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RURU' di Giovanni Tricozzi – Daniela Bonifazi – Serenella Menichetti


Rurù
Era piccolo per la sua età, non più alto della giovane pianta di rosmarino che cresceva nel giardino condominiale. Chi lo conosceva lo chiamava affettuosamente Rurù, per via di un modo tutto suo di parlare; non che parlasse molto, ma quando lo faceva iniziava blaterando un “ru” prima d’ogni parola. Ecco allora che per dire “ ho sette anni”, diceva “ru-ho sette anni”, oppure quando la mamma lo chiamava per pranzare, rispondeva “ru-arrivo mammina”. A scuola era per lo più compatito dai compagni e veniva spesso preso in giro per questa, come dire…stranezza.
A volte gli capitava di pensare al suo difetto, ma non provava disagio per il fatto che i compagni lo deridessero. Del resto quel ru indicava che lui era diverso ed era quindi giustificato il loro modo di reagire. Quello che lo faceva stare male davvero era piuttosto il sentirsi solo, senza veri amici coi quali potersi confidare, ai quali poter raccontare, con le sue parole di bambino, quanta solitudine c’era nel suo mondo.





La sua famiglia si era trasferita in città da due anni, prima abitavano in campagna, in una bella casa immersa nel verde dei prati e nel colore dei vigneti. 



Genni
Lì Rurù aveva molti amici ma ora poteva solo ricordarli con tanta nostalgia. Erano tutti animali: la rana Genni, esperta nel seguire ogni tipo di traccia,





Tommi
il falchetto Tommi che dall’alto vigilava sui pericoli e per via delle sue abilità di volo non disdegnava di fare picchiate mozzafiato per la gioia del piccolo gruppo d’amici,




Doc
il fido Doc, il cane più in gamba del mondo.









Rurù ricordava ogni gioia o dolore provato quando la sua vita era scandita dai ritmi della natura e la solitudine solo un vago sentire.
Un avvenimento in particolare cambiò radicalmente l’esistenza del bambino e dei suoi amici. Purtroppo nessuno di essi ricorda nulla di ciò che avvenne, perciò sarò io a raccontarvelo.

Un giorno l’affiatato quartetto, diretto verso la casa di Johnny, di professione spaventapasseri a tempo pieno, visse un’avventura a dir poco misteriosa.
Prima di raggiungere la casa del loro immobile compagno d’avventure, il gruppetto si fermò per controllare che nella sacca del bambino ci fosse tutto quello che erano riusciti a trovare. Rurù tirò fuori un vecchio giaccone militare, una sciarpa di lana sfrangiata e un berretto, di quelli che proteggono dal freddo anche le orecchie. “ Si, c’è tutto l’occorrente per fargli passare un inverno più caldo”- commentò il bambino.
Gli animali furono d’accordo. Doc, avvicinandosi a Rurù, gli sfregò affettuosamente il grosso muso contro la gamba esprimendo così la sua soddisfazione. Si rimisero dunque in marcia, ormai non restava che un breve tratto di strada da percorrere e di lì a poco giunsero a destinazione.
“Ciao Johnny, ti ru-vedo in forma.
Quante ru-gazze ladre hai cacciato dal campo ru-oggi? Sarà felice il ru-contadino del tuo ru-prezioso aiuto.
 Ma ora ru-lascia che ti vesta, ho portato le ru-cose che ti avevo ru-promesso”. La luce si stava affievolendo e la sera era prossima, bisognava fare in fretta. Per tutto il giorno il sole aveva riscaldato generosamente una parte del mondo ma ora era al tramonto, la sua energia diretta verso altre terre.





