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Il Principe Brando e la conquista del Regno del Nord


Mi presento...Soffio per gli amici!

Era nato solo da pochi giorni e già Soffio svolazzava sulle cime degli alberi più alti del bosco e cercava di andare sempre più su. Era una sfida  importante per lui: non vedeva l’ora di seguire i suoi genitori sopra la cima della montagna, imparare a scendere in picchiata e soprattutto a sputar fuoco come papà Argo e mamma Scintilla. Gli altri piccoli draghi erano meno ambiziosi di lui, e preferivano aspettare che la natura facesse il suo corso e la gradualità degli eventi. Per il momento restavano nelle proprie grotte, aspettando il cibo e dormendo. Ma Soffio era di una tempra diversa: temerario e incosciente, desiderava più d’ogni altra cosa sperimentare e osare oltre le regole di prudenza dettate dagli anziani.  Al castello c’era un gran fermento: suoni di corni avevano annunciato la nascita del principino.
Gran fermento al castello
Il re e la sua sposa avevano deciso di chiamarlo Brando. Servitori e cuochi correvano da ogni parte. Una grande festa avrebbe riunito tutti i nobili del reame e si attendevano illustri ospiti da terre lontane, con doni degni dell’erede di re Romualdo. Non tutti conoscevano il sovrano e si chiedevano di che tempra fosse. In realtà era facile capirlo, bastava guardarlo. Sguardo fiero e diretto, portamento dignitoso, una bellezza non comune, ma soprattutto nobiltà d’animo, che si manifestava in ogni sua azione.
Romualdo
Essa era quasi palpabile e gli garantiva il rispetto e la devozione della sua gente. Aveva impiegato tutte le risorse possibili per rendere il suo regno forte, riuscendo ad offrire una vita serena ai sudditi, aiutando anche il ceto più debole, ma egualmente importante per quel sovrano che aveva fatto dell’onore il suo credo.  Aveva incentivato chiunque volesse contribuire col proprio lavoro al benessere comune. Frantoi, forni, mulini, coltivazioni nei vasti campi che si perdevano a vista d’occhio oltre le mura del castello. Benessere e una vita tranquilla regnavano ovunque.
Tutti al lavoro!
Romualdo era anche un esteta, di gusti raffinati e particolarmente sensibile a tutte le manifestazioni del bello. Aveva scelto arredi di gran gusto e fatto adornare i vari ambienti del suo castello e in particolare la sala del trono con preziosi tessuti che nel tempo la sua famiglia aveva accumulato grazie al talento di ricamatrici e tessitrici.
...abiti raffinati per le dame di corte
Abili sarte cucivano bellissime tuniche, mantelli e abiti raffinati per sua maestà la regina e le dame di corte. Il re era un uomo che sapeva guardare lontano. Il suo valore sociale, morale e politico era indiscutibile, così come la sua lungimiranza.
Egli aveva una visione: creare grandi e costruttive alleanze per far prosperare ulteriormente il suo regno, e la nascita di Brando alimentava ancor più le sue speranze per il futuro. Il figlio tanto atteso  avrebbe potuto continuare la sua opera, ne era certo. Il trambusto dei preparativi per il gran giorno dei festeggiamenti lo distolse dalla sua meditazione.
Che trambusto al castello!
Sospirò e alzò distrattamente il volto verso il cielo di un azzurro incredibile. Fu allora che gli sembrò di scorgere una strana forma volare velocissima su, in alto. Si chiese cosa mai potesse essere, ma la luce del sole era così abbagliante che il re dovette distogliere lo sguardo per un momento.
...ma il sole era abbagliante
Un alito di vento giocò con le foglie sparse a terra, un piccolo “soffio”, una magica sensazione, molto simile a quella che stava vivendo nell’attesa di presentare al mondo il suo erede. D’altronde, di qualunque cosa si fosse trattato, nulla avrebbe potuto stupire il sovrano. Il bosco era popolato da magiche creature, egli lo sapeva fin da quando, bambino, aveva sfidato l’autorità del padre, re Edoardo, e ignorato il suo divieto ad addentrarsi nel fitto della foresta, dove aveva incontrato fate, elfi, maghi e altri esemplari dalle strane sembianze.
Fate
...folletti 
Si parlava anche di uccelli senza piume e dalle enormi dimensioni, ma l’allora principe non ne aveva mai visto uno. Di fatto, al suo ritorno al castello, non riusciva a tenere segrete le sue scoperte e finiva sempre di fronte al re suo padre per rendere ragione della sua disubbidienza. Ora era saggio Romualdo, ma da ragazzo era stato impulsivo e soprattutto poco propenso a rispettare le regole. Per questo motivo spesso aveva finito per cacciarsi nei guai e subito l’ira del genitore e le punizioni che il padre sperava lo rendessero meno “spericolato”. Nel suo intimo tuttavia re Edoardo era stato fiero e orgoglioso di quel ragazzo, che mostrava già le qualità che il capo di un regno deve possedere: coraggio, intraprendenza e spirito d’iniziativa.
Brando...sguardo fiero e deciso. Un futuro re!
Dunque Romualdo non diede peso a quell’ombra svolazzante in cielo, e tornò ai suoi doveri. Il gran ciambellano era appena entrato nella sala del trono, per aggiornare il suo re sui preparativi per la cerimonia imminente. L’incarico più importante che gli era stato affidato era di inviare messi nei vari regni e contee a personaggi illustri, nobili e non, con l’invito formale a partecipare alla festa in onore del principe Brando. 
Il gran ciambellano di corte
- Sire – disse inchinandosi – i messi sono partiti all’alba e confido che alcuni di essi torneranno prima del tramonto con la risposta al vostro invito. Chi dovrà intraprendere viaggi più lunghi tornerà nei prossimi giorni.  
Il principino dormiva...
Brando dormiva nella sua preziosa culla. La regina Eleonora, seduta sulla sua poltrona di velluto rosso porpora, lo guardava amorevolmente. Ad un mese dal parto ella era ancora debole, ma la contentezza di essere riuscita a dar vita all'erede che tutto il regno attendeva la inorgogliva, mitigando la sua stanchezza. I riccioli biondi del bimbo formavano sulla seta del cuscino dei ghirigori d'oro simili ad un raro ricamo. La pelle del suo viso era chiara come la luna. Lo sguardo di Eleonora non si saziava mai di quella vista. L'espressione dolce e tranquilla del suo bambino era così appagante e le procurava una felicità immensa che mai aveva provato prima, pur godendo nella sua vita di agi e privilegi dovuti al suo rango. Ora si sentiva semplicemente donna e mamma. Era emozionante oltre ogni dire.
La regina Eleonora
Assorta e rapita da quel piccolo tesoro che stava facendo chissà quali splendidi sogni, sussultò quando un soffio di vento spalancò la finestra della stanza, facendo gonfiare le tende di pizzo. La culla si mosse impercettibilmente e questo turbò la serenità della regina.
