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Il segreto di Viola


Finalmente il sole!

Finalmente il sole, dopo tanta pioggia! L’edificio che ospitava l’agenzia “Elite immobiliare”, oltre a prestigiosi studi legali e medici, era situato in via Monte Napoleone. Viola era in anticipo, come suo solito. Il suo impiego da segretaria le imponeva di aprire l’agenzia, accendere tutti i PC e consultare l’agenda per aggiornare gli agenti sugli appuntamenti della giornata. Era impeccabile e molto professionale, una figura di riferimento per il dirigente, molto più, una collaboratrice indispensabile. Per la sua giovane età era fin troppo matura, riservata oltre misura tanto che i suoi compagni di lavoro, pur dopo tre anni ormai di convivenza nell’ufficio, di lei non sapevano praticamente nulla. Viola evitava accuratamente qualsiasi contatto personale, confidenze e condivisioni di interessi. Il martedì e il giovedì si faceva orario continuato, con una breve pausa pranzo seguita da una riunione dello staff per fare il punto della situazione.
Pausa pranzo!
Solitamente gli agenti pranzavano in un bar - ristorante poco distante, ma Viola non si univa ad essi, adducendo ogni volta una scusa qualsiasi, tanto che ormai gli altri avevano rinunciato alla sua compagnia. Giorni seguivano giorni. Il tempo passava.  Un giovedì, durante una riunione, Daniel fece una dichiarazione inaspettata. Trent’anni e agente più anziano, una garanzia di affidabilità e competenza, un esempio per tutti gli altri. - Mi trasferisco all’estero. – annunciò – Ho intenzione di riprendere gli studi. Voglio conseguire un master in management e Business Administration. Frequenterò la London Business School. “Londra”? – chiese perplessa Monica – Una decisione drastica, non ti pare? Ci hai pensato bene Daniel? Lasceresti tutto quanto per un’avventura che non sai dove ti condurrà. È decisamente folle! - Non direi. La mia decisione è conseguenza di opportuna ponderazione e soprattutto di una straordinaria offerta che mi è stata proposta da un  carissimo amico, da anni alla dirigenza di una società multinazionale a Londra. È già tutto predisposto: ho un appartamento ed una vita nuova che mi aspetta. Ve l’ho detto perché siete amici oltre che colleghi. Era doveroso da parte mia. “Caspita! – esclamò Filippo – E chi se l’aspettava! Mi mancherai squinternato – aggiunse sorridendo – ma non sparire del tutto amico! Melissa da mesi aveva maturato una simpatia per Daniel che non era passata inosservata. Lo guardò con espressione sconcertata. Una profonda delusione si leggeva nei suoi bellissimi occhi azzurri.
La tristezza di Melissa
Gli si avvicinò e lo abbracciò, senza parole. - Ehi piccola, su con la vita! Mica vado sulla Luna. La mia casa è grande, ho due stanze per gli ospiti e vi aspetto quando vorrete e potrete, capo permettendo! - E Daniel lanciò un’occhiata significativa al proprietario dell’agenzia, il signor Miceli, che annuì bonariamente sorridendo.
"Mica vado sulla Luna"!
Solo Viola non si era espressa, non aveva manifestato sorpresa, delusione o altri sentimenti. La cosa non passò inosservata. Daniel, avvicinandosi a quella ragazza così riservata, quasi una sfida per chi avesse voluto carpire i suoi segreti, entrare nei pensieri più reconditi, far uscire allo scoperto la sua vera natura, la guardò in modo eloquente, con l’aria interrogativa di chi si aspetta una qualche reazione ad una notizia inattesa. Dopo una breve esitazione Viola sorrise e pronunciò la frase di rito: - E’ decisamente un’ ottima opportunità Daniel. Ci mancherai. Ti auguro buona fortuna. Si strinsero la mano. Il commiato fu breve. Il volto di Daniel lasciava trapelare la delusione che stava provando, ancora una volta, di fronte al formale atteggiamento di Viola. In tre anni mai una volta era riuscito a scalfire quella corazza, nonostante i numerosi tentativi di approccio. Lei gli piaceva, e molto. Tutto lo attraeva: il viso di un ovale perfetto, occhi verdi che parlavano una lingua sconosciuta, labbra sensuali e lunghi capelli scuri. Non da meno era il suo corpo, snello e con morbide curve.
...occhi verdi che parlavano una lingua sconosciuta
Si muoveva con eleganza, ma ogni suo gesto sembrava studiato, quasi fosse consapevole dell’attenzione degli altri verso di lei e non volesse neanche col linguaggio corporeo svelare il suo io. - Ragazzi, mi spiace interrompere questa riunione “di famiglia”, abbiamo dei clienti in sala d’attesa che stanno manifestando una certa impazienza. Coraggio, datevi da fare, ma…questa sera tutti da Luciano alle otto. Una cena di commiato è d’obbligo no? Ho detto tutti! – aggiunse Miceli guardando in modo esplicito Viola – Offro io naturalmente. Un applauso e un coro di approvazione conclusero quell’annuncio inaspettato quanto sorprendente: il capo non era un uomo particolarmente generoso; lui si definiva parsimonioso, in realtà rasentava l’avarizia all’ultimo stadio. Gli impiegati si augurarono che non gli venisse un colpo apoplettico al momento di pagare il conto. Il ristorante di Luciano era uno dei migliori della città e niente affatto economico. Viola si sentì incastrata, senza via di fuga. La sua defezione dalla cena sarebbe stata interpretata come un affronto nei confronti di Miceli e un atto di scortesia verso Daniel. La ragazza sospirò e si rassegnò all’inevitabile. Il lungo pomeriggio, tra clienti pretenziosi e contratti a buon fine, volgeva al termine e gli impiegati si accingevano a lasciare l’edificio. Viola prese la sua valigetta e la giacca, si aggiustò i capelli con le dita, un gesto meccanico che faceva senza pensarci, mentre la sua mente vagava chissà dove. Si voltò e trasalì, trovandosi davanti Daniel. - Ti ho spaventata? – chiese il ragazzo sorridendo. - No, non mi aspettavo di trovarti ancora qui. Di solito sono l’ultima ad uscire. – rispose Viola. - Già, la prima ad arrivare e l’ultima ad andare via. Ambisci ad una medaglia o vuoi diventare la ventunesima donna “Cavaliere del lavoro? - Niente di tutto ciò, sono puntuale per natura. Ma tu non vai a prepararti per la tua festa di addio? - Addio? Questo è solo un arrivederci, e comunque volevo accertarmi che tu venissi. Sarei molto dispiaciuto di non condividere anche con te la serata. Dunque? - Ma sì, verrò. Ora lasciami andare o non farò in tempo a prepararmi. - Fatti bella! Viola alzò gli occhi al cielo e lo salutò con la mano mentre si dirigeva all’ascensore.