Rurù si accinse a vestire l’infreddolito Johnny, ma si rese ben presto conto che la cosa costituiva una vera impresa: lo spaventapasseri era piuttosto alto ed il piccolo non gli arrivava che alle “ginocchia”. Come riuscire ad infilargli il giaccone o, peggio ancora, mettere sul capo del suo amico immobile berretto e sciarpa? Per un attimo, sfiduciato, si sentì inadeguato. La sua statura non gli aveva creato problemi di sorta…fino a quel momento. Alla delusione si sostituì la rabbia, un sentimento mai provato prima di allora. Rurù pestò con forza i piedini a terra gridando: “Ru-no!” Doc guaì, sconsolato anch’esso, e leccò la mano del suo amico. Genni gracidò facendo intendere che neanche lei aveva i mezzi per aiutare Rurù. Ma ecco scendere in picchiata il temerario Tommi, che cominciò a svolazzare attorno allo spaventapasseri e lanciò il suo verso stridulo. In pochi minuti altri falchi giunsero dal cielo. Con i loro becchi afferrarono i lembi del giaccone e lo sollevarono, poi con grande maestria lo fecero indossare a Johnny. Ancor più semplice fu collocare il berretto e la sciarpa. Stridendo allegramente volteggiarono sopra il gruppetto di amici e si dileguarono in alto, sempre più in alto.



“Ru- non ci posso ru-credere…è ru-fantastico!” – esclamò il bambino saltando dalla gioia.
Doc saltellava e scodinzolava, Genni faceva anch’essa lunghi salti e Tommi si pavoneggiava sul capo di Johnny, fiero di se stesso e del suo operato. Fu allora che accadde una cosa del tutto inaspettata: un pulviscolo scintillante, trasportato da un lieve venticello che da poco aveva cominciato a soffiare, si depositò sul gruppetto di amici, che subito si sentirono disorientati e confusi, quasi avessero perso la percezione del tempo e dello spazio in cui si trovavano. Il senso di smarrimento durò alcuni minuti, poi accadde l’inverosimile: Johnny mosse le braccia e la testa, roteò gli occhi ed esclamò: “Per tutte le cornacchie e le gazze ladre del circondario! Caspita! Sembro proprio un gran signore! Grazie, amici…grazie!”
“Beh, a dire il vero, il merito è tutto  mio!” – stridette Tommi.
“Ma sentitelo! E chi ha procurato gli indumenti? Il mio padroncino Rurù…ecco chi!” – blaterò il fedele Doc.
“Già! È proprio così! Sei davvero un presuntuoso, falchetto dei miei stivali!” – aggiunse la rana Genni.
“Ru - lo stivale!! Sapevo di aver ru-dimenticato qualcosa! Oh, come mi dispiace Johnny, ma non preoccuparti…te lo porterò ru-domani.” – disse Rurù. Poi, realizzando quanto era accaduto, indietreggiò puntando il suo dito indice verso quegli amici che, a quanto pareva, erano…pensanti e parlanti!
“Ru…ru…ru…ma com’è possibile? – balbettò il bambino.
“Tutto è possibile, se credi nella magia, mio caro Rurù!” 