Il vento è capriccioso
La nutrice, seduta anch’essa vicino alla culla, fu distolta dal suo lavoro di ricamo. Si precipitò a chiudere la finestra e guardò fuori. Le chiome degli alberi del bosco erano in balìa di un vento leggero, che a tratti si intensificava, sconvolgendo l’ordine naturale e provocando scompiglio. – Non vi preoccupate mia signora, oggi il vento è capriccioso. – disse tornando accanto al bimbo che si era svegliato e, agitando le manine, scrutava il soffitto della stanza con occhi ancora assonnati. Poi cominciò a succhiarsi un pollice, e la buona Ludmilla capì che il principino aveva fame. – Col vostro permesso, maestà. È l’ora della poppata.
La regina annuì e la nutrice prese in braccio il piccolo, lo avvolse in una coperta e lo portò nella stanza accanto. Si accomodò su una sedia a dondolo e offrì il suo caldo e dolce nettare a Brando, che suggeva con avida soddisfazione il latte da quel turgido seno.
La buona Ludmilla
Eleonora a volte avvertiva un po’ di gelosia, anche se riusciva a mascherarla. Avrebbe desiderato alimentare lei stessa il figlio, ma le regole di corte impedivano a una regina di farlo e, suo malgrado, aveva dovuto sottostarvi. D’altro canto il bambino cresceva a vista d’occhio, forte e sano. Cosa avrebbe potuto desiderare di più una madre? Soffio, intanto, dopo un rapido passaggio sul castello, che per fortuna era passato inosservato, poiché lo spostamento d’aria provocato aveva creato l’illusione di una folata di vento improvvisa, stava tornando alla grotta. Aveva eluso la sorveglianza dei genitori e dei draghi più anziani, che lo tenevano d’occhio assiduamente, temendo che prima o poi avrebbe commesso la sciocchezza di farsi scoprire dagli umani, osando più del dovuto e sorvolando le loro terre anche di giorno, quando era probabile che le guardie o i contadini lo avvistassero e dessero l’allarme.
Che imprudenza Soffio!
Un antico incubo si sarebbe rinnovato e la caccia ai draghi sarebbe ripresa. Oltre cento anni prima esisteva una specie molto aggressiva, che disseminava terrore e morte ovunque. Guerrieri coraggiosi si unirono e combatterono fino a sterminare gli assassini alati che sputavano fuoco.
Un antico incubo
Ma in una grotta, nascosta all’interno della montagna più alta del regno del sud, attualmente governato da re Romualdo, due cuccioli erano sopravvissuti, un maschio e una femmina. Essi diedero inizio ad una nuova specie di draghi, dall’indole buona e per nulla aggressiva. Si alzavano in volo solo di notte, per nutrirsi, attenti a non rivelarsi agli uomini. La reminiscenza degli avi costituì la loro saggezza e dettò regole di prudenza e di condotta a cui tutti gli esemplari dovevano attenersi. Ora Soffio stava mettendo in pericolo tutta la specie. Eleonora cercava di distrarsi dalla noia per il riposo forzato a cui era costretta per riprendere le forze dopo il parto. Lei, sempre così attiva e dinamica. Le mancava non poter svolgere l’importante ruolo nell’amministrazione del castello, dirigere i lavori di filatura, tessitura, maglia, cucito e ricamo, ma soprattutto le mancavano le passeggiate a cavallo in compagnia delle dame di corte, i giochi con la palla che esse facevano sui prati sotto un sole caldo e luminoso.
...le mancavano i giochi
Le mancava non poter assistere ai tornei.
...i tornei
E all’improvviso riemerse un po’ anche la gelosia nei confronti della nutrice, che godeva del privilegio di nutrire suo figlio.
Che buono il latte di Ludmilla!
Ma in realtà era solo la stanchezza ad acuire il suo stato. Cercò di rilassarsi sulla comoda poltrona, e si perse nei ricordi del periodo dei festeggiamenti dopo la nascita di Brando, così regali, impegnativi, coinvolgenti. Per quasi un mese il castello era stato sede di assoluta venerazione nei confronti del fato, incarnato in un bambino che sembrava essere venuto al mondo con gli auspici migliori e con le linee della felicità e della positività già ampiamente segnate. Alla festa avevano partecipato invitati giunti da tutte le terre conosciute, personaggi di rango che avevano trovato una squisita ospitalità a corte.
La splendida sala conviviale
Si erano presentati con doni ricchi e legati alle proprie culture, ad avvalorare l’ importanza dell’evento. Tutto era regale ma non esageratamente sfarzoso, tutto era in stile ma non forzato, in perfetta armonia con l’eleganza di Romualdo, sua moglie Eleonora e la stirpe da cui provenivano. Tra i meravigliosi doni, a monopolizzare l’attenzione tre cavalli, unici nella loro bellezza e fierezza, nel loro modo di interagire con l’uomo. Mai sottomessi eppure obbedienti ai comandi dei cavalieri che, incuriositi e affascinati, vollero avvicinarli e toccarli. Tanto unici che sembravano frutto della magia. Il primo nero come la notte,
Il primo, nero come la notte...
il secondo fulvo dai toni biondi rossicci,
il secondo, fulvo dai toni rossicci...
il terzo bianco senza alcuna imperfezione.
...il terzo bianco, senza alcuna imperfezione
Un regalo principesco, pensarono tutti i presenti che, distratti dalla fantastica sensazione di far parte di quel grande momento, non si accorsero minimamente di quell’ombra che appariva e spariva, di quel piccolo drago pervaso dal desiderio che qualcosa accadesse e spegnesse, almeno in parte, la sua curiosità.
Anche lui, Soffio, era rimasto colpito dai tre cavalli. Si chiedeva cosa fossero, non avendone mai visti prima. Ma era certo che un giorno lo avrebbe saputo, bastava solo avere pazienza… quest’ultimo “termine” davvero difficile da accettare ma, ahimè, impossibile da evitare.
Soffio era impaziente di natura infatti, ma sentiva che la sua esistenza si sarebbe intersecata con ciò che osservava, con la vita che vedeva scorrere sotto i propri occhi. “Sentire” per lui era importante, ed era il sentire che pervadeva l’indole della nuova razza a cui era fiero di appartenere, che lo avrebbe aiutato a riconoscere i suoi compagni di viaggio nel mondo di cui faceva parte, quasi avessero su di loro un marchio indelebile.
Ma qualcosa stava per accadere… Durante i festeggiamenti in onore del principino il Re del Nord, Ubaldo II, per sua natura invidioso e terribilmente arrogante, nonché avido e poco propenso alla correttezza, aveva messo gli occhi sui possedimenti di Romualdo.