...lo salutò mentre si dirigeva all'ascensore
Condivise l’abitacolo con Melissa, che si era attardata per ritoccare il trucco. La collega la guardò e le sorrise: - Non so davvero cosa indossare questa sera. Il locale di Luciano è frequentato dalla migliore società. Ci vuole un tocco di eleganza e raffinatezza. Monica darà spettacolo di sé, come suo solito. Tu come ti vestirai, Viola? -  Oh, non ne ho la più pallida idea. Il fatto è che non sono abituata ad ambienti raffinati e temo di non avere nulla di adeguato all’occasione. - Sai che ti dico?- ribadì Melissa -  È ora che rinnovi il tuo look bella! Andiamo a fare shopping.  -Temevo l’avresti detto, ho paura di non avere scelta vero? - Direi di no. Fidati e seguimi; per una serata speciale occorre un abito speciale. Siamo in via Monte Napoleone!
Siamo in Via Monte Napoleone
Il palcoscenico della moda ci aspetta!  Melissa era eccitata per il suo ruolo di Personal Shopper e Consulente d’Immagine. Si sentiva come Fata Smemorina che con un pizzico di magia aveva trasformato Cenerentola in una splendida fanciulla, con un abito da sogno e scarpe di cristallo.
Melissa si sentiva come Fata Smemorina
In verità il paragone tra Viola e Cenerentola era fuori luogo, dal momento che la ragazza vestiva con sobria eleganza, scegliendo un abbigliamento comunque adatto alla sua giovane età.  
- Ti senti più tipo da Armani o Louis Vuitton? Oh, c’è anche Prada, Dior, Gucci, Alberta Ferretti…- elencò Melissa disorientando la collega, che sarebbe andata nel panico se non avesse potuto contare su un self control eccezionale. Viola era rassegnata all’idea di dover comprare un capo d’abbigliamento adeguato alla festa e al locale dove si sarebbe svolta, ma non aveva la più pallida idea di quale stilista scegliere. – Sei la mia Personal Shopper! Mi affido a te. – disse sorridendo. – Magnifico! – esclamò Melissa – Si dia inizio alle danze! Per Viola fu estenuante all’inizio tenere il passo con l’esuberante collega, ma poi cominciò a divertirsi, calandosi nei panni della Vivian di Pretty Women,
Viola...Pretty Women?
e dopo innumerevoli prove, uscendo dal camerino, vide Melissa incrociare le braccia e chinare il capo da un lato mostrando l’espressione di chi ha vinto una lotteria. – Ci siamo! No! Non ti muovere…chiudi gli occhi. – e prendendole la mano la guidò fino al grande specchio. – Ecco, ora puoi guardare! Viola vide l’immagine di una giovane donna che non riconosceva, fasciata da un lungo abito verde, con una sola spallina a fiocco, il corpetto morbidamente drappeggiato e un vistoso spacco che le scopriva la gamba e metà della coscia. La commessa le aveva fatto calzare dei sandali di pelle argentata dai tacchi vertiginosi e le porse una pochette argentata anch’essa. L’insieme era un sogno!
L'insieme era un sogno!
– Mia cara, quando Daniel ti vedrà stasera credo proprio che rinuncerà alla sua folle idea di partire all’avventura. – fu il malizioso commento di Melissa. – Non credo lo farebbe, è così determinato. Perché mai dovrebbe restare “ammaliato” da una ragazza come me? – rispose Viola. – Perché lui è attratto da te, da sempre. Non nego di aver sperato che si accorgesse di me in questi anni, ma lui mi ha sempre considerata un’amica, nulla di più. Sei tu la sua musa e l’unica a non essertene accorta. Sempre controllata, distaccata…Non è vita la tua! Quand’è l’ultima volta che ti sei divertita? – Oggi! Decisamente! Grazie Melissa. Non ce l’avrei fatta da sola.  – Figurati! È stato un piacere. Sei garbata con tutti noi e ti fai in quattro per agevolare il nostro lavoro. Ti voglio bene Viola. Ora devo scappare, devo darmi da fare per trovare un look da urlo, se voglio competere con te. Ci vediamo stasera! E schioccando le dita si allontanò ancheggiando, voltandosi poco prima di uscire dal negozio per strizzare l’occhio alla collega. Viola sorrise. Era stato piacevole dopo tutto, inusuale per lei, ma piacevole. Indugiò ancora un attimo davanti allo specchio. La commessa le chiese che tipo di acconciatura avesse in mente e le consigliò di raccogliere i capelli, applicando dei punti luce. - Anche il trucco è importante. Vedo che lei usa solo un po’ di mascara e un’ombra di fard, ma di sera bisogna osare di più.