Fantasia
Il bambino ed i suoi amici volsero il capo nella direzione da cui proveniva la voce misteriosa e grande fu la loro sorpresa nel vedere una creatura minuta e dall’aspetto grazioso: sembrava una bambina in miniatura, ma aveva le ali e le sue piccole orecchie erano a punta.
“Chi sei?” – le chiese Rurù.
“Il mio nome è Fantasia e sono di origine elfica. Ho il potere di mutare l’impossibile nel possibile, ed è questo che è accaduto poco fa.”
“Ma perché l’hai fatto?” – domandò incuriosito Doc.
“Ho udito il richiamo dell’amicizia e della solidarietà. Non ci crederete, ma è un richiamo molto insistente e vuole essere ascoltato. Nel Mondo c’è tanta malvagità, indifferenza ai bisogni altrui, noncuranza dei bisogni di chi soffre. Quando la voce dell’amicizia si fa sentire…io accorro. Ed eccomi qui, per premiarvi e darvi la possibilità di comunicare meglio i vostri nobili sentimenti.”
“Ru- incredibile!” – esclamò Rurù.
“E perché mai? Non poteva andare meglio al cane più in gamba del Mondo!” – scherzò Doc.
“Devo andare dall’oculista. – bofonchiò Tommi – Non capisco perché non ti ho mai scorta dall’alto.”
“Ed io mi mangerei le zampine per non aver mai notato le tue tracce!” – aggiunse la rana Genni.
“Anch’io non sono un gran che come guardiano!” – concluse Johnny.
La donnina elfo scosse la testolina e disse: “ Non avreste mai potuto accorgervi di me. Ve l’ho detto…sono una creatura magica. Nessuno può vedere il mio aspetto se io non mi materializzo. Accogliete il mio dono con gioia e godetene i benefici. Non dureranno per sempre. Rurù, tu sei speciale ed è per questo che ti ho scelto, ma non dovrai rivelare a nessuno la mia esistenza. È molto importante, ricordalo!”
“Ru- sì. Come vuoi Fantasia. Ma quanto durerà la tua ru-magia? Hai detto che non sarà per sempre.”
“Te lo dirò quando sarà il momento giusto, non pensarci per ora.”
Ru-grazie, Fantasia, sono proprio ru-contento, di ru- conoscerti!”- rispose il ragazzino con gli occhi splendenti di felicità.
 Non aveva ancora terminato la frase, quando il rombo di un tuono  annunciò un temporale. In men che non si dica grosse nuvole scure coprirono interamente l'azzurro del cielo ed ognuna di esse aveva un aspetto mostruoso.





Ancora più inquietante era un enorme nuvolone, con le sembianze di una creatura infernale: il corpo immenso nero come la pece, con attaccata una piccola testa provvista di un naso adunco e di una bocca spalancata. Il variegato quintetto, Fantasia compresa, era rimasto attonito, con gli occhi incollati a quell'angosciante figura che avanzava.
Il terrore si sostituì allo sgomento, quando videro che dalla bocca del nuvolone cominciò a grondare una sostanza rossa che, colando, raggiungeva la terra. Era davvero strana, all'apparenza liquida, che però, a contatto con l'aria, si compattava aumentando anche di volume. A distanza ravvicinata, come purtroppo riuscirono a vederla i nostri piccoli amici, assomigliava ad un'enorme lingua vischiosa. Il suo movimento era sinuoso, simile a quello di un serpente, dal corpo piatto. Ogni filo d'erba, ogni fiore, ogni animaletto che essa lambiva, rimaneva inesorabilmente appiccicato al suo corpo vischioso.
Ma dovete sapere che il fenomeno ancora più terrificante, era " L'ARROTOLAMENTO” . Questo essere ingordo infatti, appena avvertiva che la lingua era riuscita a catturare un certo numero di elementi, la faceva arrotolare su se stessa, tanto da raggiungere la cavità orale e ingurgitare le sue povere prede. Subito dopo, si srotolava per raggiungere nuovamente la superficie terrestre.
Alla visione di questo orrendo fenomeno, Rurù e gli altri erano rimasti pietrificati.



