Il tranello
Nel buio della stradetta
sporca e stretta stretta
Aberardo e la sua Giulietta
viaggiavan in gran fretta
Il marito ROMUALDO
geloso e codardo
poteva un tranello tendere
e farveli cadere...
Un bacio furtivo
un sorriso giulivo..
ma ecco un rumore..
Ah gran terrore,
in un attimo
arriva per primo
un losco figuro
che si trascina sul muro
E piomba con brama
sguainando una lama
La donna trafigge violentemente
e se ne fugge precipitevolissimevolmente..
Erano tempi oscuri
c'eran loschi figuri..
ma pur oggi è così
e si può ancora morir
in questo modo gotico
per colpa di chi è zotico!
sporca e stretta stretta
Aberardo e la sua Giulietta
viaggiavan in gran fretta
Il marito ROMUALDO
geloso e codardo
poteva un tranello tendere
e farveli cadere...
Un bacio furtivo
un sorriso giulivo..
ma ecco un rumore..
Ah gran terrore,
in un attimo
arriva per primo
un losco figuro
che si trascina sul muro
E piomba con brama
sguainando una lama
La donna trafigge violentemente
e se ne fugge precipitevolissimevolmente..
Erano tempi oscuri
c'eran loschi figuri..
ma pur oggi è così
e si può ancora morir
in questo modo gotico
per colpa di chi è zotico!
Serenella Menichetti
La cotica
Volevo scrivere una filastrocca gotica
quando saltellante arrivò una cotica,
voleva entrare per forza nel testo,
io non riuscivo a trovare un pretesto
per distoglierla da questa convinzione,
Lei non ascoltava nessuna ragione!
Allora gridai:
-Basta e non devi saltare sulla biro
non puoi entrare sei mica un vampiro,
questa filastrocca non è fatta per te
ma per fantasmi, streghe e qualche re,
fossi stata una bistecca al sangue
ma sei pallida e molto molto esangue.-
Mi guardò di traverso, molto offesa
triste e rassegnata, si era poi arresa.
Fece dietro front e con tre caprioli
si rituffò nel suo tegame di fagioli.
Dolce Glicine
Una "gotica" strofetta
- Ostregheta! -
esclamò un’ostrogota
quando vide suo marito
in un luogo malfamato
a trincar come un dannato.
Era sbronzo l’ostrogoto
come un fiol de visigoto!
Con un fare assai alterato
- Vieni a casa disgraziato! -
disse allora la mujera
digrignando la dentiera
- Ho bevuto solo un goto,
devi crederci, mio loto -
ma non fece in tempo a dire
per cercar di rabbonire
quella belva furibonda
senza più la trebisonda
che arrivò uno sganassone
proprio in mezzo al suo faccione.
Or il sangue usciva a fiotti
da riempire tutti i gotti
per far festa coi vampiri
nelle notti dei sospiri
quando in ciel la luna è piena
e le streghe son di scena.
Ecco fatto, è presto detta
questa “gotica” strofetta
e pertanto vi saluto
con la canna e con l’imbuto!
Lalla Tosi
L'ostessa
Nella larga cucinonal'ostessa era andata di buon'oralegna e cenereda vendereaveva tolto con faticae aveva pulito la cucina anticaOra il marmo risplendevae la fiamma non accendevaper non dover ricominciarea lavare e risciacquare!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Daniela Trinci
Lo stiletto
Nella notte buia
senza luna e senza stelle
illuminata solo
dal riverbero delle fiammelle
una fanciulla rasente i muri
avanza lesta
col cappuccio del mantello
calato sulla testa
a nascondere la folta chioma bionda
per non attirar l'attenzione
di qualche ronda.
Sotto la gonna nello stivaletto
nasconde bene un piccolo stiletto:
con mano lenta lo prende
e se lo porta al fianco
proprio sopra la balza
del suo vestito bianco,
tenuto stretto nella sua piccola mano
pronta a difendersi
da qualche tipaccio strano.
Nel vicolo buio
che puzza di sporco e di urina
scansando ubriachi a terra
prosegue la poverina,
decisa a raggiungere
velocemente il suo scopo
senza pensare
a quel che potrà avvenire dopo:
vuole raggiungere la dimora
del malvagio Antonello
che ha ucciso il suo amore
in un fatal duello.
Ma un'ombra le si para
davanti all'improvviso
e dalla paura la fanciulla
sbianca subito in viso,
alla sua forza di coraggio, però,
fa subito appello,
alza gli occhi
e si trova di fronte
al malvagio Antonello,
che con ghigno feroce
allunga il braccio
per afferrarla e stringerla
come un forte laccio.
Ma la fanciulla con mossa svelta
brandisce lo stiletto
e gli sferra un colpo
proprio in mezzo al petto.
La sua vendetta così si è consumata
la morte del suo amor
è stata vendicata.
Scappa così di corsa
e lascia il malvagio morente
in quel vicolo buio, sporco e puzzolente.