Di sera bisogna osare di più
Se vuole posso chiedere al mio coiffeur di inserirla tra una cliente e l’altra. È proprio qui accanto e potrebbe anche farsi truccare dall’estetista che lavora con lui. Servizio completo e non ci pensa più. Che ne dice? Viola rispose senza neanche pensarci:- Direi che è perfetto! Grazie!  Davvero, lei è veramente gentile. – Ci teniamo alla nostra clientela e spero di rivederla presto qui da noi. Si cambi pure, intanto vado a parlare col mio amico per l’acconciatura e tutto il resto. Il sole non era riuscito ad asciugare completamente le strade, dopo le piogge abbondanti dei giorni precedenti, ma per fortuna non c’erano pozzanghere. Viola scese dal taxi sollevando appena l’abito, perché non si sporcasse sull’asfalto umido. L’aria della sera era frizzante e piacevole e una strana euforia, per lei inconsueta, la pervase. Forse per una sera avrebbe potuto lasciarsi alle spalle il passato. Doveva essere così, si augurò la ragazza. – Ok, che lo spettacolo abbia inizio! – pensò dirigendosi all’entrata. Il direttore di sala l’accolse con affettata cortesia:- Buonasera signorina! Prenotazione? – Miceli. – rispose la ragazza. – Mi segua, prego! – aggiunse l’uomo, e la precedette, scortandola fino al lungo tavolo, già occupato dalla maggior parte dei suoi colleghi.
Il tavolo era già occupato da molti colleghi
Era in corso una conversazione piuttosto animata, all’insegna dell’allegria. Filippo, ridacchiando, esclamò:- Ti concedo al massimo un mese, poi tornerai da noi strisciando. Daniel stava per replicare, quando si bloccò alla vista di Viola che si avvicinava. Seguendo la direzione del suo sguardo anche gli altri si voltarono e l’impatto visivo fece ammutolire tutti. Fu Monica la prima a commentare:- Non ci posso credere! Viola! Sei proprio tu o hai inviato il tuo alter ego? – Viola? – ripetè Daniel con tono interrogativo, quasi a chiedere conferma anch’esso che quella splendida creatura fosse veramente la sua enigmatica collega. – Prego signorina, si accomodi pure! – disse ossequioso il direttore di sala scostando la sedia – Posso farle servire un aperitivo? – Grazie, un Bellini! E l’uomo, chinando appena il capo, si allontanò. – Preferite me o il mio alter ego? – chiese poi sorridendo Viola. - Tutte e due! – rispose Filippo – Più siamo…meglio stiamo! A proposito, ecco l’altra Cenerentola in tenuta di gala per il ballo.
Melissa...che look!
Melissa infatti aveva fatto il suo ingresso trionfale, scortata anche lei dal direttore di sala. Aveva mantenuto la parola, sfoggiando il “look da urlo” annunciato quando si erano salutate: un abito nero e aderente, molto semplice in verità, ma decisamente elegante. Metteva in risalto il suo fisico snello e armonioso. Era una bella ragazza, ma nonostante ciò non aveva legami affettivi. I suoi colleghi si limitavano ad ammirarla, ma non andavano oltre, e fuori dall’ambiente lavorativo frequentava solo amici. Monica sosteneva che faceva troppo la preziosa e che si sentiva superiore agli altri, sia professionalmente che nel privato. Forse era così, ma Viola le era riconoscente per il suo aiuto. Le sorrise indicandole il posto vuoto accanto a lei, invitandola a sedersi, ma Melissa la ignorò e scelse il posto accanto a Daniel, cominciando a flirtare apertamente con lui, che si mostrò infastidito e, con una scusa, si alzò col cellulare in mano, allontanandosi fino a raggiungere l’uscita. Quando rientrò era assieme ad altri colleghi dell’agenzia, Clarissa, Arturo e Davide. Invece di occupare il posto di poco prima, dal momento che non erano stati serviti ancora gli aperitivi, dirottò verso Viola e sedette accanto a lei, con grande disappunto di Melissa. – Bene, ci siamo tutti. Possiamo iniziare dunque! – e il signor Miceli fece un cenno al maitre, che a sua volta diede disposizioni ai camerieri. Il primo brindisi fu proposto proprio dal dirigente, che si cimentò forse nel discorso più lungo della sua vita. Era un uomo di poche parole, il signor Miceli, ma quella sera era veramente coinvolto a livello emozionale. Daniel sapeva come farsi voler bene, era generoso e garbato, disponibile e infaticabile. Sempre un sorriso per tutti, o una pacca sulle spalle, una parola gentile al momento giusto. Gli sarebbe mancato, questo è certo. Sarebbe mancato a Melissa, che prima o poi avrebbe superato la delusione di un amore mai nato, a Filippo che condivideva con lui la passione per il tennis.
A Filippo sarebbe mancato il suo amico
Ma a Daniel sarebbe mancata Viola, quella ragazza indecifrabile che lo attirava come una calamita e non gli permetteva mai di avvicinarsi troppo. Sentendosi osservata lei si voltò e la colpì lo sguardo triste in quel ragazzo che aveva fatto del “buonumore a tutti i costi” la sua regola di vita. Stava per dire qualcosa, una frase qualunque che servisse a mitigare il lieve imbarazzo che entrambi provavano, quando arrivarono i camerieri con gli antipasti e i commenti di approvazione degli altri li distolsero da chissà quali pensieri. La cena fu piacevole, anche se ogni tanto Viola doveva fare i conti con le occhiate palesemente malevole di Melissa e qualche tocco apparentemente involontario di Daniel, che le sfiorava la mano o le sussurrava all’orecchio delle battute sul signor Miceli avvicinandosi forse più del necessario. Il suo alito caldo sul collo le procurava emozioni che non sapeva come classificare. Il momento clou della serata fu quando si spensero le luci in sala, che rimase tuttavia illuminata da diffusori sulle pareti, e lo chef entrò con la sua famosa torta alle mele flambé, accolto dagli applausi di tutti i presenti.