Fantasia era veramente sotto shock, tanto da aver dimenticato la formula per scomparire. Dopo vari tentativi, fu ahimè raggiunta dalla temibile sostanza rossa. Cercò invano di sbattere le sue piccole ali per sfuggirle, ma fu catturata, rimanendo imprigionata in quella “cosa” vischiosa. Rurù si coprì gli occhi con le piccole mani per evitare di vedere l'arrotolamento, mentre dalla sua bocca usciva un' infinita serie di ru , intervallati da altrettanti singhiozzi. Repentinamente come erano comparsi i nuvoloni sparirono, portando con loro la dolce Fantasia. Il cielo, incurante del dolore di Rurù e dei suoi amici, tornò a sorridere di azzurro e di luce. Il bambino fu colto da una tristezza densa come nebbia, che spense il suo sguardo e la felicità che aveva provato solo pochi minuti prima. Si sedette sull'erba, accanto ai suoi amici, si accorse che essi avevano perduto il dono della parola, incrociò le braccia. Un silenzio pesante scese sulla vallata.  Dai suoi occhi sgorgarono lacrime cocenti. Fu un attimo, poi una rabbia incontrollabile lo colse. Si asciugò gli occhi con entrambe le manine e si alzò di scatto con i pugni chiusi ed il corpo scosso da un fremito convulso. “ Ru-no, no e poi NO! – gridò con tutto il fiato che aveva in gola – Amici, dobbiamo ru-salvare Fantasia a tutti i costi. Ru-siete con me?”
Doc abbaiò scodinzolando, Tommi spiccò il volo e lanciò il suo “grido di guerra” e Genni saltellò qua e là, a far intendere anche la sua adesione all’impresa, qualunque essa fosse. Già! Che cosa aveva in mente Rurù? Ci voleva un piano e se i suoi amici animali avessero ritrovato la capacità di comunicare parlando tutto sarebbe stato più semplice. Guardandosi attorno in cerca di un’ispirazione Rurù scorse uno strano luccichio sul prato, proprio lì accanto. Si avvicinò e…”Ru-sì! – esclamò con entusiasmo – “Quella è la polvere magica di Fantasia. Ce n’è abbastanza per tutti voi amici. Presto! Rotolatevi sull’erba…dovrebbe fare effetto di nuovo!”

Il cane, la rana ed il falchetto fecero quanto Rurù aveva chiesto, poi si guardarono: nessuno di essi aveva il coraggio di provare a parlare. Che delusione se non avesse funzionato! Fu Doc a prendere l’iniziativa e, rivolgendosi a Tommi aprì la bocca, mostrando i suoi denti affilati: “Giuro che se non riesco a parlare ti mangio in un sol boccone e non lascio neanche una piuma di te!”
“Non hai che da provarci, quadrupede insolente!” – rispose l’uccello.
“Ah ah ah! EVVIVA! Ha funzionato!” – gridò Genni.
“Ru-meno male! Ora sì che possiamo ru-studiare un piano per cercare la nostra ru-amica elfo.”
“Ehi, senza offesa, - stavo solo scherzando – disse Doc al falchetto.
“Tranquillo, lo so, - rispose Tommi – e comunque non mi avresti mai preso, terrestre-che-non-sa-volare…eh eh!”
Il buonumore procurato dalla rinnovata capacità di comunicare con la parola per gli animali amici di Rurù fu subito inibito dalla tristezza di quanto accaduto.