Daniela Trinci
Il bene e il male
In un castello diroccatoin cima al Monte Nerovivono il Conte Itan e un grosso omaccionesuo fedele scudiero.Delle arti magicheil conte ha fatto le sue virtùche usa spesso per lo piùper soddisfare tutte le sue voglieche altrimenti in nessun altro modolui si toglieBrutto egli è infatti e malformatoe nessuna giovin donzellal'ha mai guardatocon sguardo pien d'amore o di esaltazionema solo di ribrezzoo di pura compassione.Così è diventatonei confronti delle donnecattivo e malvagioche se incroci per caso il suo sguardosarà triste presagio.Il conte Itan di Aladrut s'è invaghitoma lei non l'ha mai degnatonemmeno d'un sorriso.Aladrut è promessa sposaal Duca Scadveìn di Sassofortepieno di beltà e coraggioa cui s'aprono tutte le porte.Una sera buia e pioviginosamentre Aladrut se ne torna a casascortata da una fedele damigella,il malvagio conte rapisce la poverella,aiutato dal suo fido scudierol'avvolge in un nero mantelloe la porta al suo diroccato castello.Dentro una segretailluminata solo da una fiammellaal freddo e all'umidorinchiude la poverella.Ora egli può preparareuna pozion d'amoreda farle bereper tenerla così legata alla sua vitacome una mano ferreache tiene il polso con le dita.Ma mentre è lìche prepara la misturaentra di colpo Scadvein di Sassoforteper liberar la sua sposa futura.E dopo un duello all'ultimo sangueil malvagio conte è trafittoe ora giace esangue.Aladrut dal suo amore è liberatae subito a casa viene riportata.Mentre fuori infuria la tempesta,un fulmine colpisce il castellodalla parte della foresta.S'alzano bagliori e pietrenel cielo di lampi tempestatoniente più rimane di Itane del suo castello diroccato.
Serenella Menichetti
La ballata di Thalia
Tre bare spostate
nel convento del frate
Un teschio rinsecchito
nel castello turrito
Una salma seduta
su una sedia panciuta
Il fantasma di Cecco
danza su uno stecco
in una notte di luna
Thalia sta digiuna
La paura la invade
nessun la persuade
Tre bare spostate
nel convento del frate
Un teschio rinsecchito
nel castello turrito
Una salma seduta
su una sedia panciuta
Il fantasma di Cecco
cade dallo stecco
in una notte di stelle
Thalia fa frittelle
Si riempie la pancia
poi va sulla bilancia
Tre bare spostate
nel convento del frate
Un teschio rinsecchito
nel castello turrito
Una salma seduta
su una sedia panciuta
Il fantasma di Cecco
getta via lo stecco
in una notte cheta
Thalia fa la dieta.
Mangia un insalata
poi cade ammalata
Tre bare spostate
nel convento del frate
Un teschio rinsecchito
nel castello turrito
Una salma seduta
su una sedia panciuta.
Il fantasma di Cecco
riprende lo stecco
in una notte nera
Thalia si dispera.
Si mangia una torta
subito dopo è morta.
Tre bare spostate
nel convento del frate
Un teschio rinsecchito
nel castello turrito
Una salma seduta
su una sedia panciuta.
Il fantasma di Cecco
ridanza sullo stecco
in una notte ventilata
finisce la ballata.
della povera Thalia
morta di malattia
Daniela Bonifazi
Il vampiro assetato
Nel castello buio fondo,
il silenzio è assai profondo.
Tutto tace, nulla s'ode,
d'improvviso ecco che cade
con un tonfo sordo e oscuro
un qualcosa d'assai duro;
è il coperchio d'una bara
ecco, s'alza una creatura
che con mosse misurate
si solleva a braccia alzate.
Bianco cereo la sua pelle
i suoi occhi fan scintille,
è famelico il suo sguardo
appar chiaro il suo traguardo,
delle vittime innocenti
sulle quali affondar i denti
sì, canini assai affilati
che dal sangue son chiamati.
Una notte di tormenti
si preannuncia per le genti
del paese addormentato
che sarà presto infestato
da un vampiro assetato!
Milvia De Michele
Chi sono?
Presenze invisibili
animano la notte
mentre ulula alla luna
un Lupo nero disperato.
Chi sono?
Ho visto bianche lenzuola
sventolanti vagare
disperate nelle stanze.
Chi sono?
Pace cercando,
una scia di sangue
segna il percorso
di presenze indiscrete
In questo castello turrito
che in cima a un monte aguzzo
lampi sinistri illumina.
Chi sono?
Chi siamo?
Io sono di quella famiglia
di invisibili dannati..
Ma voi..chi siete?
Voi che di giorno
usurpate le nostre stanze
dove di notte apriamo le danze
noi disperate anime vaganti...
ma ci raggiungerete tutti quanti!
Chi siete?