Il perfido Ubaldo
Non c’era limite alla sua ambizione e alla smisurata voglia di arricchirsi sempre più. Non era certo un sovrano amato dai suoi sudditi, ridotti alla fame da tasse esorbitanti. La povera gente, prevalentemente dedita al lavoro dei campi, di proprietà del re, mancava dell’essenziale e moriva letteralmente di fame. Nessuno aveva il coraggio di ribellarsi, né i mezzi per contrastare le guardie di Ubaldo, che reprimevano ogni tentativo di protesta, usando la forza e incutendo il terrore ovunque. La sua fama lo precedeva, tuttavia Romualdo si era visto costretto ad invitare quell’ospite poco gradito, per non arrecare un’offesa che avrebbe avuto conseguenze spiacevoli, cosa che il re voleva evitare in quel momento così felice della sua vita, con l’arrivo del tanto desiderato erede. Mentre percorreva la via del ritorno, re Ubaldo si guardava attorno con lo sguardo di un avvoltoio che ha avvistato una succulenta preda, e decise che avrebbe atteso il momento più propizio per scatenare la sua offensiva contro Romualdo, i cui cavalieri erano numerosi e ben addestrati. – Non importa quanto ci vorrà. – pensò Ubaldo sogghignando – Sono giovane e so aspettare. Ma verrà il giorno in cui tutto questo sarà mio! Passarono gli anni e Brando cresceva, dimostrando di avere le doti per diventare il degno erede di Romualdo, anche se a volte si lasciava prendere la mano dalla sua impulsività e dall’ardore giovanile che lo spingeva verso avventure d’ogni genere.
In cerca di continue avventure!
Per il suo tutore era una vera impresa stargli dietro, e il vecchio Anselmo aveva chiesto e ottenuto dal re di essere affiancato da due cavalieri, per riuscire a contenere l’esuberanza del principe. 
Povero Anselmo!
Anche Soffio era cresciuto, e chissà per quali fortunate circostanze, nonostante la sua imprevedibilità e l’ardire delle sue “escursioni” aeree sul regno, la sua esistenza e quella dei suoi simili era ignota a tutti.
Soffio si nascondeva dietro la grande montagna...
Spesso si nascondeva dietro la grande montagna ed osservava quel giovane così temerario, che sfidava torrenti e larghi fossati in sella al magnifico cavallo bianco che il drago aveva già visto quando, ancora piccolo, sfidava la sorte e sorvolava velocissimo il castello.
I destini dei due sembravano in qualche modo avvicinarsi. Tra sensazioni, incontri percepiti e sfiorati per poco, tra il fato e la realtà della vita, tra l’ innegabile somiglianza a livello emozionale di Soffio, il drago senza redini e Brando, il principe con il fuoco nelle vene, le distanze che li separavano si assottigliavano poco a poco. Ubaldo II, re del Nord, si candidava ad essere il loro primo avversario, il primo nemico comune, ma essi non lo sapevano ancora. Era come se due anime, inconsapevoli del proprio destino, avessero un appuntamento, legato al destino degli eroi, quelli che con le loro gesta hanno cambiato la storia del mondo.
Indubbiamente sia i genitori di Brando che quelli di Soffio avevano incontrato grandissime difficoltà nel tenere a bada i rispettivi figli, ignari tuttavia della grande fortuna che la loro indole fosse non solo presente in entrambi, ma che coincidesse nello stesso tempo e nello stesso spazio. Nessuno lo sapeva, ma tutto ciò avrebbe inciso fortemente e deciso le sorti del regno di Romualdo e Ubaldo, e contribuito a creare un solco di storia in quel territorio destinato ad un futuro radioso ma, prima, ad un presente emozionante e inconsueto. E venne il giorno dell’incontro.
E venne il giorno dell'incontro!

Brando “volava”  in groppa al suo cavallo, lungo gli spazi interminabili del suo regno, rincorso a fatica dal suo tutore Anselmo e dai cavalieri di scorta quando, in un salto acrobatico tra gli alberi a superare un folto cespuglio, si ritrovò con le redini in mano ma sbalzato di sella. Con una piroetta ed una buona dose di coraggio, fortuna e audacia, il principe riuscì a  non cadere e si ritrovò composto sulla sua cavalcatura. Soffio non riuscì a trattenersi e spalancando la bocca emanò un alito piuttosto caldo che investì cavallo e cavaliere. Il primo si imbizzarrì e, poggiandosi sulle zampe posteriori, sollevò il possente torace scalpitando e nitrendo con foga. Brando, con toni suadenti, lo indusse alla calma e scese di sella, intenzionato a scoprire la natura di quell’insolito calore in inverno, stagione dalle temperature rigide, soprattutto in quella zona montuosa. I cavalieri si erano attardati per attendere il tutore, poco avvezzo alle cavalcate selvagge e sempre in difficoltà quando doveva seguire il suo indisciplinato discepolo. Per questo motivo il principe aveva messo parecchia distanza tra sé e la sua scorta. Mentre scrutava la fitta vegetazione, avvertì di nuovo un’ondata di calore intenso e udì un fruscìo dietro di sé. Voltandosi, brandì la sua spada, pronto a qualunque evenienza. Mai avrebbe pensato di trovarsi di fronte un drago.
...era un drago, non v'erano dubbi!
Oh, non aveva alcun dubbio in proposito. Aveva già visto creature come quella che aveva ora di fronte disegnate negli antichi libri, in cui si narrava di mostri alati senza piumaggio, ma col corpo ricoperto di scaglie, in grado di sputare fuoco. La storia citava sanguinose battaglie, fino allo sterminio di tutti gli esemplari di quella terribile specie animale. Evidentemente non era stato così. Il principe, consapevole di essere impreparato ad affrontare un drago, per la prima volta in vita sua, si sentì perduto. Quando Soffio, poiché di lui si trattava, si avvicinò, Brando arretrò, pronto tuttavia a vendere cara la propria pelle. Sollevò la spada e si preparò alla lotta. Ma, incredibile a dirsi, il drago avanzò e chinò la grossa testa ai piedi del principe, mugolando e facendo intendere chiaramente che non aveva alcuna intenzione di nuocergli. Sembrava anzi gli offrisse la sua amicizia.
Amici!
Brando riacquistò il suo sangue freddo e il suo istinto gli suggerì di fidarsi. Allungò una mano e accarezzò la testa di Soffio, che gli sfiorò la spalla col naso. – Non è possibile! – pensò il giovane. Brando sfiorò ancora con la mano quella creatura, e la sentì emettere dei mugolii di piacere.
- Incredibile! Non posso credere a ciò che vedo. Sapevo che i draghi erano stati sterminati ormai da migliaia di anni. Eppure tu sei qui, davanti a me.