Fu allora che Genni guardò i compagni e disse: “ So dove sono diretti quei nuvoloni, vedo le loro tracce nel cielo. Seguitemi! Dobbiamo andare alla gola di Eolo, là troveremo Fantasia”. Già, la Gola di Eolo, quel posto orribile! Un orrido dominato dai venti, roccia a strapiombo sul vuoto, un luogo dove si dice che non cresca la vita. Era situato al limitar del bosco, oltre  svettavano le cime innevate dei monti Turchesi. Lì era diretto il gruppetto di coraggiosi amici. I venti avevano spinto quegli enormi nuvoloni e con essi Fantasia  nella gola dell’orrido. 
L'Orrido
Correva Rurù, e a un tratto si sentì sollevare e cominciò a volare; questo strano fenomeno capitò anche a Doc e Genni. Ora  gli amici sorvolavano le chiome degli alberi mentre nel cielo serale una rotonda luna sorgeva dalle montagne. Doc e Genni si misero a ridere, un riso dovuto forse alla goffaggine del loro volo, Rurù si sentiva a suo agio, volava al fianco di Tommi. Tutti ora sentivano nel cuore accendersi una fiamma.
A parte Tommi, già avvezzo al volo, per gli altri quell’inconsueto modo di spostarsi suscitava emozioni mai provate. Nei loro pensieri tanti perché, ma l’unica risposta plausibile era un ulteriore effetto della polvere magica di Fantasia, che forse in tal modo richiamava a sé i suoi nuovi amici. Intanto si cominciavano a scorgere le bianche cime dei monti Turchesi. La paura prese il sopravvento sul coraggio finora dimostrato da Rurù e gli altri, ma fu solo per un attimo. Il ricordo di Fantasia che svaniva, inglobata in quella sostanza rossa e vischiosa, fu la spinta per agire in aiuto della magica creatura ormai tanto cara a tutti loro.
“Ru-non dobbiamo farci ru-notare, - disse Rurù – scendiamo ru-velocemente e andiamo a nasconderci in quell’anfratto di roccia. Ru-seguitemi!”
Così fecero. La rientranza era abbastanza grande per tutti, che del resto non occupavano molto spazio: un bambino, una rana, uno spaventapasseri, un falchetto ed un cane. Il freddo era pungente e Doc si offrì di scaldare gli amici; la temperatura del suo corpo era di certo superiore a quella della rana, che rischiava il congelamento, di Tommi e naturalmente di Rurù, vulnerabile come Genni e impreparato a quel gelido ambiente. L’unico immune al freddo era Johnny, per la sua natura e grazie anche agli indumenti regalatigli da Rurù. Gli altri, rannicchiati e avvolti dal pelo morbido e tiepido di Doc, cominciarono a pensare: come avrebbero potuto affrontare l’orrida creatura e liberare Fantasia?
Fu Tommi il primo a parlare: “ Ho sorvolato spesso questi monti e conosco il passaggio segreto da cui i venti escono quando vogliono creare scompiglio. Li ho spiati più d’una volta e li ho visti rientrare nello stesso buco, che si apre solo quando essi si sprigionano, richiudendosi immediatamente.”
“Oh, ma che bella informazione! – esclamò acida Genni – Ci è di grande aiuto! Come dire che non possiamo entrare né uscire!”
“Povera Fantasia! – aggiunse Doc.
“Eppure un modo per raggiungere la nostra amica deve pur esserci”! – disse sconsolato lo spaventapasseri.
“Ru-ci sono! – gridò Rurù facendo sobbalzare tutti – La polvere magica!”
“Non ne abbiamo! – piagnucolò Tommi – Vi siete rotolati sul prato fino ad impregnare tutti i vostri corpi!”
“Appunto! Ru-guardate! Non vedete come siamo brillanti e luminescenti? Basterà scuotersi ru-energicamente e di certo riusciremo a racimolare un bel mucchietto della magica ru-polverina di Fantasia.”
“Forse! – disse Genni – Ma in che modo la polvere scintillante ci sarà utile?”
“Ru- lo vedremo. Su…datevi da fare!” – esortò il bambino.
Tutti, meno Tommi, cominciarono a saltellare freneticamente sulla giacca che Johnny si era tolto, in modo che la polvere vi cadesse sopra. Salta e salta, scuoti e scuoti, alla fine un bel mucchietto della magica polverina fu recuperata. Rurù la raccolse e la mise in una tasca dei suoi pantaloncini.
“E ora che si fa? – domandò Genni.
“Già, che hai in mente? Te lo dico subito…io quei venti malefici non li sfido. Sono talmente potenti da spedirti nello spazio profondo dal quale è impossibile ritornare vivi”!
“ E allora noi non li ru-sfideremo! Aspetteremo che escano e solo ru-allora agiremo”!
“Ma te l’ho detto che il passaggio si richiude subito! Non faremo mai in tempo a entrare, e se anche uno di noi dovesse farcela resterebbe imprigionato nella gola. Brrrr!!!!”
“Fidati! Ho un piano. Tu ci ru-indicherai il passaggio segreto, ci ru-nasconderemo dietro le rocce e aspetteremo che i ru-venti escano tutti. Poi soffieremo la polvere magica e…ru-Apriti Sesamo! Useremo la formula di Alì Babà!”
“Ma è una fiaba!” – disse Doc che fino ad allora era stato in silenzio.
“Mio caro amico, - intervenne allora Johnny – non è proprio ciò che stiamo vivendo noi?”
“E’ così, ru-guardatevi…e ascoltatevi…tutto odora di magia! Perché mai non dovrebbe ru-funzionare?”
Nessun altro ebbe argomenti per confutare una verità così palese.
“Ru-andiamo?” – propose il bambino.
Tommi fece strada e tutti lo seguirono. Giunti al passaggio si nascosero e aspettarono, con pazienza e fiducia.
Venne l’alba che portò con se tutta la potenza della luce. Il primo a svegliarsi fu Doc, che delicatamente si scostò dal gruppetto di amici e raggiunse l’uscita del riparo; una volta fuori il cane rimase completamente stupito da ciò che si stava formando sopra la sua testa e spalancò gli occhi incredulo: il cielo era in fermento, tutto colorato e in  movimento, come una spirale che s’incurva lentamente intorno al suo centro. I colori erano stupefacenti e ora abbagliavano ogni zona dell’orrido.
Rurù spuntò di corsa dal riparo gridando: “Doc, torna qui! Doc… Doc!”
Il cane si voltò verso il bambino con lo stupore ancora stampato sul muso, poi gli corse incontro eccitato: “Rurù, hai visto? E’ stupendo, non avevo mai veduto tanti colori in un solo momento. 