Perfetta!
Perfetta! La serata era stata perfetta e Daniel si scoprì commosso da tanta benevolenza nei suoi confronti. Abbracciò il signor Miceli e poi, ad uno ad uno tutti i colleghi. Indugiò forse qualche secondo in più stringendo a sé Viola e baciandola dolcemente sulla guancia, stringendole poi la mano. La guardò intensamente, un messaggio muto che sperava avrebbe avuto una risposta appena possibile, lontano da occhi e orecchie indiscrete. Riprendendo il controllo di sé si rivolse al gruppo con la solita esuberanza: - Ehi, vi ricordo che non vi libererete di me prima del prossimo venerdì, quindi avrete ancora due giorni per metabolizzare la mia “dipartita”! – assumendo l’espressione da San Daniele martire. La battuta e la buffa espressione suscitarono l’ilarità generale e il signor Miceli scosse la testa sorridendo. – Dai, battiamocela prima che arrivi il conto! – esclamò Filippo – Passa parola…tutti a Le Banque alle 24,00 in punto! Da Luciano si mangia divinamente, ma è una noia mortale. Ci vuole un po’ di ritmo per noi giovani! – A Le Banque? – ribattè Daniel – Ma se bisogna prenotare con mesi di anticipo! – Fidati scettico, ho le mie conoscenze! – lo rassicurò l’amico – Signor Miceli, è stata una serata magnifica, ma domattina dovremo essere in agenzia puntuali o lei ci “bacchetterà” di brutto. Quindi propongo, cari amici e colleghi, di ringraziare il nostro generoso capo e andare a “nanna”. Forza ragazzi…facciamo un applauso al nostro ospite e osserviamo un minuto di silenzio per il nostro collega in partenza verso altri lidi. Possa lui trovare pace! – concluse teatralmente suscitando l’ilarità generale e un lungo applauso. Seguirono strette di mano e pacche sulle spalle, poi il gruppo si ritrovò fuori dal ristorante. – La notte è giovane gente mia! Si va a Le Banque a fare quattro salti. La pista ci attende! – proruppe Filippo in tutta la sua ben nota esuberanza che a volte rasentava l’eccesso. – Razza di commediante…ed io che pensavo ti fossi rammollito! – rise Melissa – Ok, ci sto! Gli altri, dopo qualche minuto di titubanza, si lasciarono convincere a patto di non fare troppo tardi.
Tutti a Le Banque!
Solo Viola non si pronunciò e sembrava visibilmente a disagio di fronte a tutto quell’entusiasmo, a lei poco congeniale. Stava pensando a come sganciarsi da quel progetto notturno, ma Daniel non gliene diede tempo e opportunità. – Viola, tu vieni con me allora! – disse con noncuranza dando l’impressione di un accordo precedente, poi prese per mano la ragazza e la condusse via, verso il parcheggio. Lei non osò protestare al momento, non aveva alcuna voglia di dare spettacolo di fronte agli altri, ma quando furono alla macchina si bloccò:- Cosa ti è venuto in mente Daniel? Credi di poter disporre di me, della mia volontà? Come osi?
Credi di poter disporre di me? Come osi?
– Oh, mio Dio no, Viola. Avevo solo il desiderio di stare un  po’ con te, di parlarti. Ci sono così tante cose che vorrei dirti da non so quanto tempo. Scusa se ti ho dato l’impressione sbagliata. Non farei mai nulla che potesse offenderti o turbarti. Ho rovinato tutto, sono proprio un imbecille! – e il ragazzo si allontanò di qualche passo per poi fermarsi, la mano a coprire gli occhi, il capo chino. Era davvero dispiaciuto, ma anche sorpreso per quella reazione aggressiva. Non era da Viola. Lei rimase accanto all’Audi, la rabbia si spense gradualmente per lasciar posto ad un atteggiamento più pacato, ma sempre sulla difensiva. Daniel le si avvicinò e le tese la mano, gesto che indusse la ragazza a indietreggiare, lo sguardo sospettoso e inquieto, le mani alzate, i palmi aperti, quasi a voler inibire qualsiasi contatto. – Che ti succede Viola? Ti prego…parlami! Seguì un lungo silenzio. Poi solo poche parole:- Non puoi aiutarmi Daniel. Nessuno può. Devo convivere con me stessa e col mio passato. Davvero, ti auguro ogni bene, ma lasciami andare. – No, aspetta! Non puoi comportarti così e pretendere che io faccia finta di niente. Sono anni che ci vediamo ogni giorno, tu sai chi sono, sai come sono. Come hai potuto pensare che potessi farti del male? Dici di non aver bisogno di aiuto, ma credo proprio che tu menta, a me, agli altri, ma soprattutto a te stessa. Lasciati aiutare Viola! La ragazza, svuotata di colpo da ogni energia, si accasciò a terra, rannicchiata su se stessa, il volto tra le braccia, singhiozzando senza più freni.