- Oh, non stupirti troppo. Ti dirò anzi che non sono il solo della mia specie. Ce ne sono molti altri.  - Tu parli? – esclamò Brando – Questo è decisamente … sorprendente! Hai un nome? - Soffio! – rispose il giovane drago. E come al solito, nel pronunciare il suo nome, non potè fare a meno di emanare il suo alito caldo, che arrivò sul viso di Brando, il quale reagì istintivamente chiudendo gli occhi. Poi li riaprì e sorrise.
- Adesso ho capito! Allora è da te che proveniva quello strano soffio caldo che ho avvertito poco fa. - disse il principe.  - Ebbene sì! -  è per questo che mi chiamano così. Gli occhi gialli del drago incontrarono quelli azzurri di Brando. Fu subito chiaro ad entrambi che potevano fidarsi l'uno dell'altro. La tensione dovuta alla situazione decisamente “bollente” si disciolse come sale nell'acqua e l'atmosfera si addolcì, al punto che il principe e Soffio scoppiarono a ridere. Lo scampato pericolo fu avvertito anche dal cavallo che si unì a loro emettendo un sonoro nitrito e, vedendo del fieno giallo e invitante, si mise a mangiare con gusto.
...il cavallo si mise a mangiare con gusto

Brando ripose la spada nel fodero e sedette sull'erba accanto a Soffio. I due si misero a conversare con disinvoltura, proprio come se si conoscessero da secoli. Era iniziata un’amicizia, una vera ed incredibile amicizia forse predestinata, che avrebbe generato sicuramente sorpresa, ma  soprattutto  garantito a Brando un’alleanza preziosa. L’aiuto dei draghi avrebbe consolidato la difesa del regno, scoraggiando i nemici. Serenità, pace e tranquillità per i sudditi e una migliore qualità di vita erano al centro di tutto. Tra i due venne a crearsi un’amicizia simbiotica, che non aveva altre spiegazioni se non l’attrazione sovrannaturale dei sensi e del loro continuo divenire, un’amicizia che si consolidò nel corso del tempo. Anni trascorsero da quell’incontro e Brando stava per succedere al padre alla guida del regno. Ubaldo si era fatto sempre più minaccioso ed era oramai arrivato il momento di reagire alle sue rappresaglie, sempre più frequenti.
Le mire di Ubaldo nel suo sguardo torvo...
Le minacce erano infatti diventate fatti. Continuamente si sentiva parlare di “fette di territorio” cadute nelle mani di quell’uomo senza onore che vantava un titolo altisonante, un uomo la cui storia era in realtà fatta di saccheggi, soprusi, parole non mantenute, violenze.  Sì, era giunta l’ora di fermare un nemico pericoloso, prima che fosse troppo tardi. Brando riferì al padre quanto la situazione fosse grave. I draghi sarebbero stati la loro arma segreta, ma di ciò egli non fece parola col genitore, non ancora. “È tempo di agire padre. Bisogna porre un freno alla feroce ambizione di Ubaldo, prima che egli distrugga tutto ciò che tu hai costruito con saggezza in questi lunghi anni del tuo regno.” Romualdo era diventato anziano e, consapevole della sua fragilità, meditava di abdicare. Pensava al figlio, che gli sarebbe succeduto. Si domandava se il suo carattere particolare lo rendesse idoneo a succedergli, ma non poteva non riconoscergli tenacia, coraggio e capacità non indifferenti.  Era più che sicuro che il figlio possedesse tutti i requisiti per regnare, ne aveva dato prova in più d’una occasione. Osservando il volto e il comportamento di Brando non era possibile non rendersene conto. Egli era pronto. Romualdo dispose che il principe fosse istruito sull’arte del governo e lo affidò all’uomo che era stato al suo fianco come consigliere e amico fidato, il saggio Otis.
Otis
Dall’incontro di Brando e Soffio erano trascorsi tre anni, durante i quali il principe aveva potuto approfondire la conoscenza del drago e dei suoi simili, che possedevano le stesse caratteristiche ed erano dotati delle medesime qualità: coraggio, forza e soprattutto lealtà e rispetto per chiunque ne dimostrasse loro. Sempre più di frequente Brando si univa alla grande famiglia di draghi, e da essi traeva fiducia e speranza per un futuro migliore, senza più guerre, senza più spargimenti di sangue innocente, senza più soprusi da parte di Ubaldo, che sembrava non avere più freni e la cui smania di potere dilagava e faceva vittime ovunque. Romualdo, consapevole di non avere più il carisma e la tempra per governare e tutelare il suo popolo, in una solenne cerimonia incoronò il figlio come nuovo Re del Regno del Sud.
Il momento di Brando è giunto!
Brando recitò dinanzi agli anziani e ai sudditi riuniti la formula di rito, che lo consacrava unico sovrano. La cerimonia dell’incoronazione fu seguita dai festeggiamenti: un sontuoso banchetto, allietato da musiche e danze, fece dimenticare almeno per qualche ora la minaccia incombente che gravava sul regno di re Brando e su tutti quelli limitrofi, alleati ed amici del Reame del Sud.
Una grande cerimonia...
...allietata da danze
Era consuetudine che ogni nuovo re scegliesse la sua sposa tra le damigelle in età da marito, ma degli affari di cuore Brando era poco esperto. Altre erano state le sue priorità e i suoi interessi dall’adolescenza alla maggiore età, tra questi lo studio dell’arte della guerra con il suo maestro d’armi e di strategia militare, la segreta frequentazione dei draghi, ai quali aveva espressamente chiesto di non rivelarsi agli altri umani, almeno non prima che fosse assolutamente inevitabile. Soffio, che aveva assunto il ruolo di leader nella grande famiglia alata, gli aveva assicurato alleanza e appoggio incondizionato. Ma in quel momento il suo amico dall’alito caldo non poteva essergli di alcun aiuto. Brando, seduto sul trono, ringraziava con un cenno del capo ogni nobile fanciulla che si inchinava di fronte a lui, per poi disporsi assieme alle altre in attesa della decisione del sovrano, che avrebbe preferito di gran lunga essere altrove, tanto era imbarazzato e indeciso soprattutto. Mentre distrattamente e quasi meccanicamente si accingeva a sorridere ancora, alzando lo sguardo vide la creatura più bella su cui avesse mai posato gli occhi: un volto dall’ovale perfetto, lineamenti delicati e due stelle luminose che lasciavano trapelare una grande forza interiore e un animo puro.
La giovane si inchinò...
