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IL PAESE SENZA COLORI di Maria Laura Celli – Cecilia Bonazzi – Milvia di Michele - Daniela Bonifazi


Si racconta, nei tempi che furono, che in qualche parte del mondo, lontano, molto lontano, esistesse un paese molto piccolo, che non aveva colori. Già…tutto era grigio e tetro, perfino i tetti delle case erano incolori. Il sole splendeva alto nel cielo, sorridente, ma non aveva la forza di far arrivare i suoi caldi raggi in quel particolare paesino. Non riusciva a penetrare attraverso le finestre aperte, ad illuminare le stanze, a riscaldare gli animi. Per la gente del posto la cosa era considerata normale, nessuno ricordava ormai una situazione diversa, neanche le persone più anziane.




La vita trascorreva tranquilla. I bambini giocavano con vivacità nei cortili e il loro allegro vociare allietava gli animi dei paesani. Qualche volta tuttavia si sentiva la mancanza di un qualcosa di cui si aveva una percezione remota, come di un’altra vita in un altro tempo, più felice e... colorata oserei dire, ma è un’ipotesi azzardata dato che in quel paese nessuno, proprio nessuno aveva la più pallida idea che oltre al grigio esistessero altre gradazioni di colore. La vita trascorreva così, piuttosto monotona e senza troppe pretese,serena tutto sommato, fino a che un giorno… le galline smisero di fare le uova! Non si era mai vista una cosa simile; da che mondo è mondo, le galline avevano sempre deposto uova, ma quel giorno tutto si fermò.




I cani smisero di abbaiare e i gatti di miagolare, 



gli uccellini di cinguettare

e le rane di gracidare; 




le mucche non produssero più il latte,

 


 e così anche capre e pecore.


  Le persone non diedero troppa importanza alla cosa sul momento, prese com’erano dalle loro faccende quotidiane e ritenendo l’accaduto un episodio transitorio, ma quando all’ora di cena  non poterono preparare una  frittata perché non c’erano uova, o bere una tazza di latte perché non c’era latte, uscirono dalle case alla spicciolata e si resero finalmente conto che qualcosa di insolito stava accadendo: i cani non abbaiavano, gli uccellini non cinguettavano e le rane non gracidavano. In ogni luogo era silenzio e in quel silenzio tutto appariva ancora più grigio e scuro.
Il Sindaco, uomo di potere e cultura, indisse un consiglio comunale straordinario per discutere su quella situazione così anomala e non perse neanche troppo tempo data l’emergenza in corso.
L’intera cittadinanza partecipò e il primo a parlare fu nonno Edoardo, il più anziano di tutti, che disse: “Da qualche sera i pipistrelli non volano più” - e a seguito di questa affermazione ci fu un gran brusìo.
“ I fiori non sono fioriti stamani” – fu la replica del giardiniere cui seguirono esclamazioni di stupore.


Un bambino seduto in un angolo, intento a giocare con i suoi pastelli rigorosamente grigi, sussurrò: “Non ricordo più i sogni”.



A queste parole i commenti cessarono e calò il silenzio nella sala, un silenzio surreale, raggelante. Passarono alcuni minuti, gli sguardi dei presenti si incrociarono e l'immobilità dei loro corpi fu un tutt'uno con il silenzio quasi spettrale.
“I sogni”! - esclamò tristemente Giorgio, il macellaio. - “I sogni…sono anni  che non li faccio più”.
“Io credo di non averli mai avuti” - si espresse in tono mesto l’avvocato. Il giudice, che era accanto a lui, annuì confermando la sua stessa condizione.
Intervenne l’insegnante: “Nemmeno io sogno più, almeno da quando sono arrivata in questo paese, circa trent’anni fa”.
“E prima?” - chiese il Sindaco.




“Prima”…-  l’insegnante si interruppe e i presenti si fecero attenti - “Prima sognavo paesaggi, il cielo, la luna e le stelle, i prati fioriti e le farfalle che svolazzavano ovunque, gli uccellini sugli alberi e le rondini che volteggiavano in cerca di cibo per i piccoli…ma la cosa strana è che ricordo vagamente delle tinte diverse dal nostro grigio, più vivaci e allegre, ma…non so”!
“Ooohh!!!!” esclamarono tutti, parroco compreso.





“Mi sembra di capire che ci sia un problema di sogni” - intervenne il bibliotecario, che era appena arrivato dopo aver chiuso appunto la biblioteca comunale.
“Veramente no, signor Pietro, la cosa non riguarda soltanto i sogni…è di gran lunga più grave”! – precisò il Sindaco, e il suo intervento fu seguito da un coro animato di voci che giungevano da ogni angolo della sala consigliare.
E mentre la discussione si infervorava, in un angolo il bambino continuava a disegnare con le sue matite grigie paesaggi grigi, persone grigie e fiori grigi. Eppure  dentro di sé il piccolo sentiva che qualcosa non andava in tutto quel grigiore, qualcosa che spingeva verso l’esterno e faceva un gran male perché non trovava una via d’uscita. Ma nessuno dei presenti avvertì quel disagio che si diffondeva nell’ambiente circostante, né di quanto stesse soffrendo il bambino: la tensione era troppa e l’argomento era di vitale importanza per il paese.


