NON ERA POSSIBILE...
Eccolo, fermo davanti ad una vetrina, un luogo a lui molto familiare! La sua immagine, riflessa nello specchio "dimensione umana" posta aldilà del vetro di quello splendido atelier maschile che una volta lo vedeva intrigante protagonista sia come cliente, sia nelle vesti di consigliere per quegli amici che desideravano entrare nel mondo di "coloro che contano", non era sicuramente più la stessa. Ora dimostrava dieci anni di più.
Ma come poteva essere successo che in meno di un anno, un piccolo ma incredibilmente nefasto anno, quello che era l'uomo invidiato da tutti, centro di interesse maschile per il suo stile... unico... e centro di interesse femminile per il suo fascino... unico... era ridotto ad elemosinare persino il saluto del portiere dello stabile dove aveva acquistato, tempo addietro, un attico, che ora doveva velocemente mettere in vendita.
Cercava le ragioni, quelle vere, quelle che avrebbero fatto impazzire psicologi e studiosi dei comportamenti umani, quelle motivazioni che, almeno secondo i suoi carissimi ex amici, erano dipese e dipendevano da quello smisurato amore che lui aveva sempre provato verso l'unica figura che sembrava suscitare, in lui, un chiaro interesse: SE STESSO.
Cornelio era il suo nome, un nome che aveva rappresentato, già da subito, una forma di diversità; un nome sicuramente raro ma pieno di particolarità che sembravano nascondersi negli anfratti delle lettere che lo componevano.
Cornelio aveva sempre“nuotato nell’oro” ... sì, aveva sempre vissuto una bella vita all’insegna dell’abbondanza … almeno fino all’anno prima.
Non si era fatto mancare niente: bei viaggi, belle donne, bella casa. D’altra parte era già ricco di famiglia, e poi .. aveva quel lavoro particolare che svolgeva per puro caso, che glielo avevano affidato senza grandi meriti ed era molto remunerativo e prometteva anche di diventarlo sempre di più.
Già.. l’abbondanza!- Ma cosa vuol dire vivere in abbondanza?- Gli aveva chiesto fra Ginepro, che l’aveva visto crescere e che aveva l’onore di ricevere la visita di Cornelio al suo convento, ogni 14 settembre ( per via del santo di cui portava il nome)
Lui aveva sorriso compatendolo: come si fa a spiegare ad un fraticello che significa vivere nell’agio e godere dei piaceri della vita?
-Ecco- pensò a voce alta- ora dovrebbe spiegarmi fra Ginepro, come fare ad accettar di essere privato della ricchezza e del potere che dà!-
E davvero non era affatto facile per lui rinunciare ad uno stile di vita che gli era così congeniale, che pareva fatto apposta per lui …
Che disgrazia! ..Cornelio non si capacitava dell’accaduto e rimuginava continuamente sulla sua condizione attuale: non poteva essere vero. A volte pensava fosse un sogno, un incubo,dal quale si sarebbe presto svegliato. Allora avrebbe fatto una grossa risata, si sarebbe rasato e sarebbe andato a far colazione da Renato. Sfogliatella e cappuccino,le solite chiacchiere e un sorriso a Enrica la giovane cassiera. La quale sognava di sposare quell'uomo ricco e affascinante, nonostante i venti e passa anni di differenza. Spesso si trovava a Pronunciare il suo nome: Cornelio.....Cornelio. Un nome prestigioso. Scandendone le lettere come a verificarne la forza. “COR NE LIO” Un marchio, che lo contraddistingueva. Adatto alla sua personalità forte, sicura, dominante. Adesso gli pareva che anche il suono del suo nome avesse assunto una tonalità bassa. Era divenuto un nome qualsiasi. E lui, un uomo qualsiasi. Uno dei tanti. Stanco, depresso, solo. Chi l'avrebbe mai detto.
Dopo il crollo si era rivolto agli amici. Una miriade di amici, che lo idolatrava. Almeno lui, così credeva. Si era invece accorto, che gli amici non c' erano. Coloro che prima lo circondavano, gli stavano vicino, non certo per amicizia si erano volatilizzati. Nessuno di loro era rimasto ad ascoltarlo.
Anche di amiche, ne aveva avute molte: compagne, fidanzate, amanti. Pure loro, Non sparite.
Si era rivolto anche all'ultima amante: Ginevra dai bellissimi capelli corvini ed un collo che sembrava dipinto da Modigliani tanto era lungo ed elegante. Che lui amava veder ornato da preziosissimi collier, con smeraldi e rubini.
Gioielli costosissimi, che le aveva donato in svariate occasioni. Nemmeno lei si era lasciata intenerire, alla sua disperata richiesta di aiuto. A Cornelio sarebbe bastata la parure di oro e zaffiri, per far fronte ai pagamenti più impellenti. Ginevra non ne aveva voluto sapere, nonostante la promessa di Cornelio di ricomprargliela appena ne avesse avuto la possibilità...
Certo,la sua passione per il gioco gli era stata letale.
Aveva iniziato davvero “ giocando”, semplicemente per dare vita alla piattezza delle sue giornate che scorrevano brillantemente, ma luccicavano senza emozionarlo profondamente. Voleva far salire un po’ la sua adrenalina. Poi era rimasto intrappolato dentro questo mondo dorato a causa della sua sfacciata fortuna . Non erano solo i soldi facili che l’attraevano,ma la sensazione di potenza che gli cresceva dopo ogni nuova vincita.
Quando arrivava al casino tutti facevano cerchio intorno a lui,si accalcavano come facesse il suo ingresso una star.. anzi di più, perché speravano di cambiare la loro vita cercando di copiargli le giocate.