La ragazza si inchinò, sorridendo appena. I loro sguardi si incrociarono e a Brando sembrò di sentire il calore che emanava il suo amico Soffio, ma in realtà si sentiva avvampare e il battito del suo cuore era simile allo scalpitio degli zoccoli del suo cavallo. Non da meno fu la reazione della giovane, celata a stento. Il rossore si diffuse sulle gote e i suoi piedi si rifiutavano di spostarsi. Fu allora che la regina madre si avvicinò al figlio e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Brando allora si eresse in tutta la sua fierezza e porse la mano alla damigella, per poi scortarla al centro della grande sala. Si fece il vuoto attorno a loro, i musici suonarono una dolce melodia e i promessi sposi danzarono, mentre le dame di corte lanciavano petali di rose sulla coppia. Le nozze, come consuetudine, sarebbero state celebrate un mese dopo il fidanzamento ufficiale. I preparativi iniziarono il giorno successivo all’incoronazione e furono spediti messi ovunque con gli inviti al regale matrimonio, che avrebbe cambiato volto al Regno del Sud. Ogni re e nobile fu onorato dalla richiesta di partecipazione al lieto evento, che non giunse a re Ubaldo. La sua presenza sarebbe stata inammissibile. Il sovrano del Regno del Nord era divenuto una minaccia latente e dunque un nemico da combattere. Il suo stesso popolo era sul punto di ribellarsi. Uomini coraggiosi si riunivano in segreto per pianificare una rivolta che li avrebbe liberati dalla tirannia e dalla malvagità di Ubaldo, che egli esercitava senza ritegno alcuno, forte dell’appoggio del suo esercito, composto per lo più da elementi senza moralità e scrupoli. Ma la triste verità era che il popolo non aveva mezzi né armi, nè tantomeno le cognizioni di base sull’arte del combattimento. Durante un convegno Geordie, eletto capo per le doti che lo qualificavano come il più adatto a rivestire tale ruolo, disse:- So che tutti voi avete coraggio da vendere, amici miei, ma sapete che da soli non potremmo farcela. Metteremmo solo a rischio le nostre vite e quelle delle nostre famiglie. Dobbiamo chiedere aiuto. Io propongo di rivolgerci a re Brando. È giovane, ma molto saggio, ed ha l’appoggio di tutti gli altri nobili. Solo unendoci a loro riacquisteremo la nostra libertà e la dignità. - Hai ragione. – ribadì il vecchio Argo – Mandiamo mio figlio Bordano. Nessuno sa far perdere le proprie tracce come lui. Raggiungerà il villaggio vicino e lì mio fratello gli fornirà un cavallo, col quale galopperà come il vento fino al Regno del Sud. Dopo uno scambio di sguardi e cenni d’intesa Geordie esclamò:- Così si faccia! Non si viveva un momento semplice in quella parte del mondo, tutto era precario e la speranza di un futuro migliore stava abbandonando la povera gente oppressa.
Al villaggio gente oppressa...
Se non fosse esistito Ubaldo con la sua ingordigia, si sarebbe potuto vivere in totale armonia, in accordo tra i popoli che, pur dissimili nella loro etnia e diversi nel loro percorso culturale, erano uniti dalla volontà di pace, collaborazione, giustizia e rispetto. Ma un Ubaldo è sempre esistito e sempre esisterà, ed è probabilmente proprio attraverso l’Ubaldo di turno che il mondo si è evoluto e si evolverà ancora, in  continuo mutamento ed in perpetua lotta tra bene e male. Questi erano i pensieri che scorrevano nella mente di Brando ed era da questi pensieri che il suo vigore doveva diventare azione.
In quel mentre gli fu annunciato l’arrivo di Bordano, messaggero di Geordie, che era stato eletto capo dei popoli del Nord nella rivolta contro il tiranno.
Bordano
Bordano, dopo aver reso omaggio al re senza troppe cerimonie, avendo compreso la semplicità regale del personaggio che aveva di fronte, iniziò a parlare. Prima di tutto raccontò delle mille difficoltà che aveva incontrato per raggiungere il Regno del Sud, poiché Ubaldo era conscio che si potesse creare un’alleanza tra il suo popolo e quello di Brando, e voleva evitarla a tutti i costi. Aveva scaltramente evitato tranelli e imboscate. Bordano era un maestro nella mimetizzazione e conosceva molti trucchi per eludere il pericolo e disorientare gli inseguitori. Sorrideva al pensiero che lo stessero ancora cercando in un bosco,  attraversato da ore ormai, inconsapevoli che lui fosse già al cospetto del probabile alleato.
Bordano al cospetto del re
Bordano iniziò poi a spiegare a re Brando di quali nefandezze Ubaldo fosse capace e di come, dopo aver saputo di essere stato escluso dalla cerimonia di nozze, fosse ancor più furente e desideroso di rappresaglie, scatenando la sua ira contro il suo stesso popolo, che non era più in grado di sostenere il peso delle angherie e dei soprusi, che minavano la stabilità emotiva e fisica della gente. Paura e odio erano sentimenti dominanti e pericolosi, tanto che si viveva nel terrore e si temeva che chiunque, anche la persona più degna, potesse tradire Geordie e tutti coloro che si ribellavano all’ingiustizia per disperazione e sostenere la propria famiglia senza comprendere che Ubaldo sarebbe stato il loro carnefice. Lui, Bordano, era lì a nome di Geordie, capo libero dei popoli del Nord, a chiedere aiuto ed offrire alleanza. Brando non ebbe bisogno di riflettere. Scattò in piedi con tale veemenza che la sedia sulla quale era seduto si rovesciò a terra. “ Ubaldo pagherà per i suoi misfatti e per il dolore che ha causato al suo popolo. Vuole il mio regno? Si faccia avanti! Assaggerà l’amaro sapore della sconfitta! Riferisci al tuo capo che il patto è stipulato.” Ordinò che il messaggero venisse rifocillato e rifornito di acqua e cibo prima della sua partenza sulla via del ritorno e decise di parlare col suo amico alato. Avevano concordato, Soffio e Brando, un segnale preciso, che avrebbe annullato il veto per il drago di mostrarsi agli umani. – Se la situazione dovesse precipitare – gli aveva detto il re – dovrò poter contare su di te e sui tuoi. Quando sentirai il corno suonare per tre volte dalla torre più alta del castello, vola da me più in fretta che puoi. Io ti aspetterò in cima.
...quando sentirai il corno suonare vieni da me!

- Sei il mio unico amico tra gli uomini, hai avuto fiducia in me ed io sarò sempre al tuo fianco. – aveva risposto il drago – Ma tu devi prepararmi la strada Brando. Agli occhi dei tuoi sudditi io apparirei come un antico pericolo che si rinnova. Essi devono sapere che la terribile stirpe del passato è scomparsa per sempre, e che noi siamo vostri alleati, non nemici.