“Ru-sì, Doc, ho visto, ma non è così ru-bello quel movimento nel ru-cielo. Quella spirale è un ru-occhio che ci osserva. Chi ha rapito Fantasia ru-vuole essere certo che nessuno riesca a ru-liberarla. Ecco cos’è quel gran trambusto nel ru-cielo.” Udite quelle parole, Doc sospirò: “ Ma è mai possibile che le cose belle debbano essere anche cattive?” Tommi,  Genni e Johnny si guardarono, indecisi se ritenere Doc un po’ “tocco” o condividere il suo pensiero.
Decisero che era il momento di uscire e avvicinarsi al luogo indicato dal falchetto, il quale non prese il volo per non farsi notare e si sistemò sulla schiena di Doc.
“Certo che neppure un autobus di città mi farebbe fare più sobbalzi di te. Non puoi fare più attenzione, testone d’ un quadrupede?”- borbottò Tommi.  Doc non prestò minimamente ascolto a quelle parole, ascoltava l’uccello solo quando gli indicava la strada. Il volatile era così, così…ecco, così egocentrico! Era solo grazie all’amicizia che li univa e all’immenso coraggio che esso dimostrava ogni volta che l’occasione lo richiedeva che il cane riusciva a sopportarlo.
Giunti in prossimità del luogo indicato dal falco, Rurù gli chiese  di avvicinarsi e ispezionare il passaggio di roccia da cui sarebbero usciti quei terribili venti.
Saltellando tra ciuffi d’erba e camminando come una spia tra ramoscelli e piante, il falchetto si trovò di fronte alla parete di roccia. Dal suo punto di vista appariva immensa, omogenea, solo una spaccatura superficiale sul suo lato estremo. Rifece la strada al contrario e riferì al gruppetto ciò che aveva visto. “ Ru-bene, disse Rurù, ci avvicineremo il più possibile verso quella ru-spaccatura, sento che resta ru-poco tempo prima che i ru-venti fuoriescano.”



Non aveva ancora finito la frase che in un baleno si aprì un foro non più grande di un bambino e dalla roccia uscirono tutti i venti che stavano nel grembo dell’orrido. L’energia fu tale che gli amici dovettero tapparsi le orecchie per proteggersi dal rumore terribile che produceva.
Tutto durò un attimo, poi giunse un gran silenzio e subito dopo la voce di Rurù che esortava ad avvicinarsi alla roccia.