Oh! Avrebbe pagato per ricevere sempre una tale ammirazione! No, non erano solo i soldi la cosa che più gli piaceva!
In fondo non aveva avuto mai una grande autostima, il suo lavoro gli rendeva la vita piacevole e facile, ma non ne aveva gran merito, tutti sanno fare i faccendieri, avendone l’occasione e la mancanza di scrupoli!
E in questo in fondo consisteva, nel fare il faccendiere senza ave scelto neanche per chi.. che importava? Per il potente di turno.. e questo gli era bastato …. Poi la svolta...la terribile, umiliante svolta che lo aveva relegato tra "i normali", lui che si era sempre sentito speciale e baciato dalla fortuna. Ma proprio Nemesis, la dea greca dispensatrice di fortuna, lo aveva abbandonato. Aveva perduto tutto, perfino il suo prestigioso lavoro tanto remunerativo che gli consentiva addirittura lo sperpero, in un periodo di crisi conclamata che costringeva la maggior parte delle persone a lesinare con stretta economia per garantire a se stessi e alla propria famiglia una decorosa sopravvivenza. Il demone del gioco, impossessatosi di lui, non lo abbandonava ancora e Cornelio si recava al Casinò tutte le sere, elemosinando crediti dal Direttore, che lo assecondava ben sapendo che avrebbe potuto al momento opportuno "batter cassa" e riavere quanto anticipato. Sì, poiché Cornelio possedeva ancora la casa di famiglia, una magnifica costruzione situata appena fuori del centro cittadino, circondata da un giardino che, ormai abbandonato a se stesso data l'esigenza di licenziare il giardiniere, pur conservava ancora il ricordo dei suoi giorni migliori; l'interno della casa, una volta arredata con gusto e pezzi d'antiquariato e quadri di pittori famosi quali Picasso, Monet, Pizarro...era praticamente priva di tutto: le pareti spoglie, le stanze vuote. Nella sua camera da letto solo un materasso ed una coperta. Cornelio aveva venduto tutto per pagare i suoi debiti di gioco, era rimasta solo la casa. Gli "amici" bisbigliavano alle sue spalle, deridendolo. Qualcuno gongolava addirittura per la "caduta" di Cornelio, che ostentava la sua ricchezza con l'arroganza tipica dei benestanti che si credono padroni della Terra a volte, se non supportati da qualità quali l'umiltà, il rispetto per gli altri, la decenza...
Era in preda alla confusione più assoluta. C'era ancora l'attico a disposizione e sarebbe andato a vivere lì... definitivamente, sacrificando, tristemente la casa di famiglia che il suo comportamento, quello dell'uomo che non riesce a dar valore al senso delle tradizioni familiari, sembrava duramente meritare.
Non si riconosceva... aveva bisogno di qualcosa che lo facesse reagire, qualcosa che gli restituisse un senso, la voglia di venir fuori dalle avversità che lui stesso aveva creato e messo le basi. Ma come ben si sa, le cose accadono sempre mentre nessuno se lo aspetta. Era ancora di fronte a quella vetrina che continuava a rifletterlo ed a farlo profondamente riflettere quando in un angolo scorse l’immagine, anch’essa riflessa, di una sbilenca trattoria di cui, fino a qualche tempo fa, non conosceva nemmeno l'esistenza. Aveva fame, una fame nervosa ma ahimè economica. Mangiò poco e fu la fortuna di un piccolo gattino che divorò i resti della sua cena, immangiabile per lui ma una leccornia per il vispissimo felino; improvvisamente una voce ruppe il silenzio rumoroso dei suoi ragionamenti, una voce dal tono vagamente familiare che esclamava... "Cornelio? Ma sei tu?".
Incredibile, era Ascanio, il suo inseparabile compagno di banco del Liceo che lo aveva riconosciuto; una volta loro due erano "una sola cosa", uniti come erano a difendersi da coloro che cercavano in tutti i modi di ridicolizzarli per i loro nomi, non certo comuni, ma pieni di punti di gioco lessicale e di eccentrici paragoni storici. Ascanio era felicissimo di averlo ritrovato, e ricordava di quando il suo magnanimo amico gli aveva prestato una apparente piccola cifra, ricavata da tre lucenti lingotti d'oro che la nonna paterna aveva donato a Cornelio prima di morire. Ebbene Cornelio non aveva avuto dubbi ed affinché lui, Ascanio, il suo migliore amico, figlio di modestissimi artigiani di provincia, potesse veder realizzato il sogno di andare a Londra a studiare per diventare qualcuno, glieli aveva prestati con la classica frase "Quando avrai fatto fortuna, me li renderai..." Ascanio ora era lì ed aveva fatto fortuna, e quei lingotti erano diventati tanti che neanche lui riusciva a contarli. Aveva studiato a Londra ed era diventato uno dei più importanti conoscitori dei Titoli azionari mondiali, ma del resto già da piccolo era definito da tutti il mago della compravendita. Ora era lì pronto a restituire quello che quel patto tra ragazzi aveva sancito.
Cornelio ed Ascanio iniziarono a parlarsi, a raccontarsi, a spiegarsi come la vita spesso sa trovare i suoi equilibri guidando gli uomini nelle loro azioni e regalando, a chi nella propria vita ha saputo regalare, una possibilità di venir fuori dai propri errori o dalle proprie condizioni di vita non sempre felici.
Cornelio ed Ascanio ora sono soci, soci di una importantissima ditta di Strategia di Investimento e la loro amicizia ha saputo risanare le debolezze di Cornelio, mentre le radici semplici, quelle che provengono dalla povertà e dalla sofferenza, hanno permesso il far rifiorire ciò che sembrava oramai arido e senza vita.
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