Prima di salire sulla torre e far suonare il corno, Brando fece riunire il suo popolo nella radura oltre il grande fossato, e in groppa al suo fedele destriero lo raggiunse. Non aveva preparato alcun discorso, ma la capacità di improvvisare non gli era mai mancata. Fu così che Brando annunciò la straordinaria quanto inaspettata notizia. In un primo momento la folla si agitò, la paura aleggiava nell’aria solo a sentire il nome “drago”, ma il giovane re, col suo carisma e il forte ascendente che esercitava sul suo popolo, promise di dimostrare la veridicità delle sue affermazioni. Pregò tutti di rimanere lì, dove si trovavano, e di attendere senza timore, qualunque cosa accadesse. Con le redini fece voltare il cavallo e galoppò fino al castello. – Prendi il corno e seguimi! - ordinò a una delle sentinelle – Insieme  raggiunsero la torre più alta e subito dopo si udì distintamente il suono del corno, che si ripetè per tre volte. Trascorsero solo pochi minuti e in cielo apparve un punto, che si fece sempre più grande spostandosi verso il castello, finchè la sagoma fu ben visibile e riconoscibile.
In attesa del richiamo
Soffio sorvolò il popolo intimidito e raggiunse Brando, atterrando con grazia nonostante la mole. – Benvenuto amico mio! Ora sta a noi dissolvere ogni dubbio e la paura atavica che alberga nell’animo degli uomini. Conducimi da loro e parla, dì ciò che hai già rivelato a me. Oggi riscriveremo la storia mio fedele Soffio. E Brando salì in groppa al drago, che si levò in volo e, dopo alcuni volteggi in aria, scese lentamente a terra, nella radura.
...e Brando salì in groppa al drago
Molti indietreggiarono, ma Brando alzò il suo scettro e
iniziò a parlare come un padre avrebbe parlato ai suoi figli, con la dolcezza del genitore attento e pieno d’amore e con la fierezza di uomo che vuole veder crescere la sua gente senza pregiudizi, pronti a credere che le cose, nella vita, possono davvero cambiare. - Amici – disse Brando – qualcosa di importante è accaduto. Da tempo mi onoro di avere come amico e alleato preziosissimo Soffio, un drago dall’indole buona. L’ho conosciuto tempo fa e attendevo il momento giusto per rivelarvi che una nuova generazione di draghi, evoluta e diversa, vive nascosta tra di noi e non possiamo far altro che gioirne. Uno di loro, come vedete, è al mio fianco. Ascoltatelo! Soffio iniziò a spiegare, emozionato, quanto quel momento memorabile rappresentasse per lui, per la sua specie, per il futuro di quei territori che appartenevano a entrambi, umani e draghi, in pacifica coesistenza. Raccontò che per secoli lui e i suoi simili avevano vissuto accanto agli umani senza tuttavia osare rivelarsi ad essi. Raccontò di una profezia, scolpita all’interno della grande montagna, espressa con parole semplici e chiare, che pronunciò solennemente: “Verrà un giorno in cui uomini e draghi si uniranno e coesisteranno in pace. Verrà un giorno in cui un uomo sarà pronto a conoscere la verità e divulgarla, affinchè il passato sia sepolto per sempre. Verrà un giorno in cui gli uomini sapranno accettare il cambiamento, non casuale, ma voluto dal destino.
Verrà un giorno in cui uomini e draghi coesisteranno...
Ecco l’uomo che ha saputo comprendere la verità e accordarci fiducia e amicizia…re Brando!”
Il popolo, dopo un primo comprensibile momento di apprensione, si calmò. Certo non si potevano cancellare tantissimi anni di storia vissuta dagli antenati  e tramandata di padre in figlio, ma le parole di Brando e soprattutto la testimonianza di Soffio furono sufficienti a cambiare velocemente le cose. Fu un trionfo. Nessuno ebbe più dubbi. Brando era fiero del suo popolo e viceversa. Il padre aveva fatto davvero un buon lavoro e Brando era stato un buon allievo. Essere amati non è mai facile, ma essere anche credibili e compresi è un obiettivo fondamentale per un re. Ringraziò Soffio che salutando tornò al suo rifugio, ringraziò il popolo, comunicando che presto avrebbero avuto novità in merito all’inevitabile guerra contro Ubaldo e convocò con urgenza un’assemblea generale con i suoi uomini più fidati per fare una precisa disamina della situazione. Era ora di passare all’azione. Decise di dotarsi dei cavalli più veloci e resistenti che un esercito potesse mai avere, cavalli come il suo bianco destriero, Danaus, uno dei tre che gli erano stati donati alla sua nascita. Gli altri due, il fulvo Gaius ed il nero Brion, erano oggetto di visite quotidiane da parte del giovane re, che ne ammirava la straordinaria possenza fisica, non intaccata dal tempo. C’era qualcosa di magico nei suoi destrieri, che ne preservava la forza e il vigore tipico di cavalli giovani. Molti anni erano passati dal gran ricevimento in onore della sua venuta al mondo, e tuttavia i tre cavalli non erano mutati, serbando lo stesso aspetto e la stessa forza. Inoltre avevano fecondato moltissime puledre e dato origine ad altri magnifici esemplari, in tutto e per tutto simili a loro. Dunque le cavalcature erano assolutamente affidabili, ancor più, armi loro stesse, in grado di fornire prestazioni che nessun altro cavallo avrebbe potuto eguagliare. Ora doveva trovare cavalieri in grado di gestirli e divenire un tutt’uno con essi. In battaglia è di vitale importanza l’intesa tra cavallo e cavaliere. Brando affidò l’incarico del reclutamento all’unico uomo di cui si fidasse ciecamente.
E venne il momento per Angelico
Angelico era giovane, ma aveva dimostrato la sua unicità e la devozione che lo legava al suo sovrano. Erano coetanei. In quella lontana notte in cui la regina Eleonora dette alla luce il principino, in un’altra stanza del castello da Ludmilla, che sarebbe divenuta la nutrice di Brando, nacque Angelico. Essi erano fratelli di latte, e una grande amicizia li legava fin da quando erano piccoli. Il giovane re non ebbe alcun dubbio: il suo discreto, silenzioso e fidato seguace sarebbe stato all’altezza del compito affidatogli. Angelico, onorato di tanta fiducia, promise di dedicarsi anima e corpo all’incarico, consapevole che dalle scelte che avrebbe operato sarebbe nato un esercito. Non aveva intenzione di fallire, né di consegnare a Ubaldo il regno del suo re ed amico fraterno. Si rinchiuse nella sua stanza, dove avrebbe meditato a lungo. Il giorno successivo era pronto ad iniziare il suo lavoro. C’era impellenza, egli lo sapeva fin troppo bene, ma nulla doveva essere lasciato al caso né trattato con superficialità. Decise di avvalersi della collaborazione di Morgan e Auranos, due cavalieri anziani molto esperti nell’arte della guerra.
Morgan e Auranos
Il loro consiglio sarebbe stato prezioso, e la mente giovane di Angelico, la sua innata propensione alla riflessione e la sua apertura verso i nuovi metodi nell’arte del combattimento avrebbero di certo prodotto risultati eccellenti.
Fu costituito un quartier generale, allo scopo di assicurare tutti i servizi indispensabili, soprattutto al comando supremo, nella persona del re, nonché all’esercito.