Il tormento dell'anima
Daniel sentì un stretta al cuore nel vederla in quelle condizioni. Si chinò accanto a quella creatura così fragile ora, e le cinse le spalle, resistendo all’opposizione di lei, che cercava di liberarsi da quell’abbraccio. – Shhh…shhh…sta’ tranquilla Viola. Va tutto bene. Sfogati quanto vuoi. Ti fa bene piangere. E la cullò con dolcezza, accarezzandole i capelli, finchè le spalle smisero di sussultare. Rimasero così a lungo, il viso di Viola affondato nel petto di lui. Dentro di sé avvertiva un senso di pace di cui non aveva più percezione da troppo tempo ormai. Ma si rese conto all’improvviso di quanto apparisse vulnerabile e … patetica. Lei, sempre così controllata e indecifrabile, aveva perduto la sua maschera. Si sciolse dalla stretta di Daniel e rialzandosi cercò di riprendere il controllo di sé. Probabilmente il mascara si era sciolto, i suoi capelli dovevano essere un disastro e l’elegante abito era sporco e sgualcito. Voleva fuggire da lì il più presto possibile. – Scusa…io…devo andare…ora.. - cominciò balbettando, ma Daniel prese in mano la situazione ancora una volta:- Tu non vai da nessuna parte in queste condizioni. Vieni, ti accompagno a casa. – Il tono non ammetteva repliche e Viola in cuor suo era consapevole che non sarebbe stata in grado di guidare nello stato in cui era. Perciò salì sull’Audi, quasi in stato di trance, lasciò che lui le allacciasse la cintura di sicurezza e decise di fidarsi. Non l’aveva più fatto da oltre dieci anni. Durante il tragitto non parlarono. Nell’abitacolo le note del “Nocturne” di Chopin crearono un’atmosfera di quiete.
...le note del "Nocturne" di Chopin crearono un'atmosfera di quiete
A Le Banque intanto Filippo e gli altri si chiedevano che fine avesse fatto il festeggiato. L’assenza di Viola invece non destò meraviglia: tutti sapevano della sua riluttanza a frequentare locali affollati e caotici, anche se quello era estremamente raffinato. Dopo una breve sosta al lounge bar, Melissa trascinò letteralmente il gruppo al piano inferiore, dove era situata la vera e propria discoteca. – Questo posto è uno sballo! – urlò per sovrastare il volume della musica – C’è un’atmosfera così trendy! – e raggiunse la pista gettandosi nella mischia, seguita a ruota da Monica, Clarissa, Arturo e Davide. Filippo intanto stava cercando di contattare Daniel, ma nel locale non c’era campo e quindi fu costretto ad uscire per chiamare l’amico al cellulare. – E dai…rispondi! – Provò ancora e ancora, ma non ottenne risposta. Per un attimo si preoccupò, ma poi ebbe una sorta di illuminazione e pensò che finalmente Daniel avesse rotto gli indugi e “rapito” la gentil donzella che infiammava il suo cuore. Sorrise all’idea e raggiunse gli altri in discoteca. Spossata dagli ultimi eventi, Viola si era addormentata sul sedile accanto a Daniel, che cercava di guidare piano, evitando le buche sull’asfalto e curvando dolcemente. Parcheggiò di fronte al palazzo in cui Viola occupava un appartamento al quinto piano. Cosa doveva fare ora? Se lo domandò mentre fissava quella ragazza dei misteri. Cosa ci celava dietro l’apparente tranquillità e quegli occhi verdi come smeraldi puri? Quale triste storia era ancorata nella sua mente e la teneva lontana dal Mondo, pur facendone parte? Da tre anni la osservava mentre smistava fascicoli, annotava appuntamenti, rispondeva al telefono, intratteneva rapporti con i clienti che affidava ai vari agenti secondo le loro competenze e il settore di vendita. Tre lunghi anni durante i quali aveva tentato ogni possibile approccio per farle capire quanto fosse attratto da lei, quanto desiderasse condividere qualcosa di più, un’amicizia per cominciare e poi, forse… Ma lei non lo aveva reso possibile. Daniel mise da parte il passato. Ora doveva gestire quella situazione, così delicata che non sapeva da dove cominciare. Scese dall’auto e chiuse piano la portiera, poi aprì quella del passeggero e con movimenti lenti e studiati prese la ragazza tra le braccia, che emise solo un gemito e si abbandonò, il capo riverso sulla spalla di lui. Quando furono davanti all’ingresso Daniel si maledisse per non aver preso prima le chiavi nella pochette argentata. In qualche modo riuscì a trovarle e aprì, non senza difficoltà, il grande e pesante portone. Data l’ora tarda non fece incontri che potevano rivelarsi imbarazzanti, e quando giunse al piano cercò l’appartamento leggendo le varie targhette. Aveva ancora in mano il mazzo di chiavi e ne provò tre prima di trovare quella giusta. Entrò, cercò a tastoni l’interruttore della luce, si diede uno sguardo intorno cercando di individuare la camera da letto, e la vide attraverso la porta che Viola aveva lasciato aperta. Adagiò la ragazza sulla trapunta e cercò nell’armadio qualcos’altro per coprirla. Trovò un plaid e lo appoggiò delicatamente sul corpo di lei, che rimase inerte. Lui rimase a guardarla ancora per qualche minuto, scostandole i capelli dal viso e sfiorandole la guancia con un casto bacio. Poi uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Aveva solo voglia di tornare a casa, fare una doccia, buttarsi sul divano e sorseggiare un Gin Tonic, dal sapore amaro come quel finale di serata.