Fu allora che, attraverso una finestra aperta, si vide volare leggera leggera una farfallina di un pallido colore giallo paglierino,  in cerca di un fiore su cui posarsi per suggere il dolce nettare.



La notarono tutti, proprio tutti, in virtù del suo colore che si discostava dal solito grigio, così delicato che pareva un'illusione, un miraggio quasi, in un deserto tutto  grigio e freddo.


“Un deserto ... freddo”?- direte voi.
“Certo l’affermazione suona alquanto strana, ma vi assicuro che di freddi deserti ce ne sono, ce ne sono tanti”!
“Ooooh”! – si udì a seguito di quella veduta eccezionale.
Il coro di esclamazioni salì verso il cielo, come una nuvola invisibile, e salendo dava un po' di luce alle cose, le rischiarava e le dipingeva leggermente di timide sfumature color pastello.
Più la nuvoletta saliva, più il coro di espressioni meravigliate aumentava, finchè nacque una risatina, che come ruscelletto canterino sembrò ballare tra i ciottoli, spruzzare intorno allegria, e crescere gonfiandosi via via, mentre scorreva verso il mare.
Ma il nostro ruscello, scendendo verso valle, prese velocità e tra i sassi e le rocce e diventò cascata, facendo festa con schiuma e spruzzi, che come fuochi d'artificio brillavano e coloravano il cielo nero della notte.
Fu così che scoppiò una risatona liberatoria da ogni gola, da ogni bocca, da ogni ...pancia!
La farfallina, volando e roteando fra tutto quel clamore, trovò finalmente un fiore su cui appoggiarsi. Era un piccolo fiore disegnato su un foglio di carta, disegnato da quel bambino seduto in un angolo della grande sala, dove l’intera cittadinanza si era radunata.



Una lacrima scese dal volto del bimbo e cadde sul fiore, dissetandolo…ma che dico? Un disegno non si disseta, un disegno è irreale, non respira, non mangia e …non beve!
Eppure in quel fiore qualcosa cambiò. Prima assunse una lieve colorazione pastello e a questo primo cambiamento il bimbo fece un sorriso e a quel sorriso il fiore disegnato intensificò le sue tonalità; allora il bambino scoppiò in una risata argentina, e la farfalla si appoggiò su un altro fiore e su un altro ancora, finchè l’intero disegno prese colore.

Il “contagio” fu immediato e se poco prima la risata era stata liberatoria, ora i sorrisi degli adulti si mescolavano al sorriso del bambino e alle lacrime collettive che sgorgavano di gioia per quanto stava accadendo. 


Pian piano ogni cosa prese colore, di lieve tonalità all’inizio, s'intende, ma fu comunque un inizio. E non basta, quella notte qualcuno riprese a sognare e, svegliandosi l'indomani, trovò la propria abitazione dipinta con variazioni cromatiche che facevano bene agli occhi e al cuore.
Anche il sole era più brillante e splendeva nel cielo sempre più azzurro e lambiva con i suoi caldi raggi le persone, gli animali e le cose d’intorno.
Una gallina spiegò le sue ali a quei raggi mostrando il suo piumaggio colorato e di lì a poco fece un uovo e si mise pure a covarlo.
La tavolozza di Madre Natura fu usata più e più volte...vari pennelli pieni di colori danzavano su prati che divennero di un verde sempre più intenso, i campi di grano maturo biondeggiavano sotto un sole giallo e luminoso, le spighe dorate si pavoneggiavano assieme a miriadi di papaveri, i tetti rossi delle case spiccavano in un paesaggio da fiaba, dove ogni persona, animale o cosa si vivacizzava con tinte accese ed allegre. Tutto era meraviglioso ora...niente più squallore! La vita non era più così monotona in quel paesino sperduto chissà dove. Lacrime e sorrisi...che cura miracolosa! A volte servono entrambe le cose per migliorare una situazione precaria come quella del piccolo e incolore paese che troppo a lungo si era adattato a quella grigia condizione di vita.


Uno scrittore venne a conoscenza dello straordinario e quasi magico cambiamento nel paesino e decise di scrivere un racconto affinchè tutti potessero conoscere quella storia fantastica. Il libro fu intitolato " Il paese senza colori" e divenne un best seller, vendette migliaia di copie e promosse il turismo di massa: molte famiglie decisero di trascorrere lì le loro vacanze, ammirando i colori che ogni giorno diventavano sempre più vivi e rallegravano il paesaggio e giovavano al benessere fisico e mentale. Eh già...i turisti si accorsero che gli abitanti di quel paesino erano sempre di buonumore e in buona salute. Si sparse quindi la voce che quello fosse un luogo di cura per la depressione. "Che ne dite di farci un salto? Potrebbe giovarvi un po' di sana allegria"!

Il paese senza colori - Best seller



Maria Laura Celli – Cecilia Bonazzi – Milvia di Michele - Daniela Bonifazi


Tutte le immagini sono state reperite sul Web




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