Daniela Trinci
Il vampiro e la donzella
Quando nel silenzio
mezzanotte rintocca
ecco che da ogni cuor
subito terror trabocca:
se guardi in alto
lassù verso il castello
uscir dalla torre vedi
un grosso pipistrello
a concentriche spire
vola sopra la città
non c'è nessuno
che fermar lo potrà.
Egli ha già messo in atto
il suo fine e infallibile olfatto
e gira e gira
fino a che finalmente
odor di sangue giovane
ha fiutato tra tutta la gente.
Allora scende veloce in picchiata
e gli basta una sola occhiata
per veder da una finestrella
il collo lungo, perlaceo e ambito
di una giovin donzella.
La luna si riflette
cinerea sul suo viso
e mostra il ghigno
dell'appuntito suo sorriso.
Gli basta un soffio
per aprir quell'inutile barriera
ed entra nella stanza
silenzioso come una cameriera.
Si avvicina al letto
dell'ignara dormiente
e già pregusta
il sapor del sangue con la mente.
Allontana da sé
i lembi del mantello
e si china sulla preda
come tenero arboscello;
e mentre s'appresta a dare
il morso micidiale
a quel collo bianco e teso
che riposa sul guanciale,
da sotto le coltri
la mano della donzella
afferra e tira una cordicella
alla cui estremità
un crocefisso
ben stretto legato sta.
Subito lo alza
agli di lui davanti
che inorridisce
e si tappa il volto
con gli immacolati guanti,
cerca di arretrare
fino alla finestrella
per poi spiccare il volo
proprio da quella.
Ma la giovine
che già sente la vittoria in mano
tiene la croce alta
per non farlo volar lontano,
e mentre prega
il Signore a viva voce
capisce che lui
ormai più non le nuoce.
Le forze lo abbandonano
si sente sempre più fiacco
come se qualcuno avesse
svuotato un grosso sacco.
La croce ancor s'avanza
e lui sempre più si china
fino a diventare
una nera formichina.
Prende la donzella
allora una ciabatta
sferra una botterella
e... la frittata è fatta:
del nero pipistrello
ormai non resta più
che una macchia sul legno
che pulir dovrai tu.
Poesie gotiche
Daniela Bonifazi
Mostri senz'anima
In questa notte dannata
placherò la mia sete,
il dolce tuo nettare
avidamente suggendo.
Come trepida amante
a me t'abbandoni,
fremente il tuo corpo
di bramosia invaso,
immortale esistenza
desiando vogliosa.
Inerti le membra
le forze fiaccate
immobile giaci
su lugubre scranno.
Non pago ti lascio
nel buio vagando
in cerca di linfa
ancora ed ancora,
finché l'alba giunge
ed ha fine la caccia.
La luce s'avanza
mentr'io la rifuggo.
Per vicoli bui
rasentando muri
alfine raggiungo
la tetra dimora,
e lì ti ritrovo
cereo il tuo volto.
A me t'avvicini
le labbra incolori,
sulle mie indugi.
Tracce di sangue
follia son per te
che ancora confusa
ignori chi or sei.
Domani, prometto,
domani saprai.
E tu non rispondi,
il capo chinando
e a terra abbandoni
il tuo debole corpo.
Il volto sollevi,
mi guardi e sorridi.
Dei mostri senz'anima
fai parte anche tu!
Dolce Glicine
Canto lugubre
Canto lugubre
dis-peranza
Lenore, Lenore!
Mon amour, amour
Mai più, perché?
Più mai
La notte s’attorciglia agli occhi
in sospettoso sonno
sull’orrido tappeto in rosso sangue
s’allungano spettrali dita
rintocchi di passi cadenzati
al ritmo lento
di un fuoco lento
lento e spento vento
di pallida Morte in luna piena
di gratia plena.
Bieco un corvo
cieco
rompe l’orribile silenzio
con gracchio fiacco
e poi più nulla.
Mai più, Lenore
più mai.
Serenella Menichetti
Brindisi di Plenilunio
In questa notte di luna
che mi fa morire
abbracciato a questo
manto di tenebre
mi sento trasportare
lontano
in un sentiero occulto
che oltrepassa la vita
la materia si sgretola,
mi lascia.
Annientato,distrutto,
stordito, vagando
ti cerco...
Due calici scarlatti,
pieni fino all'orlo
traboccano.
Macchia purpurea
sul biancore di una
tovaglia immacolata
segna come un marchio
questo ultimo nostro
brindisi perverso.
La luna sfoggia in cielo
il suo biancore
E perle cadono:
sui tuoi capelli corvini,
sulla tua bocca di rubino.
sul tuo collo di seta.
Io, senza fiato, senza pace
ancora.
Voglio morderti
fino a svuotarti
l'anima...
Una sottile lama
di luce
si stacca dal mattino,
si riflette sul cristallo
di due calici vuoti
e, va a trafiggere
il pallore di un corpo
gelido: gli ultimi resti di
una notte di plenilunio.
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