...aveva voglia di un Gin Tonic
Filippo e gli altri si erano divertiti alla follia fino alle tre di notte, poi la saggezza aveva avuto il sopravvento e avevano chiamato due taxi per tornare a casa, piuttosto che guidare in stato evidente di ebbrezza e correre rischi inutili. Avrebbero recuperato le auto l’indomani. Si ripromisero di “prendere per le orecchie” il loro irriverente collega che si era defilato dalla sua festa e poi desiderarono di gettarsi quanto prima possibile tra le braccia di Morfeo. La festa era finita! Quando il signor Miceli fece il suo ingresso in Agenzia il mattino dopo, si stupì che fosse ancora chiusa. Di solito era Viola ad arrivare in anticipo per avviare i computer e disporre le cartelline dei vari agenti in sala riunioni. Ma il silenzio regnava e la ragazza non c’era. Miceli entrò nel suo ufficio, sedette alla scrivania e compose il suo numero di cellulare, che tuttavia lo rimandò alla segreteria telefonica. Pensò che si trattasse di un semplice ritardo e che probabilmente la sua efficientissima impiegata fosse imbottigliata nel caotico traffico milanese o avesse problemi di parcheggio. Alle 9,00 arrivarono Melissa e Monica e dopo alcuni minuti Filippo e tutti gli altri. Mancava solo Daniel. Eppure aveva molte cose da sistemare prima della sua partenza. Oltre a liberare la sua scrivania che sarebbe stata occupata da un nuovo assunto, doveva smistare i suoi contatti affidandoli ai colleghi che se ne sarebbero fatti carico. – Ma cosa succede questa mattina? – tuonò il capo – Sembrate dei fantocci con le occhiaie. Eppure ieri sera non abbiamo fatto tardi! Datevi una mossa gente! Abbiamo un’agenzia da mandare avanti! – e l’uomo si allontanò scuotendo il capo in segno di evidente disappunto. Melissa si lasciò sfuggire una risatina e fece l’occhiolino agli altri:- Beh, ha ragione. Avete un aspetto pietoso! – Senti chi parla! – ribattè Filippo – Ma ti sei guardata allo specchio? – Decise di evitare ulteriori scambi di battute sarcastiche e si allontanò, appartandosi in sala riunioni per chiamare Daniel e sapere che fine avesse fatto. Qualcosa dentro di sé gli faceva presagire il peggio e voleva tacitare quella vocina interiore così fastidiosa e insistente. Dopo vari squilli e quando stava per interrompere la chiamata il suo amico finalmente rispose. – Daniel, ma dove sei? Mi stavo preoccupando. Diavolo! Ieri sera sei sparito nel nulla e questa mattina non ti fai vedere in agenzia. Che succede? – Ascolta Filippo, coprimi col capo. Di’ che ho avuto un’emergenza in famiglia e che cercherò di venire nel pomeriggio. Non farmi domande ora. Ti spiegherò, d’accordo? Sei un vero amico…ti devo un favore! – Aspetta…ma che… - Ma la comunicazione era stata interrotta. Daniel non aveva dormito molto la notte scorsa. Si era alzato presto ed aveva chiamato Viola, ma non aveva ricevuto risposta. Una valanga di pensieri lo travolse e l’inquietudine ebbe il sopravvento.
...l'inquietudine ebbe il sopravvento
Si maledisse per averla lasciata sola nelle condizioni in cui si trovava. – Devo sapere che sta bene. – pensò. Mentre guidava chiamò di nuovo Filippo, chiedendogli se Viola fosse in agenzia, ma quando si sentì dire che Miceli era fuori di sé dato che proprio l’assenza ingiustificata della ragazza aveva causato il caos tra i dipendenti,
Caos in agenzia
abituati a trovare i computer accesi e gli appuntamenti sulla scrivania, ringraziò l’amico e troncò la comunicazione, accelerando. Da quando si era svegliata di soprassalto alle quattro del mattino Viola era rimasta immobile, con gli occhi sbarrati, la mente invasa da ricordi che aveva invano cercato di annientare. Il dolore e la vergogna erano ancora così presenti, devastanti. La maschera che ogni giorno indossava per nasconderli era miseramente caduta poche ore prima.
Ogni giorno indossava una maschera
Daniel l’aveva rimossa in qualche modo e lei si era sentita in trappola, terribilmente scoperta, e il panico l’aveva sopraffatta. Non aveva la forza di alzarsi dal letto, né di recarsi al lavoro. Guardò la sveglia sul comodino e trasalì alla vista dell’ora: erano quasi le dieci! Balzò in piedi, ma fu costretta a sedersi subito, colta da vertigini e da un senso di nausea, di certo i postumi della serata e dei troppi brindisi. Rimase inerte, sperando che la stanza smettesse di girarle attorno, poi accennò un lieve movimento del capo per cercare di mettere a fuoco l’ambiente. Vide i suoi piedi scalzi, i sandali accanto al letto, si accorse che indossava ancora l’abito da sera. Toccò il plaid accanto a sé, poi il suo sguardo si posò sul comodino, dove c’erano la sua pochette e le chiavi di casa. Come era arrivata a casa? Cercò di ricordare qualche particolare, ma per quanto si sforzasse la sua percezione degli eventi, dopo la patetica esibizione nel parcheggio, si fermava alla sua resa e alla macchina di Daniel che viaggiava a velocità moderata nella notte milanese. – Daniel! – pensò all’improvviso, rendendosi conto che doveva a lui il suo ritorno a casa. Mille domande si affollarono nella sua testa, domande alle quali avrebbe voluto poter dare una risposta, ma l’unico che poteva farlo era il ragazzo. Viola cercò di riacquistare padronanza di sé. Doveva telefonare in agenzia. Si alzò di nuovo, lentamente questa volta, e con cautela raggiunse il bagno. L’acqua fredda sul viso le fece bene, donandole una maggiore lucidità. Si guardò allo specchio. Il viso era ancora macchiato di mascara, fondotinta e fard.
Il viso era ancora macchiato di mascara...