Il quartier generale
Ogni tassello doveva combaciare, nulla poteva essere lasciato al caso. L’organizzazione doveva essere perfetta. Brando
era soddisfatto, ma non poteva evitare momenti di sconforto, si chiedeva come si potesse essere contenti di entrare in guerra seppur costretti da forze negative e da uomini che non conoscono il bene. La vita è davvero strana, pensava Brando. Egli stava gioendo di come le cose stessero procedendo in modo positivo e di come fosse stato capace di allestire una “macchina da combattimento” organizzata e bilanciata, lui che amava la pace, la serenità, la vita. La stessa vita che quella maledetta guerra avrebbe tolto a tanti in nome di una libertà che avrebbe dovuto essere un diritto acquisito. Eppure esistono realtà con cui si è costretti a fare i conti, e questa guerra sembrava essere una di quelle, senza soluzione alcuna per poterla evitare. Ubaldo era andato troppo oltre, calpestando tutto e tutti per la sua smisurata smania di potere. Doveva essere fermato! D’altro canto, pur nella tragicità del momento, una cosa positiva c’era: l’ambiente sereno che si era creato attorno a Brando, persone di cui potersi fidare ciecamente, costruito senza artifizi, ma con lo straordinario esempio di un re giovane eppur saggio. Ma non c’era più tempo per la meditazione. Bisognava iniziare a programmare la tattica del combattimento e della difesa del territorio. I giorni bui erano alle porte e, per quanto consapevole della propria forza e della sicurezza di poter respingere il nemico, l’idea stessa della guerra e delle possibili sofferenze a cui il suo popolo andava incontro, angustiava Brando profondamente. Dopo una settimana le truppe del Re del Sud erano appostate e pronte alla battaglia. La strategia prevedeva una posizione falsamente attendistica, che avrebbe ingannato il nemico, per poi lottare con tutti i mezzi, col supporto dei draghi. Il dinamismo e l’immediata reattività avrebbero disorientato le truppe pur organizzate di Ubaldo. Angelico, in questo era stato un vero diavolo, in contraddizione col suo nome, nel creare l’inaspettato.
...Angelico era un vero diavolo nel creare l'inaspettato
Gli avversari se ne sarebbero presto accorti, così come si sarebbero accorti anche di Soffio, l’arma in più. Pochi giorni dopo, in una notte piena di stelle, mentre Brando riesaminava i piani, non riuscendo a dormire, l’allarme risuonò in tutta la valle dove era appostata la sezione di prima linea di cui anche lui, come comandante dell’esercito, faceva parte.
...in una notte piena di stelle
Era il segnale di inizio? Sembrava proprio di sì, anche se la speranza era che fosse solo un falso allarme. Il giovane re balzò in groppa al suo bianco destriero, seguito dai suoi più fidati cavalieri, tra cui Morgan e Auranos, che lo affiancarono. Angelico era con i soldati e attese l’arrivo di Brando. – Non vedo nemici. – si meravigliò il re – Perché suonare il corno se non v’è motivo di armarsi?  – Ubaldo ha inviato un messo. Chiede di parlamentare. Solo voi, maestà, ed egli stesso. Come scorta, le due parti possono condurre con sé due cavalieri. L’incontro avverrà al centro della radura.  – Non capisco cosa speri di ottenere quella sottospecie di re, ma non mi tirerò indietro. – disse Brando – Sono curioso di sentire le sue parole, ma non posso fidarmi. State all’erta, e a un mio segnale fate avanzare l’esercito. Se solo Ubaldo oserà tendermi una trappola avrà pane per i suoi denti. – e subito dopo scagliò una freccia in alto, un segnale per Soffio che si celava dietro la montagna con i suoi.
...e iniziò ad avanzare
Poi alzò il braccio destro e cominciò ad avanzare, seguito da due giovani e forti cavalieri. Angelico avrebbe voluto essere al suo fianco, ma non ne aveva la qualifica, non ancora. Aspettava il giorno della sua investitura con grande impazienza. Rimase al suo posto, pronto ad ogni evenienza. Avrebbe dato la sua vita per il suo re.  Appena Brando iniziò ad avanzare lo stesso fece Ubaldo dalla parte opposta. I cavalli erano irrequieti, sentivano l’odore della discordia e procedevano scalpitando a tratti, e nitrendo nervosamente, scuotendo le folte criniere. I contendenti giunsero alfine al centro della radura. Ad un segnale di Brando i cavalieri di scorta si fermarono, altrettanto fecero quelli di Ubaldo. Il re del Regno del Sud ed il sovrano del Regno del Nord spronarono i propri destrieri, fino a trovarsi l’uno di fronte all’altro. Per alcuni istanti si fissarono.
Per alcuni istanti si fissarono...
Lo sguardo torvo svelava la profonda avversione di Brando nei confronti del suo avversario. Non da meno era l’atteggiamento di Ubaldo, sprezzante e provocatorio. Il primo a proferir parola fu quest’ultimo:- Ho aspettato per lunghi anni che giungesse questo momento, e finalmente esso è arrivato. È tempo per voi di cedere alla mia potenza Brando. Vi ho visto infante, vi ritrovo re. – e Ubaldo sogghignò divertito.  – La cosa vi sollazza, Ubaldo? Non vedo cosa ci sia di così esilarante. Oh…forse la mia giovane età vi induce a sottovalutarmi. Non fatelo. Commettereste il più grande errore della vostra vita.  - Ah ah! Voi dite “sire”? – aggiunse Ubaldo pronunciando il titolo nobiliare con voluto scherno – Ebbene sì, mi diverte la vostra puerile reazione, nonché la presunzione di potermi sconfiggere. Guardate oltre, laggiù c’è il mio esercito, il più potente e meglio equipaggiato di qualunque altro. Cosa sperate di ottenere sfidandomi? Vi propongo un patto: arrendetevi…ora, e vi permetterò di lasciare queste terre senza spargimento di sangue. Ma se lo preferite, potrete restare come miei sudditi. Io, sovrano dei due regni, quello del nord e quello del sud, saprò essere magnanimo e vi risparmierò l’onta della sconfitta sul campo. La vostra gente vi ringrazierà, perché in tal caso non sarà sterminata. Che ne dite? - Ebbene…Ubaldo, vi dirò in tutta coscienza che non temo né voi, né il vostro potentissimo esercito. Inviterò anche voi a guardare oltre, così che vi sia chiaro il motivo della mia sicurezza. Se sarete tanto stolto da guidare il vostro esercito contro di me, soccomberete. Morte certa attende voi e i vostri poveri cavalieri, una morte che vi coglierà sia da terra che dal cielo. – e Brando si volse a guardare uno dei suoi cavalieri, che scagliò una freccia in alto.