Prese la polverina magica dalla tasca, la guardò brillare nel palmo della mano e la lanciò in direzione della frattura di roccia, poi all’unisono i cinque amici declamarono: “Apriti Sesamo!”



D’incanto comparve una piccola serratura proprio davanti allo sguardo curioso del gruppetto. Genni esclamò con disappunto: “Sapevo che c’era la fregatura!” Doc e Johnny restarono sorpresi, Tommi guardò Rurù e disse  ironico: “Non è che ti trovi la chiave giusta in tasca?”
Rurù istintivamente mise la mano nella tasca e tirò fuori una vecchia chiave, era quella della soffitta di casa dove si rifugiava per vivere il  suo mondo immaginario. La mise nella toppa della serratura, girò la chiave e si ritrovò, coi suoi amici, direttamente dentro quel luogo sinistro.
Al loro ingresso la montagna fu scossa da un violento tremito, come sconvolta da un terremoto. Sembrava che essa si ribellasse e volesse ostacolare gli amici.
“Tenetevi ru-pronti! – sussurrò Rurù – Dobbiamo riuscire a procedere  ru-prima che i venti tornino!”
E così fecero. Il coraggioso gruppo si inoltrò nella Gola, sprezzante del pericolo e animato dal desiderio di liberare Fantasia.
L’ultimo della fila era Johnny, un po’ impacciato nei movimenti: privo di gambe era costretto a saltellare sul suo unico“piede” di legno.
Più andavano avanti più l’antro si restringeva, finchè il passaggio divenne proibitivo per Doc e Johnny.
“Aspettateci qui! – disse Rurù – Continueremo ru-noi, che siamo più piccoli”.
Pur delusi e frustrati, il cane e lo spaventapasseri non ebbero scelta e si rassegnarono. Gli altri avanzarono, senza perdere la speranza. La loro caparbietà fu premiata: Fantasia apparve d’improvviso davanti ai loro occhi. Oh, come erano felici! Ma l’eccitazione del ritrovamento lasciò il posto allo sconcerto: non una ma tante Fantasia si materializzarono.
“Non è ru-possibile!” – esclamò Rurù.
“Che diavoleria è mai questa?” – aggiunse Genni.
“Oh, no!” – si lamentò Tommi – E ora che si fa”?
Fu allora che udirono la voce della magica creatura: “ E’ un’illusione, amici. Solo una delle immagini che vedete è reale, e quella sono io. Esiste un solo modo per svelare ciò che è nascosto e pur visibile. So che avete ancora la mia polvere magica; basterà gettarne una piccolissima quantità su ogni sagoma che mi rappresenta. Quelle false svaniranno, ma io sarò infine finalmente libera.”
I tre si guardarono un po’ perplessi, ma valeva la pena tentare. Rurù infilò la manina nella tasca della sua piccola giacca e gettò la polverina sull’immagine a lui più vicina. PLUFF! Svanita!
“Evviva! Funziona! Funziona!” – gongolarono tutti.
“Presto! – disse Tommi – Non abbiamo molto tempo. I venti possono tornare da un  momento all’altro!”
E il falchetto si offrì di aiutare il bambino a spargere la magica polvere. Rurù ne depositò un mucchietto su entrambe le ali di Tommi, che scuotendole sulle sagome, volando sopra di esse, poteva velocizzare l’operazione. Una ad una le false Fantasia si dileguarono all’istante, colpite da quella “pioggia” luminescente.
Ed eccola lì, finalmente! La donnina elfo sorrise ai suoi amici e fece un grazioso inchino. “Usciamo da questo posto orribile” – disse poi – “Seguitemi, vi guiderò io!”