Prese il latte detergente e tolse ogni residuo di trucco. Il pallore rivelava il suo stato interiore. Chiuse gli occhi solo per qualche minuto, sperando di azzerare tutto il suo tormento, di tornare bambina e felice con i suoi genitori, nella loro casa in periferia circondata dal verde. Ma quando li riaprì, la realtà la sommerse di nuovo. Non avrebbe mai cessato di combatterla, di questo si rese conto, nè avrebbe potuto rinunciare ad “indossare” la sua maschera oltre le mura di quello che era il suo rifugio, più che un’abitazione.. Ma ora non era pronta. Aveva bisogno di un po’ di tempo. Il telefono del signor Miceli squillava insistentemente, e lui arrivò trafelato nel suo ufficio. Quando sentì la voce di Viola esclamò:- Benedetta ragazza, ma che fine hai fatto? Lo sai che qui non funziona niente se manchi tu. Va bene, va bene…di certo avrai avuto le tue buone motivazioni. Santo cielo, mi hai fatto stare in pena. Ma che ti è successo? Sommersa da quella valanga di parole Viola non riusciva a replicare. Quando finalmente potè rispondere, si scusò per il disagio arrecato, spiegando che aveva passato una brutta nottata. – Ho mangiato e bevuto troppo ieri sera, e non ci sono abituata. Non sono in grado di venire al lavoro oggi e, mi creda, temo che mi ci vorrà qualche giorno per rimettermi in sesto. Le farò sapere qualcosa di più preciso appena avrò visto un medico. Mi dispiace signor Miceli. – No, no, non ti preoccupare cara. La tua salute è più importante di ogni altra cosa. Per qualche giorno ce la caveremo. Prenditi pure tutta la settimana e, mi raccomando, riguardati! Il campanello suonò, facendola trasalire. Chiunque fosse, non aveva alcuna voglia di aprire, in quello stato poi! Ma il trillo si ripetè, insistentemente. Una voce familiare oltrepassò la soglia:- So che ci sei Viola. Non costringermi a buttare giù la porta. Apri ti prego. Daniel non si rassegnò al silenzio che seguì e insistette, con maggior determinazione:- Se non mi fai entrare giuro che chiamo i vigili del fuoco, la polizia e anche La Benemerita se occorre. Ti assicuro che non sto scherzando. Ho bisogno di sapere che stai bene, poi ti lascerò in pace. Viola!!
Rispondi Viola!
– urlò disperato, temendo il peggio. Cominciò a dare spallate alla porta. Viola, temendo che il fracasso potesse attirare l’attenzione dei vicini, che di certo non desiderava, si precipitò ad aprire e Daniel fece appena in tempo a sorreggerla, prima che cadesse, in preda alle vertigini che ancora non l’abbandonavano. La prese in braccio, come fosse una bambina, e l’adagiò sul letto con delicatezza. – Dio santo Viola, ma come sei ridotta? Sta’ buona…torno subito. Si diresse verso il bagno, che scorse subito dato che la porta era aperta, bagnò un asciugamani con acqua fredda e lo pose sulla fronte di lei. – Daniel…sto bene, davvero…non devi… - Oh, certo – la interruppe lui – hai un aspetto grandioso. Ma chi vuoi prendere in giro? Hai del caffè? – la ragazza annuì – Bene, trovo da me la cucina. Tu resta distesa. – Inutile raccomandazione, visto che anche in quella posizione la stanza non smetteva di ruotarle attorno. Chiuse gli occhi. Pochi minuti dopo il profumo del caffè avvolse tutto l’appartamento, sentì i passi di Daniel e intuì che si fosse seduto accanto a lei. – Ora ascoltami – le disse pacatamente – ti aiuterò a sollevarti quel tanto che basta. Il caffè e lo zucchero ti faranno meglio di qualsiasi medicina, fidati. – Qualche sorso e già il suo volto riacquistò un po’ di colore.
Qualche sorso di caffè...
Dopo la seconda tazza di quel liquido nero, forte e bollente, si sentì in grado di sollevarsi a sedere e poi, aiutata da Daniel, in piedi. - Scusa, devo andare in bagno. Devo togliermi di dosso l’abito da Cenerentola e fare una doccia. Non so davvero come ringraziarti per il tuo sostegno. Non sono abituata agli eccessi e ieri sera ho bevuto decisamente troppo. – C’è sempre una prima volta nella vita. – ribadì Daniel – Le esperienze ci aiutano a crescere, a imparare. Ora lo sai…la prossima volta sarai più moderata e non finirai KO! – e sorrise maliziosamente. – Ti prego, non trattenerti oltre. Chissà quante cose ti restano da fare prima della partenza. – Oh, non preoccuparti, ho tutto il tempo. Ho chiamato il mio nuovo Dirigente, che per fortuna è anche un amico, e gli ho comunicato che per sopraggiunti motivi di famiglia non potrò essere a Londra prima di una settimana. – Daniel, mi spiace. Ora sto bene, vai pure ad occuparti della tua famiglia. – Viola…sei tu la mia famiglia. Se resto, lo faccio solo per te. – Non capisco Daniel! - Sono io a non capire…il tuo comportamento di ieri sera al parcheggio, la tua paura, la tua impenetrabile personalità. Lavoriamo insieme da tre anni e ancora non posso dire di conoscerti. Ti vedo ogni giorno, efficiente e affidabile, sempre disponibile e gentile con tutti, ma quando ho cercato un approccio che esulasse dal campo lavorativo, hai sempre eretto un muro invisibile e impenetrabile, troncando sul nascere ogni mia aspettativa. Mi hai sempre spiazzato con la tua doppia personalità, e non sapevo cosa pensare. Ma ieri sera la tua maschera è caduta, anche solo per pochi istanti hai messo a nudo il tormento della tua anima, e questo io non posso ignorarlo, non posso Viola…perché ti amo. – Lei rimase immobile, la testa bassa, le mani a stringere con forza il lenzuolo. Poi, lentamente, timidamente, lasciò la presa e incrociò le braccia avvolgendosi le spalle, portò entrambe le mani sul volto, per poi lasciarle scivolare giù. Levò lo sguardo verso lui, uno sguardo smarrito, che lasciava trapelare tutto il disagio che stava provando. Si sentiva terribilmente scoperta e non sapeva come fare per sfuggire a quella imbarazzante e inconsueta situazione, per lei ingestibile, così come lo era lo sguardo di Daniel. – Tu…non puoi capire. – iniziò parlando a fatica – Entro ed esco da stanze per me mute come piazze dopo la festa, cerco il colore ma vedo solo grigio, il cupo grigio di un passato che non mi abbandona e urla dentro di me, come una colonna sonora aspra e graffiante che fende il mio spazio e lo riempie di ansie intermittenti.