Il segnale convenuto
Subito si alzarono in volo tutti i draghi al seguito di Soffio, che sputò fuoco con tale vigore da incendiare un albero al di là della radura, nei pressi dell’accampamento di Ubaldo. Il sovrano del Regno del Nord, forse per la prima volta in vita sua, rimase senza parole. Udì le grida di terrore dei suoi cavalieri, che abbandonarono l’assetto di guerra disperdendosi. I draghi volteggiavano sopra di essi, lanciando fiamme ovunque, senza tuttavia fare vittime.
Draghi in volo
Brando alzò un braccio e Soffio richiamò i suoi. Dopo un volo radente, quasi a sfiorare la testa di Ubaldo, i draghi scomparvero dietro la montagna. - Come avete potuto vedere, il mio esercito è molto più potente del vostro, Ubaldo. Non avete speranza alcuna di ottenere la vittoria ed il mio regno. Rassegnatevi. Vi concederò di lasciare le terre del nord con la vostra famiglia, a patto che non torniate mai più. D’ora in poi i vostri sudditi conosceranno giustizia e soprattutto pace. Il Regno del Sud e quello del Nord si uniranno sotto la mia sovranità.
- Mai! Riunirò il mio esercito, cercherò alleanze…non cederò!
- Quale esercito? I vostri cavalieri non sacrificheranno la loro vita per un re dispotico e crudele come voi. E quanto alle alleanze, temo non ne troverete. Tutti i re ed i nobili, dalle vicine terre a quelle più lontane, mi hanno già garantito il loro pieno appoggio. Siete solo Ubaldo. Rassegnatevi e accettate la mia proposta, o sarà la fine per voi.
Per la prima volta in tutta la sua esistenza Ubaldo assaporò l’amaro sapore della sconfitta. La rabbia gli ribolliva dentro, ma egli sapeva che Brando non lo avrebbe risparmiato se solo avesse tentato una reazione. – Non finirà qui. Guardatevi le spalle, poiché un giorno tornerò e mi riprenderò ciò che mi avete tolto. – sibilò Ubaldo.
...non finirà qui!
- Non vi ho temuto in passato, né le vostre minacce mi spaventano ora. Sarete scortato dai miei cavalieri fino al vostro castello, dove vi unirete alla vostra famiglia. Vi concedo di partire domani all’alba. Sarete scortati fino alla destinazione che ho scelto per voi, sorvegliati giorno e notte. Se tenterete la fuga non avrò pietà. Ricordatelo! – e dopo queste parole Brando raggiunse il suo esercito, che gli rese onore con atti e grida di esultanza.  Al ritorno l’accoglienza fu trionfale.
Una pioggia di petali accolse Brando
Petali di rose vennero lanciati dall’alto sul giovane re vittorioso, che aveva risparmiato al suo popolo una guerra cruenta e forse lunga, nonostante l’alleanza con i draghi. Romualdo era orgoglioso e fiero del suo erede, così come la regina Eleonora, che abbracciò il figlio con le lacrime agli occhi, felice per il buon esito della vicenda, ma in cuor suo molto triste per la malattia del vecchio re, suo consorte. Tuttavia quello era un giorno di festa e per nulla al mondo ella voleva turbare Brando. Lo prese per la mano e lo condusse dalla splendida Berenice, sua promessa, che lo attendeva. Sorridendo ella si inchinò, poi le loro mani si unirono e il loro sguardo fu più eloquente di mille parole. Un amore profondo legava quelle due creature così nobili nell’animo. La comunione di pensieri e di sentimenti li trasportò virtualmente in un luogo meraviglioso ed essi si estraniarono da tutto, vivendo una fiaba.
La splendida Berenice
Fu il gran ciambellano di corte ad interrompere la magia che stavano vivendo i due giovani. Tre colpi col lungo bastone ad invitare al silenzio. Il vecchio sovrano si alzò a fatica dalla poltrona accanto al trono, la regina lo affiancò.  - In questo giorno memorabile io, Romualdo, benedico mio figlio Brando, sovrano del Regno del Sud e di quello del Nord. Possa egli governare a lungo e saggiamente assieme alla futura regina, la nobile Berenice. Le nozze reali avranno luogo tra dieci giorni, alla presenza dei nostri amici ed alleati, del popolo tutto e dei cavalieri. Lunga vita a Brando e alla sua regina! - Lunga vita a Brando e alla sua regina! – risposero all’unisono tutti i presenti.
Sposi!
La cerimonia del matrimonio fu solenne, celebrata nell’atrio della chiesa alla presenza di una moltitudine di invitati, giunti anche da terre lontane a rendere omaggio al leggendario re, che aveva vinto un temibile avversario senza colpo ferire. Gli sposi vestivano di rosso, com’era consuetudine, e la splendida Berenice aveva i lunghi capelli sciolti e coperti da un velo. L’interno del sacro luogo era stato addobbato con fiori e nastri di raso, rossi anch’essi. Emozionante fu lo scambio degli anelli.
Emozionante fu lo scambio degli anelli
Venne spezzata un’unica ostia e divisa tra i due giovani, che bevvero poi dallo stesso calice e accesero un cero. Alla fine del rito, dopo essere usciti dalla chiesa accompagnati per mano dal celebrante, gli sposi entrarono assieme ai parenti nel cimitero, a pregare per i propri morti, secondo un’antica usanza. Sulla via del ritorno venne lanciato grano sulla coppia, auspicio di fertilità e abbondanza.
Grano...auspicio di fertilità e abbondanza
In onore di Brando e Berenice, Soffio e i suoi compagni draghi volteggiarono in aria, fino al castello. Al calar del sole della prima sera il prete benedì la stanza e il letto degli sposi.
...il prete benedì il letto
Il giorno dopo iniziarono i festeggiamenti: canti, danze e un sontuoso banchetto allietarono i convenuti. Furono giorni memorabili e a lungo se ne parlò.
Il banchetto nuziale
Quando tutto tornò alla normalità la vita riprese tranquilla per i reali ed i loro sudditi. Angelico, dopo l’investitura, fu nominato primo cavaliere del regno. I suoi meriti indussero il re a conferirgli un titolo nobiliare, e ad affidargli la reggenza del Regno del Nord. Il giovane lasciò a malincuore il suo fratello di latte e sovrano, ma l’amore della sua sposa, sorella della regina, compensò il dispiacere del distacco.
...l'amore della sua sposa compensò il dispiacere del distacco
Si rividero spesso tuttavia, nelle occasioni tristi come la morte di Romualdo, ma anche in quelle liete, come la nascita dei loro figli. Su tutti loro vegliava sempre l’amico drago e la sua numerosa famiglia alata, a garanzia di quella pace che Brando aveva assicurato con la sua forza e saggezza. Ed essi vissero felici a lungo, godendo della gioia che aleggiava ovunque, ma anche delle speranze e dei ricordi. Il loro presente si arricchiva infatti del passato e il futuro era ricco di promesse.


Daniela Bonifazi – Umberto Flauto – Serenella Menichetti


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