Intanto Johnny e Doc erano in trepidazione, dispiaciuti di non essere con gli amici e di non poter contribuire all’impresa. Si chiedevano cosa stesse accadendo. Lo spaventapasseri saltellava senza posa e Doc era steso a terra col muso tra le zampe anteriori e gli occhi tristi. Quando videro la creatura magica, seguita dalla rana e dagli altri due compagni, non riuscivano più a contenere la gioia. 
 Ma non c’era tempo per le congratulazioni e le manifestazioni d’affetto. Fantasia agitò la sua bacchetta magica e pronunciò una strana formula. Ed ecco…il passaggio si aprì all’istante. Erano liberi! Appena fuori furono avvolti da una fitta coltre di nebbia, che assunse un colore azzurrino e iniziò a girare loro attorno. Quando essa svanì…incredibile! Erano nuovamente nel campo del contadino e il sole era ancora in cielo. Sembravano trascorsi solo pochissimi minuti, ma tutti avevano avuto l’impressione di essere via da molto, molto tempo.
“Anche il tempo a volte illude, miei cari amici. Vi ringrazio di cuore per il vostro altruismo e per il coraggio dimostrato nell’affrontare la Gola di Eolo ed i temibili venti. Meritate una ricompensa ed io posso esaudire i vostri desideri. Parlate dunque!”
“Davvero?” – esclamarono i componenti di quello strano gruppo, così eterogeneo eppur legato da una profonda amicizia.
“Davvero!” – confermò l’elfo.
“Io ho sempre desiderato trovare il ranocchio dei miei sogni, e vivere felice con lui nello stagno.” – disse Genny arrossendo per l’imbarazzo.
“Io invece vorrei diventare umano, avere due gambe per camminare e correre, avere una vita insomma. Se resterò uno spaventapasseri prima o poi le intemperie mi distruggeranno. Che senso avrà avuto allora la mia esistenza?” – disse Johnny.
“Oh, io ti ringrazio Fantasia, ma sto bene così. – intervenne Tommi – Posso volare, sono libero, felice di tornare al mio nido e trovare la mia famiglia. Nulla è più importante della famiglia. Io sono io e così voglio rimanere…senza offesa!”
“E tu, piccolo Rurù? Non hai alcun desiderio?”
“Beh, naturalmente ne ho uno anch’io. Vorrei tanto tornare a vivere in campagna con i miei genitori, frequentare la scuola del vicino paese, avere altri amici oltre a quelli che sono qui ora, e soprattutto vorrei riuscire a parlare correttamente, senza più “ru” davanti alle parole. Nessuno mi prenderebbe più in giro. Forse ciò che chiedo non è possibile…in verità ho espresso più d’un desiderio!” – rispose sommessamente il bambino.
“Vi devo la vita, ed ho il potere della magia solo per fare del bene. Voi tutti siete creature meravigliose, con buoni sentimenti e tanto amore. Meritate ciò che avete chiesto e lo avrete. Vi voglio bene e mi costa molto dirvi addio…no! Non dite nulla. È inevitabile. La legge del magico popolo elfico consente di aiutare chi ha bisogno, ma ci è proibito svelare la nostra esistenza. Per questo non vi ricorderete di me, ma io non vi dimenticherò mai. Grazie amici!”
E Fantasia svanì!



Cosa accadde dopo nessuno fu in grado di comprenderlo, ma ognuno ebbe ciò che aveva desiderato.
Nessuna memoria di quanto accaduto, solo felicità. Potete immaginare la conclusione di questa storia fantastica, ogni altra parola sarebbe superflua. Ah! Dimenticavo…ovviamente Tommi non conservò il dono della parola e ricominciò a lanciare il suo stridulo verso. Se tendete l’orecchio forse riuscirete a sentirlo.

Giovanni Tricozzi – Daniela Bonifazi – Serenella Menichetti

Tutte le immagini inserite nel racconto sono tratte dal web.

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