...come una colonna sonora che fende il mio spazio
Ciò che vedi, ciò che sono…è un’illusione. Cammino nel mondo senza far rumore, sommessamente, per non dare nell’occhio, ma ieri sera ho voluto provare a vivere per una volta, e ho inghiottito champagne invece del fiele quotidiano che mi avvelena. È stato bello, una tregua salutare. Poi sei arrivato tu, sul tuo cavallo bianco, a salvare la donzella in pericolo. Ma io non posso essere salvata Daniel…non posso. Ho imprigionato le mie lacrime tanto a lungo che non pensavo di poter piangere ancora. Sei stato tu a liberarle. Mi hai offerto la tua spalla, il tuo calore umano, hai resistito alle mie resistenze. Ma il passato è sempre lì, mi perseguiterà per sempre. Non sarò mai libera. Non potrò mai amare. – Basta! Non puoi credere a quello che dici Viola. Sei giovane, bella e brillante in ogni cosa tu faccia. Hai tutta la vita davanti e stai blaterando parole senza alcun senso. Guardami, ti prego. Io-ti-amo! Sono disposto a tutto per noi due, hai capito? Noi due! Tu ed io…insieme. Ma ho bisogno di sapere quali sono i tuoi sentimenti per me, e devi dirmelo ora, con sincerità. Può esserci un futuro per noi? – Viola si tormentava le mani e non una parola usciva dalle sue labbra. – Non avere paura di ferirmi. Coraggio piccola. – Lei sollevò il viso e lo guardò con un’espressione così triste che toccò il cuore di Daniel così profondamente da farlo star male. – Non cambierebbe nulla anche se ammettessi che ti amo anch’io. Non cambierebbe nulla, credimi. Il mio passato si metterebbe tra noi e sarebbe un ostacolo troppo grande. Non funzionerò mai bene…la mia vita è solo illusione. Non c’è spazio per i sentimenti. – Hai…hai appena detto che anche tu mi ami…ho capito bene? Tra tutte le altre sciocchezze che hai detto…hai ammesso che anche tu mi ami? – La ragazza annuì. – Eri solo un’idea nella mia mente e il tormento della mia anima, che si struggeva per te. La tua indifferenza in questi tre anni mi ha disorientato, mi ha fatto soffrire terribilmente. Sapessi quante volte mi sono detto che non valeva la pena cercare il colore in un mare grigio, ma non riuscivo ad arrendermi.
...un mare grigio
Anche tu eri la mia colonna sonora, aspra e graffiante, fendevi il mio spazio, riempiendolo di angoscia e urla represse. Ti ho odiata a volte. Ma poi tornavo a sperare e la forza del mio sentimento mi induceva a non rinunciare al mio sogno…a te Viola. Tu sei il mio sogno. Non posso credere che qualcosa, qualsiasi cosa, possa costituire un ostacolo alla nostra felicità. Sono disposto ad affrontare il drago. Parla con me e lascia che ti liberi dai fantasmi del passato. Viola non osava credere che quel ragazzo meraviglioso fosse lì per lei, disposto a tutto pur di amarla ed essere ricambiato. Ripercorse il periodo più buio di tutta la sua esistenza, fatto di violenza e umiliazioni. Era morta mille volte dentro, percorrendo il tunnel dell’annientamento della personalità. Fu solo grazie alla sua determinazione e all’incontro con la dottoressa Martinelli che riuscì a riemergere dal baratro in cui era caduta. E come la Fenice risorse.
...e come la Fenice risorse!
Pezzo dopo pezzo aveva ricomposto il puzzle della sua vita, si era rimboccata le maniche ed era andata avanti. Ma le cicatrici non si cancellano, specie quelle dell’anima. Bruciano e fanno un male cane. Erano state quelle cicatrici a impedirle di aprirsi con chiunque, di dimenticare. All’improvviso…la svolta! - Basta! – si disse -  Aveva convissuto col dolore troppo a lungo. Non riusciva a credere che la felicità fosse di fronte a lei. Bastava tendere una mano e afferrarla. E fu ciò che fece. – Non serve parlare del passato Daniel. Hai sconfitto il drago ed io ti amo. Oh, mio Dio! Non riesco a credere di averlo detto. Ti amo! Anche tu sei il mio sogno Daniel. Il ragazzo barcollò all’indietro, scioccato dalle parole di Viola. Tutto era accaduto così repentinamente che doveva assimilare gli ultimi eventi. Quando si rese conto che finalmente poteva nuotare in mare azzurro,
...finalmente poteva nuotare in un mare azzurro!
che la colonna sonora della sua vita era melodiosa e accattivante, che mai più avrebbe dovuto soffocare e reprimere urla dentro di sé, prese tra le sue le mani della ragazza e le baciò. Si abbracciarono e restarono stretti a lungo, perdendosi in un sentimento puro e bello oltre ogni dire. Il segreto di Viola, qualunque esso fosse, sarebbe rimasto tale. Il tempo e l’amore l’avrebbero spazzato via. Ciò che contava ora era che finalmente lei si sentiva libera. Era tempo di iniziare a vivere.
L'amore fa volare!
Daniela Bonifazi

Le immagini sono state reperite sul Web

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