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Racconto di Daniela Bonifazi: "Il pozzo dei desideri"



Il pozzo dei desideri
Le lacrime scorrevano copiose sul volto di Benjamin, insensibile al freddo vento del nord che penetrava persino la pesante giacca di fustagno marrone; le raffiche, come spilli di ghiaccio, pungevano la pelle del ragazzo, che incurante proseguiva il cammino sulla via della speranza. Da soli due giorni aveva lasciato il villaggio, dove viveva con la sua famiglia e tutti gli altri membri della tribù Cherokee. Due giorni per ricordare le storie che l’ormai anziano capo raccontava attorno ad un grande falò. Egli narrava di tempi felici, quando la sua gente abitava in numerose città circondate da splendidi campi seminati e da frutteti. Erano noti come il “Popolo del vecchio tabacco”, poiché era loro usanza coltivare appunto la pianta del tabacco, che veniva poi bruciato nel corso di cerimonie sacre. Il vecchio parlava…parlava con voce roca, spesso rotta dalla fatica; egli ricordava la tradizione, che voleva il cannello attraverso cui passava il fumo fatto con legno di frassino bianco,a simboleggiare gli uomini, mentre il fornello, fatto comunemente di pietra, rappresentava la madre Terra. Il popolo Cherokee costruiva fornelli con una sorta di terracotta. A Benjamin venne in mente la prima volta che fu ammesso ad ascoltare le storie ed il suo corpo fu scosso da un tremito, lo stesso che provò quando il capo iniziò a parlare; non riusciva a credere di poter sedere con gli altri membri della tribù. Finalmente si sentiva un vero Cherokee a tutti gli effetti. Il suo petto si gonfiò d’orgoglio al ricordo, ma poi rammentò anche la voce dell’anziano rotta dall’emozione mentre narrava di quando il suo popolo fu costretto a trasferirsi nel Territorio indiano dell’Oklahoma con una terribile marcia ancora nota come la “Pista delle lacrime”. Molti membri della tribù perirono durante l’estenuante viaggio. Benjamin distolse quei tristi pensieri e si concentrò sulla sua missione. Era assolutamente indispensabile che egli trovasse il Sacro bosco, all’interno del quale si celava il Pozzo dei desideri. Chiunque fosse riuscito a scovarlo avrebbe potuto realizzare un solo desiderio, purchè riferito ad un nobilissimo scopo. E quale scopo avrebbe potuto essere più nobile se non quello di salvare le memorie dell'anziano capo Utahaque, che narravano le più straordinarie vicende legate al popolo Cherokee? Pagine e pagine di vita vissuta, leggende, rituali sacri, testimonianze dei soprusi subiti ad opera dell'uomo bianco; pagine riunite in un grande libro con la copertina in pelle di bufalo. Dopo la morte di Utahaque il libro si era tramandato di generazione in generazione, fino ad essere custodito da Guanuguaca, un giovane ormai corrotto dal desiderio di denaro. I valori che per secoli avevano tenuto in vita la cultura e la saggezza dei Cherokee in lui sembravano essersi perduti. Egli aveva deciso di vendere il prezioso libro ad una famosa casa editrice in cambio di una cospicua somma. Non v'era più traccia nel giovane della fierezza della sua stirpe e le preghiere di Benjamin e di molti altri non servirono a far desistere Guanuguaca dal suo proposito. Egli nascose il libro in un posto segreto e inaccessibile a tutti fuorchè a lui, in attesa di essere contattato e procedere con le trattative economiche per la cessione di tutti i diritti sul volume. Benjamin e gli altri membri della popolazione Cherokee superstite si riunirono per escogitare un modo che permettesse loro di non dare in pasto al pubblico le storie segrete del loro grande popolo. Ma come riuscirci? L'impresa non si presentava affatto facile, finchè ad un anziano del gruppo tornò alla memoria l'esistenza di un pozzo speciale, situato nel grande e maestoso Sacro Bosco. Egli ricordò che vi si era recato con il potente stregone o uomo medicina come era definito, Canosaqui, quando una terribile pestilenza aveva colpito il loro villaggio. Ricordò anche la formula magica che avrebbe permesso al coraggioso volontario di poter recuperare il libro e metterlo al sicuro dalle mire di Guanuguaca. Fu così che Benjamin si accollò l'onere di tale impresa e partì al più presto alla ricerca del Sacro Bosco, il cui accesso si sarebbe rivelato solo ad un cuore puro e ispirato da nobili sentimenti. Altri giorni trascorsero e il giovane, superato lo scoramento iniziale, trovò la forza di andare avanti, nonostante alcun segno gli indicasse la via che lo avrebbe condotto all'accesso del Bosco. Una sera Benjamin si accasciò esausto dopo una lunga giornata, durante la quale non si era fermato neanche per rifocillarsi, tanta era la voglia di portare a termine la sua importante missione; chiuse gli occhi, la schiena appoggiata ad una quercia secolare dal tronco immenso, il capo reclinato in avanti e gli occhi persi nel nulla. Improvvisamente sentì il vuoto dietro di sè e fu come risucchiato da un vortice che lo trascinò a lungo, finchè si ritrovò in un posto al di fuori di ogni immaginazione: alberi altissimi ed una fitta vegetazione lo circondavano, la luce lunare filtrava attraverso le fronde creando un effetto così affascinante che il giovane ne fu rapito. Rimase immobile, incerto sul da fa farsi. "Oh...grande Spirito...dammi un segno della tua grandezza, fa' ch'io possa adempiere al mio compito ti prego...indicami la via"! D'un tratto la luce della bianca Luna si concentrò in un punto preciso, scoprendo un varco tra i fitti cespugli.
Benjamin non indugiò un istante e, pieno di speranza e fiducia, avanzò ed oltrepassò il passaggio. Incredibile! Al di là del varco un pozzo di grandi dimensioni apparve, illuminato pienamente dai raggi del fulgido astro. L'emozione colse il ragazzo, che si avvicinò con gli occhi umidi ed il cuore che batteva forte. Toccò con entrambe le mani il bordo del pozzo e si sporse a guardare l'interno; sentì un intenso odore di muschio e vide l'acqua che rispecchiava il suo volto. Fu allora che il livello salì e salì e salì, fino a raggiungere l'apice del pozzo stesso. E Benjamin fu pronto...sapeva cosa doveva fare e dire. Immerse le mani nelle fresche acque e pronunciò la magica formula. Fu allora che l'acqua prese vita, prima scese nuovamente e poi s'innalzò vorticando. Quando raggiunse di nuovo il giovane, al centro un libro in pelle comparve e librandosi nell'aria si posò sulle palme aperte di Benjamin, che lo portò al petto, come a proteggerlo. Fu un attimo...tutto intorno a lui si oscurò ed egli si ritrovò esattamente dove si trovava...chissà quanto tempo prima, cioè appoggiato alla grande quercia. Si alzò, ancora incredulo...Era tutto vero? O era stato solo un sogno? Poi abbassò lo sguardo e vide il prezioso libro del grande capo Utahaque tra le sue mani. Una irrefrenabile gioia lo pervase e, preso dall'euforia, insensibile ormai alla stanchezza, prese la via del ritorno. Il libro sarebbe ritornato dal grande capo Cherokee, accanto al suo spirito nel cimitero indiano che conservava le spoglie di Utahaque, che nessuno avrebbe potuto violare. Nulla è più importante delle origini, della storia di un grande popolo. "Grazie...grande Spirito"! Benjamin sorrise!
Daniela Bonifazi


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