva non starnutire e aveva provocato un tale arrossamento alla mucosa nasale da far sbagliare al medico la diagnosi.
" Ecco perchè non stai starnutendo - disse il dottore al gigante - l'abitante del tuo naso si è addormentato! Forza dobbiamo tirarlo fuori".
"Preparate la megasalaoperatoria, presto! - ordinò con fermezza il dottor Magoni agli infermieri - Chiamate il mio staff al completo, l'intervento è delicatissimo ed ho bisogno di tutta l'assistenza possibile"- aggiunse poi.
Di lì a poco uno stuolo di medici si presentò al primario, che era appunto il dottor Magoni, egli si congratulò per la tempestività con la quale tutti avevano risposto al suo appello e disse: "Seguitemi, prego signori, vorrei illustrarvi il caso e consultarmi con voi circa le modalità da seguire per evitare traumi al paziente e ...all'intruso"!E mostrò l'ecografia che rilevava chiaramente la presenza del castoro, ben "piazzato" all'interno del naso di Bertino.
"Signori"? - chiese il primario.
Il primo ad esprimersi fu il dottor Santapace, il quale propose di usare un forcipe, arnese ormai in disuso da anni, che veniva utilizzato per forzare la nascita di un bimbo dal grembo della madre.
Intervenne quindi il dottor Gufetti, che commentò senza mezzi termini:"Dico, il nostro gigante ha un castoro nel naso, ma tu hai le pigne in testa! Come ti viene in mente una simile idiozia? Il forcipe potrebbe causare gravi lesioni, anche il medico più incapace lo saprebbe!"
Sentendosi denigrare con tale vigore, Gufetti non ci vide più dalla rabbia e si gettò su Santapace che cercò di difendersi, volarono insulti e anche qualche ceffone prima che gli altri riuscissero a dividere i due colleghi. "Vergognatevi! - tuonò il dottor Magoni - Non sapete cosa sia la professionalità e la dignità. Fuori di qui tutti e due, vi trasferisco con effetto immediato al Polo Sud, nella mia clinica per foche carnivore e per le temibili foche leopardo. Andate...e buona fortuna" - aggiunse Magoni sogghignando dentro di sé mentre ricordava i due medici che aveva inviato lì qualche mese prima; si erano dati all'ippica dopo l'aggressione di una foca leopardo, risvegliatasi troppo presto dall'anestesia praticatale per curarle una carie che la rendeva ancor più pericolosa.
Ma si doveva intervenire al più presto, prima del risveglio del castoro; bisognava anzi procedere con l'anestesia che avrebbe avuto effetto sia sul gigante che sull'intruso. Il dottor Russo, anestesista, fece portare Bertino nella megasalaoperatoria e ordinò che fosse adagiato sul letto di dimensioni adeguate al paziente; poi armeggiò con alcuni marchingegni e, prima di mettere la megamascheradispensanarcotico, si rivolse al gigante con l'intenzione di tranquillizzarlo: "Non si preoccupi, risolveremo definitivamente il suo problema caro signore, ma ora deve collaborare; quando glielo dirò lei dovrà iniziare un conto alla rovescia iniziando da 10 e gradualmente lei si addormenterà. Vedrà, al suo risveglio sarà come nuovo! Procediamo dunque, appena le avrò messo
 la megamaschera dovrà iniziare a contare"! E così Bertino fece: "10... 9... 8... 7... 6... RONF! 
RONF! - eccolo già tra le braccia di Morfeo.

Tutti i medici per un momento si incantarono nel vedere quell'omone addormentato con il suo bel sorriso bonario sulle labbra.
" Dottor Piccirillo - disse Magoni con tono perentorio, risvegliando tutti dal loro torpore - venga qua! Le sue piccole dimensioni ci saranno di aiuto. Lei dovrà entrare nel nasone di Bertino, legare una corda alle zampe del povero castoro ed un'altra, con attenzione, alla testa e tutti insieme, tirando con delicatezza, faremo uscire l'intruso!"
Piccirillo, con un po' di apprensione, entrò in quella “caverna”, non fu facile il suo cammino, ostacolato dalla scivolosità dell'ambiente, ma pian piano riuscì a raggiungere il castoro addormentato, lo legò con cautela e mentre gli altri cominciarono a tirare e Piccirillo stava per uscire dalla cavità nasale … Etciùùùùùùùùù! Arrivò il più grosso starnuto mai sentito né sulla terra e neppure nel regno della fantasia. Il povero Piccirillo e il castoro furono scagliati a metri di distanza, insieme ai medici che stavano tirando la corda. In fondo alla parete della Megagalattica sala operatoria si formò un cumulo di persone col camice bianco, stupite e anche un po’ rintronate. E fu questo che vide per prima cosa Bertino che, a causa del suo stesso starnuto, si era svegliato prima del previsto. Tutti si guardarono fra lo stupito e l'incredulo, mentre il castoro, anche lui ormai sveglio, terrorizzato fuggiva a gambe levate con tutte le corde appese, e così tutti scoppiarono in una fragorosa risata. "Grazie amici miei - disse il gigante, respirando a pieni polmoni dalle narici ormai libere - in qualunque momento avrete bisogno di me, io accorrerò". Uscì dalla sala operatoria e s'incamminò felice, con i suoi amici animali, verso l'uccello-aereo di cristallo, per far ritorno al castello. Lì furono nuovamente condotti al cospetto della Fata dei Cristalli che nel frattempo, informata della perfetta riuscita del delicato intervento, aveva disposto si svolgesse una grandiosa festa per salutare Bertino ed i suoi fedeli amici,. Anche il castoro, rincorso dal Iole per rassicurarlo, fece ritorno scusandosi col gigante per la sua "intrusione", del tutto casuale disse:" Ero così assonnato e intorpidito dal freddo che quando ho trovato un caldo cunicolo ho pensato di "sonnecchiare" un pochino prima di gettarmi nuovamente in acqua; mai avrei pensato che si trattasse del tuo naso, Bertino. Mi perdoni?"
"Ma certo amico mio, è stato solo uno spiacevole incidente, ma ti prego, la prossima volta che ti prende il "coccolone", cercati un altro buco, intesi?"
Ma il bastone del maggiordomo batté tre volte sul pavimento, ed egli annunciò:" La Fata dei Cristalli"
Che magnifica visione! La Fata, con l'abito cerimoniale di uno splendore unico per gli innumerevoli cristalli che lo adornavano, fece il suo maestoso ingresso e raggiunse la sua poltrona, di cristallo

ovviamente, ma prima di sedersi disse:" Cari amici tutti qui presenti oggi, con questa festa vogliamo dire non addio, ma arrivederci alle creature buone e generose che si sono prodigate per il gigante buono Bertino, che tante volte ha aiutato loro grazie alla sua mole e al suo altruismo. L'amicizia è un sentimento di grande valore, conservatelo sempre vivo. Ora a tutti auguro...BUON DIVERTIMENTO!
Applausi fragorosi seguirono e la festa ebbe inizio.

Giovanni Tricozzi–Maria Laura Celli–Daniela Bonifazi-Serenella Menichetti–Stefania Galleschi 

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